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Un fondo che punta sui millennials

Scritto il 25.10.2021

I millennial, coloro i quali oggi hanno all’incirca tra i 20 e i 40 anni, costituiscono la generazione che, se non lo è già ora, presto diventerà da diversi punti di vista la più importante sul pianeta. Laura Destribatse Richard Wiseman, gestori del fondo azionario GS Global Millennials Equity Portfolio di Goldman Sachs Asset Managementne hanno parlato sulla rivista “Das Investment”. Oltre alle opportunità d’investimento offerte da questa generazione, hanno fatto particolare riferimento alla strategia del fondo che gestiscono. Investire sulle abitudini di consumo dei millennial: investire in modo diversificato I millennial sono oggi 2,4 miliardi e il loro reddito è pari a quello del resto della popolazione mondiale. Come sottolineano Destribats e Wiseman rappresentano perciò il motore dello sviluppo dei consumi. Concretamente, investire sulle loro abitudini di consumo significa individuare almeno una dozzina di categorie industriali e commerciali, che vanno dall’e-commerce ai social media, dalla salute fino ad aspetti più esperienziali come l’industria del benessere e dei concerti. Volendo fare un conteggio, si parla di circa di circa 400 singole aziende. Il GS Global Millennials Equity Portfolio si compone dei migliori 40-50 titoli. E-commerce e investimenti “green” Un comparto particolarmente interessante è naturalmente quell’e-commerce. Il fondo non punta solo sui grandi distributori, ma anche su alcuni soggetti regionali, così come su aziende che sono collegate al settore (logistica e trasporti). Con le riaperture il fondo, tuttavia, è tornato a posizionarsi anche su alcuni settori che riguardano esperienze dal vivo, come i viaggi o i concerti, che la generazione dei millennial ha una grande voglia di tornare  a fare. Inoltre, il 10% del volume del portafoglio è investito nel comparto della sostenibilità, in particolare nello sviluppo delle fonti energetiche “green”. Investire nei millennial degli emergenti L’86% dei millennial è concentrato nei paesi in via di sviluppo. La strategia del portafoglio ne deve tenere conto, così come deve tenere conto delle specificità dei diversi paesi; la Cina (che è, tra l’altro, anche il paese più rappresentato nel portafoglio), ad esempio, è il vettore più importante nell’ambito della domanda dei prodotti di lusso. Il fondo, però, non investe nel settore finanziario tradizionale e ha anche una bassa esposizione nei confronti dello MSCI AC World Growth. Sebbene ci sia attenzione per il settore IT e per molte aziende che investono espressamente sulle abitudini di consumo dei millennial in quell’indice, i due manager parlano di azioni al momento troppo apprezzate per poter costituire un vero e proprio affare, dal punto di vista degli investimenti. Un fondo aggiornato sulle abitudini dei millennials Il fondo è pronto anche ad adattarsi ai cambiamenti delle abitudini dei millennial. Nel 2019 è stato inserito, ad esempio, il tema dei lavori digitali e, recentemente, anche quello relativo alla cura dei bambini. Infine, va aggiunto, i due manager non escludono la possibilità, prima o poi, di cambiare generazione su cui investire: tengono d’occhio, infatti, anche la generazione Z, la quale tuttavia non si discosta molto dai millennial dal punto di vista delle abitudini, se non per un tendenziale rafforzamento di quelle abitudini stesse.   

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Cinque trend dei mercati emergenti

