Giovanni Donini

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Consulente finanziario

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MERCATI AZIONARI DIFFICILI, COSA FARE?

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 22.06.2023

La domanda della settimana riguarda l’incerto andamento dei mercati che stiamo vivendo, i quali sembrano non prendere una direzione definita dopo i pesanti ribassi dell’anno scorso. Cosa fare dunque: comprare o vendere? Mantenere l’investimento oppure effettuare manovre tattiche o addirittura strategiche, modificando le decisioni passate per cercare nuove strade alla ricerca di rendimento? Una risposta può essere trovata nell’analisi storica dell’andamento dei mercati. Quando si parla di investimenti azionari, è sempre importante avere una visione di lungo periodo. Nel breve termine, i mercati azionari possono essere soggetti a fluttuazioni significative e improvvise o a lunghi periodi di volatilità, come quello che stiamo attraversando. Tuttavia, nel lungo periodo, la performance dell’azionario tende ad allinearsi alla crescita economica dei mercati in cui si investe. Questo è il motivo per cui, quando si investe, la dote principale deve essere la pazienza.   Per illustrare questo concetto, possiamo prendere come esempio l’andamento dell’indice S&P 500, che rappresenta le 500 maggiori società quotate negli Stati Uniti. Se guardiamo alla sua performance dal 1926 al 2018, vediamo che ha registrato un rendimento annuo medio del 10%. Tuttavia, se guardiamo a questa anno per anno, vediamo che ci sono stati anni in cui l’indice ha registrato perdite significative (ad esempio, -37% nel 2008) e anni in cui ha registrato importanti guadagni (ad esempio, +32% nel 2013). Per venire a tempi più recenti, nel 2020 i mercati azionari globali hanno subito una forte contrazione a causa della pandemia di COVID-19. L’indice S&P 500 ha perso il 34% del suo valore in poco più di un mese tra febbraio e marzo 2020. Tuttavia, nel corso del 2020 e del 2021, i mercati azionari si sono ripresi e hanno registrato nuovi massimi storici. Nel 2022 come sappiamo, i mercati hanno invece corretto pesantemente, innescando una crisi che ha avuto il suo culmine con il ritorno dell’inflazione e le conseguenti correzioni dei tassi delle banche centrali per contenerla. Questo ha scatenato una reazione avversa sul mercato obbligazionario di cui stiamo ancora vivendo le pesanti conseguenze. Questi due esempi dimostrano come i mercati azionari possano essere soggetti a fluttuazioni significative nel breve termine, ma tendono a crescere nel lungo periodo. Ciò significa che, sebbene ci possano essere momenti in cui il valore del portafoglio di un investitore diminuisce anche pesantemente a causa di una crisi di mercato o di altri eventi negativi, nel lungo periodo il valore del portafoglio tende a crescere. Questo è il motivo per cui molti investitori scelgono di investire a lungo termine, evitando di effettuare operazioni estreme di market timing e mantenendo una prospettiva di lungo termine per evitare di commettere errori. Questa è una tra le tante strategie possibili, anche se non l’unica. Ad esempio, gli investitori possono diversificare il loro portafoglio investendo in diverse classi di attività e in diversi mercati geografici. Inoltre, possono adottare una strategia passiva, che prevede l’acquisto e il mantenimento di un portafoglio fatto solo di indici, diversificato nel lungo periodo. Un’altra potrebbe essere quella di utilizzare strumenti finanziari come le opzioni o i futures per proteggere il portafoglio mediante coperture mediante l’acquisto di opzioni put o call su un’azione o un indice per proteggere il loro portafoglio da eventuali cali dei prezzi o per approfittare del rialzo dei mercati aumentando la leva finanziaria. L’uso dei fondi di investimento o degli ETF che si concentrano su settori o aree geografiche specifiche serve per ridurre il rischio complessivo del portafoglio aumentando di molto la diversificazione. Per concludere possiamo dire che molto si può fare nella costruzione e nella manutenzione di un portafoglio di investimento. Tuttavia, le mie risposte provengono sempre dall’analisi storica dei mercati che, come abbiamo già visto molte volte, insegnano che la pazienza è una delle tecniche migliori per ottenere rendimenti, costruendo quindi portafogli strategici di ampio respiro da gestire nel tempo destinato all’investimento con piccole manovre tattiche, più che con rivoluzioni di portafoglio, nonostante le crisi. Che questo sia vincente è dimostrato nel grafico che segue.

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NOVITÀ EUROVITA

Scritto il 31.05.2023

Questa settimana non posso evitare di parlare del caso Eurovita, viste le voci di un ulteriore prolungamento del blocco dei riscatti. Scopo del post è di tranquillizzare non solo i clienti che con me hanno investito, ma tutti i sottoscrittori di queste polizze, in particolare coloro che hanno investito nel Ramo III. Dal 6 febbraio, giorno del commissariamento della Compagnia di assicurazioni detenuta dal fondo britannico Cinven, chi ha investito in polizze del ramo vita, sono giustamente preoccupati a causa delle sue difficoltà. Innanzitutto precisiamo che non si tratta di un caso di insolvenza o di default ma della difficoltà di rispettare i parametri Solvency II richiesti. Nel gennaio 2016 è entrato a regime nell’Unione Europea, per le imprese di assicurazione e riassicurazione, la normativa che stabilisce i requisiti di capitale necessario per garantire la protezione adeguata dei titolari di polizze e dei beneficiari. L’aspetto più rilevante della questione non è tanto il salvataggio della compagnia di assicurazioni Eurovita, che avverrà sicuramente anche per non compromettere la fiducia sull’intero sistema assicurativo italiano, quanto piuttosto la pesante limitazione imposta ai riscatti delle polizze. Questa è stata voluta dal commissario Alessandro Santoliquido, per salvaguardare gli asset svalutati delle Ramo I, dopo i rialzi dei tassi di interesse imposti dalle banche centrali, al fine di contrastare l’inflazione crescente, che hanno causato forti minusvalenze sui titoli obbligazionari contenuti soprattutto nelle polizze di Ramo I. Voglio però tranquillizzare tutti i miei clienti perché nessuno ha nel portafoglio Eurovita questo tipo di asset. Tuttavia, impedire ai clienti di ritornare in possesso del denaro investito, ancorché destinato ad un investimento di lungo periodo, ha generato un senso di pesante disagio. Ancora più grave è la situazione per chi invece di quel denaro ha ed avrà bisogno proprio in questo momento. È questo il caso che genera più preoccupazione al sistema, anche se i distributori di queste polizze stanno predisponendo meccanismi per anticipare a certe condizioni la liquidità necessaria. Per risolvere il problema della continuità operativa della Compagnia, evitando il penalizzante esito della liquidazione coatta amministrativa, sono intervenute le principali banche e reti che hanno venduto le polizze nei diversi Rami assicurativi. Queste compagnie di assicurazioni sono state chiamate in causa direttamente da Ivass e dal ministero dell’Economia. Solo una volta messo a punto il loro piano di intervento del salvataggio della Compagnia, saranno definite le condizioni per il passaggio dell’intero portafoglio. Ecco il motivo del probabile prolungamento del blocco dei riscatti sino alla fine di luglio o, nella peggiore delle ipotesi, al settembre 2023. Il paradosso di questa situazione sarà che al termine dell’operazione, tutti i sottoscrittori di Eurovita che decideranno di NON liquidare le proprie posizioni, vedranno il loro investimento maggiormente garantito, con un radicale aumento del parametro Solvency II, in grado di rafforzare quindi la solidità dell’intero portafoglio girato alle compagnie che sono state individuate (Intesa Vita, Generali, Poste, Unipol e Allianz). A questo punto una liquidazione per una maggiore tranquillità sulla solidità dell’investimento NON avrebbe più senso. Eurovita ha continuato ad operare pienamente sul mercato senza alcuna interruzione, se non con l’unico limite del blocco dei riscatti. Pertanto ogni cliente che avesse investito nel Ramo III, potrà continuare ad operare sul mercato alle medesime condizioni con un brand diverso. In particolare, nulla potrà impedire ai clienti di continuare ad utilizzare l’ottimo sistema di investimento che mette a disposizione oltre 1300 tra SICAV, fondi ed ETF per la costruzione e manutenzione dei portafogli. Ricordo per concludere che questo sistema è considerato una delle migliori piattaforme unit esistenti sul mercato italiano.    

