Donato Rossiello

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Consulente finanziario

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Sulla strada per la “normalità” entusiasmi e imprevisti intiepidiscono febbraio

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 17.02.2021

Attendevamo al varco il 2021, consapevoli dei primi trimestri un po’ in sordina ma necessari a costituire una solida rampa di lancio per i mesi a venire. Lasciarsi alle spalle un anno complesso come quello scorso non è azione da poco e la strada per la ripresa viene lastricata da qualche inconveniente. Uno fra tutti l’ulteriore aumento dei contagi ad inizio gennaio, che ha costretto alcuni Paesi ad inasprire le misure di contenimento e le restrizioni vigenti; segue una diffusione di diverse varianti con maggiore trasmissibilità del virus a complicare lo scenario. Inoltre, problematiche nella produzione, distribuzione e somministrazione dei vaccini hanno dilatato i tempi e mostrato una gestione non certo ottimale del processo. Proseguono quindi le divergenze geografiche e settoriali in un quadro economico ancora debole. L’Europa (complici anche le maggiori limitazioni adottate dai governi) segna un rallentamento più deciso rispetto ad altre aree del mondo. A fine 2020 negli Stati Uniti tornano a scendere consumi e occupazione. A gennaio in Cina gli indici PMI del sentiment delle imprese registrano una flessione. E non sorprende affatto che l’ambito dei servizi sia quello su cui grava il peso di una situazione ancora incerta. Eppure, con l’andare delle settimane emergono alcuni dati incoraggianti… I report più recenti mostrano una leggera diminuzione dei casi di Covid-19, come effetto benefico delle appena avviate campagne vaccinali. Si dimostrano i costanti progressi da parte delle aziende farmaceutiche con prodotti sempre più efficaci e aumenta la presenza di potenziali competitors. Negli ultimi giorni le proiezioni sulla crescita del PIL al 4° trimestre (seppur in frenata) sono stati mediamente migliori del previsto. Insomma, nulla di paragonabile all’iniziale ondata pandemica. Se guardiamo gli utili societari delle principali società quotate statunitensi stupiscono i risultati superiori alle attese nell’82% di esse. La nuova amministrazione a guida Joe Biden, con la maggioranza democratica al Senato, ha poi proposto un nuovo piano fiscale (“American Rescue Plan”) pari quasi al 9% del PIL USA. Fondamentale a creare le condizioni per la ripartenza è il ruolo delle Banche Centrali; da un capo all’altro dell’oceano BCE e Federal Reserve estendono entrambe il loro approccio accomodante, rinnovando la loro disponibilità a intervenire in caso di necessità. Un occhio ai mercati: degno di menzione è il “curioso caso di GameStop”, che molti hanno paragonato alle scorribande del popolare eroe Robin Hood contro i giganti della finanza; un gruppo di investitori amatoriali, organizzatosi tramite Reddit, ha puntato alcune aziende su cui gli hedge fund avevano scommesso al ribasso (GameStop in primis, oppure AMC, American Airlines e BlackBerry), facendone salire il prezzo esponenzialmente nell’arco di pochi giorni e provocando uno dei più significativi “short squeeze” della storia di Wall Street. A cui si è aggiunta una discreta risonanza mediatica da rivoluzione romantica.

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2021, un avvio proiettato al futuro