Scritto il 23.10.2021

Quali sono le prospettive d’investimento sui paesi emergenti? Che cosa ci si deve aspettare per i prossimi anni? Valeria Vine, esperta di investimenti presso Capital Group, ha individuato cinque trend che vale la pena tenere in considerazione per orientare i propri investimenti.   I nuovi consumi del ceto medio. I paesi emergenti, Cina in testa, hanno visto nascere forse il più popoloso ceto medio della storia. I consumi di questa classe sociale non si limitano più ai beni di prima necessità, ma riguardano anche l’intrattenimento e, soprattutto, i viaggi e il turismo. Basti pensare, poi, ai numerosissimi voli che solcano il cielo cinese: molti lavoratori delle città costiere hanno spesso le loro famiglie nell’entroterra. Per Vine, dunque, vale la pena considerare degli investimenti nel comparto aereo e nell’ecosistema economico che potrebbe beneficiare dalle spese legate al turismo (alberghi, ristoranti e, perché no, casinò). I pagamenti digitali. L’epidemia di Covid ha semplicemente accelerato un trend in atto da tempo: il passaggio dal contante ai pagamenti elettronici. Com’è facile immaginarsi, la Cina è in testa su tutti, con un fiorente mercato legato sia agli smartphone, sia agli e-commerce. In generale, la giovane popolazione dei paesi emergenti sta dicendo addio al contante e usando le app di pagamento che, appunto, usa volentieri per comprare beni e servizi online. I videogiochi. Nei paesi emergenti, l’industria dell’intrattenimento sta continuando a fiorire. A trarne i maggiori benefici sono coloro che hanno puntato di più sul digitale. Il successo è tale che il governo di Pechino ha persino imposto dei limiti di gioco orario giornaliero ai più giovani. A farne le spese è stato il colosso del gaming Tencent, il quale però può contare sulle risorse offerte da un altro suo popolarissimo servizio, ossia WeChat. Il settore sanitario. La Cina è già oggi forse il maggiore centro di produzione e di sperimentazione legato al settore sanitario al mondo. Anche in questo caso la strategia del settore non trascura di proiettarsi in tutto il mondo mediante le esportazioni. L’anno scorso il colosso pechinese dei farmaci BeiGene ha ricevuto la prima approvazione assoluta anche negli Stati Uniti per la distribuzione di un farmaco i cui dati necessari per la realizzazione erano stati raccolti praticamente esclusivamente sul suolo cinese. L’industria finanziaria. La nascita del nuovo ceto medio di cui si parlava significa anche la necessità di gestire e assicurare i propri risparmi o patrimoni. E magari di vederli fruttare. Vine parla di un settore assicurativo in crescita in Cina, così come di un’industria del credito in fase di concentrazione nei maggiori attori in India. Nel subcontinente indiano, alcuni grossi player di mercato, come HDFC BankKotake Mahindra Bank, stanno in particolare sviluppando soluzioni tecnologiche per mettersi a disposizione del maggior numero possibile di clienti.      

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Bitcoin: ecco com’è cominciato e come funzionano

Scritto il 22.10.2021

È ormai impossibile trovare qualcuno che non sappia, almeno alla lontana, che cosa siano i bitcoin. Eppure, il modo in cui funzionano queste criptomonete è per molti ancora un mistero. Proviamo a ricapitolare, a grandi linee, di che cosa parliamo quando parliamo di bitcoin. L’invenzione dei bitcoin Era il 2008 quando sul mercato comparì una forma di valuta disancorata da qualsiasi banca centrale o autorità finanziaria. Per essere scambiata non aveva neppure bisogno di essere maneggiata da fornitori di servizi finanziari o banche privati. Nasceva bitcoin, inventato da una o forse più persone, nascostesi sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. Ancora oggi non si conosce l’identità della persona o del gruppo di persone dietro l’invenzione di bitcoin: qualcuno ha ipotizzato che dietro lo pseudonimo si potrebbe nascondere nientemeno che Elon Musk, ma questa resta soltanto una suggestiva ipotesi. Fatto sta che l’idea geniale fu quella di generare una moneta virtuale usando la tecnologia blockchain (letteralmente “catena di blocchi”). Come funziona la blockchain La blockchain in questione, volendo semplificare al massimo, è una specie di libro contabile. In questo libro contabile, vengono registrate tutte le operazioni relative ai bitcoin. A differenza di quanto accade per un normale istituto di credito, il libro contabile è posseduto da chiunque appartenga alla rete in questione. Questo fa sì che l’affidabilità del sistema non sia concentrata nelle mani di un’autorità singola, ma distribuita sull’intera estensione della catena. Ogni volta che avviene una transazione, infatti, viene risolto un problema informatico e questa notizia viene trasmessa a tutti i server, che lo registrano nel loro libro contabile. Questa operazione diventa un blocco permanente e incancellabile nella catena della “blockchain”. Ecco, dunque, in che cosa consiste, in buona sostanza, il cosiddetto sistema “Trustless” che sta alla base dell’affidabilità dei bitcoin. Chi sono gli estrattori? Ma da chi viene risolto il problema informatico? Non da un server qualsiasi, dato che per farlo serve una potenza di calcolo e, allo stesso tempo, dei consumi energetici per nulla trascurabili. Il primo server che riesce a risolvere il calcolo di fatto aggiunge la nuova transazione di bitcoin alla catena di transazioni precedenti e viene ricompensato con l’emissione di nuovi bitcoin. Ecco dunque il ruolo dei cosiddetti “estrattori”, i “miner”. Col passare del tempo, le operazioni di estrazione sono diventate così complesse da richiedere migliaia di computer, i quali hanno ormai bisogno di essere concentrati in grandi capannoni. Oltre all’energia consumata dall’attività di calcolo, c’è poi l’energia degli impianti di ventilazione, necessari per evitare il surriscaldamento dei computer. Stando agli ultimi dati a disposizione, l’attività legata ai bitcoin consuma più di quanta energia consumi l’intera Finlandia. Il valore dei bitcoin Il valore dei bitcoin è completamente affidato all’incrocio di domanda e offerta. Per evitare il pericolo di un’inflazione della criptovaluta, che potrebbe verificarsi in seguito all’estrazione infinita di nuovi bitcoin, Nakamoto ha fissato una quantità massima di bitcoin estraibili, pari a 21 milioni. Al momento, ne restano ancora da estrarre 2,5 milioni. Il comportamento della critpovaluta, dunque, è deflazionario nel tempo: grazie alla progressiva scarsità, aumenta il suo valore. Ad aumentare oggi sono soprattutto le transazioni, passate da poche centinaia nei primissimi anni, fino alle centinaia di migliaia che si verificano ogni giorno. È proprio questa crescente richiesta che ha spinto il valore della criptomoneta sempre più verso l’alto. Per alcuni, bitcoin saluterà il 2022 con un valore superiore ai 100mila dollari.        