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LE CAUSE DELLA CRISI DEL SISTEMA PREVIDENZIALE

Scritto il 22.05.2023

La situazione pensionistica in Italia non pare destare ancora l’attenzione di chi avrebbe più bisogno di interessarsene. Mi sto riferendo in particolare ai giovani, cioè a tutti coloro che si avvicinano o si sono avvicinati da poco al mondo del lavoro. Le cause più rilevanti che mi inducono a suggerire una urgente e necessaria riflessione sulla previdenza sono principalmente le seguenti: il peggioramento delle condizioni di vita degli attuali pensionati, che potrebbero subire pignoramenti, povertà, usura e indebitamento a causa della riduzione del loro potere d’acquisto e dell’aumento dei costi della vita; l’invecchiamento demografico, con tutte le conseguenze di cui abbiamo spesso parlato; Il progressivo deterioramento delle finanze Il progressivo deterioramento delle finanze pubbliche, che potrebbero essere gravate da un aumento del debito pubblico, degli interessi passivi e della spesa pensionistica, con il rischio di perdere la credibilità sui mercati finanziari, dovendo quindi affrontare nuove misure di austerità, già vissute nel recente passato; la perdita di equità e solidarietà tra le generazioni, che potrebbero subire una distribuzione iniqua del carico fiscale e previdenziale, con i giovani che pagano per i vecchi e i vecchi che non ricevono una pensione adeguata; la mancanza di competitività e innovazione dell’economia italiana, che potrebbe essere frenata da una forza lavoro invecchiata e scarsamente qualificata, da una bassa produttività e da una ridotta capacità di attrarre e trattenere talenti. UNA RIFORMA PEGGIORATIVA INEVITABILE Tutto questo non può che portare come conseguenza ad una nuova riforma del sistema pensionistico italiano, contraddistinto necessariamente da interventi urgenti e impopolari, peggiorativi della situazione attuale, il tutto per garantire la sua sostenibilità (capacità del sistema di garantire le pensioni a tutti i lavoratori che ne hanno diritto, senza indebitarsi troppo) e adeguatezza nel lungo periodo (necessità di assicurare una pensione sufficiente a mantenere un buon livello di vita ai pensionati, senza creare disparità tra le diverse categorie di lavoratori, soprattutto con le generazioni future). CARO GIOVANE LAVORATORE, IL TUO FUTURO DIPENDE DA TE Tuttavia ancora oggi, l’obiezione più popolare che mi sento rivolgere dai giovani è sempre la stessa: “non è ancora il momento, ho tutto il tempo per pensarci”. Come dare loro torto, li capisco molto bene, io che invece ho appena compiuto i miei primi 60 anni di età. Tuttavia il tempo scorre molto più velocemente di quanto si possa immaginare. In men che non si dica, senza rendersene conto, si vede rapidamente il periodo di quiescenza avvicinarsi. Nella mia carriera ho sempre parlato di pensioni, ma solo pochi hanno cominciato con il “fare qualcosa” sin dal primo invito alla riflessione e quindi, all’azione. Per questo ho pensato di scrivere un messaggio dedicato a tutti i giovani lavoratori, che li aiuti a comprendere l’urgenza di decidere del loro futuro da pensionati il prima possibile, anche se appare come un obiettivo lontanissimo. Quello che è certo è che non si può ignorare il problema, sperando che si risolva da solo. Il sistema previdenziale è una cosa importante per tutti noi e ci riguarda oggi come lavoratori e ci riguarderà domani come pensionati, quando non saremo più produttivi, soprattutto quando difficilmente avremo la forza di lottare per garantire la prosecuzione del benessere raggiunto.    Il mio è quindi un invito a tutti i giovani, affinché ci pensino senza aspettare troppo.                   2.   LETTERA AD UN GIOVANE LAVORATORE   “Caro giovane lavoratore, so che ti sembra difficile e ingiusto dover rinunciare oggi a una parte del tuo stipendio per provvedere alla tua pensione futura. Ti capisco, anch’io sono stato giovane e ho avuto le tue stesse tentazioni di spendere tutto quello che guadagnavo per godermi la vita. Ma sin da subito, pur non capendo pienamente quell’esigenza, ho scelto di impegnarmi accantonando piccole quote del mio reddito, in vista di un futuro che percepivo come molto distante. E oggi, senza quasi accorgermene, posso contare su di un capitale che ho accumulato e che è cresciuto nel tempo. Questo aggiungerà risorse alla pensione scarna pensione statale e non sai quanta ansiami tolga se penso al mio futuro. Devi sapere che il sistema previdenziale italiano è in crisi: versando i soli contributi obbligatori, non sarà sufficiente a garantirti una pensione sufficiente per mantenere il tenore di vita che avrai raggiunto. E questo perché si basa sul principio della solidarietà intergenerazionale: ciò che tu versi oggi serve a pagare le pensioni di chi oggi è in pensione. Ma la popolazione italiana sta invecchiando velocemente e ci sono sempre meno lavoratori e sempre più pensionati. Aggiungi a ciò anche il cambiamento del mondo del lavoro, che rende la remunerazione flessibile e spesso anche incerta. Si versano sempre meno contributi e ci sono sempre più pensioni da pagare. È questo che rende il sistema previdenziale italiano insostenibile nel lungo periodo. Ciò sicuramente porterà ad una ulteriore riduzione delle pensioni future ed un allungamento del periodo lavorativo. Per questo, se vorrai avere una pensione dignitosa, dovrai necessariamente fare due cose: lavorare di più e risparmiare di più. Lavorare di più significa cercare di avere una carriera professionale soddisfacente e quanto più remunerativa possibile, che ti permetta cioè di versare più contributi per avere una pensione proporzionalmente più alta. Risparmiare di più significa invece destinare una parte del reddito disponibile, ad un piano di risparmio integrativo, che ti permetta di accumulare delle risorse da usare quando andrai in pensione. Certamente non è facile, ma ne vale la pena. L’obiettivo è avere una vecchiaia senza preoccupazioni, eliminando sin da subito l’ansia di non arrivare a fine mese con quello che il sistema pensionistico statale potrà garantirti. Sono certo che vorrai goderti la tua pensione senza dovere necessariamente chiedere aiuto ai tuoi figli o allo Stato, sempre se avrà risorse sufficienti per farlo. Vuoi davvero essere indipendente o vuoi dipendere dagli altri? La scelta è tua, ma io ti consiglio di essere prudente e responsabile. Accantona una piccola parte del tuo stipendio attuale per fare fronte alla vecchiaia. Quando arriverà quel momento ripenserai alle mie parole e ti ricorderai di me, che ti ho consigliato di pensarci per tempo. Oggi ti bastano poche risorse per accumulare un capitale da usare quando smetterai di lavorare, perché hai il tempo a tuo favore. È soprattutto questo che ti aiuterà nella costruzione di un grande capitale, impiegando poche risorse.   Non sprecare l’occasione che ti si presenta: non pensarci troppo, agisci in fretta.”    

