Alberto Marracino

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Consulente finanziario

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53 anni
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28 settembre 2018
MoneyController Financial Educational Award Top Financial Educational

Awards: 2024, 2023, 2022, 2021, 2020,

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Profilo professionale

Studi classici e laurea in Economia Aziendale alla Bocconi, ho lavorato oltre 11 anni a Londra come analista finanziario su M&A (Mergers and Acquisitions) e nella City londinese come Equity Sales (fornendo consigli d’investimento sul mercato azionario italiano direttamente a gestori e analisti di fondi investimento e hedge funds basati a Londra e Dublino) per Intermonte, la principale società italiana di brokeraggio.

Da 5 anni in Fineco come consulente finanziario aiuto le persone a conseguire i loro obiettivi di pianificazione finanziaria, gestione e protezione del risparmio e finanza comportamentale.

Durante il mio soggiorno londinese ho conseguito le certificazioni professionali dell’ Investment Management Certificate (IMC), Financial Security Authority (FSA) e svolto un MBA presso la European School of Economics.

Sono CFA Charterholder dal 2017. La qualifica di Chartered Financial Analyst è solitamente conseguita a livello internazionale dai gestori e dagli analisti dei fondi d’investimento e include, insieme alla certificazione di elevate competenze tecnico-finanziarie anche l’adesione a elevati standard etici di condotta morale e professionale.

Oltre a seguire con passione e interesse i mercati finanziari e l’economia in genere, i miei hobby includono il beach volley, tennis, bici, viaggiare.

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Le mie principali competenze

Analisi strumenti finanziari, trading
Consulenza agli imprenditori
Consulenza patrimoniale
Gestione del rischio finanziario
Ottimizzazione di portafoglio
Pianificazione assicurativa
Pianificazione del patrimonio immob.
Pianificazione pensionistica
Pianificazione successoria
Valutazione Mutui e leasing

I miei credit

  • Dal 2013 a oggi - Personal Financial Adviser presso FinecoBank
  • Dal 2010 al 2012 - Trader indipendente presso Titanus AM
  • Dal 2006 al 2010 - Equity sales presso Intermonte
  • Dal 2000 al 2006 - Analista finanziario presso M&A Monitor Ltd
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Le mie ultime attività

