Giovanni Donini

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Consulente finanziario

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Il pericolo di recessione negli ultimi 100 anni

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Scritto il 27.09.2022

Dall’Enciclopedia Treccani prendo a prestito la definizione di recessione indicata come il “Periodo di tempo, non inferiore ai sei mesi, durante il quale l’attività economica si riduce, il livello del reddito reale scende, cala l’occupazione e aumenta la disoccupazione. È una fase del ciclo economico che termina con la successiva ripresa, cui segue un periodo più o meno lungo di tempo durante il quale vi è espansione economica, fino alla successiva recessione. E ancora “Se la recessione si aggrava e diventa permanente, si parla di stagnazione e nei casi più gravi di depressione, per intendere una situazione in cui la ripresa non arriva mai e quindi il reddito non torna a crescere ma resta ai livelli minori cui è sceso e anche l’occupazione non aumenta più e la disoccupazione resta elevata o continua ad aumentare”. Il costo per ridurre l’inflazione La recessione è lo spettro che oggi si aggira sul mercato e che punirà tutti coloro che ignorano, o non vogliono accettare il fatto, che nella storia i mercati finanziari crescono tra ribassi e rialzi poiché ciò fa parte della sua “natura”. Tutti coloro che si aspettano di guadagnare investendo senza incorrere in periodi di crisi, o sono folli oppure sono stati ingannati da chi ha parlato loro di investimenti senza rischi e perennemente in crescita. Fortunatamente per me tutti coloro che mi leggono sanno che investire è qualcosa che richiede tempo, pazienza, conoscenza, non da ultimo anche solidi e concreti obiettivi da realizzare. Naturalmente il rischio è di interrompere prima del tempo un investimento la cui durata non può che essere proporzionale al rischio assunto. Questi sono gli elementi che aiutano l’investitore nei momenti di crisi del mercato come quella che stiamo vivendo. Ormai abbiamo tutti preso consapevolezza che la Fed ha dichiarato l’inflazione come il pericolo più grande contro cui combattere, soprattutto in una economia globalizzata come l’attuale. E ciò va fatto anche a costo di innescare una recessione: l’obiettivo dichiarato dalla Fed è di riportarla intorno al 2% il prima possibile. Quanto dura una recessione A questo punto sono due le domande che l’investitore si deve porre per affrontare con sufficiente consapevolezza questa crisi. Come al solito però, sapendo che non si può prevedere il futuro, proviamo a trovare spunti per agire, partendo dall’osservazione del passato, traendo dall’insegnamento che la storia ci consegna le nostre motivazioni per continuare il nostro viaggio. La prima riguarda la durata delle recessioni nella storia; la seconda attiene invece agli impatti che hanno sul mercato. Utilizzerò come prima risposta e per semplicità espositiva, i dati relativi al mercato Usa, limitando l’analisi soltanto alla mediana e ai picchi raggiunti. Nel primo caso una tabella tratta dal Sole 24 Ore OnLine, contenuto nell’articolo“Quanto tempo occorre per sconfiggere l’inflazione?”, a firma di Vito Lops, ci indica che dal 1923 al 2023 la Fed è intervenuta ben 11 volte per raffreddare l’economia con un aumento dei tassi. Il tempo medio per ridurre l’inflazione con l’obiettivo dichiarato del 2%, è stato di 16,2 mesi. Gli estremi sono i 41 mesi del 1981, con una discesa dal 14,8% al 2,5%, contro i 5 necessari nel 2008 per una riduzione dal 5,6% al -2,6%. Lascerò per brevità espositiva che siano i lettori a scoprire i dati intermedi riportati nella tabella. Da ciò otteniamo la risposta che volevamo e anche qualcosa di più: dalle recessioni si esce sempre, soprattutto in tempi non particolarmente lunghi. L’impatto sul mercato La risposta sul quanto invece possa incidere sui listini azionari una recessione ci viene dalle due tabelle successive, che ci mostrano il volto del passato. Entrambe sono tratte dal blog INVESTIRE CON BUON SENSO. In un interessante post dal titolo “Le recessioni fanno bene alle borse”, Lorenzo Biagi ci aiuta nel nostro intento. Scopriamo così che in un periodo di quasi un secolo (1929 – 2020) una recessione può fare subire al mercato ribassi mediamente del 39% che possono durare sino 12,8 mesi, con punte estreme massime del -86%, registrata una sola volta durante il famoso crollo di Wall Street del 1929, con una durata di periodo pari a 25,7 mesi, e minime del -19,9%, come è accaduto in occasione dell’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq nel 1990, con una durata flash di meno di 3 mesi, sempre che di recessione si possa parlare in questo caso. Da questi dati dobbiamo scorporare quanto accaduto nel 2020 in occasione della pandemia: si è registrata una discesa del -34% circa, risolta però in poco più di un mese, ma in assenza di una vera e propria recessione. Comunque rileviamo che in ogni caso la ripresa del mercato è SEMPRE e COMUNQUE ARRIVATA! Una seconda tabella stimola la nostra attenzione suggerendoci di non vendere nelle fasi di ribasso. Da inizio anno il mercato USA ha registrato una perdita di circa il 22% e siamo in attesa di una recessione annunciata per ridurre l’inflazione. I dati contenuti nell’analisi  ci insegnano che nel periodo 1948 – 2020, durante le fasi precedenti ad una recessione, il mercato è stato negativo nel 58% dei casi mentre si scende al 50% nel durante. Nei periodi successivi invece, il dato è confortante poiché ci rivela come solo nell’8% di casi il mercato sia stato negativo. In particolare ad un anno il passato ci insegna che non ci sono mai stati ribassi, ma solo rialzi. Conclusioni Per concludere, non possiamo dimenticare che ciò che è stato appena detto appartiene al passato  e dobbiamo arrenderci all’evidenza che ogni recessione ha avuto ed avrà il suo andamento, unico e diverso da tutti quelli che l’hanno preceduta. La verità su ciò che ci aspetta la scopriremo solo quando saremo usciti da questa fase ampiamente ribassista. Tuttavia, con un poco di fantasia e di visione ottimistica fondata sull’esperienza, proviamo solo per un istante ad immaginare il rammarico di chi, avendo ceduto alla tentazione di liquidare i propri investimenti, si ritroverà suo malgrado prima o poi a vivere la prevedibile fase di ripresa, incerta nel quando ma non nel se. L’alternativa sarebbe quella di accettare uno scenario distopico mondiale fatto di stagnazione e depressione globale. Vogliamo davvero credere che questo sarà il futuro che ci attende?

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QUANTO DURERÀ ANCORA L’ATTUALE FASE DI RIBASSO?

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  • Formazione/Educazione Finanziaria
Scritto il 19.09.2022

Capita sempre più spesso che chi investe soffra per lo stress causato dai ribassi, nel timore che questi continuino all’infinito. La mia esperienza mi ha insegnato che la pazienza è la migliore arma di difesa in momenti simili a quelli che stiamo vivendo. Tuttavia, ogni volta che un mercato scende, nonostante l’esperienza maturata, siamo comunque tutti preda dell’ansia di conoscere quanto potrà durare la discesa. I miei lettori più attenti sanno che io non ho la risposta. Posso solo limitarmi a ripetere che ad ogni ribasso segue sempre un rialzo, essendo ignoto il quando, non il se! L’ERRORE DI INVESTIRE CON “L’ANSIA DA PRESTAZIONE” Ammettiamolo però, lo stress è notevole ed aumenta ogni giorno che passa. Questo è il motivo per cui bisogna smettere di controllare GIORNALMENTE l’andamento del nostro capitale investito, perché altrimenti ci si potrebbe fare del male. L’ansia da prestazione, conseguenza di un controllo ossessivo, può minare alle fondamenta la fiducia e le convinzioni dell’investitore più resiliente! Se si sono scelti gli strumenti giusti, investendo in un mercato dotato di efficienza, con una giusta diversificazione e con un tempo coerente, scegliendo un rischio specifico sulla base delle proprie preferenze, diventerà impossibile perdere e il guadagno diventerà solo una questione di tempo. Ormai anche questo sappiamo, a meno che … non si decida di cedere alla paura, nell’erronea convinzione che il periodo a cui si era pensato inizialmente sia diventato improvvisamente troppo lungo e quel denaro sia ORA diventato assolutamente necessario. E questa scusa è la dichiarazione più evidente che il panico sta per sopraffare la nostra motivazione a resistere!   Prima di passare ai numeri, necessari per rispondere alla domanda da cui siamo partiti sulla lunghezza dei ribassi, volevo sommessamente ricordare che quando qualcuno decide di vendere, altri comprano. Bisognerebbe sforzarsi di risolvere questo delicato enigma se il folle sia chi compra e il furbo chi vende, ovvero sia vero il contrario. Mi rendo conto solo ora di quanto questa risposta possa essere ritenuta pleonastica ai più, dato che la storia ci conferma sempre che il furbo è chi paga poco qualcosa che qualcuno ha pagato molto e di cui si vuole disfare, pur non avendo affatto bisogno di quel denaro. Poi magari chi ha venduto ricomprerà quel bene quando i prezzi saranno ritornati almeno al livello iniziale, rendendo ricco chi era stato ritenuto folle per avere comprato al ribasso! LA LUNGHEZZA DEI RIBASSI NELLA STORIA Sono debitore di una risposta e per questo userò una tabella pubblicata il 10 settembre scorso sul blog di Charlie Bilello, Amministratore Delegato di Compound Capital Advisors. Nel post dal titolo How the Worst Market Timer in History Built a Fortune, pubblicato su compoundadvisors.com il 10 settembre scorso, Bilello ci racconta dell’esperienza di investimento di due fratelli gemelli con abitudini opposte, che avranno la sorpresa di avere due risultati diversi alla fine dello stesso periodo di investimento. A noi però qui non interessa parlare del racconto, del quale consiglio vivamente la lettura, quanto piuttosto prendere a prestito i dati per supportare il nostro discorso.   Come si può facilmente notare, dall’agosto 1956 sino al marzo 2020 abbiamo avuto sul mercato Usa, di conseguenza per proprietà transitiva anche su molti altri, periodi più o meno lunghi. Si va infatti dai 31 mesi del periodo marzo 2000 - ottobre 2002, a quello più corto e a noi più vicino, la cui durata è di un mese soltanto dal febbraio 2020 al marzo 2020. Lascerò quindi ai miei pazienti lettori il compito di osservare le altre date e i ribassi generati, sottolineando con forza che chi ha investito sui minimi è colui che è risuscito a cogliere al meglio l’opportunità che il mercato ha offerto. Certo è facile parlare affidandosi all’esperienza del senno del poi, ma chi ha vissuto quel periodo senza avere approfittato di quelle opportunità, certamente ricorda con profondo rammarico la scelta dettata dalla paura, di non avere investito! MA QUESTA VOLTA È  DIVERSO! Per concludere mi sia concessa una riflessione specificatamente rivolta a tutti coloro che, mentre leggono le mie parole, sentono una flebile ma decisa vocina che sussurra loro “questa volta è diverso!”. Ditemi, non è che per caso la sentite anche voi? Confesso che io stesso l’ho sentita, ma non era così flebile perché talvolta era urlata da qualche cliente nel corso della mia trentennale carriera. Volete sapere quante volte? Provo a riflettere sulla mia esperienza mentre guardo la tabella sopra riportata e rispondo: l’ho sentita nel luglio del 1990 e in quello del 1998, per poi ripetersi nel marzo 2000 e nell’ottobre del 2007. Per venire a periodi a noi più recenti l’ho sentita nel settembre 2018 e nel febbraio 2020. Io c’ero nelle date indicate dalla tabella e anche in molte altre occasioni. Sono sicuro che anche molti di voi ricordano molto bene quei momenti in cui la paura tentava di prendere possesso delle nostre emozioni.   UNA PROVOCAZIONE Oggi questa voce IO la sento ancora forte e chiara, e chissà se davvero questa volta sarà diverso. Tuttavia volevo lasciarvi con una domanda: e se non fosse diverso, siete disposti a rischiare di perdere una così ghiotta occasione, l’ennesima offerta per comprare ai minimi, per poterne coglierne i frutti in un momento che potrebbe non essere troppo lontano nel tempo? I numeri per rispondere alla domanda iniziale sono stati dati. Tuttavia la scelta del comportamento che consegue alla mia provocazione spetta invece a ciascuno dei miei lettori!