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 25.01.2021

L’esordio del nuovo anno sui mercati finanziari è stato caratterizzato da una certa positività di fondo: si guarda alla tanto auspicata ripresa ciclica, schiodandosi dalle precarietà critiche attuali. Negli Stati Uniti – complice il Congresso a maggioranza Democratica – è stato approvato un ulteriore pacchetto di stimoli fiscali (900 miliardi di dollari), portando alla crescita del rendimento decennale statunitense di oltre 20 punti base nell’arco di una sola settimana (sopra l’1% per la prima volta dal fatidico marzo scorso). Questo ha contribuito a favorire quei titoli ciclici e value, tra cui i finanziari e gli energetici. L’aumento dei rendimenti a lungo termine e i timori di un possibile incremento della pressione fiscale hanno penalizzato i titoli growth, in particolare quelli tecnologici. Gennaio risulta “impreziosito” da altri due eventi, che però sembrano non aver inciso più di tanto nell’immediato, ovvero l’assalto al Congresso USA (il 6) con relativo avvio alla seconda procedura di impeachment per Donald Trump e l’acutizzarsi della crisi di governo in Italia con l’ipotesi di elezioni anticipate. È stato un avvio in bilico tra i timori e le difficoltà legate al persistere della pandemia e le speranze di un pronto ritorno alla normalità. Certo, l’insorgere poco rassicurante di varianti/mutazioni del virus ha indotto un gran numero di Stati a prolungare ed inasprire le restrizioni per il contenimento, con conseguenze dirette per l’economia. Non sorprende che i consumi e i servizi appaiano in forte flessione. Nell’Eurozona, infatti, si registra un calo delle vendite al dettaglio, nonché una contrazione dell’indice di fiducia nelle imprese di servizi; andamento analogo oltreoceano, pur in misura contenuta e con buoni livelli di fiducia (per le ragioni di cui sopra). Il settore industriale europeo sta mostrando un’elevata resilienza, ottenendo risultati quantomeno incoraggianti (per esempio gli ordini tedeschi di novembre a +2,3%). Insomma, si delinea uno scenario di generale debolezza per il primo trimestre dell’anno, soprattutto in Europa dove si prevede una caduta del PIL più marcata, sebbene in misura decisamente inferiore rispetto alla prima ondata Covid-19. Un punto cruciale per la ripresa è rappresentato dagli esiti delle campagne vaccinali. Ad oggi, sono state già somministrate oltre 30 milioni di dosi in tutto il mondo, ad un ritmo in costante accelerazione e con processi di distribuzione man mano più efficienti. Ma nel 2021 si ipotizza un gran rimbalzo dell’economia reale, proprio grazie a quei settori finora svantaggiati (turismo, ristorazione, tempo libero, ecc…). Con il ritorno alla normalità, ci sarà un’incontenibile voglia di spostarsi, viaggiare, frequentare cinema, ristoranti ed eventi dal vivo, ovvero tutto ciò a cui s’è dovuto rinunciare per un lungo periodo di tempo. L’incremento dei risparmi delle famiglie, indotto dal calo della spesa e dalle politiche fiscali dei Governi, è plausibile venga convogliato in tal senso. In generale la Banca Mondiale stima quindi una crescita del +4% (dopo il calo del -4,3% nel 2020), con differenze sostanziali tra Paesi e aree geografiche, Oriente e Occidente. La migliore gestione della pandemia nei Paesi asiatici resta un dato schiacciante di cui se ne discuterà per i mesi a venire.

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“Duemila eventi” da dimenticare o ricordare Un breve bilancio di questo intenso 2020

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 12.12.2020

Siamo alle solite! Giunge dicembre e si traggono le somme. Che si parli di bambini/e al vaglio del giudizio insindacabile di Babbo Natale o di imprese multinazionali quotate in Borsa, c’è sempre il momento in cui fare i conti [letteralmente – nda] di bilancio. Sono trascorsi ben 12 mesi da quando decidemmo di intraprendere questa nostra avventura editoriale. E, come accade spesso al termine di qualche pellicola cinematografica di quart’ordine, vi sveliamo un piccolo retroscena della rubrica. Gli incontri per stabilire quali argomenti trattare e come svilupparli hanno assunto sin da subito le sembianze di goliardiche chiacchierate – tra il molto serio e il degenerante faceto – davanti a del buon caffè fumante, un portatile, carta e penna. Il 23 febbraio scorso pubblicammo l’articolo “Il Coronavirus contagia i mercati” lasciandoci con una battuta priva di alcuna ilarità: ulteriori due settimane di persistenza del Covid-19 avrebbero implicato degli smottamenti notevoli sul piano finanziario globale. Inutile specificare cosa l’umanità sia stata costretta ad affrontare di lì a breve, arrivando persino al reintegro nell’uso consueto di termini spaventosi quali pandemia, coprifuocoe lockdown. Il 2020 è stato sì monopolizzato da un’ingombrante e virale presenza ma ha offerto anche dei preziosi spunti, sia didattici che formativi, per meglio comprendere il complesso funzionamento dei mercati. Così, quello che accadrebbe in anni ed anni è avvenuto in pochissimo tempo. Basti pensare alle dinamiche da panico scatenate dalla curva dei contagi e il crollo nel settore dei trasporti, oppure alla fiducia ritrovata degli investitori in seguito alle prime notizie di un vaccino efficace. Un esempio da montagna russa? Osserviamo i valori dell’indice Standard and Poor’s… I massimi si attestano su quota 3388 circa prima della diffusione del virus (al 20 febbraio), i minimi su 2174 durante il periodo critico (23 marzo), 3690 in data odierna. Eppure non è accaduto solo questo! Spostando il discorso su lidi più tecnici, negli ultimi 366 giorni è emersa in modo inequivocabile la fine per i rendimenti positivi dei titoli di stato governativinei paesi sviluppati. Cosa fare quando tali strumenti non garantiscono più una resa? Le strade sono tre, ovvero i titoli governativi dei mercati emergenti, i titoli obbligazionari delle società e il mercato azionario (che abbiamo visto offrire ritorni interessanti, a cui però corrispondono rischi maggiori e la necessità di gestire tutto con una metodologia prestabilita). Insomma, ce ne sarebbe di materiale di studio e analisi. Peccato lo spazio sia tiranno. Corriamo a preparare le cartellate al vincotto, i calzoncellicon pasta di mandole, senza dimenticare l’acquisto di un paio di babbucce da regalare a zio Chelino. Evitando inediti sentimentalismi, da “La Borsa o la vita” è tutto per ora. Vi auguriamo delle serene festività e, soprattutto, che i vostri obiettivi si realizzino. Ora linea al «Da Bitonto» (che ringraziamo per la calorosa ospitalità). Ad maiora!