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L’IMPATTO DELLA VARIAZIONE DEI TASSI SULLE OBBLIGAZIONI

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  • Formazione/Educazione Finanziaria
Scritto il 20.04.2023

In molti mi hanno chiesto di spiegare il movimento del prezzo delle obbligazioni al variare dei tassi di interesse. Per fare ciò cominciamo con il dire che quelle a tasso fisso, delle quali ci interessa parlare oggi, sono titoli che rappresentano un prestito fatto da un investitore ad aziende o Stati sovrani, detti emittenti, che si impegnano a restituire il capitale ad una determinata scadenza e a pagare degli interessi periodici, chiamati cedole, il cui importo è determinato in modo fisso per tutta la durata del prestito. Il prezzo di un'obbligazione dipende quindi direttamente dal suo rendimento, ovvero dal rapporto tra la cedola e il valore nominale del titolo. La variazione dei tassi di interesse del mercato impatta in modo diretto sul prezzo dei titoli già emessi, proprio perché è la rappresentazione del loro costo in un determinato momento. Tutto dipende dalla domanda e dall'offerta di credito, oltre che dalle decisioni di politica monetaria delle banche centrali. Questo è il motivo per il quale l’andamento dei tassi impatta direttamente sia sul rendimento delle obbligazioni in circolazione che su quello di titoli di nuova emissione. Ciò influisce anche sul livello generale di convenienza di investimenti alternativi. Pertanto, quando i tassi di interesse aumentano per decisione delle banche centrali, gli investitori preferiscono prestare il loro denaro a chi offre un interesse maggiore, anziché comprare obbligazioni già sul mercato, che pagherebbero una cedola più bassa. E proprio a causa del “disinteresse” del mercato per questi titoli, il loro prezzo tendenzialmente diminuisce. Accade esattamente l’opposto quando i tassi di interesse diminuiscono. Gli investitori preferiranno comprare obbligazioni già emesse, che pagano una cedola più alta, anziché prestare il loro denaro a chi offre un interesse minore. Per questo la domanda di queste obbligazioni aumenta e il loro prezzo sale.   UN ESEMPIO NUMERICO Un facile esempio numerico ci farà comprendere meglio questo meccanismo. Immaginiamo di avere comprato un titolo che paga una cedola del 5% annuo e che ha un valore nominale di 100 euro [(5/100) *100)]. Se i tassi di interesse salgono al 6% nessuno vorrà comprare questa obbligazione a 100 euro, perché sarebbe facile ottenere un interesse maggiore acquistandone una di nuova emissione, con un rendimento più alto di quelle emesse precedentemente. Per vendere quel titolo dovrò allora renderlo più attraente per il mercato, abbassandone il prezzo ad esempio a 90 euro, con un rendimento che per il nuovo acquirente salirà ad un tasso del 5,55% [(5/90*100)], avvicinandolo quindi ai tassi in vigore in quel momento. Nel caso opposto invece, se i tassi di interesse scendessero al 4%, molti vorrebbero comprare quell’obbligazione, perché incorpora già una cedola al 5%. A questo punto avendola comprata a 100 euro, sarà possibile venderla ad un prezzo più alto, proprio per sfruttare l’innalzamento della richiesta del mercato per quel titolo, poiché offre un interesse superiore a quello delle nuove emissioni. Ad esempio, se venisse venduto a 110 euro, il suo rendimento scenderà al 4,55% [(5/110) *100)], avvicinandosi così al tasso di mercato. UNA IMMAGINE PER CAPIRE MEGLIO Per concludere, cercando di semplificare ancora di più il concetto del movimento del prezzo dei titoli a reddito fisso alla variazione dei tassi di interesse imposto dalle banche centrali, ho scelto di usare una slide presentata da T Rowe Price durante un webinar del 24 Febbraio scorso. La sua grafica aiuta a comprendere in modo estremamente efficace, il funzionamento dei titoli di cui stiamo trattando.   CONCLUSIONI Come abbiamo visto, l’impatto della politica monetaria delle banche centrali ha un ruolo fondamentale per la determinazione del prezzo di una obbligazione a tasso fisso. Non bisogna però mai dimenticare che un titolo obbligazionario, è sempre emesso a 100 e così rimborsato a scadenza. Per questo, quando vediamo una variazione del loro prezzo, teniamo sempre presente il nostro valore d’acquisto rispetto a quello di rimborso, potendo diventare quel ribasso e quel rialzo, ottime opportunità per una variazione tattica del portafoglio.      

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MODIFICHE TATTICHE DI PORTAFOGLIO