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IL PROFONDO MARE DELLE PREVISIONI FINANZIARIE

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  • Formazione/Educazione Finanziaria
Scritto il 13.09.2022

Con la ripresa dei lavori volevo condividere un breve pensiero, che nasce da un recente incontro con un cliente molto preoccupato per l’attuale situazione dei mercati finanziari. Il suo problema sono gli  investimenti sottoscritti che (solo) apparentemente sembrano non rispondere alle sue aspettative, soprattutto in questa fase storica dove sembra che l’intero mondo stia procedendo a larghi passi verso una situazione di instabilità. Per questo motivo mi ha chiesto una previsione sui tempi di uscita dalla condizione di stress che dura ormai da mesi. Chi mi legge sa che io non elaboro previsioni e nemmeno mi fido di tutti coloro che ne fanno. Ogni giorno tutti noi siamo immersi nel profondo mare delle previsioni, alla ricerca di qualcosa che aiuti ad allentare la morsa delle nostre incertezze (elezioni politiche, mercati finanziari, costo dell’energia, inflazione, futuro occupazionale). A questo riguardo e semplificando, ricordo che anche la Fed e la Bce hanno sbagliato ogni previsione sull’andamento dell’inflazione. E se sbagliano i banchieri centrali, figuriamoci tutti gli altri! In verità l’unica risposta a questa domanda sta nel cercare di riportare l’attenzione sull’obiettivo per il quale la scelta di investire era stata presa. Non ci stancheremo mai di ripetere che i mercati non sono destinati a scendere per sempre: la loro tendenza è da sempre quella della crescita. Certamente ci sono mercati e mercati ma quelli migliori, sui quali qui non voglio indugiare, evitando di annoiare, hanno questa qualità intrinseca.   FORTUNA, COMPLOTTI ED ERRORI NEGLI INVESTIMENTI   La verità è che bisognerebbe smettere di pensare all’andamento degli investimenti come se fossero sempre condizionati dall’effetto della fortuna o da movimenti occulti di pochi potenti, che ne condizionano gli esiti per trarne profitto. Altro punto da tenere considerazione è quello del cosiddetto market timing, del quale abbiamo già parlato molto. Qui mi limiterò a ricordare che sbagliare il momento di uscita e di entrata potrebbe compromettere irrimediabilmente l’esito del sacrificio che passa per il nostro investimento. Sappiamo comunque che fa parte della natura umana cercare la certezza del risultato, tra l’altro cosa non sempre possibile. Il nostro futuro non è sempre caratterizzato da certezze, specialmente in tutte quelle attività il cui potere di controllo non dipende direttamente dalle nostre azioni, ma piuttosto da tutta una serie di variabili indipendenti dalla nostra volontà. Lo sono ad esempio le previsioni sulla durata della nostra vita e del nostro stato di salute, così come lo sono gli imprevisti che possono accadere durante un viaggio. La stessa cosa vale per l’andamento dei nostri investimenti. Quando una (improvvisa) pandemia ovvero una (non prevedibile) fiammata dell’inflazione cominciano a minare profondamente le nostre certezze, l’unica strada possibile è quella di avere adottato preventivamente tutte le cautele necessarie per affrontare l’imprevisto (strategia) salvo poi eventualmente valutare come comportarsi (tattica) durante il loro accadimento. Certamente vivere in questo regime di incertezza non significa che a questo non ci sia rimedio, con la conseguente tendenza ad assumere sempre un atteggiamento di pura rassegnazione al fato. Infatti, per continuare nell’esempio, possiamo sempre adottare un sano comportamento alimentare per ridurre sensibilmente i rischi di una malattia; allo stesso modo le probabilità di subire un grave incidente in autostrada subiranno una drastica riduzione se rispettiamo tutte le norme di sicurezza richieste. Tutto ciò significa che se la certezza non è raggiungibile, ci si potrà accontentare di un alto grado di probabilità di ottenere quanto ci aspettiamo accada. Se qualcosa non dipende da noi certamente possiamo scegliere di aumentare le probabilità che le nostre aspettative vengano realizzate.   L’ILLUSIONE DELLE CERTEZZE NEGLI INVESTIMENTI   Venuta meno la certezza dei risultati d’investimento a cui gli italiani erano stati abituati (alto rendimento con la chimera del rischio nullo), tutto è sembrato diventare improvvisamente più pericoloso. Eravamo stati illusi che il basso rischio e gli alti rendimenti fossero la normalità, quando invece sono sempre stati l’eccezione. Così improvvisamente la paura di investire è diventata in alcuni momenti l’unica regola da seguire, che imponeva di non decidere quando le cose sembrano andare male. Tuttavia non bisogna perdere la capacità (e l’abitudine) di accettare quando si investe (e non si specula!) le regole del gioco. Si possono costruire portafogli che possono dare ampie garanzie di risultato, a patto di farlo usando le migliori conoscenze, le competenze e tutti quei comportamenti che storicamente e scientificamente hanno fornito ampie garanzie (mai certezze!) di risultato.   LA STRADA MAESTRA QUANDO SI INVESTE   Proprio per questo sono sempre solito ripetere che un portafoglio deve essere costruito seguendo una linea guida che ormai tutti conoscono o che tutti dovrebbero seguire: una buona diversificazione con una scelta coerente di strumenti di investimento, combinati seguendo regole scientifiche, soprattutto tenendo conto delle personali preferenze di rischio - rendimento, nel rispetto assoluto del periodo di tempo che si è scelto per investire. Tutto ciò non può che aumentare le probabilità di successo. È questa la strada da seguire senza lasciarsi sconfiggere dalla diffidenza o dalla paura, poiché non c’è niente di peggio nel campo degli investimenti che nascondere la testa sotto la sabbia, scegliendo di non decidere. La storia dei mercati ci ha ormai ampiamente dimostrato che è proprio questo l’atteggiamento che ha le più ampie probabilità di aumentare l’incertezza nelle nostre scelte d’investimento, proprio come quando, davanti ad un bivio, si decide di fermarsi anziché scegliere una direzione per proseguire il viaggio perché spesso sbagliare direzione è meno grave che rimanere fermi in attesa di qualcosa che forse non avverrà mai, che ci riporta ancora inesorabilmente in quello della probabilità..  

