Luca Gentili

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Profilo professionale

La stella polare che mi ha guidato nella scelta di intraprendere questa professione, è la volontà di migliorare la vita delle persone applicando le mie conoscenze in ambito di pianificazione e gestione finanziaria. 

Ed è per questo motivo che il centro nevralgico della mia attività di consulenza, non sono gli strumenti finanziari (non vendo prodotti), bensì i bisogni dei miei Clienti, i loro obiettivi di vita, i loro orizzonti temporali, che assieme traduciamo in pianificazione finanziaria personalizzata. 

Indipendenza
La remunerazione a parcella garantisce la mia indipendenza da soggetti terzi e l’assenza di logiche di vendita di prodotti finanziari. Opero nell’interesse esclusivo del Cliente.
 

Visione strategica
Leggo situazioni complesse, individuo assieme al Cliente le sue priorità e ciò che è raggiungibile per tempo e risorse. Infine, traccio il percorso per raggiungere gli obiettivi finanziari stabiliti e ne seguo l’andamento nel tempo.

 

Trasparenza
Tempi, modalità, aspettative, e costi della mia consulenza sono in chiaro.

Inoltre, non entro mai in contatto diretto con il denaro dei miei Clienti, ad ulteriore garanzia di trasparenza e indipendenza.
 

Competenza
La conoscenza è valore, perciò sono andato oltre i titoli di studio obbligatori per esercitare la professione di Consulente Finanziario Indipendente.

Ho conseguito certificazioni e master presso prestigiosi enti di formazione italiani ed europei. E la mia formazione continua, e si accresce giorno per giorno, per offrire sempre il meglio ai miei Clienti.
 

Riservatezza
Per svolgere al meglio la mia professione devo necessariamente acquisire informazioni e analizzare dati che rientrano in una sfera estremamente privata del Cliente. Per questo garantisco riservatezza assoluta e fondo ogni mia consulenza su fiducia e dialogo. E per questo cerco sempre di instaurare rapporti di lungo termine con i Clienti: perché la fiducia non si costruisce in un giorno.
 

Strumenti tecnologici avanzati
Mi avvalgo di software evoluti che mi offrono una visione completa, aggiornata e selezionata da analisti finanziari indipendenti dei più efficienti strumenti di investimento disponibili nel vastissimo universo dei prodotti finanziari. Così ogni scelta si fonda su dati solidi e autorevoli, ad alto valore aggiunto e nell’esclusivo interesse del Cliente.

Consapevolezza condivisa
Con empatia e discrezione, intraprendo un percorso di piena consapevolezza con ogni mio Cliente, in merito alla sua situazione finanziaria, previdenziale, assicurativa. Il focus si concentra anzitutto sulle eventuali criticità per la protezione del patrimonio e del tenore di vita, e sulle potenziali azioni di miglioramento da intraprendere.

In questo modo i miei clienti sanno sempre “cosa sia ragionevole aspettarsi”, un vantaggio non da poco in un contesto complesso come quello attuale, in cui tempismo e consapevolezza fanno davvero la differenza tra costruire in modo solido e strutturato, anziché disperdere risorse ed energie con aspettative irrealistiche.

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Le mie principali competenze

Analisi strumenti finanziari, trading
Consulenza agli imprenditori
Consulenza patrimoniale
Gestione del rischio finanziario
Ottimizzazione di portafoglio
Pianificazione assicurativa
Pianificazione del patrimonio immob.
Pianificazione pensionistica
Pianificazione successoria
Valutazione Mutui e leasing

I miei credit

Abilitazione OCF (Organismo Vigilanza Consulenti Finanziari) Certificazione European Financial Advisor (EFA) Executive Master in Consulenza Finanziaria indipendente  Consultique Educatore Finanziario certificato AIEF VEDI I MIEI ATTESTATI