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 07.04.2023

Nella mia lunga carriera raramente mi è stata rivolta la critica di non essere stato dinamico nel mio essere consulente, evitando cioè di consigliare improvvise modifiche tattiche sulla base della situazione del momento. I motivi per i quali il mio comportamento possa sembrare troppo passivo sono diversi, ma tutti riconducibili ad una incomprensione di fondo. Chi mi conosce sa che sono da sempre molto paziente nello spiegare ai clienti che non sempre è consigliabile intervenire in modo tattico su di un portafoglio, salvo che in rarissime occasioni. Modificare un portafoglio strategico, impostato sul lungo periodo per una situazione temporanea di difficoltà sul mercato, oppure per approfittarne di alcune condizioni particolari, può determinarne uno squilibrio che potrebbe determinarne una minore efficacia. Inoltre non avendo il crisma dello spietato venditore, pronto cioè a spingere l’acceleratore sulla vendita emozionale, ho da sempre ritenuto che sia più conveniente sempre coinvolgere l’investitore nel processo decisionale, cercando di ridurre al minimo gli errori legati alla tempistica di acquisto e vendita. ELIMINAZIONE ERRORI DI INGRESSO E USCITA DAL MERCATO Chi mi legge da tempo sa perfettamente che mi sono sempre speso per spiegare come il rispetto del tempo di un investimento sia fondamentale per raggiungere il risultato atteso. Il punto sta proprio qui: gli errori possono sempre essere commessi, tuttavia vanno ridotti al minimo e tante operazioni possono aumentare questa percentuale. Un recente studio elaborato da Schroder conferma quanto io sostengo: indovinare il momento migliore per entrare e uscire dal mercato, soprattutto se fatto ripetutamente, non solo è molto difficile, ma può anche essere molto costoso e non solo in termini di commissioni. Ammesso e non concesso di riuscire sempre a compiere una vendita con la determinazione di una plusvalenza, lo studio evidenzia l’impatto negativo ex post di eventuali errori previsionali. La tabella qui sotto ci mostra infatti quanto appena detto.   “Se un investitore avesse investito 1.000 dollari nell'S&P 500 nel gennaio 1988 e avesse lasciato tale investimento per i successivi 34 anni, avrebbe potuto raggiungere 31.223 dollari nel giugno 2022. Ma l'esito sarebbe stato molto diverso se avesse cercato di prevedere il momento di entrata e di uscita dal mercato. Nello stesso periodo infatti, se si fossero persi i migliori 30 giorni dell'indice, lo stesso investimento potrebbe ora valere 5.366 dollari, ovvero 25.857 dollari in meno, senza tenere conto dell'effetto delle spese o dell'inflazione. E se l’investitore avesse mancato solo i dieci giorni migliori, avrebbe comunque perso in modo sostanziale: si sarebbe ritrovato con soli 14.304 dollari, meno della metà di quanto avrebbe fatto se fosse rimasto investito, catturando la crescita di quei dieci giorni migliori. Negli ultimi 34 anni, il suo investimento iniziale di 1.000 dollari nello S&P500 avrebbe potuto apprezzarsi: del 10,65% all'anno se fosse rimasto investito per tutto il tempo; dell'8,13% all'anno se avesse saltato i 10 giorni migliori; del 6,47% all'anno se avesse saltato i 20 giorni migliori; e del 5,06% all'anno se avesse saltato i 30 giorni migliori. Inoltre, la differenza di 5,59 punti percentuali nei rendimenti annuali tra l'essere sempre investiti e il perdere i 10 giorni migliori può non sembrare molto. Ma l'effetto composto si accumula nel tempo. Nel caso delle azioni del Regno Unito, i risultati dello studio sono molto simili. Se avesse investito nel FTSE 100, i tentativi di temporizzare l’entrata e l’uscita dal mercato che lo avrebbero portato a perdere i 30 giorni migliori sarebbero potuti costare all'investitore più di 12.000 sterline nello stesso periodo di tempo. Se fosse rimasto investito nel FTSE 100 per tutti i 34 anni, il suo rendimento annuo sarebbe stato dell'8,31%. Se si perdono i 30 giorni migliori, il rendimento si riduce al 3,38%. La differenza è di ben 2,93 punti percentuali di rendimento annuo composto nel periodo in esame”. INCIDENZA FISCALE IN UNA MODIFICA TATTICA DI PORTAFOGLIO Un altro aspetto da non sottovalutare mai è l’incidenza fiscale di ogni operazione di modifica di portafoglio. Pagare infatti il 26% sulla vendita anticipata di uno strumento finanziario, perché si è inaspettatamente arrivati ad un guadagno molto prima cioè del periodo di investimento concordato, può creare l’illusione che quell’anticipato rendimento sia ripetibile nel tempo, generando cosi false aspettative. Bisogna poi considerare che l’errore nell’uscita da uno strumento finanziario, potrebbe anche determinare una minusvalenza, che talvolta diventa persino irrecuperabile. Sappiamo infatti che ne esistono alcuni che non permettono di compensare plusvalenze con minusvalenze. In particolare si tratta di quelli che, secondo la fiscalità italiana, generano i “redditi di capitale”, come ad esempio gli Etf, i fondi comuni di investimento, i dividendi delle azioni e le cedole delle obbligazioni. Le minusvalenze sono invece compensabili solo per quegli strumenti che generano” redditi diversi” ovvero azioni, obbligazioni, Etc, Etn, futures e certificates, che in taluni casi vengono sottoscritti senza tenere conto del rischio sottostante. CONCLUSIONI Fuori dalla pianificazione finanziaria, che al contrario mira insieme alla diversificazione alla riduzione del rischio, un uso sbagliato del tempo può si generare guadagni, ma spesso questi dipendono più dalla fortuna che dall’abilità dell’operatore. Si dà troppe volte per scontato che una “previsione” esatta possa portare ad un guadagno o ad una mancata perdita. Ma sappiamo sin troppo bene che la previsione in campo finanziario, non appartiene al mondo degli umani ma a quello della magia.   Ecco il motivo per il quale preferisco usare la competenza per la costruzione di portafogli solidi e validi per tutte le stagioni, piuttosto che sbagliare consigliando operazioni fondate sul tatticismo, che sono frutto più dell’emozione che della strategia.  