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È tutta una Buorla? Il vaccino annunciato e incassato

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 29.11.2020

Ricordate i “sette nani”? No, non ci stiamo riferendo alla favola con Biancaneve, Eolo e compagnia tozza, ma all’articolo pubblicato il 22 marzo scorso su questa rubrica; facemmo riferimento ai temibili “short” (ribassi) che agiscono imperturbati di notte. Giocando con il nostro solito umorismo da bar ne citammo sette, i più rilevanti in epoca recente. Se in quella disamina vi parlammo di eventi negativi, per fare il paio e completare la casistica adesso proviamo a sviscerare l’esempio opposto: una notizia positiva di rilevanza internazionale tradotta in “long” (rialzo) a Borse chiuse. Siamo a ridosso della fine di questo intenso 2020, sarebbe manchevole trascurare il lampante episodio della Pfizer e del suo annuncio di un vaccino anti-Covid potenzialmente efficace. Per rendere esplicita la dinamica, partiamo subito con dei dati statistici… Venerdì 6 novembre l’azienda farmaceutica newyorkese Pfizer Inc.ha chiuso le sue quotazioni di mercato ad un prezzo di 34,51 dollari, riaprendo poi lunedì 9 novembre ad un valore di 39,68 dollari. Vale a dire con un incremento del +15%. A determinare questa impennata c’è stata la comunicazione (a Borse statunitensi chiuse, il lunedì mattina, time zoneitaliana) del successo ottenuto dal candidato vaccino nella prima analisi ad interim dello studio di fase 3. Un risultato in collaborazione con la tedesca BioNTech che di certo tutto il mondo auspicava da tempo. In seguito all’apertura il titolo ha vissuto una fase di discesa importante, come se stessero liquidando le posizioni già acquisite in precedenza. Infatti, è emerso che il CEO di Pfizer Albert Bourla ha venduto il 62% delle proprie azioni nella società lo stesso giorno in cui il produttore di farmaci ha annunciato i promettenti risultati della sperimentazione. E quasi al valore più alto registrato dalla compagnia nell’ultimo anno. Non male! In soldoni, Bourla ha venduto circa 5,6 milioni di dollari d’azioni come parte di un piano commerciale predeterminato e approvato il 19 agosto. Il tutto si è svolto in piena legittimità, rispettando le regole di vigilanza in ambito finanziario da parte delle autorità americane (come verificato dalla stessa SEC – Securities and Exchange Commission). È lampante, stiamo vivendo una situazione in cui gli equilibri sono precari e news del genere possono davvero determinare scossoni sui mercati. Un esempio? La notizia concreta di un vaccino ha immediatamente colpito in negativo titoli legati all’e-commercee home deliverycome Amazon (-4%) che pur avevano veleggiato durante l’arco della pandemia; al contrario il settore delle compagnie aeree, tra i più penalizzati dalla crisi, ha tirato un po’ il fiato (+40%). L’idea di una prossima risoluzione medico/sanitaria che allenti le limitazioni e riduca le apprensioni si traduce in una istantanea percezione di ritorno alla “normalità”, alle consuetudini. Magari portando ad investire meno tempo ricurvi su un monitor e a rivalutare l’importanza del contatto umano.

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Democratici o Repubblicani? I candidati sgomitano, i cittadini scalpitano, i mercati snobbano.