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SPECULARE NON È INVESTIRE

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  • Formazione/Educazione Finanziaria
Scritto il 05.08.2022

Spesso gli investitori si chiedono se sia opportuno inserire nel portafoglio cripto valute o diamanti, magari spinti dalla sollecitazione di un amico, di un servizio giornalistico o di un esperto di finanza, che suggeriscono come vincenti approcci basati sull’acquisto di qualcosa di non convenzionale o di non conosciuto. Non per questo possono essere considerati a riguardo come degli speculatori. A questo riguardo bisogna sempre tenere ben presente la differenza tra speculare e investire. L’economista Benjamin Graham nel secolo scorso aveva suggerito che per speculazione si può intendere ogni operazione finanziaria che garantisce la relativa sicurezza del capitale investito e un adeguato ritorno; tutto ciò che non rientra in questa definizione di investimento può essere considerata speculazione. Figura perfetta di speculatore è il trader, che prova a trarre un guadagno in conto capitale sfruttando i disallineamenti tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita di un determinato strumento finanziario. Fattore determinante è sempre il tempo, la cui misurazione nel caso dell’investimento avviene per periodi di latenza molto lenti spesso calcolabili in anni, mentre così non è nella speculazione, dove si eseguono operazioni in secondi, minuti, ore, giorni o poche settimane. Nell’investimento il tempo diventa così un ottimo alleato, ponendosi come un fondamentale elemento strategico, necessario per l’ottenimento di risultati attesi in presenza di rischi attenuati. Lo speculatore invece mette a rischio il capitale con l'intenzione di mantenere una posizione solo per un breve periodo prima di uscire: si specula per ottenere guadagni molto elevati in tempi molto limitati. Tuttavia può esserci speculazione anche quando gli strumenti finanziari non vengono usati nel giusto modo. In tal caso il problema è capire se l’investitore ne è consapevole oppure è stato vittima di un terribile malinteso. In questo caso non sarà possibile parlare di investimento e nemmeno di speculazione ma di altro, con possibile rilevanza civile e penale.   PIANIFICARE PER INVESTIRE   Investire e speculare sono quindi operazioni diverse che si svolgono sullo stesso mercato finanziario. Chi partecipa a questo gioco deve sapere che le regole sono diverse e per questo troppo spesso, viene fatta confusione tra speculatore e investitore. Tali contraddizioni comportamentali, che insorgono quasi sempre durante le fasi di mercato negativo, evidenziano come per speculare sia necessario essere consapevoli di ciò che si sta facendo. Un esempio potrà chiarire cosa intendo dire: “Se io avessi saputo che investire significava arrivare a perdere il 30% di quanto investito, di certo non avrei scelto questo momento e avrei aspettato ancora qualche mese”, disse molti anni fa un mio cliente, il quale aveva avuto nel 1999 la sfortuna di entrare sul mercato, pochi mesi prima che si scatenasse la bolla delle dot-com. Infatti mi aveva accusato di non avere previsto quel crollo che aveva travolto l’intero settore finanziario. Tuttavia dalla mia parte c’era la consapevolezza di avere ampiamente spiegato che i ribassi sul mercato sono possibili e non così rari come si crede. Per questo devono sempre essere considerati come eventi possibili, da mettere sempre in conto. La paura aveva fatto dimenticare al cliente che quel suo capitale era stato investito con l’obiettivo di acquistare una seconda casa, sita in una importante località marina. Fattore determinante però era che la spesa per la casa era prevista al momento del suo pensionamento: a quella data mancavano ancora 12 anni. C’era infatti tutto il tempo per rimediare a quel ribasso, essendo l’investimento appena cominciato. In realtà quella che si era presentata come una situazione negativa poteva essere sfruttata come una fantastica opportunità per comprare al ribasso, prima della risalita. Il cliente aveva deciso poi di accettare il suo ruolo di investitore (un rischio, un tempo dato, un rendimento atteso per il raggiungimento di un importante obiettivo), riuscendo così a sfuggire al pericolo di uscire dal mercato nel momento sbagliato. Non eravamo entrati sul mercato per speculare sfruttando le situazioni del momento quanto per pianificare un risultato nel tempo!   LA STORIA E I SUOI INSEGNAMENTI   Sappiamo ormai molto bene che sui mercati finanziari non esistono certezze e le previsioni non hanno la capacità di autorealizzarsi se non con relativa casualità. Nel luglio 2007, dopo la crisi del dot-com durata 2 anni, dopo un periodo di relativa calma con bassa volatilità, sui mercati si scatenò la tempesta perfetta che, partita con la crisi americana dei sub prime, si palesò l’anno successivo con il fallimento di Lehman Brothers. In quei momenti il cliente di cui stiamo parlando, aveva perfettamente compreso il concetto di pianificazione finanziaria e della sua importanza strategica in un investimento, dove le correzioni tattiche servono per aumentare il guadagno, non solo per ridurre le perdite. Ciò fu determinante per il felice esisto del rapporto tra consulente e cliente. Avendo guadagnato abbastanza dopo il rialzo del mercato post crollo del Nasdaq, avevamo cominciato a ridurre il rischio, consapevoli di avere già guadagnato molto. A quel punto eravamo pronti per affrontare quel nuovo periodo di crisi, con la liquidità sufficiente per acquistare sul mercato azioni ed obbligazioni ancora con prezzi scontati, facendo bene attenzione a non perdere di vista l’obiettivo di acquistare la casa al mare in un dato momento, ormai non troppo lontano. L’inevitabile risalita dei mercati cominciò a metà del 2009, molto prima comunque della scadenza del periodo. Anche in questo caso non avevamo speculato ma solo sfruttato i ribassi del momento per trarne profitto!   CONSLUSIONI   La speculazione è di fatto quindi una scommessa il cui esito può essere ampiamente positivo o negativo. Investire è invece qualcosa di molto più ragionato e studiato, soprattutto deve essere voluto e consapevolmente accettato. Se speculo accetto il rischio che la scommessa possa essere anche persa con gravi perdite. Da qui deriva una verità che non può essere discussa: l’investitore o lo speculatore devono essere consapevoli delle scelte che fanno per non trovarsi nella condizione di disconoscere quello che stanno facendo. Per questo il legislatore europeo ha imposto l’uso del questionario Mifid, strumento necessario e fondamentale per fare acquisire consapevolezza sia quando si specula che quando si investe.

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L’IMPORTANZA DELLA PIANIFICAZIONE FINANZIARIA

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 28.07.2022

Quando si parla di investimenti una tra le parole più ricorrenti è OBIETTIVO. Questo teoricamente dovrebbe rappresentare il motivo per il quale quel denaro viene sottratto al consumo. In realtà l’investimento deve essere considerato propriamente prima del consumo, cioè come quel denaro che nel tempo sarà in grado di soddisfare esigenze presente e future, scelte fondamentali prioritarie per l’individuo o la per la famiglia. Proprio per questo investire dovrebbe rappresentare una scelta finalizzata alla soddisfazione di un bisogno, non semplicemente il posizionamento di un surplus finanziario. Lo sono ad esempio l’acquisto di una casa, il denaro necessario per fare fronte al costo da sostenere per gli studi di un figlio o ancora, la somma necessaria per anticipare il pensionamento. Semplificando, investire è intraprendere un viaggio e tutte le variabili principali devono essere il più possibile scandagliate e definite, in modo da evitare di commettere errori.   USO DELLA PIANIFICAZIONE FINANZIARIA   Ma cosa significa e a cosa serve pianificare un investimento? Per rispondere a queste domande possiamo partire da una delle definizioni che possiamo facilmente trovare cercando sui motori di ricerca web, tuttavia per chi scrive, pianificazione finanziaria è il processo cognitivo che porta un investitore ad analizzare e riconoscere i bisogni propri e della sua famiglia, cercando di progettare presente e futuro in modo puntuale e definito, riducendo al minimo gli aspetti non oggettivi, che non dipendano cioè dall’espressa volontà dell’investitore. Il difficile quando si parla di ciò, è riuscire a ben delineare quelli che sono i reali bisogni, facendo attenzione a non confonderli con semplici desideri. Questi infatti non necessitano di una specifica quantificazione temporale (un giorno mi piacerebbe avere una casa al mare) o del quantum necessario per la sua realizzazione (chissà quanto mi servirà?), a differenza di quanto invece è necessario fare quando l’identificazione di un obiettivo diventa elemento determinante e fondante per la sua concretizzazione (es. tra 5 anni voglio acquistare una casa a Rimini, che costerà intorno ai 200mila euro). Per questo il peso del desiderio è infatti di molto inferiore rispetto a quello di un obiettivo, che per definizione necessita di una seria rappresentazione oggettiva e quantificabile nei suoi elementi principali. In definitiva è come se questo fosse solo un sogno ad occhi aperti la cui realizzazione dipende solo dalla volontà di realizzarlo, passando quindi all’azione.   DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI   La cosa più difficile è invece proprio quella di riconoscere quello che si vuole per sé o per la propria famiglia in modo specifico e in un determinato periodo di tempo. Ecco che gli elementi fondanti sono rappresentati dalle parole cosa, quanto e quando. Va da sé naturalmente che bisogna che ci sia consapevolezza che quel risultato sia raggiungibile e non diventi semplicemente un tentativo di realizzare qualcosa che è davvero impossibile. Ciascun obiettivo lontano o vicino nel tempo necessita di una sua propria definizione, che non può che passare per una quantificazione. Senza questo elemento si dovrà necessariamente parlare solo di desideri. Quando si investe, soprattutto in caso di mercati negativi, un desiderio offre all’investitore minore motivazione per resistere in caso di violenti ribassi, determinando una minore capacità di evitare l’errore di liquidare l’investimento. Quando si investe, soprattutto in caso di mercati negativi, un desiderio offre all’investitore minore motivazione per resistere in caso di violenti ribassi, determinando una minore capacità di evitare l’errore di liquidare l’investimento. Un vero obiettivo ha viceversa meno motivi per essere “smontato”: garantire al proprio figlio il capitale necessario per frequentare una delle migliori università al compimento del 19 anno di età, ha meno probabilità di essere liquidato, rispetto al semplice sogno di vederlo laureato in un futuro più o meno lontano.   LE REGOLE DA SEGUIRE   Naturalmente la premessa necessaria è che la pianificazione dell’investimento avvenga seguendo alcune semplici regole che sono l’esplicitazione del questionario Mifid, che ogni investitore deve compilare prima di procedere all’investimento. In questo sono contenuti i limiti di azione entro i quali si può costruire un solido portafoglio, in grado di ottenere il risultato atteso. In un mondo finanziario dove sappiamo che le certezze sono solo chimere, diventa assolutamente necessario fare in modo che tutto il processo di investimento sia vincolato all’obiettivo, oltre che alle condizioni soggettive e oggettive di ogni singolo investitore e alle sue preferenze (tempo, rischio, preferenze d’investimento, situazione finanziaria famigliare o personale, ecc.). Solo in questo modo si potrà verificare se c’è coerenza tra l’obiettivo dichiarato, la situazione patrimoniale dell’investitore e la probabilità di ottenere quanto ci si prefigge mediante tale pianificazione.   LE DOMANDE NECESSARIE   Per tracciare la rotta ottimale del proprio investimento, quel percorso che consente di procedere riducendo al minimo la possibilità di imbattersi in sorprese o deviazioni, è sempre necessario prendere consapevolezza di quanto si sta per fare. Alcune domande preliminari possono aiutare per la definizione di ciò di cui stiamo parlando, tenendo sempre in considerazione che la finanza non è certezza e che i cigni neri esistono, potendo per questo mettere in crisi anche l’investitore più preparato. Infatti un corretto processo di investimento non elimina l’incertezza del risultato ma ne aumenta enormemente la probabilità di successo. Rispondere correttamente diventa così un buon punto di partenza per il viaggio che si sta per intraprendere, in modo da evitare il più possibile di incorrere negli errori dovuti a bias comportamentali, che spesso sono generati in particolare da una non precisa definizione dell’obiettivo stesso. Di seguito alcune delle domande necessarie per la definizione di un reale obiettivo di investimento a cui bisogna rispondere prima di investire:   · Il risultato del mio investimento a cosa sarà destinato? · Tra quanto tempo il capitale dovrà essere impiegato? · Quale è il rendimento minimo che dovrò conseguire per avere le risorse sufficienti per realizzarlo?  · Quanto peso ha quell’obiettivo di investimento rispetto ad altri e cosa sono disposto a tralasciare o sacrificare pur di raggiungerlo? · Ho particolari preferenze nella scelta degli strumenti finanziari che userò?   CONCLUSIONI   Ciò di cui abbiamo parlato non elimina totalmente il rischio che qualche variabile possa dover essere corretta, tuttavia  tracciando una precisa rotta da percorre, consente di iniziare quel viaggio chiamato investimento con la più alta probabilità di raggiungere il risultato atteso. Pertanto la cosa importante è quella di individuare e riconoscere le reali motivazioni che ci spingono ad investire poiché, senza una loro precisa identificazione, ogni investimento potrebbe essere a rischio fallimento.  