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Meglio non controllare il proprio portafoglio tutti i giorni

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  • Finanza Comportamentale
Scritto il 21.10.2021

Costruire un portafoglio con attenzione e monitorarne l’andamento sui mercati è certamente una di quelle cose che necessariamente si devono fare per condurre seriamente un investimento sui mercati. La società di consulenza The MotleyFool, tuttavia, nella suo rubrica sulla rivista “Focus”, invita a non controllare in modo compulsivo il proprio portafoglio d’investimenti: questo atteggiamento potrebbe costituire un rischio, piuttosto che un vantaggio. Controllare in continuazione, ogni singolo giorno, magari più volte al giorno, l’andamento delle azioni del proprio portafoglio può essere oltremodo stressante. I mercati sono spesso volatili e ciò significa, graficamente, una curva di saliscendi per ogni singola azioni dei portafogli. Ciò può innanzitutto mettere alla prova i nostri nervi e, in certi casi, perfino portare a un cambio improvviso dei nostri piani d’investimento. E, come si legge nel contributo di The MotleyFool, vendere un’azione in perdita significa realizzare una perdita che, fino a poco prima, era semplicemente potenziale. Investire sui mercati per guadagnare rapidamente è molto rischioso. Investire con una prospettiva di lungo periodo riduce invece i rischi e aumenta in modo davvero significativo le possibilità di rendimento. L’effetto del lungo periodo rende infatti le oscillazioni di mercato come praticamente ininfluenti sul risultato finale. Meglio dunque passare il proprio tempo a pianificare una strategia e verificarne il corretto svolgimento, piuttosto che controllare le azioni ogni giorno per comprarle o venderle al prezzo migliore. Gli investimenti che durano più di una decina d’anni, peraltro, rendono anche più sereni dal punto di vista del market timing. In altre parole, non importa davvero se il momento in cui si è acquistata un’azione era quello più favorevole. Il tempo si incarica di rendere quella scelta quasi indifferente: il sommarsi tra loro delle oscillazioni nel corso del tempo ne annulla l’effetto. Con ciò, come si accennava, la società di consulenza non vuole sostenere che sia giusto disinteressarsi dei propri investimenti: può capitare di dovere fare i conti con un’azione che si era giudicato troppo bene; così come può capitare di dover orientare di nuovo la propria strategia d’investimenti. L’importante è ragionare su un orizzonte temporale lungimirante e non rovinarsi le giornate, continuando a guardare l’andamento delle proprie azioni.        

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Consulenza: serve entrare nella rivoluzione 4.0 della comunicazione