Le mie ultime attività

La potenza dell'interesse composto

21.11.2024 / 543 / 1

Se dovessi fare una classifica delle conoscenze in ambito finanziario che più hanno impattato nella mia vita concreta di investitore e di uomo, l’interesse composto (IC) sarebbe senz’altro sul podio, se non al primo posto. Così come per gli appassionati di alta ristorazione le 3 Stelle Michelin indicano i ristoranti migliori, dove la qualità della cucina è talmente elevata da “valere il viaggio”, così per l’investitore l’interesse composto nel lungo termine è il più grande alleato per far crescere il proprio patrimonio, talmente potente da.. “valere l’attesa”. Albert Einstein definì il tasso d’interesse composto “l’ottava meraviglia del mondo”. E se lo dice lui. Immagino che molti di voi già conoscano la definizione di IC, ma per esperienza so che conoscere la definizione spesso non basta a comprenderne appieno le implicazioni reali nel lungo periodo. E’ la stessa differenza che passa tra capire ed imparare: si può dire di aver imparato solo quando dalla conoscenza scaturisce un cambiamento duraturo nel proprio comportamento, approccio, o modo di vedere. Cerchiamo quindi di imparare assieme le più importanti caratteristiche dell’IC che l’investitore può “sfruttare” per la crescita del proprio patrimonio. Partiamo dalla definizione. In finanza esistono due possibili tipologie di rendimento del capitale: il tasso di capitalizzazione (o tasso d’interesse) semplice (IS), e quello composto (IC). Il tasso di capitalizzazione (o d’interesse) semplice (IS) è quello generato dall’investimento del solo capitale iniziale, per un certo numero di periodi fruttiferi, di norma espressi in anni. Ipotizzando un tasso di interesse positivo e costante (ad esempio +5% annuo), l’aumento del capitale nel tempo, detto “montante”, è dato dalla somma di capitale iniziale + interessi, e cresce in modo lineare. Il tasso di capitalizzazione (o d’interesse) composto (IC) invece prevede che non solo il capitale iniziale, ma anche gli interessi stessi concorrano a generare nuovo interesse. In altre parole, a partire dal secondo anno l’interesse del primo anno si unisce al capitale iniziale per generare nuovo interesse, e così via per gli interessi di tutti gli anni successivi. Ad esempio, dato lo stesso tasso d’interesse del +5% annuo, ma stavolta in capitalizzazione composta (IC), il montante complessivo cresce in modo esponenziale, anziché lineare. E questo “dettaglio” fa una enorme differenza, nel lungo periodo. Facciamo un semplice esempio, per fissare le idee. Ipotizziamo di investire un capitale iniziale di 100.000 €, al tasso di interesse annuo del 5%, prima semplice e poi composto, e vediamo le differenze di montante maturato nel tempo:   Dopo 5 anni:     IS = 125.000 €                IC = 127.628 €                           Differenza            +2.628 €             (+2,1%) Dopo 10 anni    IS = 150.000 €                IC = 162.889 €                           Differenza          +12.889 €              (+8,6 %) Dopo 20 anni    IS = 200.000 €                IC = 265.329 €                           Differenza          +65.329 €             (+32,7%) Dopo 30 anni    IS = 250.000 €                IC = 432.194 €                           Differenza          +182.194 €            (+72,9%) Dopo 40 anni    IS = 300.000 €                IC = 703.998 €                           Differenza          +403.998 €             (+135%)   Come si vede, nei primi anni il vantaggio dell’IC vs IS è assai modesto (solo +2,1% dopo 5 anni), ma nel lungo periodo tale vantaggio diventa… enorme (+135% dopo 40 anni)! Bene, anzi benissimo. E quali sono gli strumenti finanziari investibili che applicano al meglio la “magia” dell’interesse composto? Ebbene, sono tutti quegli strumenti cosiddetti “ad accumulazione”, nei quali cioé anche le cedole (se obbligazionari) od i dividendi (se azionari) vengono automaticamente reinvestiti, anziché essere versati periodicamente all’investitore, e concorrono quindi ad aumentare il montante su cui si applica l'IC. E quali sono invece gli strumenti finanziari che NON permettono di applicare al meglio l’interesse composto? Anzitutto, gli strumenti cosiddetti “a distribuzione”, nei quali cioè le cedole e/o i dividendi vengono periodicamente erogati all’investitore. Ma vi sono anche strumenti che – a determinate condizioni - l'IC proprio non lo applicano per nulla! Ad esempio, le obbligazioni con cedola (tipo i Titoli di Stato BTP) se acquistate all’emissione e detenute fino alla scadenza. Investendo in tali obbligazioni si ottiene una cedola periodica, ci si “immunizza” dalle fluttuazioni di prezzo, ma si rinuncia all’enorme potenziale di crescita del montante generato nel lungo periodo dall’interesse composto. Attenzione però! Anche investendo in strumenti ad accumulazione, vi sono due “fattori antagonisti” in grado di ridurre fortemente il grande potenziale positivo dell’IC. Quali sono? Il primo “fattore antagonista” l’abbiamo già menzionato prima: si chiama “fretta di vendere”! L’IC infatti richiede molto tempo e molta pazienza per esprimere appieno il suo enorme potenziale di crescita, quindi occorre resistere alla tentazione di vendere anzitempo l’investimento, anche se in guadagno!   Il secondo “fattore antagonista” è molto più subdolo, ma altrettanto “letale” per l’IC: la riduzione del tasso di rendimento effettivo degli strumenti finanziari, dovuta all’applicazione di elevati costi di gestione. Dove per elevati s’intendono costi superiori all’1,5% annuo sul capitale investito. Gli strumenti finanziari più efficienti sotto il profilo dei costi (gli ETF passivi) hanno commissioni di gestione bassissime, nell’ordine dello 0,3% annuo. Al contrario, la maggior parte dei fondi di investimento attivi superano spesso il 2% annuo di commissioni, ed i prodotti di investimento assicurativi (polizze Index o Unit Linked) arrivano addirittura oltre il 3%! Ma perché questi costi incidono pesantemente sull’IC? Per un semplice motivo: nell’IC, la “rampa” di crescita del montante è molto sensibile al tasso di interesse effettivo realizzato dall’investimento. Se tale tasso è basso (diciamo < 3%), la rampa di crescita “si appiattisce” moltissimo, impiegando tempi talmente lunghi prima di “irripidirsi” da non essere più COMPATIBILE con la durata della vita umana! Ad esempio, la differenza di montante maturato con un IC medio del +5% annuo vs un IC medio del +2% annuo (per via del 3% di rendimento annuo sottratto dai costi di gestione) è assai significativa già dopo i primi 10 anni, e diventa letteralmente “abissale” dopo 30 o più anni. Il grafico qui allegato chiarisce meglio di mille spiegazioni come e quanto si deteriora l’IC a causa di questo fattore “antagonista”: basti pensare che con lo stesso capitale iniziale di 100.000 €, dopo ben 40 anni al tasso di IC medio annuo del +2%, si ottiene un montante finale di soli 220.800 €. Mentre invece se il tasso medio è del +5% (ottenuto con efficientamento dei costi di gestione) il montante finale sarà ben 704.000 €, vale a dire oltre il 300% più elevato!