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La tempesta perfetta sui mercati finanziari

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  • Finanza Comportamentale
Scritto il 19.07.2022

Il pensiero della settimana è dedicato a tutti quelli che sono convinti che i mercati finanziari non si riprenderanno mai più. Scandendo infatti la famosa frase “questa volta è diverso” i negazionisti della ripresa cercano di convincere i più a salvare il salvabile, consigliando di liquidare investimenti il cui prezzo scende ma il cui valore certamente crescerà nel tempo. Questo magari attraverso operazioni di trading che mirano a lavorare sul timing e non sul time! Per questo ho provato a ripercorrere con vigore alcuni passaggi della storia passata dei momenti di crisi, in cui il peggio era diventato per l’investitore stimolo alla vendita in assenza di quei segnali necessari per mostrare seppure fievoli spiragli di luce alla fine del tunnel. In questo viaggio nella memoria, mi sono fatto aiutare da un significativo grafico tratto dall’inserto l’Economia del Corriere dalla Sera dell’11 luglio scorso, che sottopongo all’attenzione del lettore.   Nell’articolo Come guadagnare se c’è la recessione, a cura di Pieremilio Gadda, viene evidenziato quanto i momenti di crisi più profonda siano sempre stati occasione d’acquisto per generare performance sempre più interessanti, ma solo se nel rispetto di due condizioni: 1. Non vendere durante i ribassi eventuali posizioni aperte ma possibilmente comprando per mediare i costi; 2. Considerare il tempo come una risorsa da sfruttare a proprio vantaggio, in attesa delle inevitabili riprese dei mercati, in modo da ridurre l’ansia e il panico da prestazione amplificate dalla crisi. LA TEMPESTA PERFETTA La tempesta perfetta che stiamo attraversando non è diversa dalle altre crisi che si sono succedute nella storia, naturalmente ciascuna con proprie caratteristiche, tutte però con l’esito molto positivo per l’investitore che abbia rispettato le condizioni sopra riportate. Mai nella storia i mercati hanno reagito con una contrazione di lungo periodo, anzi. La domanda allora da rivolgere ai Gufi del mercato, che aspettano con vigore un’ulteriore e più profondo ribasso, è se davvero loro pensino che la crescita economica mondiale possa essere interrotta. Rassegnatevi, profeti di sventura, Il mondo non finirà e l’economia tornerà a crescere inesorabilmente, fatevene una ragione!   ERRORI DA EVITARE QUANDO SI INVESTE Non sarà poi il market timing che ci renderà investitori dal profitto sicuro poiché noi sappiamo bene che la prevedibilità è solo una chimera. L’unica vera certezza per noi è che i mercati nel tempo salgono sempre e, partendo dai drawdown, raggiungono sempre nuovi massimi. La storia nel nostro caso ci insegna che una simile negatività globale (azioni, obbligazioni e settori) si era già verificata nel 1928, senza che questo abbia però frenato la crescita globale, anzi. Da qui traiamo l’ulteriore insegnamento che in un mercato in discesa non si vende (mai farlo!), tutt’al più si compra, soprattutto se si ha un orizzonte temporale di anni e non di mesi. Vendere quando tutti stanno vendendo è il peggior errore che possa commettere un investitore. In alcuni casi questo è addirittura irreversibile e potenzialmente devastante. Se infatti si ha un progetto di vita, con un investimento ben pianificato in tema di orizzonte temporale e con una buona diversificazione, avendo scelto poi in modo consapevole un livello di rischio oggettivamente e soggettivamente tollerabile, si può sicuramente rimanere investiti senza particolari patemi d’animo anche nelle crisi più profonde. Durante quella del periodo 2007-2009 il punto più basso venne raggiunto il 9 marzo 2009 e da lì tutto cambiò improvvisamente. Da quel punto di minimo l’indice S&P500 è cresciuto mediamente del 17% per 12 anni consecutivi sino alla fine del 2021, pandemia compresa; dal 2019 al 2021 è invece salito annualmente intorno al 24%. Vale la pena sopportare l’ansia di un ribasso per ottenere nel tempo risultati simili? La risposta sta in ciascun investitore, io non voglio darla perché i miei lettori sanno già cosa risponderei. QUESTA VOLTA E’ DIVERSO “Si vero”, direbbero i Gufi del mercato, “tuttavia l’inflazione sembra essere fuori controllo e quindi questa volta è diverso da ogni altra volta precedente”, dimenticando però che nel 1980 aveva toccato il livello monstre del 21,2%, salvo poi continuare a scendere sino ai livelli minimi del -0,1% del marzo 2020. Certo le politiche monetarie attivate dalle banche centrali di tutto il mondo per contrastare la pandemia hanno creato un mare di liquidità. Stampando moneta senza soluzione di continuità per sostenere la crescita nel periodo pandemico, doveva esserci un momento di inversione per contrastare l’inflazione così inesorabilmente generata. Questa dovrà essere drenata mediante un poderoso rialzo dei tassi, portando per questo il sistema vicino o dentro una recessione. Bisognerà però fare bene attenzione che la cura contro l’inflazione non sia più devastante dell’inflazione stessa. La verità che non dobbiamo dimenticare è che un’inflazione fuori controllo ha effetti sull’economia molto più gravi di quanto non possa esserlo una recessione, che pur pesante possa diventare, non potrà durare che per un breve periodo, salvo che non si trasformi poi in stagflazione (inflazione + recessione). Questo è quello che è già accaduto negli anni ’70, dopo il primo shock petrolifero del 1973-74. Anche in questo caso la storia però ci insegna che anche da questo si può guarire, anche se con tempi mediamente più lunghi di una recessione. Se quindi la recessione indotta dalle banche centrali per contrastare l’inflazione potrà essere la vera cura per rimettere in carreggiata la crescita economica, speriamo che paradossalmente non arrivi o arrivi in tempi rapidi, in modo da pulire il mercato dalle sue tossine, permettendogli di riprendersi rapidamente. L’INVESTITORE ACCORTO Per questo NOI investitori accorti, seppure stanchi, provati e spaventati per questi tre lunghi anni di ripetuti cigni neri, ormai non più così rari, ci siamo dotati di un portafoglio strategico ben diversificato che certamente pur subendo, è pronto a sfruttare il tempo come un fedele alleato, per sostenere in modo profittevole la volontà di continuare l’investimento per il raggiungimento dei nostri obiettivi, magari con lievi modifiche tattiche di portafoglio, tese ad incrementare il rischio per cogliere opportunità. Per questo l’invito è di non cedere alla tentazione di abbandonare i progetti, che con i nostri investimenti vogliamo realizzare solo perché stremati o disillusi dal momento di crisi che stiamo attraversando. Siano invece proprio i nostri obiettivi i pilastri della resilienza, un aiuto fattivo per resistere e magari approfittare dei ripetuti sconti che i mercati stanno offrendo agli investitori attenti e coraggiosi.   CONCLUSIONI Abbiate fede i mercati riprendono sempre e lo fanno senza che noi ce ne accorgiamo. È proprio per questo che bisogna essere DENTRO e MAI FUORI, magari evitando di parcheggiare il nostro capitale in quella liquidità, che oggi viene privata del suo valore, da quel mostro chiamato inflazione.  