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 20.10.2021

Riunioni in rete, teleconferenze e webinar: la pandemia ha abituato molti lavoratori a gestire i loro consueti rapporti lavorativi preferibilmente in rete piuttosto che in presenza. Esistono delle professioni dove la rivoluzione 4.0 applicata alle forme di gestione aziendale va però curata particolarmente: è il caso della consulenza finanziaria e del fondamentale rapporto con la clientela che comporta. L’esperto di tecniche di comunicazione Michael Kienzle, fondatore della Kienzle Success Cooperation, in un suo articolo comparso su “Cash.online” ha fornito delle indicazioni generali interessanti a tal proposito anche nell’ambito della consulenza finanziaria. Per una consulenza digitale e professionale Nel suo articolo, Kienzle applica alle conversazioni o alle riunioni da remoto delle importanti regole di professionalità a cui non si dovrebbe mai rinunciare – come afferma – “nonostante” il mezzo tecnico di cui ci serve. Alcune di queste regole ricalcano le riunioni o gli incontri fisici. Ad esempio, un consulente non dovrebbe mai dimenticare di mettere a proprio agio il suo interlocutore, magari scambiando qualche battuta iniziale di cortesia e ricordarsi di vestirsi comunque sempre in modo adeguato. Altre, invece, riguardano la specifica modalità da remoto. Ad esempio, è utile ordinare lo sfondo nel quale ci si inquadra, o usare la luce necessaria per illuminare bene la mimica facciale. Comunicare in modo fluido e disinvolto Negli incontri da remoto bisognerebbe procedere nel modo più disinvolto possibile, così da non fare percepire il mezzo come un ostacolo alla comunicazione. Meglio fare qualche prova in più all’inizio, da soli, per non incorrere in problemi tecnici, magari continuandoli a sottolineare e facendo perdere l’attenzione o la pazienza all’interlocutore. Un’altra cosa che può aiutare la comunicazione è l’inclusione nell’immagine delle braccia o, comunque, delle mani, in modo che possano accompagnare le espressioni verbali e aiutare nella comprensione delle intenzioni. Il fatto che si tratti di un incontro da remoto, poi, non significa che non si possa interagire con i partecipanti, condividendo lavagne interattive, ad esempio, o facendo delle domande. Restare concentrati e non distrarre Spesso accade di vedere alcuni teleinterlocutori particolarmente indaffarati, ma la prospettiva ristretta impedisce di capire cosa stiano facendo. Può anche darsi che stiano semplicemente prendendo degli appunti o consultando un documento importante. Tuttavia, è sempre meglio evitare di generare curiosità in chi ascolta e fare calare la concentrazione. Meglio perciò avvisare se si sta per prendere un documento cartaceo o si sta consultando qualcosa sul proprio computer. Non bisogna dimenticare, però, che durante una tele consulenza o una tele riunione potrebbero essere i nostri interlocutori a consultare i propri computer, magari per controllare che quello che stiamo dicendo sia corretto. In questo caso, è necessario che il contenuto di quello che diciamo sia, perlomeno, alla prova di una prima ricerca su Google. Mantenere alti gli standard di qualità anche in rete Per concludere, quello che è necessario fare è portare anche in rete gli stessi parametri di professionalità che si rispetterebbero nello svolgimento di un incontro reale. Le generazioni Y e Z, del resto, non hanno nemmeno bisogno che si spieghi loro che la realtà virtuale è decisamente reale, soprattutto quando si tratta di lavoro.    

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I bitcoin non proteggono fino in fondo

Scritto il 19.10.2021

Nel fine settimana, il valore di un bitcoin è tornato a superare i 60mila dollari. Sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung,Dennis Kremer ha dedicato a questo fatto un commento molto pregnante, che riprendiamo brevemente. La fiducia degli investitori in bitcoin resta alta E così i fan della maggiore criptovaluta al mondo hanno festeggiato il ritorno del prezzo oltre la soglia di valore dei 60mila dollari. Com’è stato possibile? Innanzitutto, gli investitori di bitcoin hanno superato il trauma delle restrizioni imposte dal governo cinese. Il motivo è che sanno di poter contare su un mercato altrettanto fiorente, cioè quello americano. Sebbene anche negli USA ci siano delle voci critiche nei riguardi della criptovaluta –  l’ultimo a esprimersi criticamente è stato, pochi giorni fa, il CEO di JP Morgan, Jamie Dimon –, infatti, gli investitori restano fiduciosi. Nuove opportunità sul mercato americano In un primo momento, sembrava che anche il governo americano avrebbe dovuto porre delle forti restrizioni alla compravendita dei bitcoin e allo scambio dei prodotti derivati. Al contrario, sono in molti a sperare che l’autorità finanziaria dia il via libera a prodotti molto popolari. In particolare, il mondo delle criptovalute sta aspettando con ansia l’approvazione dei primi ETF legati agli indici di mercato dei bitcoin. Già: ma come mai i bitcoin stanno conoscendo un successo che sembra non avere fine? Una delle ragioni è l’inflazione galoppante. I bitcoin sembrano un’efficacissima riserva di valore: il loro prezzo continua a salire, a fronte di monete come il dollaro che sono sempre più colpite dalla perdita di valore. Ma ricordiamolo: i bitcoin non sono un bene rifugio Kremer ammette che i bitcoin siano una tecnologia di straordinario interesse, che vale la pena non solo tenere in considerazione, ma anche capire e studiare a fondo, anche nel caso di coloro che non sono direttamente interessati all’acquisto. Per quanto riguarda invece il fatto che possano realmente costituire un’alternativa ai beni rifugio come l’oro, Kremer ha invece i suoi dubbi. Certo: è vero che i bitcoin sono un bene finito, in quanto chi li ha programmati fin dall’inizio ha fatto in modo che ne fosse estraibile una quantità ben definita. Tuttavia, resta il fatto che non c’è nulla che li ancori a un vero e proprio valore reale: l’oro, ad esempio, nel peggiore dei casi, può essere usato per fare dei gioielli. La mancanza di garanzie fisiche – così come di una banca centrale che faccia da garante di ultima istanza – è il vero difetto dei bitcoin (e un po’ di tutte le criptovalute, almeno ora): a differenza dell’oro, che non arriverà mai a valere al di sotto una certa soglia, i bitcoin, che sono, come scrive Kremer, “pura tecnologia”, potrebbero vedere scendere il loro valore in modo indefinito.   