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L'importanza della Pianificazione finanziaria per gli investimenti

07.11.2024 / 429 / 0

Da dove parte l’investimento? Dall’andamento dei mercati finanziari? No! L’investimento parte sempre da noi stessi. Anzitutto, si investe il denaro che non ci serve nel quotidiano o nell’immediato futuro. Attenzione: questo non significa affatto, come qualcuno dice, il denaro che “possiamo permetterci di perdere”! Se così fosse, investire sarebbe solo un azzardo o peggio un’idiozia, mentre è la cosa più sensata e razionale che si possa fare. L’alternativa infatti è quella di vedere i nostri risparmi sciogliersi lentamente (ma neanche troppo) come neve al sole, dall’inflazione. Secondo: si investe dopo aver stabilito uno (o più) orizzonti temporali di investimento. E ciò vale per tutti, nessuno escluso: dai profili più prudenti, che investono per proteggersi dall’inflazione, a quelli più aggressivi, che ambiscono “solo” (si fa per dire) a guadagnare il più possibile. Tutti devono stabilire per quanto tempo siano disposti a mantenere il vincolo dell’investimento. Come si fa? Semplicemente dando un nome (o più nomi) al denaro. Facciamo un esempio. Nomi assegnati al denaro: -          Master in Business Administration post laurea in USA per mia figlia -          Seconda casa al mare per la famiglia -          Capitale di sicurezza per la mia pensione -          Guadagnare il più possibile Bene. Obiettivi chiari. Ora chiediamoci: quanto possiamo aspettare per ciascuno di essi? Questa domanda va sempre posta in termini di “tempo massimo accettabile”, per non risvegliare il bambino viziato del “tutto e subito” che alberga in ognuno di noi. Non basta. Dobbiamo anche chiarire quali conseguenze ci sarebbero, se alla fine non riuscissimo a raggiungere l’obiettivo. Questa risposta ci aiuta per dare un ordine di priorità, oltre che di tempistiche. Ed è un ordine soprattutto soggettivo: ad esempio, potremmo scoprire che “guadagnare il più possibile” ci piace tanto, ci farebbe fare bella figura alle grigliate, ma tutto sommato è secondario. Oppure che è più importante la casa al mare rispetto al MBA per la figlia. Sapete come si chiama questo processo? Pianificazione finanziaria (PF). La PF ci parla della nostra vita, di ciò che potrebbe essere, di ciò che vorremmo che fosse, delle nostre aspettative e dei rischi che corriamo. Semplice, ma nient’affatto facile. Ecco perché un buon coach può aiutarci moltissimo, anche in questa fase fondamentale. Perché la PF è il più potente alleato che abbiamo per investire bene i nostri soldi. Si è parlato di mercati finanziari? No! A quelli ci penseremo dopo, o meglio ancora, a quelli ci penserà dopo il nostro coach finanziario. Il vostro consulente finanziario è partito da qui, ha dedicato il tempo necessario per fare assieme a voi PF, prima di iniziare a snocciolare grafici ed aspettative di rendimento? Se non l’ha fatto, ma vi ha solo sottoposto il questionario Mifid (obbligatorio, peraltro), allora non avete un consulente, ma un venditore di prodotti finanziari. Chi firma un contratto di consulenza in materia di investimenti con il sottoscritto, inizia dalla Pianificazione Finanziaria. No PF, no parti.