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ULISSE E L’INVESTITORE

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 27.06.2022

Siamo entrati tecnicamente da tempo in una fase di mercato orso dove l’insieme di tante concause hanno generato una tempesta perfetta, tanto potente da manifestarsi con una sequenza plurima di cigni neri. La guerra in ucraina, l’inflazione crescente senza limiti, con il rischio di un rialzo dei tassi talmente violento da fare cadere il mondo in una pericolosa recessione, per non parlare poi della strozzatura delle catene di approvvigionamento o dei nuovi contagi in Cina con blocco delle catene produttive, sono tutti elementi sufficienti per fare saltare ogni schema di diversificazione fondato sulle correlazioni negative e tendente a ridurre il rischio per chi investe. Tutto nuovo sotto il sole, niente di già visto prima direbbero i più preparati. Infatti quando i mercati si muovono tutti nella stessa direzione la diversificazione tradizionale non ha più effetto sul controllo della volatilità. Questo il motivo per il quale quando oggi si osservano gli andamenti dei valori di portafoglio, il colore DOMINANTE è diventato il rosso, simbolo che rappresenta una lama che incide la carne dell’investitore, specialmente quella dei più curiosi di conoscere l’andamento del capitale. Non che non si debba controllare il proprio investimento, ma qualche volta il coraggio sta proprio nel non guardare i numeri, evitando così di compromettere lo spirito che anima l’investitore che agisce con metodo e rigore, nel rispetto dei propri obiettivi. Spesso penso che l’investitore si dovrebbe trasformare in quell’eroe dell’Odissea chiamato Ulisse che, spinto dall’inestinguibile curiosità che lo contraddistingueva, si fece legare all’albero della nave in modo da poter ascoltare la voce delle sirene senza però poi raggiungerle cadendo loro vittima. RESISTERE, MAI DESISTERE Tuttavia diventa difficile non essere curiosi di verificare come stanno andando le cose, specialmente quando ogni settimana si pubblicano o trasmettono informazioni negative, spesso costruite ad arte non per proteggere l’investitore ma piuttosto per indebolirne le “difese immunitarie”. C’è chi cerca di insegnare come evitare di commettere errori irrimediabili, come quello ad esempio di liquidare un investimento prima del tempo per paura, ma sono molto di più tutti quelli che cercano di distruggere chi vuole spiegare come funzionano i mercati e quali siano i tranelli in cui non cadere. Spesso vengono lanciate profezie sul futuro talmente negative che indurrebbero al pessimismo anche il più ottimista tra gli investitori, che poi se ne convince. La realtà è che ogni volta nessuno può prevedere cosa accadrà e soprattutto l’esatto momento in cui l’apocalisse scatenerà i suoi malefici effetti. Da consulente e da cliente di me stesso posso però dire che la cosa non mi getta nello sconforto ma mi fa anche sorridere, nonostante il momento non sia certamente dei migliori. Perché negare l’evidenza, la vita continua nonostante tutto e come è sempre stato, i mercati certamente torneranno a salire! INVESTIRE CON METODO NELLE INCERTEZZE DEL MERCATO Comunque da consulente di me stesso posso solo dire che ora che siamo in ballo bisogna ballare, possibilmente senza lasciarsi intimidire dalle sirene dei tanti gufi del mercato che parlano di una discesa ancora non risolta, ma pronta a riconfermare amplificandoli, i suoi segnali negativi. Ma noi, consci del fatto che conosciamo la storia, rimaniamo in fiduciosa attesa di una solida ripresa, pronti con i nostri portafogli ad approfittarne. Non sappiamo quando accadrà ma siamo sicuri che questo avverrà. Mai ci siamo affidati alle previsioni, perché il mondo della finanza non si basa che sull’incertezza, unico presupposto necessario da accettare quando ci si avvicina ai mercati. Ci solo soltanto incertezze più o meno accettabili, e queste dipendono dalle nostre preferenze, che sono le motivazioni per le quali un investitore sceglie ad esempio un tempo per investire più o meno lungo, oppure un rischio più o meno alto. Ma tutto questo richiede la consapevolezza di quello che si fa. Una volta accettato il compromesso che quando si investe le certezze diventano probabilità, si passa ad utilizzare la ragione e la scienza, usando metodi che nel passato sono riusciti in presenza di qualsiasi condizione di mercato, ad assicurare grandi risultati, cosi come già accade in altre attività umane. Bisogna così smettere di credere che investire sia frutto della casualità del momento o della fortuna. Un metodo è necessario e di questo fanno parte alcuni degli elementi di cui parliamo spesso: il tempo e la pazienza, il rigoroso rispetto delle regole che ci si impone quando si sceglie un determinato rischio, il tutto naturalmente nell’ambito delle proprie preferenze. I CORSI E RICORSI STORICI Spesso mi si accusa di essere ridondante o troppo lungo nei miei editoriali ma forse è uno tra i motivi per cui i miei clienti si fidano delle cose che dico, soprattutto vivono i ribassi non con l’angoscia che di solito ci colpisce quando si presta troppa attenzione ai giornali finanziari o seguendo servizi televisivi, investiti come tutti siamo da bad news. Sappiamo molto bene che per ogni accadimento che genera movimenti sul mercato, esogeno o endogeno che sia, è importante cercare di mantenere il più possibile inalterato il proprio piano di investimento strategico, perché è questo che ne determina il successo, non le correzioni tattiche. Ma anche di ciò abbiamo già parlato quindi, visto il caldo e il periodo di vacanza che si avvicina, volevo terminare l’editoriale con una lunga provocazione rivolta ai miei appassionati lettori. Dopo avere assistito al crollo degli ultimi mesi, magari senza avere avuto la forza di comprare al ribasso per mediare le perdite, oppure senza il coraggio di vendere qualcosa che ha perso per acquistare qualcosa che è andato ancora più giù, ma che ha un alto potenziale di recupero, vedendo che gli interventi delle banche centrati volti a controllare l’inflazione, stanno raggiungendo il proprio obiettivo, cosa pensate faccia il mercato? E ancora, qualora ad una tendenziale riduzione della politica di innalzamento dei tassi seguisse un ribasso degli stessi e ci fosse una tregua alla guerra in corso ovvero una dichiarazione che il Covid è stato definitivamente sconfitto, in tutti questi casi, come pensate possa essere ancora impiegata l’enorme liquidità depositata sui conti? Non pretendo che mi diate ora una risposta ma solo che pensiate alla domanda che sto per scrivere: è scritto nella storia dei mercati finanziari che dopo un forte ribasso questi tendono a ritornare ai massimi, perché stavolta dovrebbe essere diverso?

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L’INEVITABILE CAMBIO DI PARADIGMA

Scritto il 20.06.2022

Proviamo insieme a fare un gioco: alzi la mano chi crede che il sistema economico cosi come lo conosciamo, sia ormai destinato ad una fine imminente. Ok, non molti ma qualcuno c’è. Adesso invece la alzino tutti coloro che credono che il mondo stia per essere sottoposto ad una così pesante trasformazione per cui tutte le certezze economiche, quelle che si credevano ormai consolidate, dovranno essere rimesse in discussione. Rimane nel gruppo qualche vero ottimista? C’è qualcuno che come me pensa che il mondo continuerà a progredire economicamente, così come ha fatto negli ultimi duemila anni di vita del genere umano? Naturalmente mi limito a questo periodo storico per non spingermi verso epoche ancora più remote, dove difficilmente potremmo trovare esempi convincenti di regresso economico dell’umanità.     LA TRANSIZIONE Dobbiamo ammetterlo però, siamo entrati con la pandemia e con la guerra ai confini dell’Europa, in un periodo di profonda transizione, un momento di passaggio dove molte delle variabili economiche sono messe in discussione. Questa trasformazione non solo era imprevedibile ma è stata accelerata al punto che non riusciamo nemmeno a percepire quanto questi cambiamenti siano rapidi, radicali e soprattutto duraturi. Pensiamo a quanto abbia influito sulla situazione attuale la globalizzazione, cominciata alla fine del secolo scorso, e continuata con i suoi effetti volti alla creazione di un unico mercato senza frontiere dentro il qual sono stati fatti circolare nello stesso tempo capitali, merci, servizi, informazioni, arte, cultura e molto altro ancora. Questo passaggio ha portato notevoli benefici al genere umano ma ha anche creato nuovi problemi, tra cui il sempre crescente divario tra paesi ricchi e poveri, terreno di conquista per le grandi multinazionali che, sfruttando la manodopera a basso costo delle zone più arretrate, hanno avuto come unico obiettivo quello di aumentare i profitti abbattendo appunto i costi di produzione. Cosa dire poi dello scellerato sfruttamento delle risorse ambientali, di cui siamo quasi tutti complici? Questo però non ha mai impedito la crescita economica del mondo e i mercati ne sono la rappresentazione più evidente: in pochi si sono ribellati al progresso, invocando una sua regressione.     DEGLOBALIZZAZIONE Dobbiamo però essere tutti consapevoli che anche in presenza del cambio di paradigma che porterà inevitabilmente al declino della globalizzazione, così come l’abbiamo conosciuta sino ad ora, il funzionamento dei mercati finanziari non cambierà e presto ritorneranno a correre, cosi come la storia ci ha insegnato. E non lo farà proprio perché i mercati sono sempre alla ricerca di nuove opportunità. Ormai è impossibile non riconoscerle ormai, a meno che non si voglia credere in una rivoluzione totale e definitiva che muti lo scenario economico e finanziario, traghettando l’umanità verso un improbabile mondo economico più equo o solidale, dove il profitto cessi di essere il parametro principale del loro funzionamento. Tuttavia bisogna essere coerenti senza nasconderci dietro quel dito che di solito gli viene puntato contro, perché usato impropriamente da molti come sinonimo di ingiustizia. Oggi però questa rivoluzione silenziosa è in verità già partita e si nasconde timidamente dietro l’acronimo ESG. L’investitore può già scegliere prodotti finanziari che investono secondo i fattori che sembrano diventare segni di una giusta nemesi contro il profitto considerato come segno di profonda ingiustizia, perché usati per generare vantaggi economici non solo per sé, ma anche e soprattutto per la collettività. Tramite le proprie preferenze ESG, si può decidere la destinazione degli investimenti oppure a quali business non si vuole affatto partecipare, diventando attori del business sottostante.   LA RESPONSABILITA’ DELL’INVESTITORE Ma il paradosso della crescita dei mercati sta proprio in questa trasformazione: oggi, a differenza di qualche anno fa, ciascun investitore può e deve fare la sua parte, pretendendo che il proprio capitale investito sia diretto verso qualcosa di ESG compliance, dove non è più solo il profitto l’obiettivo. I nuovi fattori dominanti sono quindi quelli ambientali, che considerano il modo in cui un'azienda produce, quelli sociali, che esaminano il modo in cui vengono gestiti i rapporti con i dipendenti, i fornitori, i clienti, compreso l’impatto che ha sulla comunità in cui opera. E ancora la governance, che mira ad una sana gestione aziendale, in particolare prestando attenzione alla retribuzione dei dirigenti, all’audit interno sui processi dell’attività produttiva, sui controlli che mirano a rispetto della mission aziendale, comprensiva quindi anche del rispetto del diritto di tutti gli azionisti. Questi sono fattori che in modo indiscusso riducono il rischio, aumentando i ricavi. Anche noi investitori siamo e facciamo parte del mercato: proprio per questo dobbiamo sentire il peso della responsabilità per quello che facciamo, accettandone le regole anche quando le cose non vanno come noi ci saremmo aspettati. Non è infatti solo questione del SE rimanere investiti ma anche e soprattutto del PERCHÈ oggi vale la pena farlo, nonostante i ribassi che da mesi ci stanno preoccupando. Sembra un paradosso ma cambiare il paradigma di come e perché investire dipende da noi, dalle nostre scelte e dai nostri comportamenti. Essere ESG significa appunto attuare una rivoluzione, uscendo dalla logica del profitto fine a sé stesso. Questo sarà lo stimolo propulsivo per il futuro prossimo, così come aveva sostenuto anni fa l’economista Muhammad Yunus, vincitore nel 2006 del Premio Nobel per la Pace: “Ho come la sensazione che l'economia basi le sue leggi su presupposti che ignorano gli esseri umani. Tratta gli uomini come macchine e nega gli elementi essenziali della natura umana. Considera gli imprenditori uomini come dalle capacità eccezionali e così ignora le potenzialità della gran massa dell'umanità. L'economia ama definirsi come una scienza sociale ma non lo è! Parla di lavoro e manodopera, non parla di uomini, donne e bambini quindi non può ignorare l'ambiente che pretende di analizzare!”.   CONCLUSIONI Questo è solo uno tra i tanti motivi per i quali dobbiamo pretendere di più dai nostri investimenti, senza scappare nel momento in cui le cose sembrano andare male, soprattutto quando la storia dei mercati e l’esperienza ci suggeriscono che i momenti di ribasso sono sempre e comunque splendide opportunità d’acquisto, questa volta anche per il bene dell’umanità.  