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 13.11.2020

A volte la semplice provocazione, spesso sganciata a conclusione di sceneggiature, drammaturgie o saggi, cela una mole di spunti d’analisi, riflessioni e argomenti degna di specifici approfondimenti. Un processo simile a quanto accade nelle fiabe, con le loro morali autoesplicative in cui il senso di mille peripezie si concentra in criptiche ma inequivocabili battute finali. È quanto ci siamo ritrovati a scrivere (quasi) in calce al nostro articolo precedente…   C’eravamo lasciati con una frase ad effetto che sollevava più di un dubbio: la figura del presidente degli Stati Uniti d’America, fondamentale per le politiche interne e cruciale sullo scacchiere internazionale, è davvero così influente nell’andamento dei mercati finanziari globali?   In seguito a non poche polemiche è notizia recente l’ufficialità di Joe Bidencome 46esimo presidente USA. Quanto la preferenza del popolo americano di un candidato democratico – piuttosto che repubblicano – incide sull’ambito finanziario? Dando un’occhiata a quanto accaduto nella storia recente possiamo affermare che sia del tutto indifferente.   Perché? Bisogna anzitutto scindere la politica dai mercati. I due aspetti seppur interconnessi sono entità distinte, con pesi specifici diversi. È indubbio che “asini” ed “elefanti” spingano politicamente su temi opposti, puntando a veri e propri feticci tradizionali dell’uno o dell’altro schieramento. Paese che vai, ridondanza che trovi!   A riprova di quanto sostenuto, osserviamo con attenzione i grafici sull’andamento dell’indice S&P 500 [ricordate il già citato Standard & Poor’s 500? – nda] correlato agli ultimi cinque uomini a guida della Casa Bianca. La nostra scelta di non andare troppo a ritroso nel tempo è legata all’evoluzione della Borsa e del suo ruolo, divenuto (a partire dagli anni ‘80) sempre più determinante per le sorti del mondo rispetto al passato.   Nel gioco di alternanze si sono avvicendati il repubblicano George H. W. Bush (periodo 1989-93), poi il democratico Bill Clinton (1993-2001), il repubblicano George W. Bush (2001-09), il democratico Barack Obama (2009-17) ed infine il repubblicano Donald Trump (2017-21). La scadenza di ogni mandato e l’istituzionale scambio di consegne avviene nella data consueta del 20 gennaio.   Ebbene, durante i rispettivi insediamenti è stato realizzato +55% (Bush senior), +201% (Clinton), -36% (Bush junior), +181% (Obama), +57% (Trump). Qualcuno è stato più fortunato di altri a trovarsi in contesti favorevoli a prescindere dalla propria azione di governo; ad ogni modo, l’indice dei mercati si sviluppava in dinamiche autonome e indipendenti dal leader a stelle e strisce in carica.   In questo caso ci sentiamo di concludere ritornando a vecchie memorie machiavelliche; le virtù di un “principe” risiedono nella capacità di decidere tempestivamente ed in maniera risoluta in base alle date/mutevoli circostanze esterne, non lasciandosi travolgere dagli eventi ma traducendoli a favore proprio e della collettività.

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Trump, Biden e i mercati finanziari Uno sguardo alle imminenti Elezioni USA 2020