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Rinunciare a un consulente finanziario è un errore, oggi più che mai

Scritto il 19.10.2021

Uno sguardo cursorio e approssimativo sui mercati finanziari potrebbe lasciare pensare che la figura del consulente finanziario sia orami superata. A un’analisi più attenta, invece, come fa Sebastian Külps sulla rivista “Focus”, risulta chiaro che il ricorso a un consulente finanziario potrebbe essere, oggigiorno, invece, ancora più utile. La democratizzazione dei mercati finanziari I mercati finanziari, da un certo punto di vista, sono ormai alla portata di tutti. Come fa notare Külps, si può andare dagli ETF, che offrono investimenti ben diversificati e trasparenti (nella struttura dei rendimenti e dei costi), fino alle piattaforme di neobroker, che permettono con pochi clic di generare un conto di deposito titoli e scambiare interi stock azionari attraverso il proprio smartphone. Oppure, è possibile ricorrere a dei robo-advisor, programmi che, sulle base di alcune indicazioni, assemblano dei portafogli d’investimento e li gestiscono sui mercati finanziari. Di fronte a una tale offerta, quale può essere lo spazio per un consulente finanziario in carne ed ossa? Nella pianificazione finanziaria, distinguere il fine dai mezzi è fondamentale Come sottolinea Külps, i risparmiatori non dovrebbero mai fare confusione tra il fine di un investimento, ossia i precisi obbiettivi di risparmio e di costruzione di un capitale, e i mezzi per effettuarlo, ossia un prodotto passivo o un fondo gestito da un robo-advisor. Ci sono domande, infatti, alle quali un software o un indice non sono in grado di rispondere. Queste domande riguardano temi fondamentali, quali il vero rischio che si è pronti ad affrontare, gli investimenti assolutamente da evitare, così come la pianificazione di una strategia di lungo periodo per i propri averi. Infine, c’è un aspetto tutt’altro che trascurabile ed è l’intrusione delle emozioni: investire sui mercati significa dovere fare i conti con emozioni forti, come la paura o la sete di guadagno, emozioni che rischiano di compromettere l’efficacia delle strategia degli investimenti. Il ruolo centrale del consulente finanziario Come risolvere questi problemi? Una soluzione può essere quella di affidarsi a un parere imparziale e competente, come naturalmente è quello di un consulente finanziario serio. Il consulente finanziario si sta viepiù specializzando nella direzione della figura di un coach finanziario: non più un venditore di prodotti, ma un professionista che assiste i risparmiatori nell’acquisto di prodotti finanziari e, soprattutto, nella pianificazione e nella gestione di una strategia di risparmio o d’investimento. Un lavoro di consulenza imparziale e ben svolto può arrivare a migliorare la performance di un portafoglio fino a tre punti percentuali ogni anno, stando in questo caso a una ricerca svolta dalla società d’investimento Vanguard.              

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Riuscirà la consulenza finanziaria a diventare più sostenibile?