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(ANCHE) QUESTA VOLTA È DIVERSO!

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  • Finanza Comportamentale
Scritto il 13.06.2022

Vi è mai capitato di leggere articoli finanziari che, scritti magari da chi ha la convinzione di conoscere il futuro, raccontano di quanto la situazione che viviamo sia comunque diversa da tutte quelle già vissute nel passato e, proprio per questo, si avventurano vaticinando tristi presagi? Spiace dovere richiamare ancora una volta l’esperienza dello scrivente, ma in questi 32 anni mi è capitato quasi sempre di ritrovare la stessa litania mediatica ripetuta all’infinito. Lo è stato in occasione della Guerra del Golfo del 1992 o in quella jugoslava, durante la crisi Russa del 1997 o ancora durante la bolla Internet nel 2000, per non parlare poi dell’attacco alle Torri Gemelle, durante la sofferta crisi finanziaria del 2007 – 2008, e anche durante il delicato salvataggio della Grecia o in occasione della crisi del debito dell’eurozona. Vorrei qui ricordare anche la crisi cinese del 2015, la Brexit, la guerra dei dazi tra Usa e Cina, sino ad arrivare alla pandemia e all’attuale rialzo dell’inflazione aggravato dalla guerra in Ucraina. Tutte queste situazioni che abbiamo vissuto sono legate da un apparente comun denominatore che ci spinge a considerare come la paura di perdere sia fattore tipico in questi momenti. In conseguenza di tutto ciò sono arrivate le solite parole di negatività sul come vengano bruciati dollari ed euro sull’altare dei mercati, con l’unico scopo tendente a convincerci che il mondo non sarebbe più stato quello di prima, e sicuramente peggiore per gli umani che lo abitano. Ciononostante ogni volta i mercati non solo hanno ripreso a marciare segnando sempre nuovi record, ma anche la condizione umana sembrava apparire nonostante tutto migliore. Per questo forse azzardo l’idea che il denominatore comune sia invece un altro è sia ravvisabile in quella inarrestabile voglia dell’uomo di andare avanti e progredire dopo ogni crisi, con la convinzione che guardando al passato come momento chiave per il superamento di quella instabilità che l’aveva generata, sia nuovo stimolo per spingersi alla ricerca di nuovi obiettivi, verso un nuovo orizzonte di progresso. Questo naturalmente anche non soltanto per il bene dell’umanità o forse quasi esclusivamente per il profitto. TIME NON TIMING Tuttavia la realtà ci presenta sempre il conto, specialmente ogni volta che i mercati diventano negativi, qualsiasi ne sia la causa scatenante. Da ciò deriva la frenesia di molti investitori di vendere tutte le posizioni di investimento, soprattutto quelle destinate ad obiettivi di lungo periodo. Poi però alla fine di ogni crisi si fanno i conti, soprattutto li fanno tutti coloro che hanno sciaguratamente deciso di abbandonare il mercato, liquidando i propri investimenti per la paura di perdere. Ancora più grave e oltremodo colpevole deve essere considerato chi, seguendo le indicazioni di qualche guru che vaticinava catastrofi devastanti, ha venduto e non è più rientrato. Non voglio ritornare sull’argomento perché i miei pazienti lettori sanno quanto sia dannoso fare trading sui mercati quando non solo non si hanno le competenze, ma soprattutto quando si hanno obiettivi di lungo periodo. Sappiamo bene che un errore anche piccolo di timing può causare grandi danni, talvolta irreparabili. Navigare sui mercati nel lungo periodo è come usare un sottomarino per attraversare gli oceani: le tempeste toccano solo le navi e gli aerei, mentre chi naviga sotto le onde non ne viene sfiorato. Si tratta quindi di usare la logica che deriva dall’esperienza del TIME non quella del TIMING.   FINANZA COMPORTAMENTALE E CIGNI NERI La finanza comportamentale ci ha poi insegnato che tutti i crolli di mercato del passato sono archiviati nella nostra memoria come esperienze ormai superate. Infatti non ne siamo più emotivamente coinvolti, per questo tendiamo a dimenticare il dolore che allora ci aveva procurato la perdita del capitale investito, fosse anche solo temporanea. La crisi che si vive oggi appartiene al “qui ed ora”, e riguarda l’esperienza attuale, che ci tocca in questo preciso momento, facendoci dimenticare per inerzia il passato. Ecco il pensiero latente che viene innescato: “Vedo il mio capitale scendere e con lui sto perdendo il frutto del sacrificio da cui quel denaro deriva. AIUTO devo vendere!”. Questo è quello che ci urla l’amigdala, parte del nostro cervello più antico che governa il nostro sistema limbico, quello cioè che regola le nostre emozioni. Da qui arriva infatti l’ordine di eliminare il pesante dolore derivante dalla perdita quando investiamo. E questo anche se sappiamo per logica deduzione che dopo un temporale torna sempre il sereno o che dopo una crisi i mercati riprendono sempre! Abbiamo scoperto come i cigni neri, eventi di talebiana memoria che si presentano con una rarità tale da essere rigorosamente impossibili da prevedere, siano ormai all’ordine del giorno. Ciò è confermato dal fatto che nell’arco di soli 2 anni abbiamo avuto una pandemia, un inatteso rialzo dell’inflazione seguito da una conseguente politica di rialzo dei tassi da parte di molte banche centrali. Come dimenticare poi la terribile guerra in Ucraina? Può tutto questo non indurre il pensiero che questa nuova e profonda crisi sia diversa dalle precedenti? Ma proprio per questo non possiamo avere già dimenticato cosa è successo durante la fase pandemica, con i mercati che in pochi mesi sono crollati di oltre il 30% per poi riprendersi senza soluzione di continuità, addirittura superando i precedenti massimi nell’anno successivo. Cercate di pensare allo stress subito ma soprattutto, qualora non aveste venduto, provate a pensare alla sensazione di sollievo provata scoprendo che i mercati avevano subito ripreso quota rispetto al baratro in cui erano precipitati. Provate a ricordare la frase ridondante che vi percuoteva la mente e che vi diceva in lontananza: “non vendere, non vendere resisti!”. Quella voce veniva dalla ragione, non certo dall’emozione. Provate ora a ricordare quella ancora più rassicurante che vi sussurrava sulla scorta della reazione positiva dei mercati: “meno male che non hai venduto!”, cercando di tatuarvela nella mente a futura memoria. Non voglio parlare qui invece di quella che fondata sul rammarico e che ha colpito tutti coloro che hanno ceduto all’invito alla vendita e che ancora cercano le ragioni del loro insulso gesto.   DIALOGARE CON LA NOSTRA AMIGDALA Ed ora che siamo immersi in un nuovo problema chiamato inflazione, guerra e rialzo dei tassi, come vi sentite? Non ditemi che la preoccupazione è latente in funzione dell’esperienza, perché non ci crederei. Non dite che le voci che inducono a vendere sono definitivamente sopite. Lo so che siamo tutti preoccupati, soprattutto se rivolgiamo un pensiero a tutti coloro che la guerra la vivono davvero, non come noi che ne sentiamo solo parlare al sicuro nelle nostre case. Tuttavia lo stesso senso di pace e di rilassatezza che abbiamo scoperto quando i mercati riportavano verso la pari i nostri investimenti, la rivivremo ancora quando tutto quello che stiamo passando ora sarà finito, perché l’incerto è solo il quando non il se finirà. La mia provocazione è allora quella di invitarvi a parlare con la vostra amigdala cercando di tranquillizzarla, magari raccontandole i comportamenti dopo i momenti bui dei mercati finanziari degli ultimi 150 anni. Sono certo che anche lei ci dirà a questo punto di rimanere investiti e, magari approfittando delle occasioni che i ribassi offrono, possa essere lei stessa con voce forte a stimolarci per l’acquisto a prezzi ultra scontati.  