I TASSI RIMANGONO ALTI: OPPORTUNITÀ NELL’OBBLIGAZIONARIO E BANCHE

29.04.2024 / 446 / 1

Gli ultimi dati sulla forte crescita del PIL e un’ inflazione persistente in US hanno quasi azzerato le probabilità di tagli dei tassi di interesse nel 2024. Uno scenario che favorisce gli investimenti nell’azionario bancario e permette di accumulare obbligazionario, con rendimenti sempre più interessanti, su scadenze crescenti. Nell’ultimo articolo di dicembre scrivevo: “In sintesi, appare chiaro che tutte le previsioni sono state largamente condizionate dalle aspettative di una recessione che non si è materializzata e che, anche per il prossimo anno, rappresenta il tema cruciale. Da un lato, infatti, c’è chi sostiene che potrà ancora esserci (ci si riferisce ad un’ipotesi di hard landing) causata dai tassi di interesse troppo elevati che peseranno sempre più sull’economia, dall’altro chi invece sostiene che le banche centrali sono riuscite in maniera adeguata a mettere sotto controllo l’inflazione senza intaccare la crescita (soft landing) e che quindi, a breve, sarà opportuno iniziare a ridurre in tassi di interesse”. Ad oggi potremmo dire che tra i due litiganti il terzo gode: sta prendendo sempre più piede una terza ipotesi, ossia uno scenario di no landing. Come evidenziato dal grafico, che mostra le aspettative dei gestori professionali sugli scenari macro (tramite il sondaggio mensile di Bank of America), le probabilità di un hard landing, quindi di recessione, si sono ridotte dal 23% al 7%, mentre, pur rimanendo più probabile uno scenario soft landing, sta prendendo sempre più piede un’ipotesi (al 36%) in cui l’economia continua a crescere in maniera robusta, l’inflazione non scende più di tanto e, soprattutto, non ci si aspetta nessun taglio dei tassi di interesse nel 2024 da parte della FED. Rialzo di stime di crescita e inflazione Le cause che hanno portato a questo cambio di scenario sono da ricercare nelle attese di variazione di PIL e inflazione. Da un lato il FMI ha rivisto fortemente al rialzo le stime di crescita del PIL negli USA di un +1,2% nel 2024 e di un +0,1% nel 2025 rispetto ad ottobre 2023 portandole al 2,7% nel 2024 e all’1,9% per il 2025, dall’altro, durante il mese di marzo, l’inflazione USA è risultata superiore alle attese, con un 3,5% (3,2% annuo a febbraio) e un’inflazione core al 3,8%. In particolare, mentre l’inflazione sugli affitti è rimasta stabile, quella su altri servizi di base, tra cui sanità e trasporti, ha mostrato un’accelerazione. Sul lato dei costi delle materie prime l’indice Bloomberg Commodity è salito di quasi il 10% dai minimi di febbraio (ad esempio il prezzo del rame è salito di oltre il 20% negli ultimi 2 mesi) e questo potrebbe rendere ancora più complicata una riduzione dell’inflazione. L’indicatore pubblicato dalla FED di Atlanta sulla sticky inflation, ossia su un paniere di beni cui prezzi tendono a cambiare lentamente, è salito del 5% (su base annuale) nel mese di marzo. In questo nuovo scenario le probabilità di tagli dei tassi di interesse in US prezzate dai mercati finanziari, in questo caso attraverso il prezzo delle opzioni, sono scese vicine allo zero mentre cominciano a salire quelle di zero tagli e addirittura di un possibile ritocco al rialzo. La conseguenza è che nel mese di aprile abbiamo visto di nuovo un aumento dei rendimenti sul decennale americano che si è riportato intorno al 4,6%, avvicinandosi di nuovo ai massimi di periodo del 5% toccati a ottobre 2023. In Europa la situazione appare diversa. Le previsioni del FMI di crescita del PIL per l’area euro sono per uno 0,8% nel 2024 e dell’1,5% nel 2025 (Italia 0,7% in entrambi gli anni) mentre l’inflazione dovrebbe scendere dal quasi 7% registrato