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 26.10.2020

Ci siamo! Negli Stati Uniti, il prossimo 3 novembre si terranno le elezioni presidenziali. Alla guida della Casa Bianca si riconfermerà il repubblicano Donald Trumpo avrà la meglio il democratico Joe Biden? Tra l’altro, si aggiungono le votazioni per la Camera dei Rappresentanti e per il Senato. E godere della maggioranza nei due rami del Congresso agevolerebbe non poco il compito del Presidente.   Non possiamo celare il nostro interesse per l’evento in questione, ritenuto cruciale per i mercati. La figura del Presidente è, infatti, potenzialmente in grado di influenzare l’andamento dell’economia USA e di conseguenza Wall Streetanche per anni dal suo insediamento.   Come funziona il sistema elettorale americano?I cittadini dei singoli Stati non eleggono direttamente il Presidente ma i cosiddetti Grandi Elettori, i quali andranno poi ad esprimere la scelta effettiva. I “GE” sono in totale 538. Ogni Stato ne elegge un numero variabile – non meno di 2 – in base alla popolazione. Il candidato che ottiene anche un solo voto in più rispetto al contendente si aggiudica tutti i GE dello Stato in questione (tranne Nebraska e Maineche li attribuiscono con un sistema proporzionale). L’esito finale si ottiene con 270 preferenze.   Di solito a decidere il vincitore dello scontro sono gli “swing states”, ovvero quelli in cui nessuna delle due fazioni ha un sostegno predominante e si gioca tutto su una manciata di voti. Tradizionalmente gli Stati con più GE non sono contendibili (per esempio la California ha 55 GE ed è un solido baluardo democratico). Causa timori da emergenza Covid-19, quest’anno si incrementerà il già diffuso ricorso al voto postale.   In termini di programmi, le aree più rilevanti a livello economico sono tre: fisco, commercio internazionale e clima. Trump punta a stabilizzare gli sgravi fiscali realizzati in deficit, senza copertura di bilancio e in scadenza nel 2027, grazie ai quali c’è stata una straordinaria ascesa di Wall Street (circa +60% dell’S&P500); i democratici sottolineano il peggioramento dei conti pubblici e le disuguaglianze sociali, pertanto propongono di riportare la corporate taxdal 21 al 28% e l’aliquota IRPEF massima al 39,6%. Tiene banco il rapporto con la Cina e si dovrà scegliere se proseguire con un approccio bellicoso o ripristinare un multilateralismo diplomatico. Trump continua a negare i cambiamenti climatici mentre Biden vorrebbe riabbracciare l’Accordo di Parigi.   Tra le combinazioni su cui stanno ragionando i mercati c’è quella ritenuta poco probabile dai bookmaker(tra il 5 e 10%), ossia la riconferma repubblicana alla Presidenza e al Senato con la conquista della Camera; in tal caso è possibile l’innalzamento dell’asprezza con Cina ed Europa, una prospettiva premiante per la corporate Americanel breve periodo, ma che arriverebbe al prolungato protezionismo con scenari inediti. Decisamente in vantaggio (tra il 20 e 30%) l’ipotesi di   un Biden che ottiene la Presidenza e i democratici finiscono sia alla Camera che al Senato; i mercati, da subito, potrebbero non gradire l’aumento di alcune tasse ma apprezzerebbero i miliardi previsti in favore di istruzione, health caree infrastrutture.   In definitiva, Donald Trump viene considerato un “amico” dei mercati e Joe Biden offre un approccio più rassicurante nonché molti miliardi di dollari. Chiunque dovesse vincere, in fin dei conti, sarebbe ben accolto dalle Borse!   Allora chiudiamo con una provocazione… Sicuri che il Presidente degli Stati Uniti d’America conti qualcosa?

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Tesla, Inc. vince e convince? Nel frattempo Elon Musk se la ride!

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 21.09.2020

Vi ricordate il vecchio beneamato cinema di fantascienza? E lo stupefacente Blade Runner, film del 1982 diretto da Ridley Scott? I suoi scenari metropolitani e le sue vetture dal design avanguardistico sono ancora impressi nell’immaginario collettivo. Poi, come non parlare dei mitici anni ‘90, quando in ambito videoludico comparivano delle strambe auto poligonali che nulla avevano da spartire con le loro controparti reali; tutt’al più parevano futuristiche navicelle spaziali dal taglio moderno e luccicante, come in Wipeout. Ah, la nostalgia! Il 21 novembre 2019 molti avranno assistito con interesse [e un pizzico di ilarità – nda] alla presentazione mondiale del Tesla Cybertruck, una concept car a propulsione elettrica, presso il Tesla Design Studio di Hawthorne, in California. Potremmo considerarlo un picco di successo in termini di popolarità, marketing e comunicazione. Ma l’azienda guidata da Elon Musk come se la sta cavando in ambito finanziario? Benone, altroché! – potremmo rispondere in maniera lapidaria. Analizziamo i fatti. Per anni su Tesla ha aleggiato un alone di scetticismo generale. Tanti bei numeri e risultati ottimali in termini di rialzi, eppure tra gli analisti serpeggiavano molteplici “sì, ma le auto?”, “sì, però…”, sempre e solo “ma”. Poi, a gennaio scorso è riuscita a superare il gruppo tedesco Volkswagen per capitalizzazione, piazzandosi al secondo gradino nella classifica dei costruttori mondiali di automobili e destando un certo stupore. Stupore tramutato in clamore quando a giugno si è posizionata saldamente in vetta (oltre la giapponese Toyota) con risultati straordinari: le sue azioni passarono da quasi 900 USD a 1025 USD, un vero e proprio record per il brand californiano. I numeri evidenziano una performance in 1 solo anno pari a +379,2%. E ad oggi diviene il primo produttore mondiale di auto elettrice, avendo oltrepassato il colosso cinese BYD Auto. La sua scalata non si è limitata a questo. Ad agosto Tesla, Inc. ha raggiunto una quota superiore a 367 miliardi di dollari che le vale l’ottavo posto nella TOP 10 delle società più capitalizzate del mondo sviluppato(MSCI World Index), ovvero 0,79% del totale dell’indice. Le ragioni del successo sono molteplici e riconducibili alla sua forte identità, l’orientamento verso l’energia sostenibile, il focus a zero emissioni peculiare nel mondo dell’auto, l’inesauribile ricerca in ambito tecnologico nonché il costante incremento dell’offerta e dei volumi. Concludiamo con una piccola ma sentita provocazione: si potrà continuare a polemizzare su Chiara Ferragni, i piedi orribili e il prezzo delle bottiglie d’acqua Evian, si potrà sottolineare quanto facciano schifo i tormentoni estivi dei Boomdabash o criticare il gioco soporifero delle squadre di Massimiliano Allegrima, se i loro risultati sono vincenti e gli obbiettivi raggiunti, tutto assume il valore di vanvera, pretesti. “E chiacchiere non ce ne vogliono”!