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DIVIETO DI LIQUIDARE PRIMA DELLA SCADENZA

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Scritto il 31.03.2023

Approfitterò di questo post per terminare il discorso sulla diversificazione degli investimenti, proposto con lo schema pubblicato in data 09.03.2023. Avevo parlato dell’opportunità di usare un metodo per investire, soprattutto in momenti di mercato particolarmente difficili da interpretare, quando cioè le scelte dell’investitore sono in una condizione di stand by decisionale, al punto da allontanarlo dalle opportunità che sempre sono presenti in occasione dei ribassi di mercato. Lo scopo è di evidenziare l’importanza di usare il tempo come una valida discriminante per l’acquisto di strumenti finanziari, nel completo rispetto della normativa Mifid, al fine di assumere un rischio consapevole parametrato al tempo di impiego del capitale. E tutto ciò anche a costo di impedirne l’acquisto in assenza di alcuni parametri fondamentali, come ad esempio un opportuno grado di rischio soggettivo e oggettivo, entrambi derivate del tempo disponibile. In tal modo persino il non avere obiettivi specifici (accantonare un capitale per lo studio dei figli tra 10 da usare tra 10 anni oppure per l’acquisto di un’auto tra 3 anni) può diventare non così determinante, se solo l’investitore fosse informato del potere che ha il tempo di contribuire alla generazione di performance. Sarà lui stesso a decidere quindi se quel tempo e quel rischio sono per lui sostenibili o meno e qualora non lo fossero, saprebbe in anticipo le conseguenze di tali scelte, scegliendo di acquistare o meno. MOMENTO DI STRESS DURANTE l’INVESTIMENTO Naturalmente questo metodo sarà d’aiuto soprattutto quando il mercato è sottoposto a forte ribasso, per fare in modo che le oscillazioni vengano sempre percepite come fenomeni costruttivi di un risultato atteso, evitando così di viverle (troppo) negativamente. Spesso infatti è proprio in questi frangenti che si manifestano maggiormente le tanto inaspettate urgenze, che richiedono il disinvestimento di quel capitale. È la paura che si impossessa dell’investitore a fargli decidere di liquidare in anticipo. Solo se non fosse consapevole di cosa significhi interrompere un investimento prima della scadenza, la colpa di un eventuale insuccesso non sarebbe a lui ascrivibile, quanto piuttosto a chi non lo avesse sufficientemente aiutato a superare l’inevitabile  trauma di un ribasso inaspettato e improvviso. Questo è infatti uno tra i motivi più importanti per i quali per l’investitore non è sempre così vantaggiosa la liquidabilità di uno strumento finanziario. Limitarne la disponibilità del capitale sino alla scadenza prestabilita, tra l’altro da lui liberamente e consapevolmente scelta, aumenterebbe di gran lungo la probabilità di ottenere il massimo risultato possibile.Se infatti si adottasse questo metodo per investire, le scelte su cosa fare in determinati momenti di mercato sarebbero molto più semplici, dato che la percentuale di capitale da riservare ai vari “cassetti mentali” dell’investitore così strutturati (liquidità, breve, medio, lungo e lunghissimo periodo), sarebbero unicamente le sue. Per questo, interrompere prima del tempo un investimento riuscirebbe a responsabilizzarlo maggiormente, rendendolo meno sensibile e oltremodo vulnerabile al dolore della perdita. RIBASSI E MIFID Se così fosse, anche la compilazione della Mifid diventerebbe una vera e propria fantastica discriminante per evitare errori. Infatti quel denaro investito per ipotesi a 3, 5 anni o più, non potrà essere toccato, a meno che non si presentino eventualità dotate di tale cogenza da doversi rendere ammissibile la liquidazione anticipata. In fondo questo non è quello che accade per i fondi pensione, quando consentono al sottoscrittore di liquidare porzioni di quanto accantonato soltanto a certe condizioni prefissate (acquisto prima casa o spese mediche)? Lo scopo per cui si sottoscrive un fondo pensione è così elevato (integrazione pensionistica) che solo qualcosa di ancora più importante ne giustifica la liquidazione anticipata (acquisto prima casa spese mediche di particolare rilevanza). Perché tale principio non dovrebbe essere valido e adottabile per ogni tipo di investimento, soprattutto per quegli investitori che non hanno intenzione di speculare ma di pianificare? COME EVITARE LE PERDITE Per concludere, se così si facesse nella maggior parte dei casi si eviterebbero perdite generate dalla paura dei ribassi. Investire richiede competenza, conoscenza ed esperienza. L’improvvisazione in questo campo dovrebbe essere sempre bandita, non tanto per eliminare il rischio o l’imprevedibilità dei mercati, cosa per altro impossibile da realizzare, quanto piuttosto per fare scelte sempre consapevoli, soprattutto autoresponsabilizzanti.

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IL MOMENTO GIUSTO PER INVESTIRE

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 09.03.2023

Una tra le domande più affascinanti che l’investitore rivolge a noi consulenti, riguarda il come investire il denaro al meglio. Prima di rispondere mi preme evidenziare come sia sempre presente una costante psicologica nel comportamento di tutti noi umani: quando i mercati salgono, si tende a non voler vendere, per non accontentarsi di quanto guadagnato; viceversa nei momenti di ribasso, scatta istintivamente l’idea di proteggere il capitale, liquidando le posizioni nel tentativo di evitare l’intenso dolore generato da una eventuale perdita. Per questo, la domanda a cui rispondere in realtà è se esista davvero un miglior momento per investire, al fine di evitare il rimpianto di essere entrati nel mercato nel momento sbagliato o di non avere liquidato molto prima il capitale. UN METODO BASATO SUL TEMPO Spesso però non ci si rende conto che la causa di un errore di investimento può dipendere anche dall’errato uso dello strumento di investimento o, cosa ancora più grave, dall’avere sbagliato nel suo acquisto perché troppo rischioso o al momento, poco performante. Chi mi segue da tempo sa infatti che la risposta non sta nella capacità di previsione, che è spesso una tra le cause del fallimento di un investimento, quanto piuttosto nel mancato uso di un corretto metodo, che possa dare cioè sin dall’inizio sufficienti garanzie sul suo positivo andamento futuro. Ma il segreto per aumentare le percentuali di successo non sta nell’individuazione di un giusto momento di ingresso o d’uscita dal mercato, quanto piuttosto nell’uso di una precisa e corretta pianificazione finanziaria, sia in termini di tempo che di obiettivi. Per focalizzare il discorso con una semplificazione, ho pensato di costruire uno schema che possa suggerire un metodo facilmente utilizzabile da tutti gli investitori per la costruzione di un asset multi temporale, valido quindi per varie scadenze e obiettivi. Così il tempo diventa fattore determinante per la scelta del giusto rischio, e parametro determinante nella scelta dei prodotti che si possono utilizzare per la costruzione di asset vincenti. In questo modo la ripartizione delle risorse da collocare aiuta l’investitore ad evitare gli errori più comuni, in quanto condiziona sin dall’inizio la sua psiche a non contare sul denaro investito, se non con rigorosa gradualità, seguendo tra l’altro le sue personali preferenze, diverse per ogni singolo investitore.   LO SCHEMA DA USARE Addentriamoci allora nello schema che segue, che ha lo scopo di proporre un semplice metodo per investire.   L’idea è quella di predisporre il capitale secondo una sequenza temporale prefissata (TEMPO IMPIEGO), che corrisponde ad una sorta di salvadanaio a cui si potrà attingere solo quando la misura (del tempo) sarà ormai colma, salvo particolari urgenze che eventualmente si saranno manifestate e che costringeranno ad uscire dallo schema tracciato. Sono anche riportati suggerimenti sul come i comparti funzionano (COSA) e sui motivi per i quali sono stati creati (PERCHÉ). La colonna TIPOLOGIA STRUMENTI riporta per categoria gli strumenti consigliati per facilitare la scelta, con una precisa indicazione del limite massimo del rischio adottabile (INDICE SRRI) per ogni categoria di prodotto. L’investitore quindi dovrà soltanto indicare la quantità di capitale da investire per ogni singolo comparto temporale seguendo le sue personali preferenze. Mi preme qui sottolineare che mi sono imposto di preferire l’inserimento delle categorie e non i nomi di prodotti, proprio perché lo scopo è di illustrare un metodo, senza portare soluzioni specifiche. A tutti coloro che si vorranno cimentare nella mia proposta auguro buon lavoro. Concludo con l'invito a farmi sapere come è andata la progettazione del proprio investimento basata sul parametro tempo.    