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 18.10.2021

A che punto si trova la consulenza finanziaria rispetto alle grandi novità che riguardano gli investimenti sostenibili? Kim Brodtmann ha provato a fare il punto della situazione in un articolo comparso sulla rivista “Cash.online”. L’antropocene e il ruolo degli investimenti sostenibili I geologi delle future generazioni, scavando, troveranno qualcosa di sorprendente: le tracce dell’inquinamento umano. Benvenuti nell’antropocene, l’era del mondo caratterizzata mai come prima dagli esseri umani. Il crescente successo degli uomini sulla natura, insomma, ha tuttora qualche inconveniente. Se ne sono accorti gli scienziati, che da tempo mettono in guardia l’opinione pubblica sui rischi di questo nostro trionfo. E l’opinione pubblica, per una buona volta, sembra avere risposto bene. L’allineamento tra quello che pensano le persone comuni, l’industria e i governi sembra quasi miracoloso: preservarci dalle conseguenze della nostra stessa attività è una priorità per quasi tutti, ormai. Il mondo degli investimenti non fa eccezione e lo dimostrano le cifre record dei fondi d’investimento dedicati alla sostenibilità. Già: ma quanto è pronta la consulenza finanziaria ad assumersi fino in fondo il proprio ruolo? O meglio: ci sono le condizioni per cui può farlo? Un mare di speranze e di difficoltà Che tra il dire e il fare ci sia di mezzo il mare non è solo un luogo comune ma anche la situazione attuale di chi si trova a gestire una consulenza orientata alla sostenibilità. Il “dire” lo abbiamo menzionato prima e consiste nelle intenzioni di costruire, per dirla in modo retorico, un mondo migliore. Il “mare” che c’è di mezzo è la difficoltà nel reperire in modo adeguato le informazioni in materia di investimento per informare i propri clienti. Vale davvero la pena riportare, su questo punto, le parole di Bernward Maasjost, CEO della società di vendita finanziaria PMA, rilasciate proprio alla rivista Cash: “Il consulente non riesce a sapere nel concreto il tipo di informazioni che sta ricevendo e da dove provengano: il che significa che non è in grado di preparare un colloquio di consulenza. Anche i fornitori di prodotti non forniscono ancora informazioni sufficienti - perché nessuno sa veramente cosa viene chiesto. Quello che arriva al cliente: cenni di no con la testa e confusione”. Il settore ha un vitale bisogno di chiarezza “Grande è la confusione sotto il cielo”, si dice dicesse Confucio. Ma la situazione, a differenza di quanto aggiungeva Mao, è tutt’altro che eccellente. In particolare, negli investimenti ESG sono sorte delle serie di standard di valutazione anche molto divergenti tra loro. Una contraddizione in termini: non dovrebbe essere univoco uno standard, per sua natura? Non solo. Come ha detto l’amministratore delegato della società di distribuzione finanziaria Plansecur, Johannes Sczepan, sempre a Cash, anche i legislatori hanno la loro quota di responsabilità in tutto questo. Anziché pensare a una normativa univoca sulla materia, si sono limitati a proporre aggiunte su aggiunte. Risultato: una stratificazione di norme, l’ultima delle quali è la domanda di preferenze di sostenibilità a partire dal 1° agosto 2022. Quanto si sa esattamente di come funzionerà? Ancora ben poco.        

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Meglio non dare ascolto ai profeti dei crolli dei mercati

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 18.10.2021

Sulla rivista extraETF, Carlos Link-Arad ha selezionato alcune profezie di sventura di alcuni guru dei mercati finanziari, mettendole a confronto con i risultati ottenuti in seguito dai mercati. Ne emerge una chiara smentita di quelle profezie. I mercati hanno sempre battuto i catastrofisti Prepararsi al peggio non è sempre una buona idea. Anche perché prevedere una catastrofe è uno dei modi che molti commentatori hanno per attirare attenzione su di sé. Link-Arad sottolinea innanzitutto che ogni profezia di sventura che si rispetti resta sempre vaga, non dà indicazioni precise né sul momento né su quale settore dei mercati crollerà: si limita a paventare un’imminente sciagura. Eppure, dati dello MSCI-World alla mano, risulta che i mercati hanno sempre e sistematicamente superato indenni quelle previsioni, garantendo anzi nel corso del tempo dei buoni profitti, persino a doppia cifra, negli ultimi vent’anni, proprio a chi avesse investito in quel dato momento. Sfruttare l’emotività per vendere libri, ma anche prodotti finanziari Per Link-Arad, diffondere la paura tra gli investitori può funzionare come strategia di marketing. La paura, che suscita reazioni forti e irrazionali, può servire, infatti, per piazzare specifici prodotti o vendere dei libri. Chi agita lo spauracchio dei crolli finanziari, di solito, mira a un target composto da investitori non troppo esperti, che si lasciano intimorire da parole come “crash” e “crollo”. Proprio in virtù dello scalpore di alcune loro dichiarazioni, questi commentatori riescono persino a conquistarsi degli spazi nei talk-show televisivi o su delle riviste. Tanto basta per essere considerati esperti a tutti gli effetti. Informarsi e diversificare: ecco cosa fare per allontanare le paure Come fare a difendersi dalla paura suscitata dagli annunci di una crisi imminente? Una delle possibilità potrebbe essere quella di affidarsi a delle proiezioni di calcolo, piuttosto che a semplici parole. È senza dubbio una strategia migliore, ma che tuttavia non tiene in sufficiente considerazione il fatto che si tratta sempre e comunque di stime, le quali potrebbero non tenere altrettanto in giusta considerazione tutte le variabili necessarie. Un’altra possibilità – che per Link-Arad è una delle migliori – è continuare a leggere, a informarsi e a formarsi. Forse non tutti sanno, ad esempio, che l’MSCI World cresce del 7% l’anno da oltre 50 anni, nonostante le crisi finanziarie che ha dovuto attraversare. Infine, un’adeguata formazione non può non tenere conto che, anche di fronte a delle correzioni dei mercati, una strategia con saldi obbiettivi temporali e un’adeguata strategia di diversificazione resta la soluzione migliore per immunizzare sé stessi e i propri investimenti dalla paura dei crolli.         