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Settembre da incubo? Dall’attentato alle Torri Gemelle al fallimento Lehman Brothers

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 09.09.2020

Il mese di settembre nella cronaca contemporanea è stato funestato da eventi che hanno inevitabilmente alterato la nostra percezione del mondo (o di parte di esso) e smosso la coscienza collettiva. E i mercati finanziari?   Come avrete già letto, abbiamo posto in evidenza due avvenimenti di enorme portata tacciati d’essere i fattori scatenanti di un crollo dei mercati, con conseguenti perdite irrimediabili e dissesti economici negli investitori. Ma è davvero così? Scopriamolo insieme…   Tralasciando volutamente approfondimenti di natura geopolitica e sociale [non è questo il nostro ambito e scopo – nda], l’11 settembre 2001una serie di quattro attacchi aerei combinati minarono le fondamenta della sicurezza degli Stati Uniti, falciando migliaia di vite e lasciando un solco indelebile nella storia. Il crollo delle torri Nord e Sud del World Trade Center, però, non pare sia stato così determinante come ci vien spesso riportato, da un punto di vista finanziario.   Analizzando su ampia scala i dati e i rendimenti percentuali del mercato americano (valori “Standard and Poor’s”, S&P 500) appare tangibile come, ben prima dell’azione terroristica, i mercati fossero già in crisi da oltre un anno; invero dal 24 marzo 2000 al 10 settembre 2001 si registrano perdite del (-)30% circa. La settimana immediatamente successiva all’attentato c’è stato un ulteriore calo del (-)11% ma, rispetto a questo valore, al 31 dicembre dello stesso anno è stato recuperato/guadagnato un (+)7%. E, a dirla tutta, da quel maledetto 11 settembre ad oggi si documenta un incremento superiore a (+)200%!   Stessa disamina potrebbe esser fatta per il fallimento della società Lehman Brothers, avvenuto il 15 settembre 2008. Nonostante i conseguenti ed inevitabili effetti “domino” negativi (legati per lo più ai debiti non saldati), anche in questo caso il mercato globale appariva in perdita da tempo. Difatti, sino al 15 settembre si attesta una percentuale negativa del (-)22% dai massimi precedenti e del (-)45% dai minimi successivi, salvo poi riprendersi e totalizzare un ricavo del (+)170% ad ora.   In definitiva, è evidente quanto gli episodi (di carattere finanziario) succitati non siano stati la «causa di» quanto piuttosto la «conseguenza di» situazioni e andamenti pregressi. Già, molto spesso alcune dinamiche di Borsa appaiono slegate dall’economia e dalla società reale. Come si spiegherebbero altrimenti i rialzi post Covid-19, essendo i PIL mondiali in rosso, o anche i cali del (-)20% nel 2018senza che ci fosse alcun fenomeno scatenante di rilievo? Un mistero pari a quello del numero esatto di fagioli nel barattolo, in una nota trasmissione televisiva condotta dalla Carrà.   Eppure non siamo al cospetto di un ambito caotico e casuale, come si potrebbe desumere, ma pragmatico e lucido: in Borsa non esistono fatti positivi/negativi né pretesti ma soltanto impostazioni corrette o sbagliate.