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EUROVITA ATTO II

Scritto il 06.03.2023

I lettori mi perdoneranno se parlerò ancora una volta di Eurovita, situazione che mi sta particolarmente a cuore. Lo farò nel modo più semplice possibile, per fare capire cosa sta succedendo alla compagnia assicurativa di cui tanto si sta parlando. Sgombriamo subito il campo ad un equivoco: Eurovita NON è fallita ma è solo stata commissariata in attesa della ricerca di nuovi soci che riportino al livello opportuno i margini Solvency II. Tutte le attività di investimento e risparmio, protezione e previdenza, stanno proseguendo regolarmente senza soluzione di continuità. Il commissariamento ha solo sospeso i riscatti di polizza. I clienti infatti possono continuare ad effettuare tutte le operazioni (aggiuntivi, switch, attivazione di servizi opzionali), senza altre limitazioni. Ma allora, se le cose stanno davvero così, cosa sta succedendo davvero? Vediamo di fare chiarezza a riguardo. Una normativa europea detta Solvency II, obbliga tutte le compagnie di assicurazione ad avere delle riserve strategiche, oltre il capitale sociale, che garantiscano gli assicurati nel malaugurato caso che un insieme di clienti chiedano nello stesso medesimo giorno il rimborso di almeno il 40% del capitale investito. Difficile che questo accada, me ne rendo conto. Tuttavia qualcosa che può oggi apparire impossibile, domani potrebbe diventare più probabile. Nessuno poteva prevedere che il 2022 diventasse l’annus horribilis per perdite contestuali sui mercati azionari ed obbligazionari, per il violento innalzamento dell’inflazione, per la ripresa del Covid in Asia e soprattutto per lo scoppio di un conflitto ai confini dell’Europa, che ha avuto e che ha ancora pesanti impatti sull’economia. I MOTIVI DELLA CRISI DELLE POLIZZE DI RAMO I Detto ciò appare più semplice capire cosa è accaduto ad Eurovita, colpita più di altre compagnie da questa serie di eventi imprevedibili. Per spiegare ciò partiamo da alcuni semplici concetti di finanza. Provate oggi a chiedere a chi ha BTP in portafoglio, magari acquistati negli ultimi anni di tassi zero o negativi, quanto sta perdendo in conto capitale. La stessa perdita la stanno avendo le compagnie assicurative che gestiscono polizze di Ramo I, quegli strumenti a rendimento garantito e con il consolidamento del capitale maturato di anno in anno. Un esempio ci aiuta a quantificare le perdite accumulate. Prendiamo l’andamento del BTP matusalemme, chiamato così per la sua durata di 50 anni, che garantiva in emissione nel 2016 il 2,80% lordo (IT0005217390). Certamente un rendimento più che buono in quel periodo, ma che oggi può essere considerato molto basso. Quel titolo infatti ha perso a causa del rialzo dei tassi delle banche centrali, oltre il 30%. Sullo stesso livello di perdita sono molti altri investimenti presenti nei portafogli di tutte le compagnie. Per questo, ammesso e non concesso che la maggioranza delle compagnie assicurative decidessero di vendere questi titoli, a fronte dei riscatti dei clienti, sarebbe impossibile per loro restituire il capitale, se non facendo ricorso alla garanzia prevista dalla Solvency II. Infatti solo quelle che hanno un capitale di riserva sopra una certa soglia, potrebbero fare fronte a tali richieste, naturalmente accumulando grandi minusvalenze nei portafogli. Al momento solo Eurovita ha un parametro Solvency non adeguato e per questo il commissario nominato dall’Ivass, sta lavorando per cercare nuovi soci che apportino il capitale necessario per ripristinare la quota di garanzia. E questo diventa più facile appunto limitando i riscatti dei clienti.  COSA ACCADE INVECE AL RAMO III La cosa curiosa è che tutti i clienti che sono investiti nelle unit senza avere quelle garanzie previste dal Ramo I, cioè tutti quelli che sono investiti nelle polizze Ramo III, cioè esposti al rischio finanziario di mercato, sono da questo maggiormente garantiti, specialmente coloro che hanno scelto di investire nel lungo periodo. Nella lettura degli articoli che seguono viene illustrato come funzionano le garanzie Solvency II per i clienti di Eurovita e quale potrebbe essere la loro reale perdita, in caso di attivazione della procedura di liquidazione coatta amministrativa. Situazione che è improbabile che si verifichi, perché ciò potrebbe compromettere per sempre la credibilità dell’intero sistema d’investimento assicurativo. Ecco perché il commissario ben difficilmente non riuscirà a portare a termine il suo incarico. CONSIDERAZIONI FINALI Per concludere, mi limiterò a due personali considerazioni. La prima mi porta a ribadire la mia contrarietà al riscatto delle polizze di Ramo I, soprattutto per tutti quei clienti che preferiscono non essere sottoposti alla volatilità del mercato, anche a costo di avere rendimenti più bassi. La seconda è l’auspicio che l’Ivass continui sempre a prestare la massima attenzione affinché non vengano attuate politiche commerciali scorrette, volte a sfruttare momentanee difficoltà di alcune compagnie, e non mi riferisco solo Eurovita, rispetto ad altre. Questo per il rispetto del lavoro di tutti.  