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FMI: ecco che cosa minaccia la stabilità finanziaria globale

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 15.10.2021

Tobias Adrian, capo economista del Fondo Monetario Internazionale(FMI), ha espresso alcune considerazioni in merito alla situazione finanziaria globale e, in particolare, ai potenziali fattori destabilizzanti. Vediamoli un po’ più da vicino. Le misure contro la crisi pandemica e il rovescio della medaglia A un anno e mezzo dallo scoppio della pandemia, possiamo dire abbastanza tranquillamente che il sistema finanziario globale abbia retto l’urto della crisi. I paesi sviluppati e in via di sviluppo, anche grazie ai fondi messi a disposizione dal FMI e ai generosi aiuti delle banche centrali, sono riusciti a limitare i danni provocati dalle misure restrittive. Le stesse misure, in seguito alle riaperture, hanno alimentato la ripresa economica. Tuttavia, queste misure di sostegno al mercato del credito sono costate care: l’indebitamente globale è salito del 14% e corrisponde ora al 100% del PIL mondiale. Non solo gli Stati, ma anche le imprese e, in alcuni casi, le famiglie devono ora fare i conti con dei debiti crescenti. Il problema è che il rallentamento dell’economia e la mancata riduzione della disoccupazione potrebbero comportare un ritiro dei capitali prestati e generare una crisi del credito capace di sfociare in una nuova crisi. L’inflazione e le strozzature dell’offerta minano la ripresa L’altro problema che mette a rischio la stabilità finanziaria globale è il surriscaldamento di alcuni segmenti centrali dell’economia. La catena di rifornimenti, in modo particolare, sta subendo delle strozzature pericolose. In certi casi, questi colli di bottiglia hanno già comportato il blocco della produzione in alcuni settori industriali. Poi, c’è l’inflazione. Adrian ammette che nei settori delle materie prime e dell’energia i prezzi sono cresciuti più a lungo e più fortemente di quanto ci si aspettasse. Il problema è che questa crescita non accenna a fermarsi. I rischi delle criptovalute e del cambiamento climatico Ci sono poi altri due problemi rilevati dal FMI. Il primo è il sistema delle criptovalute, che non solo è troppo volatile, ma che dà anche troppe poche garanzie di sicurezza: dati gli enormi volumi di scambio e le mostruose quotazioni delle singole valute – che spesso si traducono in bruschi cali di valore – serve infatti che i governi prendano al più presto delle misure per regolamentare un settore così anarchico. Infine, c’è la non più rimandabile questione del cambiamento climatico che, per molti, significa rischi concreti di perdere il lavoro o, peggio, di perdere persino la propria casa (e basterebbe pensare al pericolo delle inondazioni). Il cambiamento climatico, insomma, è da considerarsi a tutti gli effetti un fattore di rischio di stabilità dei mercati finanziari globali. Adrian, perciò, afferma che è necessario il massimo impegno per sviluppare delle misure concrete e delle nuove tecnologie per arginarne le conseguenze più gravi.        

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Vendere i fondi è più facile nella prima metà dell’anno: perché?

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  • Fondi Comuni di Investimento
Scritto il 14.10.2021

Sulla rivista “Das Investment” è comparso un articolo del capo della divisione di ricerca dell’associazione tedesca dei fondi d’investimento BVI, Markus Michel. Nell’articolo, vengono spiegate le ragioni per le quali ben due terzi delle vendite annuali di fondi a investitori privati si concentrano nella prima metà dell’anno. Si vende di più, in media, nel secondo trimestre Michel ha di fatto illustrato, commentandoli, i risultati di vendita dei fondi, su base trimestrale, degli ultimi dieci anni. A essere l’assoluto protagonista delle vendite è il secondo trimestre: in otto casi su dieci, ha rappresentato fino a un massimo del 50% di tutti i nuovi affari. Il primo trimestre ha avviato, in media, il 20% dei nuovi affari, il terzo trimestre il 35%, mentre l’ultimo solo il 10%. Per misurare il comportamento dei piccoli investitori, si è deciso di includere i 180 fondi che rappresentano il 90% delle vendite cumulative, escludendo i fondi che hanno a che fare con gli investitori istituzionali o con i fondi di fondi (che, commenta Michel, avrebbero potuto distorcere i risultati). Prima di passare alle ragioni che spiegano la concentrazione dell’acquisto dei fondi nella prima metà dell’anno, vale la pena fare notare (come fa Michel) che questo fenomeno non è influenzato dagli andamenti del mercato: sia i cali di prezzo sia le generali correzioni del mercato non influiscono sul complessivo andamento degli acquisti, che ha carattere ricorsivi quasi identici. Le ragioni della stagionalità delle vendite L’aspetto di stagionalità degli acquisti è dovuto principalmente a due fattori. Il primo, come scrive Michel, è che le banche e le casse di risparmio inviano ai loro clienti una panoramica dei conti di deposito all’inizio dell’anno. Questa è un’occasione che molti consulenti sfruttano per fare ripensare ai loro clienti il loro portafoglio d’investimento. Inoltre, i conti corrente e di deposito dei clienti sono solitamente più alti nel corso della prima metà dell’anno. Da questo punto di vista, anche l’Eurostatconferma che nei primi due trimestri dell’anno la spesa delle famiglie è del 4% inferiore rispetto al resto dell’anno. Il caso dei fondi immobiliari In conclusione, Michel compie una piccola osservazione anche sui fondi immobiliari. Quello che accade normalmente ai fondi d’investimento, vale in particolare per i fondi immobiliari. Questi fondi, in particolare, si trovano di fronte a una forte domanda da parte degli investitori. Per poterla gestire correttamente, e dare agli investitori le giuste opportunità, i gestori si trovano spesso a doverla regolare, ossia a limitare le offerte, nel corso dell’anno.  