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PERCHÈ RIMANERE INVESTITI NEI MOMENTI DI RIBASSO

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 07.06.2022

Parto dalla domanda che un cliente mi ha rivolto in settimana riguardo al mio modo di trattare la situazione dei mercati, con uno sguardo ottimista sul futuro e la convinzione che questi ribassi siano fantastiche occasioni d’acquisto. Tuttavia c’è da chiarire che anche un consulente finanziario è preoccupato per l’attuale situazione, così come lo è stato in altre occasioni simili. Anche lui è uomo e come tale è colpito da bias comportamentali così come qualsiasi altro individuo. Tuttavia dalla sua parte ha l’esperienza, qualche nozione di finanza, almeno una sufficiente infarinatura di come funzionano i mercati e soprattutto conosce e sa interpretare gli insegnamenti della storia. Questo è il motivo per cui un consulente finanziario non può che essere ottimista guardando al futuro e questa deve essere la sua mission. Lo è tanto più se ha avuto l’accortezza di coinvolgere i clienti nel processo di costruzione del portafoglio, progettando insieme a loro il tempo dell’investimento, graduando il grado di rischio, tenendo conto delle loro preferenze. Certo deve avere anche saputo trasferire con profitto le sue convinzioni e le sue esperienza. Una volta fatto tutto questo il risultato non è questione del SE si raggiungerà l’obiettivo ma semmai, nel peggiore dei casi, del QUANDO.   CERTEZZA IN FINANZA Un presupposto mai scontato è che sui mercati finanziari non esistono certezze. Non ne esistevano nel passato, quando i rendimenti dei BTP o dei BOT sembravano altissimi con l’inflazione che comunque mordeva per sottrarre la “ricchezza” generata, senza che comunque nessuno se ne accorgesse, concentrati come si era solo sui rendimenti monetari e non su quelli reali. Come si può vedere dal grafico sotto riportato che descrive l’andamento dei Tassi Ufficiali e dei Bot dal 1955 al 2021, l’inflazione non ha sottratto potere d’acquisto ai rendimenti tutte le volte in cui la linea rossa è stata sotto quella blu e azzurra. Per questo dire che i titoli di Stato hanno sempre dato grandi interessi non è del tutto vero, così come non lo è dire che una volta si avevano certezze quando si investiva.   Questo è quindi falso o, quanto meno, non è sempre stato vero. Dal 2008 ad oggi l’inflazione, pur viaggiando a livelli molto bassi, ha comunque eroso il potere d’acquisto di chi ha investito in titoli di Stato, per non parlare di chi ha tenuto grandi quantità di denaro liquide sul conto corrente. Questo è il motivo per il quale parlare di certezze in campo finanziario è scorretto, proprio perché come abbiamo scoperto nostro malgrado negli ultimi tre anni, tutto è possibile tranne che prevedere il futuro dei mercati. E proprio perché si tratta di probabilità la certezza è latente, mai garantita. Chi si sarebbe mai immaginata una pandemia e subito dopo, una guerra così devastante alle porte dell’Europa? Nessuno poteva prevederlo e nessuno poteva nemmeno immaginarlo. Se nelle loro previsioni hanno sbagliano anche la Fed e la BCE, considerando il rialzo dell’inflazione come fenomeno di brevissimo periodo facilmente superabile, figuriamoci gli errori che potrebbe commettere un investitore in balia dei propri bias comportamentali, disperatamente solo quando si trova davanti alla tentazione di uscire o meno dal mercato proprio il giorno del maggiore ribasso di Wall Street. La storia ci ha insegnato che un investitore non cerca di prevedere gli andamenti di mercato ma usa il tempo come alleato rimanendo investito, per evitare di perdere i migliori rimbalzi che ci sono sempre dopo i ribassi. Meglio quindi rimanere investiti piuttosto che cercare di mettersi contro il mercato, navigando sotto la superficie degli oceani. Lo speculatore invece DEVE cercare di battere il mercato provando ad anticipare rialzi e ribassi ma per lui non conta il tempo ma il millisecondo, poiché lui fa surf sulle onde.   PROBABILITA’ E FINANZA Un'altra cosa da considerare è che diventa difficile per un investitore ragionare in termini di probabilità di successo, visto che noi umani siamo abituati ad un comportamento che è predisposto a ricercare le certezze. Solo che nello scibile umano la certezza è spesso chimera. Vediamo di illustrare meglio questo concetto. L’uomo ha una vita statistica media e NON LA CERTEZZA che ogni individuo la raggiunga e questa si chiama probabilità. Allo stesso modo si parla di probabilità di guarire da una certa malattia, che in alcuni casi è letale, ma che non sempre lo è. Tuttavia preferiamo pensare positivo in assoluto e non alle alte percentuali di sopravvivenza: quello che però ci angoscia è l’esito negativo, mentre non ci interessiamo quasi mai dell’alta probabilità di sopravvivenza. Per spiegare ancora meglio questo concetto citerò una frase presa a prestito dal blog INVESTIRE CON BUON SENSO, dove si può leggere che noi uomini “... siamo più attratti e impauriti da una notizia di una persona morta a causa di una puntura di calabrone piuttosto che da quella di una persona investita da un’auto. Eppure la prima ha una probabilità di essere causa di morte in 1 caso su 62mila, la seconda in 1 caso su 600”. Preferiamo essere colpiti da eventi rari piuttosto che confidare su probabilità migliori. Nel nostro caso è come se qualcuno ci raccontasse della sua esperienza negativa per avere investito su fondi comuni e di avere sempre perso grandi cifre, senza però raccontare l’altra parte di verità, e cioè che ha investito in un anno comprando ai massimi e vendendo spaventato sui minimi, magari senza rispettare i tempi previsti dell’investimento per paura di perdere. Provate a chiedere a chi ha investito sui mercati azionari nel mese di giugno del 2018 e liquidato nel dicembre successivo in pieno drawdown, salvo poi rientrare a dicembre 2019, quando i mercati non solo avevano già ampiamente recuperato le perdite, ma con nuovi massimi raggiunti. Pensate che lui ricordi il rammarico di avere venduto per la paura nel momento peggiore? La stessa cosa chiedetela a chi nell’aprile del 2020, in piena pandemia, ha deciso di liquidare tutte le sue posizioni, magari anche in perdita, salvo poi rammaricarsi di non essere rientrato nel momento più opportuno, con un rialzo molto veloce e ripido, durato sino a ben oltre la metà dell’anno successivo. Il maggior silenzio si avrà in tutti i casi da chi ha pensato in termini probabilistici di usare la ragione e vincere la paura: non ha disinvestito nel 2018 e non ha liquidato in piena pandemia conservando le sue posizioni. Ma noi sappiamo che fa più rumore un albero che cade piuttosto di quello di una foresta che cresce!   CONCLUSIONI Ora veniamo a noi riflettendo su quanto appena detto: pensate davvero che dopo questi ultimi forti ribassi, ammesso e non concesso che siano gli ultimi, il mercato diventi ingestibile e cambi totalmente il suo funzionamento solo per fare felici i miei amici gufi? Questo è uno dei tanti motivi per i quali non riesco mai ad essere pessimista quando i mercati scendono. Nei miei 32 anni di carriera non ho mai visto (MAI) collassi irreversibili di sistema tanto da poter dire in via definitiva “questa volta è davvero finita!”. Ho visto piuttosto che più il mercato correggeva pesantemente e meglio era l’andamento negli anni successivi, come succede ad un organismo vivente quando si riprende da una malattia, diventando a causa di quella malattia più forte di quanto non fosse prima. Certo qualche raro esempio negativo c’è, ma è una rara eccezione, l’unica che consente di fare felici i tanti gufi del mercato.  E se statisticamente la storia ci dice che c’è un ribasso ogni 5 anni circa, sappiamo anche che la ripresa non tarda a venire nei mesi successivi al picco di minimo. Ammesso e non concesso che i rialzi siano anche nei 2 o 3 anni successivi, questo non ci farà mai diventare negativi di indole. Rimanere investiti è quindi il mantra da recitare per tutti coloro che vogliono guadagnare qualche punto più dell’inflazione in termini reali e non solo monetari, anche e soprattutto in periodi di alta inflazione.  