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Il rischio negli investimenti

22.10.2024 / 456 / 0

Quando si parla di investimenti, a tutti viene in mente l’associazione con un’altra parola, assai meno gradita, ma indissolubilmente legata alla prima: il rischio. In termini generali, secondo la definizione del vocabolario Devoto-Oli (ebbene sì, sono un inguaribile tradizionalista ;), il rischio è “l’eventualità di subire un danno o una perdita, più incerta rispetto a pericolo”. Non solo. Nell’accezione generale, la quantità del rischio non cambia con il passare del tempo, ovviamente a parità di altre condizioni al contorno. Ad esempio, se oggi riteniamo che praticare l’alpinismo comporti un rischio (nel caso specifico di subire un danno fisico), tale valutazione rimane la stessa anche tra un anno, o tra dieci anni. Ma in ambito finanziario, quali sono le caratteristiche del rischio connesso all’investimento? Esso risponde alla definizione generale, oppure c’è qualcosa di diverso, peculiare? La risposta è… dipende dalle competenze finanziarie di chi fa l’investimento. Se chi investe ha scarse competenze finanziarie, sono elevate le probabilità che commetta errori (anche nella valutazione del rischio) nel comporre il proprio portafoglio, e prima o poi potrebbero esserci conseguenze impattanti ed inaspettate. I portafogli di chi non ha elevate competenze infatti sono spesso inconsapevolmente infarciti di rischi “specifici”, quelli più imprevedibili e potenzialmente impattanti. Anche il mio era così, un tempo. In questi casi, il rischio di subire perdite connesso con l’investimento riflette pienamente la definizione generale, anche nel lungo periodo. Ma se invece chi investe invece ha elevate competenze in materia, allora il discorso cambia, e non di poco. Con opportune scelte infatti si possono “sterilizzare” i rischi specifici, minimizzandone l’eventuale impatto negativo sul portafoglio. Dopodiché, ciò che rimane è il cosiddetto rischio “sistematico” o “di mercato”, che è ineliminabile. Tale rischio viene identificato dal grado di “volatilità” complessiva del portafoglio, cioè dalla frequenza ed ampiezza delle fluttuazioni che esso subisce, sia positive che negative al variare delle condizioni di mercato (per quelle negative, evidentemente le più “indigeste”, vi sono poi ulteriori indicatori specifici). Da ciò consegue la prima buona notizia: la volatilità del portafoglio può essere ragionevolmente valutata a priori, scegliendo con cognizione di causa gli strumenti finanziari ed i relativi pesi percentuali. Cosa significa “ragionevolmente”? Significa con elevato grado di confidenza. E mi auguro che ciò NON vi sembri poca cosa, perché non lo è affatto! Preferivate certezza assoluta? Eh, anch’io. Ma su cosa, nella vita, abbiamo certezza assoluta? Ecco, appunto. La seconda buona notizia è che da un portafoglio ben costruito, è ragionevole aspettarsi una progressiva riduzione di volatilità (cioè di rischio) nel lungo periodo. In altri termini, il TEMPO che passa migliora le prospettive di rendimento positivo, ed al contempo rende via via meno probabile ed impattante l’eventuale perdita. L’unica notizia non proprio-buona è che “settando” un portafoglio alla minima volatilità, cioè al minimo rischio, lo stesso aggettivo toccherà poi verosimilmente utilizzare per i rendimenti. Attenzione però: sul rendimento del portafoglio nel lungo periodo incidono – e parecchio – anche i costi di gestione! Su questo faremo in futuro uno specifico approfondimento. Quindi, per investire efficacemente, è raccomandato anzitutto conoscere la materia. Come dice Warren Buffett “Wall Street è un luogo molto costoso dove fare esperienza!”

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