nel 2023 al 2,4% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. La divergenza tra Europa e Stati Uniti sia nella crescita economica sia nei tassi di inflazione comporterà quindi una divergenza nella politica monetaria, permettendo alla BCE di iniziare un taglio dei tassi che, secondo il FMI, dovrebbero passare, entro fine 2024, dal 4% attuale a circa il 3,3%. Un primo taglio dei tassi è quasi certo a giugno in base anche alle recenti dichiarazioni della Lagarde mentre su ulteriori tagli sarà molto interessante ascoltare il comunicato e le dichiarazioni da parte della BCE in occasione del meeting di giugno. Cosa fare adesso? Obbligazionario Dai minimi di ottobre in poi i prezzi delle obbligazioni hanno subito una forte crescita sull’attesa di un’imminente inversione della politica monetaria con previsioni che si spingevano fino a 6 tagli durante il 2024. Il mutato contesto macroeconomico, come abbiamo visto, ha riportato la situazione quasi verso i minimi di ottobre, fornendo nuove opportunità di acquisto a prezzi interessanti. A chi, entrato ad ottobre con un’ottica di breve periodo, ha già liquidato le posizioni e incassato interessanti guadagni, si potrebbe dire “altro giro, altra corsa”, avendo la possibilità di ripetere l’operazione con prezzi non lontani dalle quotazioni di ottobre. Chi invece ha comprato in ottica di lungo periodo, siede ancora su alcuni punti di guadagno in conto capitale oltre a 6 mesi di cedole già incassate e può continuare a godersi la navigazione oppure aumentare l’esposizione magari con l’idea anche di un’operazione di pochi mesi, in particolare sul mercato obbligazionario europeo dove la discesa dei tassi è non solo più probabile ma anche più vicina nel tempo rispetto agli USA. Azionario Il rally azionario degli ultimi 6 mesi è stato spinto da una recessione che non si è concretizzata, da una continua revisione al rialzo delle stime di crescita in particolare negli USA (anche guidata da un contributo delle prospettive dell’intelligenza artificiale, vedi la performance di Nvidia) e dalle attese di una forte riduzione dei tassi. Le più recenti previsioni sulla traiettoria dei tassi di interesse, sostanzialmente stabili e non in discesa per i prossimi mesi, hanno contributo a rivedere le valutazioni azionarie manifestandosi in una correzione dai massimi di oltre il 5% durante il mese di aprile, correzione fisiologica considerando anche il rally che in 6 mesi ha portato l’S&P500 dai 4100 agli oltre 5200 punti di fine marzo. Su base settimanale l’analisi grafica mostra già una chiara tendenza al ribasso che potrebbe anche accentuarsi (o ridursi) anche sul grafico mensile che chiude tra poche sedute. Un primo punto d’ingresso interessante potrebbe essere in area 4600, ossia un -8% dai prezzi attuali. Su base settoriale la prospettiva di tassi di interesse ancora elevati per un periodo più prolungato rispetto al previsto nonché le valutazioni ancora a sconto su base storica dovrebbero continuare a sostenere le quotazioni delle banche, nonostante il rally. La casa di investimento Algebris ci ricorda come la media storica del forward P/E (in rapporto prezzo/utile prospettico) del settore bancario europeo si attesti a circa il 10x, a fronte di un valore ad oggi di 7x, vicino ai minimi storici degli ultimi 20 anni, registrati solo dopo la crisi finanziaria del 2009 e nel 2012. In particolare, maggiori potenziali di apprezzamento potrebbero esserci per le valutazioni degli istituti di credito con minore rating che hanno già iniziato a sovraperformare gli istituti con rapporti P/E maggiori negli ultimi 2 mesi, a dimostrazione di come gli operatori cerchino ora di focalizzarsi su quelle occasioni di acquisto con valutazioni più a sconto.