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CRISI IRREVERSIBILE vs OPPORTUNITÀ DI ACQUISTO

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 01.06.2022

Come i lettori sanno ricevo spesso email o telefonate che mi chiedono quale sia oggi il miglior investimento. Per l’ennesima volta ricordo che non esiste il miglior investimento in senso assoluto, ma solo il migliore riguardo a cosa realmente si vuole ottenere dal denaro investito. Non possiamo dimenticare che questo è SOLTANTO un semplice strumento per acquistare tranquillità per il nostro presente e il nostro futuro o per ottenere beni tangibili. Proprio per questo slegare gli obiettivi e la tolleranza del rischio propria di ogni cliente (diagnosi) dall’investimento vero e proprio (terapia), senza poi effettuare controlli periodici per eventuali modifiche tattiche dovute al mercato o a scelte particolari, non ha alcun senso. Avere tanto denaro da un investimento senza decidere a preventivo come poi spenderlo è davvero uno spreco di energia e può generare mostri. Sappiamo infatti che la maggior parte del successo di un portafoglio costruito su base strategica è dovuto all’investimento iniziale e agli obiettivi di risultato e di tempo, non alle modifiche tattiche che su di esso vengono effettuate. Nemmeno la peggiore delle crisi finanziare esogene od endogene al sistema può fiaccare la resilienza di un buon portafoglio. Questo ci viene confermato da un recentissimo studio condotto da Moneyfarm, che ha analizzato il comportamento di 33.500 clienti in questi anni di pandemia e di tensioni geopolitiche. In una finestra temporale dal gennaio al 2019 al dicembre 2021 gli investitori che non hanno modificato il proprio portafoglio durante tutto il periodo hanno infatti ottenuto un rendimento mediano del 16,8% contro il 12,78% di chi ha invece provato a battere il mercato uscendo e rientrando. Di gran lunga deludente invece il risultato di chi spaventato, è uscito senza più rientrare, in attesa di tempi migliori.  Certo è che tenere ben ferma la barra del timone dei propri investimenti in periodi di crisi del mercato non è cosa facile, soprattutto non è per tutti. Ciononostante se si avesse il coraggio di affrontare meglio la fase di costruzione del portafoglio molti dei bias comportamentali, amplificati certamente dai momenti di crisi, sarebbero notevolmente attenuati. Il tempo e la pazienza giocano un ruolo fondamentale non solo nella costruzione del portafoglio ma soprattutto nella sua gestione, in particolare nei momenti di crisi. La cosa interessante che ci dice lo studio è che la storia più recente diventa maggiormente fruibile dall’investitore rispetto a quella più lontana nel tempo. Infatti il 100% di chi non è uscito dal mercato in occasione della pandemia ha adottato il medesimo approccio nella crisi successiva, invece tra coloro i quali durante la pandemia hanno cercato di battere il mercato, ben l’81% ha adottato una strategia di attesa, senza più disinvestire. L’uomo ha infatti purtroppo il difetto di dimenticare gli insegnamenti della storia, Tuttavia, nonostante sia impossibile dire quale sia l’investimento migliore per tutti, non si può dimenticare che i mercati attualmente sono molto bassi e molti settori sono sottoposti ad un forte sconto, quindi interessanti anche solo per questo. Perché dunque non approfittarne ora? Di seguito dunque alcuni consigli per gli acquisti che vogliono essere volutamente generici. Per quanto riguarda una logica geografica gli Usa sono da sempre un mercato che non si può non avere in portafoglio. Ad essi suggerisco di aggiungere anche i mercati asiatici in generale, India e Cina sopra tutti, senza dimenticare Taiwan e la Corea del Sud, tanto per citarne alcuni. Per l’Europa, mai compiutamente brillante nel passato, attendo gli sviluppi del conflitto in Ucraina con la cessazione di distruzione e massacri. Per quanto attiene invece i settoriali consiglio di seguire soprattutto l’intelligenza artificiale, le infrastrutture digitali e la sicurezza informatica. Non si deve poi dimenticare la tecnologia magari con l’acquisto di una quota di Nasdaq, facendo ben attenzione nella scelta degli strumenti, magari associando ad un fondo attivo molto selettivo un indice rappresentato da un ETF, teso a replicare il mercato. Dimenticare poi che l’energia del futuro non potrà che non essere di origine fossile porta a scommettere sulle nuove forme, scommessa che certamente non può che essere vinta nel prossimo futuro. Non dimentichiamoci mai anche l’importanza del settore della robotica, che è destinata a sostituire gradualmente nel tempo l’uomo. A questo bisognerà aggiungere l’impatto che tutto questo avrà sulla società. Insomma, tutto ciò che rientra nel campo dell’economia circolare e della new economy in generale, è destinato a produrre ricchezza (trattamento rifiuti, produzione di cibo e gestione delle risorse idriche, biotecnologie e farmacologia, e-learning e demografia, tanto per citarne solo alcuni). Tra i fattori ESG non dobbiamo dimenticare infine l’importanza fondamentale delle componenti Social e Governance, soprattutto oggi che il tema della de globalizzazione e del rispetto dei diritti umani sono diventati fattori importanti di stabilità geopolitica. Per concludere, bisogna considerare che il periodo che stiamo attraversando è denso di cambiamenti sempre più veloci e imprevedibili i quali non potranno che generare opportunità come mai prima d’ora erano state offerte, alle quali però bisognerà contrapporre molta attenzione. Non si tratta quindi di assumere un tono pessimistico spendendo la frase “questa volta è diverso”, quanto piuttosto di suggerire all’investitore di usare la ragione e non l’emozione quando si sceglie di convogliare ogni risorsa disponibile verso quei settori che MAGGIORMENTE potranno generare ricchezza. Il segreto è sempre quello di avere la pazienza necessaria per cogliere i frutti che non potranno che arrivare, ma nel giusto tempo. Usare la pigrizia mentale per non decidere, lasciarsi dominare dalla paura o appellarsi alla sfortuna, non sono scuse sufficienti per giustificare il fallimento di un investimento. E per tutti coloro che sono titubanti e sono incerti soprattutto nella scelta del momento giusto per investire, non posso che suggerire l’uso del piano di accumulo, strategia in grado di generare ricchezza usando la ragione, il tempo e la pazienza.  

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AIUTO, MI SI È RISTRETTO IL PORTAFOGLIO!

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 27.05.2022

C’è poco da dire quando i mercati scendono di tali proporzioni. La cosa migliore da fare è quella di evitare di controllare di continuo i propri investimenti, per attendere che la tempesta passi e si presentino momenti migliori. Ma si sa che il bombardamento mediatico impedisce a chiunque di trovare la necessaria tranquillità per affrontare il momento. La cosa migliore da fare è allora quella di lasciare che i mercati e il tempo generino la ricchezza attesa, cercando di concentrarsi piuttosto che sui numeri del momento sui motivi per i quali abbiamo investito. In fondo il denaro viene investito per raggiungere obiettivi concreti e non semplici percentuali! Tuttavia già sappiamo che i migliori affari si fanno nel momento in cui tutto sembra (quasi) perduto. In questo caso però la domanda più ricorrente, dopo avere approfittato dei precedenti ribassi, è se sia stato opportuno comprare in quel momento, dato che si sarebbe potuto attendere di comprare in prossimità di nuovi minimi. Sappiamo che in campo finanziario certezze non esistono (più!?) a far data dall’estinzione dei rendimenti senza rischio dei titoli di Stato, e nessuna previsione è possibile. Anche in questo caso però non dobbiamo mai dimenticare che un affare successivo non cancella un buon affare precedente. Oggi è quindi normale che l’investitore sia preoccupato per il prossimo futuro, in particolare per quello che potrà accadere sui mercati ora che l’inflazione sta spingendo le banche centrali ad agire d’urgenza rialzando i tassi provocando un vero tracollo al settore obbligazionario, oltre che per quello azionario. Anche la guerra tra Russia e Ucraina contribuisce a generare instabilità oltre che naturalmente a mietere vittime e distruggere un paese che dovrà prima o poi essere ricostruito. E questo è l’unico punto positivo di una guerra! A questo riguardo nessuna previsione è possibile ma qualcosa può venire in nostro aiuto. Alcuni sacri testi della finanza ci parlano dell’imprevedibilità dei mercati, quando si scatenano i cigni neri di talebana memoria, confortandoci però con l’efficace suggerimento statistico che per contenere il rischio di perdita è sempre sufficiente rispettare il tempo dell’investimento, arrivando ad azzerare il rischio di perdere capitale intorno al 15° anno di permanenza continua sul mercato azionario. Per questo anche la frase che sempre sentiamo ripetere in situazioni come questa “questa volta è diverso”, risulta essere smentita nei fatti. In realtà essa contiene solo una piccola parte di verità perché ogni crisi, specialmente quelle più pesanti come quella che stiamo attraversando, ha caratteristiche proprie tanto da sicuramente essere diversa dalle altre precedenti. Tuttavia ciascuna ha un proprio elemento distintivo ma la tendenza è comune quella di una crescita dei mercati che sono crollati più o meno veloce. E come un corpo malato dopo una malattia temporanea riprende vigore, allo stesso modo i mercati ricominciano a risalire, superando i massimi precedenti. Di tutto questo abbiamo prova nell’opera Stocks For The Long Run di Jeremy Siegel, nella quale viene spiegato come nel corso di due secoli il mercato azionario statunitense abbia riportato una resa intorno al 7% all'anno in termini reali. La cosiddetta costante di Siegel “riflette essenzialmente la crescita economica, la produttività e la crescita demografica toccate da una società quotata in borsa. Dunque, il mercato azionario può essere osservato come un proxy del progresso globale, ovvero il tasso di rendimento interno dell'umanità indica un rendimento medio nel periodo di quasi due secoli" superiore a qualsiasi altro rendimento, soprattutto in termine di costanza in termini di ritorno. Per concludere quindi bisognerà rispondere alla domanda relativa a cosa fare oggi per investire. La situazione non è così disperata come potrebbe apparire. Le basi del processo di costruzione di portafoglio non mutano anche in questo delicato periodo storico: grande diversificazione, determinazione oggettiva e soggettiva del livello di rischio preferito e tollerato, comprensivo di un rigoroso rispetto del tempo dell’investimento, rimangono i criteri fondamentali per la costruzione di un asset in grado di resistere alle insidie di questo mercato. E se c’è tempo davanti, non c’è soluzione consigliabile se non quella di usare come punto di interesse il mercato azionario, sfruttando eventuali fattori di decorrelazione come le obbligazioni, i cui tassi sono in rialzo grazie o a causa della politica di controllo dell’inflazione attuato dalle banche centrali. E se la volatilità fa così paura non dimentichiamo la possibilità di investire mediante la formula Pac, poiché tanto anche in questo caso il tempo è oltremodo necessario. A questo punto perché preoccuparsi, lasciamo che il tempo giochi a nostro favore e concentriamoci su altre cose per noi importanti, lasciando che i mercati in autonomia lavorino per noi, senza mai dimenticare che rimanendo fermi, l’inflazione ci procurerebbe una perdita certa.  

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