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Un’estate nei FAANG I titoli che hanno veleggiato durante il lockdown

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 27.07.2020

  Una massima, all’inizio di quest’anno, sembrava riecheggiare come una sorta di presagio: “anno bisesto, anno funesto”. Molti si sono persino cimentati in una serie di rituali apotropaici – antiscarogna – magari battezzandosi immersi nel latte scremato con prezzemolo e finocchio, per contrastare l’Innominæto. Sebbene esistano periodi particolarmente ostici e le difficoltà, gli imprevisti e i già citati “cigni neri” siano sempre dietro l’angolo, la capacità di saper reagire con lucido ottimismo smentisce senza dubbio alcuno questa vetusta diceria.   Anche in momenti bui come quello del lockdown pandemico esistono delle concrete opportunità, nonché delle possibilità di investimento sui mercati finanziari. Non solo crisi, crolli e fallimenti, dunque!   Parliamo del caso lampante dei FAANG, acronimo che si riferisce ai titoli azionari di cinque prominenti compagnie specializzate nel settore tecnologico, ovvero Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google, in grado di resistere, recuperare e superare quelle terribili correnti di ribassi dovute all’emergenza Coronavirus. Perché?   Le ragioni sono molteplici e sfaccettate ma risiedono innanzitutto nella tipologia di offerta che ogni azienda produce. È abbastanza intuitivo comprendere quanto gran parte della popolazione mondiale costretta in quarantena abbia rivolto la propria esistenza su social, internet, servizi di streaming, serie tv, per comunicare e intrattenersi, oppure abbia adoperato il commercio elettronico per l’approvvigionamento di risorse introvabili altrove.   Esse sono singolarmente riuscite a (r)innovarsi, perfezionando il loro pacchetto di risorse in queste mutate condizioni, riuscendo a cogliere le esigenze inedite e contingenti del proprio bacino d’utenza. Facebook ha avviato un strumento (Rooms) in grado di facilitare le videoconferenze, estendendo la possibilità di videochiamate sino a 50 ospiti, Amazon ha assunto oltre 150.000 dipendenti in lungo e largo per far fronte alla crescente mole di ordini on-line, Apple e Google hanno rilasciato a maggio la loro discussa app per il tracciamento dei contagi e Netflix ha registrato un incremento record di 15,8 milioni d’abbonati aggiuntivi nel solo primo trimestre del 2020.   Apple, in particolare, costituisce l’azienda più capitalizzata del mondo. Vi ricordate il riferimento dei mercati globali di cui vi parlammo qualche articolo fa, l’onnipresente MSCI World Index? Beh, la compagnia fondata da Steve Jobs da sola ha un indice superiore a quello di tutta l’Italia nel complesso… Potremmo affermare che le sue azioni hanno assunto il valore di “beni rifugio”, come l’oro e il franco svizzero di un tempo; conseguentemente risulta oggetto di strumenti finanziari passivi delle banche che si riferiscono al MSCI World Index (es: su 100 euro, più di 3 vengono automaticamente indirizzati sulla compagnia californiana).   In molti ritenevano che questi titoli avrebbero rallentato e terminato la loro corsa man mano che lo stato di emergenza si fosse placato con le progressive aperture in «fase 1», «fase 2», […], «fase n» ma così non è stato. A luglio, fondi di investimento in ambito hi-tech stanno registrando incrementi del +50%. Altro che materassini sgonfi, qui si naviga a gonfie vele!

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CR+7% e oltre Un colpo gobbo sui mercati finanziari!