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Turbolenze sui mercati in arrivo?

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 14.10.2021

Che cosa aspettarsi dai mercati per il quarto trimestre di quest’anno? Questa resta sicuramente una domanda difficile, ma interessante, alla quale vale la pena di provare a rispondere. Lo prova a fare Stefan Kreuzkamp, Chief Investment Officer e direttore dell’Investment Division della società d’investimento DWS. Il suo contributo è comparso sulla rivista “Investrends.ch”. I mercati nervosi e le obbligazioni La ripresa rallenta, ma continua. L’Asia dà segni di crisi, ma non di cedimento. La paura per la variante delta del virus cresce, ma nuove cure sono in vista. La stretta alle politiche monetarie arriverà, ma non subito. I prezzi salgono, ma solo per l’energia e le materie prime. Insomma: l’incertezza regna e i mercati la registrano con un andamento oscillante. In particolare, nelle ultime settimane al centro delle discussioni ci sono state le obbligazioni. Il mercato obbligazionario, infatti, ha visto crescere i rendimenti e i prezzi. I motivi sono almeno due: il previsto restringimento delle politiche monetarie, da un lato, e l’incertezza sulla crescita economica, dall’altro. Kreuzkamp sottolinea che, in un simile contesto, soprattutto per colpa dell’inflazione, le obbligazioni societarie ad alto rendimento potrebbero subire delle oscillazioni. Questo vale sia per le obbligazioni USA ed europee, colpite dai prezzi dell’energia e dalle strozzature delle catene di approvvigionamento, sia per le obbligazioni asiatiche, al momento ancora segnate da Evergrande. Il fronte delle azioni Anche nel settore azionario regna l’incertezza. La correzione dei titoli è ormai cominciata, nonostante il terzo trimestre sia stato un periodo di crescita generalizzata. Da un lato, le stime di crescita per il quarto trimestre sono caute, soprattutto per i problemi summenzionati, legati all’energia e alla catena di approvvigionamenti. Dall’altro lato, con dei tassi d’interesse ancora bassi, la liquidità del mercato potrà essere garantita ancora per un periodo abbastanza lungo. Anche i consumatori, data la situazione di incertezza, potrebbero cominciare a limitare i consumi. Ciò porta Kreuzkamp, in materia di allocazione nel portafoglio, a concludere quanto segue: “Manteniamo il nostro posizionamento bilanciato, da un lato sul versante delle azioni di crescita e tech, dall’atro sul versante dei titoli di crescita e di qualità”. Materie prime ed energia Kreuzkamp sottolinea due aspetti che stanno gettando abbastanza irrequietezza sui mercati. Il primo riguarda le energie e le materie prime. C’è chi spera addirittura che l’inverno sarà mite, perché il gas naturale scarseggia. E l’energia eolica si prevede che non sarà in grado di tenere testa alla richiesta. Il carbone e il petrolio hanno aumentato notevolmente il loro prezzo. La conseguenza è, tra le altre, il fatto che gli investimenti ESG non riescono a tenere il passo con i rendimenti degli investimenti tradizionali e impattanti. Il secondo aspetto che getta irrequietezza è il fallimento del colosso Evergrande, che avrà delle sicure conseguenze nel mercato dei materiali da costruzioni. Inoltre, sempre in Cina è probabile si registrerà un collo di bottiglia nella produzione industriale, causata dalla mancanza di sufficienti rifornimenti energetici. Investire sull’oro o sui metalli, per Kreuzkamp, non porterà peraltro a particolari benefici: i tassi reali stanno salendo e il cambio tra il dollaro e le altre valute si sta rafforzando e questo non aiuta i prezzi dell’oro a crescere.    

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