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PARLIAMO DI EUROVITA

Scritto il 24.02.2023

Come molti sanno, in data 6.2.2023 l’Ivass ha emesso un comunicato riguardante la quasi totalità degli oltre 400mila clienti, con il quale informava del blocco dei riscatti delle Unit Linked Eurovita. L’editoriale di oggi è stato pensato e scritto per dare ai clienti che seguo, e che sono sottoscrittori di questi contratti, la giusta dimensione di quanto sta accadendo, allo scopo di invitare l’investitore a usare la ragione e non l’emozione, una volta che sarà eliminato il blocco dei riscatti. L’Ivass dal punto di vista giuridico è l’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, un ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica, che opera per garantire l’adeguata protezione degli assicurati, in modo che sia perseguita una sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione in Italia, oltre alla trasparenza e alla correttezza nei confronti della clientela. L’istituto persegue anche la stabilità del sistema e dei mercati finanziari, quindi agisce per la tutela di tutto il comparto assicurativo italiano. VIOLAZIONE DEI PARAMETRI SOLVENCY II Già mesi fa l’Ivass, dopo un'approfondita ispezione, aveva segnalato al fondo britannico Cinven, proprietario della quota di maggioranza di Eurovita, la necessità di iniettare risorse fresche nella Compagnia per un ammontare di circa 200 milioni di euro, capitale necessario per il rispetto della normativa europea Solvency II. Questa ha infatti introdotto un margine di solvibilità minimo obbligatorio per tutte le Compagnie che svolgono l’attività assicurativa. Si tratta di un cuscinetto di protezione destinato a rafforzare le garanzie dei clienti in caso eventi straordinari, come quelli che si sono appunto verificati nel 2023 sui mercati. Per questo motivo era stata avviata una trattativa con il fondo di private equity JC Flower, di proprietà del miliardario americano Christopher Flowers, al fine di cedere quote di capitale per riportare il capitale di garanzia all’interno dei margini richiesti.  Nel dicembre scorso la proposta di acquisto non è andata a buon fine per il mancato accordo sul prezzo di vendita. Così il ritiro del compratore entro i termini previsti da Solvency II, ha determinato l’automatico azzeramento dei vertici di Eurovita, con la conseguente nomina di un commissario straordinario. Il suo compito è quindi quello di trovare entro la data del 31 marzo prossimo un nuovo compratore, che sia in grado di iniettare nuova liquidità al fine di ripristinare le garanzie richieste dalla normativa per la prosecuzione delle attività assicurative. Lo stop dell'Ivass ai riscatti delle polizze, nel limitato periodo che va dal 6 febbraio al 31 marzo, si è quindi reso necessario al fine di bloccare una eventuale emorragia di capitali dovuti ai riscatti della clientela, situazione che avrebbe rischiato di aggravare ulteriormente e irrimediabilmente la situazione della Compagnia. LA CAUSA SCATENANTE A questo riguardo sottolineo che l’aggravamento dei bilanci della maggior parte delle Compagnie di assicurazioni si è manifestato a causa della situazione dei mercati finanziari, soprattutto nel comparto obbligazionario, che ha subito gravi perdite. In particolare ne hanno risentito le gestioni separate, cioè quelle di Ramo I, che per contratto garantiscono il consolidamento del capitale e un rendimento minimo. I riscatti massivi richiesti da un numero sempre più elevato di clienti alla ricerca di rendimenti più elevati, ha contribuito poi a peggiorare il tutto. Le Compagnie, qualcuna più di altre, ne ha risentito per l’assenza di capitale fresco derivante da nuove sottoscrizioni, necessario per garantire il rispetto dei contratti più datati. E proprio questo squilibrio tra liquidazioni e nuove sottoscrizioni, ha acuito in particolare la posizione del mercato assicurativo, in particolare per Eurovita. Per i clienti titolari di polizze Unit Linked, cioè di Ramo III, polizze perfettamente finanziarie, c’è un diverso discorso da fare, proprio perché l’investitore ha caratteristiche diverse da quelli di Ramo I. Gli asset in gestione sono solidi perché forniti da intermediari finanziari mondiali quali ad esempio Fidelity, BlackRock, Ubs, Pictet e molti altri, basati cioè su logiche di mercato e non di Solvency. Per questo motivo all’interno del contenitore finanziario fornito dalla Unit, l’operatività di switch non è stata in alcun modo limitata, permettendo così ad ogni investitore di continuare ad operare liberamente. LE SOLUZIONI POSSIBILI Concludo dicendo che, vista la situazione sarà sufficiente attendere lo sblocco delle attività di riscatto, anche se difficilmente chi investe in Unit ha intervalli di tempo limitati, sui quali tra l’altro non incidono i due mesi di stop alle vendite.  Per questo non importa quale sarà il nome dell’azionista di riferimento per la Compagnia, visto che prima di Eurovita, per chi ha buona memoria, si sono susseguiti nel tempo investitori come Skandia e Old Mutual Wealth, senza che questo abbia minimamente influito sull’attività di gestione. Quello che conta ora per l’investitore è di mantenere la tranquillità ed avere la pazienza necessaria per attendere il superamento di questo momento di impasse sulle vendite e sugli acquisti, momento che ci auguriamo possa essere superato al più presto. Resto comunque sempre disponibile a rispondere ad ogni ulteriore domanda che i clienti che seguo mi vorranno rivolgere.  

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La variabile tempo è determinante negli investimenti

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  • Finanza Comportamentale
Scritto il 17.02.2023

Uno tra i peggiori errori comportamentali quando si investe è quello di considerare il tempo come una variabile non significativa. Invece, come sa molto bene chi ha seguito con attenzione i miei editoriali, la costruzione di un portafoglio o anche il semplice acquisto di un prodotto di investimento, non possono mai prescindere dalla variabile tempo, che assume così un’importanza strategica al punto da divenire a sua volta un vero e proprio asset. Per questo motivo, una sua mancata o imprecisa quantificazione può portare talvolta a conseguenze molto negative, soprattutto in occasione di crisi di mercato come quella vissuta nell’anno appena trascorso. Dare un posizionamento temporale al denaro investito aiuta quindi a scegliere la strategia e il rischio del nostro investimento. Può per questo anche essere usato per calcolare i tempi di recupero in caso di ribasso, soprattutto per tutti coloro che soffrono la volatilità e non accettano le perdite, anche se solo momentanee. Queste infatti fanno comunque soffrire e la voglia di recuperare il prima possibile può diventare una necessità a cui non si può resistere, anche se talvolta può portare ad ulteriori errori spesso irrecuperabili.   I TEMPI DI RECUPERO DI UN INVESTIMENTO IN PERDITA Oggi che le condizioni di mercato sono cambiate, l’investitore può pensare al recupero più facilmente, e questo anche grazie al rialzo dei tassi. Anche un prodotto semplice come il conto deposito, che garantisce un rendimento fisso a data certa, può consentire il calcolo del tempo di recupero di una perdita, al fine di riportare in parità nominale il capitale investito. Ad esempio, calcolando a 60 mesi un rendimento lordo del 4% al tasso attualmente in vigore, è possibile recuperare perdite del 20% o del 40%, nel caso di impegno allo stesso tasso per 10 anni. Tuttavia mi sento di segnalare un problema matematico che il più delle volte non è considerato da molti investitori: in finanza, più le perdite sono elevate e meno sono compensate da un guadagno equiparato alla perdita stessa. Ciò si evince facilmente dalla tabella che segue che dimostra quanto per l’investitore sia necessario un margine di guadagno superiore alla perdita per puntare al recupero. Infatti, più alta è la perdita e più rendimento sarà necessario.    SCEGLIERE COME AGIRE Superato il problema strettamente matematico legato alle percentuali di recupero, non mi resta che concludere con una provocazione rivolta in particolare agli investitori spaventati dai ribassi, desiderosi di uscire per paura dall’investimento intrapreso il prima possibile. Considerando gli attuali tassi di interesse offerti da investimenti a rendimento simmetrico garantito, visto che per recuperare una perdita nominale intorno al 20% sarebbe necessaria una resa di almeno il 25%, quindi con un tempo stimato di circa 5 anni, davvero si pensa che attendere qualche anno in più per raggiungere l’obiettivo di investimento sia davvero cosi un grande sacrificio? Attendere per attendere forse sarebbe meglio rispettare i tempi stimati per la resa di un investimento, piuttosto che accettare una perdita dovuta alla paura scatenata da un ribasso, sulla scia dell’emozione che recuperare sia meglio che proseguire con l’investimento iniziale. Meglio sarebbe allora sin da subito, considerare quel denaro investito come indisponibile sino alla scadenza originaria, senza preoccuparsi troppo di eventuali ribassi subiti durante il tempo dell’investimento, in attesa del rendimento atteso.  