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21.12.2023 / 224 / 0

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LE PREVISIONI (giuste e sbagliate) DEL 2023 E IDEE PER IL 2024

28.12.2023 / 414 / 0

Fine anno. Tempo di consuntivi. Sono andato a riprendere le indicazioni generali sui mercati finanziari fornite dalle case di investimento, analizzandole in parallelo alle mie. Indicazioni delle case di investimento Partiamo dalle analisi delle grandi istituzioni finanziarie mondiali. Un primo dato che balza all’occhio è che sul mercato azionario le previsioni sono state troppo conservative in attesa di una recessione che non si è affatto palesata. Corretta l’aspettativa di una debolezza del mercato azionario, soprattutto nella prima fase del 2023, mentre non si sono visti i nuovi minimi sul mercato, che ha mostrato momenti di correzioni importanti solo a inizio primavera e fine ottobre. Chi si aspettava, quindi, di vedere l’indice S&P500 a circa 3900 a fine anno (come Morgan Stanley ad esempio), più o meno lo stesso livello di partenza di inizio 2023, se lo ritrova oggi a 4800. Anche chi si aspettava un indice in forte rialzo per fine anno, come Deutsche Bank (previsione di 4500 a fine 2023), una voce fuori dal generale consenso pessimista, ipotizzava tuttavia nuovi minimi (intorno a 3200), che, come detto, non sono stati registrati. Mi ha incuriosito andare a vedere come a fine 2021 le previsioni generali puntavano a un forte rialzo del mercato azionario americano, con valori a fine 2022 che oscillavano tra i 4,400 e gli oltre 5000, e come tali previsioni siano state largamente disattese, con l’indice che ha chiuso l’anno intorno ai 3900 punti. In conclusione: negli ultimi 2 anni il mercato azionario si è comportato all’opposto rispetto alle previsioni della larga parte delle case di investimento. Si potrebbe dire, scherzosamente che se non c’è 2 senza 3, nel 2024, per non sbagliare, basterebbe fare l’opposto di quello che prevede la maggioranza degli esperti. La fallacità delle indicazioni sul mercato azionario è figlia della previsione non verificatasi di una recessione.Un anno fa avevo riportato il dato di un sondaggio di KPMG nel quale il 91% degli amministratori delegati delle aziende contattate si attendeva una recessione nei successivi 12 mesi, con 2/3 dei rispondenti che prevedano un periodo di difficoltà prolungato. L’economia americana ha invece stupito: Il PIL degli USA, nel solo terzo trimestre 2023 è cresciuto del 4,9%. La forza dell’economia americana, di conseguenza, ha impedito che l’Europa soffrisse di una vera recessione sostituita da una crescita, seppur modesta. Solo la Germania ha fatto registrare una recessione statisticamente conclamata, ma pur sempre lieve. Riguardo all’inflazione, la previsione di un picco inflattivo raggiunto nel 2022 e di una sua discesa è stata ampiamente confermata dai dati. Infatti, il forte ridimensionamento dei prezzi del gas, che erano esplosi con lo scoppio della crisi ucraina, e del petrolio, forniva solide basi per un’importante riduzione dei tassi d’inflazione, che, nell’ultima rilevazione di novembre, negli USA si è attestata al 3,1% (quella core rimane al 4%) e al 2,4% (core al 3,6%) nell’area euro. Tuttavia, in pochi si attendevano una persistenza di valori sostenuti dell’inflazione, soprattutto considerando una recessione in arrivo: la core inflation negli USA è rimasta a oltre il 5% fino a maggio, e solo da agosto in poi si è attestata sotto il 4,5%. Anche riguardo al mercato obbligazionario le indicazioni erano alquanto favorevoli. Ancora una volta, questa scelta era legata ad una previsione in una recessione in arrivo che avrebbe favorito un taglio dei tassi piuttosto che un continuo innalzamento, come poi accaduto, che sembra essersi arrestato solo di recente. La chiamata sulle obbligazioni quindi, per chi avesse voluto solo puntare sul guadagno in conto capitale, è risultata troppo anticipata mentre più corretta se vista nell’ottica di un accumulo di obbligazioni con rendimenti alquanto interessanti che non si vedevano da anni (dopo le politiche del quantitative easing che avevano portato a tassi nulli o negativi sulle scadenze anche entro i 5 anni). In sintesi, appare chiaro che tutte le previsioni sono state largamente condizionate dalle aspettative di una recessione che non si è materializzata e che, anche per il prossimo anno, rappresenta il tema cruciale. Da un lato infatti c’è chi sostiene che potrà ancora esserci (ci si riferisce ad un’ipotesi di hard landing) causata dai tassi di interesse troppo elevati che peseranno sempre più sull’economia, dall’altro chi invece sostiene che le banche centrali sono riuscite in maniera adeguata a mettere sotto controllo l’inflazione senza intaccare la crescita (soft landing) e che quindi, a breve, sarà opportuno iniziare a ridurre in tassi di interesse (come a dire l’amara medicina ha funzionato e possiamo smettere adesso di somministrarla). Su questa aspettativa, oggi condivisa dalla maggiore parte degli operatori, il mercato azionario e quello obbligazionario hanno messo a segno un rally formidabile negli ultimi 2 mesi. Le mie indicazioni d’inizio anno Un anno fa scrivevo: “Preferenza per le obbligazioni inflation-linked soprattutto con scadenze a 2-3 anni e continuo accumulo sui ribassi di obbligazioni a più lunga scadenza (10-15 anni) in attesa di un inizio di taglio dei tassi tra fine 2023 e 2024. Interessante anche una piccola esposizione al debito dei mercati emergenti in previsione di un dollaro che dovrebbe aver perso la sua forza (anche se rimane sempre il rischio di un fly-to-quality in caso di shock estremi nel sistema). Probabili nuovi minimi e rally azionari di ricopertura di posizioni short per cui accumulo azionario su ribassi e vendita parziale (o totale se si ha un’ottica più di breve periodo) delle posizioni sui rialzi anche importanti che dovremmo vedere”. Cosa è successo un anno dopo Obbligazioni legate all’inflazione a breve scadenza: l’ETF Lyxor Core Euro Goverment Inflation Linked bond ha messo a segno una performance di oltre il 5,5%. Il BTP Italia, con scadenza maggio 2025, quota (corso secco) circa lo stesso prezzo d’inizio 2023 ma ha distribuito una cedola del 4,8% a maggio e una dell’ 1,7% in novembre. L’avere puntato su un’inflazione ancora persistente nel 2023 ha permesso di portare a casa rendimenti che nemmeno sui tassi 12 mesi è stato possibile ottenere (l’Euribor a 12 mesi a gennaio 2023 era intorno al 3,3%) Obbligazioni a lunga scadenza: il BTP feb37 4% ha registrato un aumento di prezzo di quasi l’11% da inizio anno (oltre al 4% di cedola distribuita); un fondo obbligazionario sui titoli governativi,  quale il DWS Invest Euro- Gov Bonds, riporta una performance di quasi l’8% da inizio anno. La frase chiave a mio parere è stata “continuo accumulo sui ribassi di obbligazioni a più lunga scadenza (10-15 anni) in attesa di un inizio di taglio dei tassi tra fine 2023 e 2024”. Anche se durante tutto il 2023 le quotazioni sono state interessanti, solo tra fine settembre e fine ottobre 2023 si sono visti prezzi più favorevoli sui governativi italiani rispetto ai primi giorni dell’anno. In particolare, il rally dei prezzi si è avuto sulle attese di uno stop al rialzo dei tassi e la previsione di un taglio durante il 2024. La scelta di puntare su scadenze più lunghe è stata ampiamente premiata negli ultimi 2 mesi e soprattutto gratifica chi ha preferito la gallina domani piuttosto che l’uovo oggi, evitando di concentrare troppe risorse sulle scadenze brevi, probabilmente destinate a vedere scendere i rendimenti nel prossimo anno. Dollaro: le quotazioni del dollaro contro euro sono passate da 1,06 a circa 1,11, a conferma della prevista debolezza della valuta americana. Durante l’anno le quotazioni, pur tra alti e bassi, non sono scese oltre andate oltre 1,05 a conferma di un livello oltre il quale difficilmente conviene detenere dollari americani. Mercato Azionario: la vera sorpresa del 2023, come ricordato, è stata la forza del mercato azionario, in particolare quello statunitense (e qui invece è più facile prevederlo) rispetto al mercato europeo. Nuovi minimi sia rispetto al minimo di ottobre del 2022 che rispetto al valore di inizio 2023 non sono stati registrati. In particolare l’indice azionario europeo Eurostoxx 50 per ben due volte (marzo e ottobre) si è riportato vicino ai valori di fine anno ma non li hai mai violati al ribasso. Rialzi importanti dell’ordine del 15% si sono avuti proprio tra marzo e agosto e tra inizio novembre e fine Un valido punto di ingresso sull’S&P 500 negli ultimi 2 anni è stato, come correttamente indicato sia nel febbraio (vedi mio articolo “Mercato azionario: cosa e quando comprare” del 1/2/2022) che nell’ottobre 2022, intorno ai valori di 3600, quotazioni che si sono viste solo a fine giugno e in ottobre del 2022. In particolare, il minimo di ottobre 2022 si è poi rivelato anche il migliore punto di ingresso degli ultimi due anni, qualcosa che, nonostante le buone probabilità iniziali, non si ripetuta nel corso di quest’anno. dicembre. Questo a conferma che quando ci sono occasioni importanti sui mercati finanziari, debbano essere colte, altrimenti il rischio è di non poterle rivedere per anni. Ormai prossimi ai brindisi di fine anno, vale la pena ricordare la citazione di Renzo Arbore in quel famoso spot pubblicitario di una nota birra italiana: “Meditate gente. Meditate”. Grafico S&P500 pubblicato il 1/2/2022

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