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IL GIUSTO MIX TRA RISCHIO E OPPORTUNITÀ PER L’INVESTITORE

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 15.02.2023

Dopo avere archiviato il 2022 come uno tra i peggiori anni per l’investitore, se non altro perché tutti gli asset ne sono stati toccati. La conferma di ciò l’abbiamo osservando la tabella che segue, presa in prestito dal blog di Charlie Bilello (https://bilello.blog/), fondatore e CEO di Compound Capital Advisors. Il colore rosso che predomina quasi totalmente la colonna 2022 YTD, nel periodo 2011 – 2022, ci dice che solo commodities e cash si sono salvati dalla disfatta, sempre se non si tiene conto dell’impatto negativo dell’inflazione. QUALE ASSET PREFERIRE? A questo punto, la domanda più naturale che l’investitore si deve porre è quella su quale asset preferire tra le tante opportunità offerte dall’attuale situazione di mercato. E questo sia per velocizzare il recupero delle eventuali perdite (modifica tattica di portafoglio), sia per approfittare delle tante occasioni offerte dai ribassi (costruzione di un nuovo portafoglio strategico).  La risposta la si può ottenere se si osserva con attenzione la slide che segue, nella quale è facile valutare i differenziali tra le varie asset class del periodo 2021 -2022, in modo da coglierne eventuali opportunità per acquisti a sconto. UN SUGGERIMENTO Tuttavia, il suggerimento che mi sento di dare all’investitore non è quello sul come investire, poiché ciò dipende dalle sue personali preferenze, possibilità e competenze, quanto piuttosto quello di prestare particolare attenzione ad alcuni fattori di rischio, che possono determinare nel breve una volatilità piuttosto elevata. Tra questi segnalo in particolare la varianza dell’inflazione a seguito degli interventi delle banche centrali, con una possibile fase recessiva indotta per raffreddarla il più velocemente possibile. Non possiamo dimenticare alcuni tra i maggiori fattori di rischio quali l’instabilità geopolitica, con particolare evidenza ai conflitti in corso, il rincaro del costo dell’energia tradizionale, con un conseguente rallentamento della corsa verso quelle rinnovabili. Come dimenticare poi la pesante fase di deglobalizzazione, quasi a sancire una sorta di cambio di paradigma della futura crescita dei mercati, a cui non si può non prestare attenzione. Per tutto quanto detto, è impossibile rimanere inerti davanti a tutti questi cambiamenti, quelli in corso e quelli che si realizzeranno nel prossimo futuro. Modificare i portafogli si può ma soprattutto si deve. INVITO PER L’INVESTITORE Pertanto rivolgo ancora l’invito all’investitore di non rimanere insensibile davanti a tutte le opportunità che i ribassi offrono, nel rispetto però di una politica di investimento che si basa sulla pazienza e sul tempo necessario perché si riescano a generare pienamente tutti rendimenti attesi.  

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I RENDIMENTI DELLE OBBLIGAZIONI SONO TORNATI

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  • Obbligazioni - investimenti obbligaz
Scritto il 25.01.2023

Mettiamoci il cuore in pace se pensiamo che raggiungeremo presto il target del 2% di inflazione tanto richiesto dalle banche centrali per terminare gli interventi di rialzo dei tassi. Più che una questione tecnica potrebbe diventare un vero e proprio miracolo qualora accadesse nel 2023, anche se i dati ci confortano e il ritorno alla normalità è già cominciato. Altra cosa positiva è che i tassi a breve sono significativamente più alti di quelli a lungo. Ed è proprio questa condizione, in prospettiva di una normalizzazione della situazione, che offre una grande opportunità per tutti quegli investitori che hanno subito l’ANNUS HORRIBILIS dell’obbligazionario. ANNO 2022: PROFONDO ROSSO PER I MERCATI OBBLIGAZIONARI Dalla slide seguente, preparata da T. Rowe Price, possiamo farci una ragione di quanto male sia andato l’anno appena trascorso. Tuttavia la politica monetaria delle banche centrali se ben utilizzata, può offrire l’opportunità di sfruttare la situazione attuale a proprio vantaggio, alla ricerca di rendimento, proprio per il paradosso che la curva dei tassi a breve è più alta di quella a lungo periodo. Un grafico di T. Rowe Price, aggiornato al fine dicembre 2022 e che già abbiamo avuto modo di conoscere, ci fornisce uno spunto interessante perché ci rivela come l’anno appena trascorso sia stato per il mercato obbligazionario il peggiore degli ultimi 34 anni. Le righe grigie rappresentano infatti gli andamenti obbligazionari di tutti questi anni. Con Best e Worst viene evidenziata rispettivamente la media dei 5 anni migliori e di quelli peggiori, mentre con Average osserviamo la media di tutti gli anni escluso il 2022, che è rappresentato dalla riga nera. Una cosa positiva che si può notare è che al secondo peggior anno per il mercato obbligazionario (1994) segue l’anno con la migliore performance in assoluto (1995). Questo non ci deve fare pensare che il 2023 sarà l’anno del recupero, ma deve essere preso piuttosto come spunto per rispondere alla seguente domanda: meglio rimanere fermi sulle proprie posizioni, e questo in virtù proprio del funzionamento delle obbligazioni a tasso fisso (durata e rendimento cedolare predefinito a scadenza), oppure apportare delle modifiche tattiche sul portafoglio, andando alla ricerca di correttivi volti al recupero delle perdite in un tempo minore, proprio grazie all’ inversione della curva dei tassi? IL RIMEDIO È AGIRE Sicuramente quello che possiamo affermare è che se si sono subite grandi perdite su strumenti di breve periodo, rimanere fermi sulle proprie posizioni costituisce un errore che potrebbe costare caro. L’attuale scenario consente all’investitore attento di scegliere se rimanere in stand by, eventualmente accettando consapevolmente le perdite, oppure lasciare che il flusso cedolare provveda a riportare in parità il capitale investito. Il consiglio è però quello di non aspettare ad attuare correttivi sul portafoglio: la ricerca di un recupero più veloce e più probabile della performance perduta è a portata di mano. Dato che i rendimenti sono tornati, all’investitore è permesso di usare la matematica finanziaria per calcolare l’eventuale recupero e il tempo necessario per il suo raggiungimento, pur in presenza della variabile costituita dalla politica monetaria delle banche centrali, ancora non perfettamente definita in termini di rialzi. Naturalmente la situazione offre anche la possibilità di programmare interessanti guadagni futuri in attesa che l’inflazione ritorni sui livelli attesi. E quanto prima questo sarà tanto più veloci saranno i tempi di recupero. CONSAPEVOLEZZA E AZIONE Per quanto riguarda l’evoluzione dei rendimenti nel tempo sino agli attuali, possiamo avvalerci della figura che segue. Se poi volessimo evidenziare invece su quali categorie di titoli obbligazionari concentrare maggiormente la nostra attenzione, ci viene in aiuto l’immagine qui sotto, che ci permette di osservare l’evoluzione nel tempo del differenziale degli spread delle categorie di titoli obbligazionari. LE CONCLUSIONI PER L’INVESTITORE Per concludere, l’invito per l’investitore che predilige le obbligazioni è di rivedere attentamente la propria posizione, poiché è arrivato il momento per agire. Sarà quindi sufficiente effettuare una corretta valutazione della componente obbligazionaria del portafoglio, concentrandosi sulla duration e sulle cedole future, oltre che sul prezzo di acquisto, naturalmente tenendo conto del livello di rischio preferito. In questo modo sarà più semplice apportare modifiche tattiche al portafoglio per consentire un’accelerazione dei tempi di recupero. Avere poi liquidità a disposizione offre una ulteriore opportunità d’acquisto, visto l’andamento di questo mercato. Facciamo in modo che tutte le opportunità offerte dai mercati non vadano mai sprecate.  

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