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 07.07.2020

  Abbiamo più volte ribadito quanto la Borsa “e” la vita siano interconnesse in maniera indissolubile. Non esiste ambito nel quale un evento di più ampia portata non abbia i suoi riscontri sui mercati finanziari. E viceversa. Senza andar lontano con la fantasia, immaginiamo una scena tipica della nostra amata cittadina: una tranquilla mattinata cocente di luglio, in uno dei tanti bar che costellano il corso. Davanti ad un paio di espressini freddi e un maritozzo a metà, Feluccio e Chelino stanno animatamente discutendo della loro passione principale, spulciando le pagine fragranti di un giornale sportivo. Il tutto sotto gli occhi di Tanino, il titolare del locale, che li ascolta compatendoli mentre lucida a nuovo le tazzine. Proprio in questo periodo, nel luglio 2018, assistemmo ad uno degli eventi più discussi sia in termini calcistici che in quelli prettamente economici. A cosa alludiamo? Le indiscrezioni parecchio insistenti sull’acquisto (poi avvenuto) da parte della Juventus di quella macchina da gol e soldi col numero 7 impresso dietro la schiena, Cristiano Ronaldo,esemplificano quanto il parlare quotidiano prenda forma concreta sui grafici borsistici, veicolando flussi di denaro davvero impressionanti. Un simile episodio è avvenuto per il caso dell’allenatore Guardiola, i cui bisbiglii sul suo arrivo in panchina (poi rivelatesi irrealizzati) crearono più di uno scossone azionario. Quando iniziarono a circolare le prime voci sull’eventuale trasferimento di CR7 dal Real Madrid alla squadra bianconera i titoli relativi schizzarono, registrando rialzi su rialzi e guadagnando sino al 12%. Un andamento tale da allertare la Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa) che ne ha preteso un chiarimento delle posizioni. La risposta non si fece attendere e, come atto dovuto, proprio il 6 luglio 2018, la dirigenza torinese precisò in un comunicato che, durante la Campagna Trasferimenti, avrebbe valutato diverse opportunità di mercato e all’eventuale perfezionamento delle stesse avrebbe fornito “adeguata informativa nei termini di legge”; lasciando intendere una sua totale estraneità dalla circolazione di notizie fuorvianti. Se la juve avesse esternato l’acquisto o meno del campione portoghese e poi avesse agito diversamente la Consob l’avrebbe potuta sanzionare per evidente manipolazione dei mercati. Nulla accade per caso e la scelta del giorno/momento in cui parlare non fu affatto casuale. Tale dichiarazione avvenne un venerdì, ovvero poco prima della chiusura dei mercati, quando ormai era chiassoso il vociferare con cui si dava per scontato l’arrivo del bomber il giorno successivo – il 7/07 – in una prevedibile ma proficua manovra di marketing/comunicazione. Ma la tanto attesa notizia avvenne solo poco più tardi, il dieci luglio, con l’entusiasmo della tifoseria zebrata. E mentre i due pensionati ancora discutono su chi sarebbe stato meglio come attaccante di sfondamento o su moduli assai improbabili, il barista continua ad osservarli supponente e disincantato, pensando cinicamente: “A’ sòlte, chìdde de ‘la Juvéns la sàpəne lòng”!*   *(“In quanto a monetizzare, alla Juventus la sanno lunga!”)

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“Non c’è futuro!” Guida pratica per sovvertire il pessimismo

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  • Formazione/Educazione Finanziaria
Scritto il 25.06.2020

  A tutti sarà capitato, prima o poi, di imbattersi nei soliti discorsi sulle “mezze stagioni che non esistono più”, sul “si stava meglio quando si stava peggio”, sui “giovani di oggi”, sul “che ci azzecca l’ananas sulla pizza”, etc… Si potrebbe dibattere a lungo per sfatare o confutare quelle tesi. In questo articolo ci occuperemo di un tema altrettanto ricorrente nel parlare quotidiano, ovvero “il futuro” quasi sempre visto in un’ottica pessimistica, disillusa o apocalittica.   Tralasciando ambiti non di nostra pertinenza, sebbene di sicuro interesse, vogliamo sottolineare la capacità del singolo individuo di poter muovere quei passi in ambito finanziario che contribuiscano a tracciare un sentiero quanto più stabile, solido e proficuo per gli anni a venire. “La Borsa o la vita” cerca, nel suo piccolo, di infondere uno spirito propositivo e proattivo nel lettore/risparmiatore attraverso dei piccoli suggerimenti, stimolando curiosità e un briciolo di ottimismo pragmatico.   È possibile esser fiduciosi nel nostro futuro economico? Possiamo far qualcosa per aiutarci a migliorarlo?La risposta è assolutamente affermativa. Cercando di non risultare una tediosa pappardella teorica, abbiamo deciso di proporvi un esempio concreto che possa fornirvi alcuni consigli pratici, immediati, a riguardo. E come se a parlarvi ci fosse un vecchio amico al bar sotto casa o un’amica dall’estetista di fiducia!   Vi riportiamo fatti ed esperienze personali volte al domani di chi scrive, in sintetici passaggi.   Primo passo: intorno ai 25 anni ho ritenuto opportuno iniziare un piano di accumulo con un versamento di 200 euro mensili per 30 anni (quindi da rivalutare in base al tasso d’inflazione del 2041). Come ribadito più volte, la scelta del lungo periodo premia sempre. Facendo un rapido calcolo, significa che saranno versati 72.000 euro (senza la rivalutazione). In questo trentennio, mantenendoci volutamente cauti, tale cifra sarà quantomeno raddoppiata nei nostri conti, arrivando a circa 150.000 euro nel 2041. E, ormai 55enne, non dovrò versare più nulla. Ma non finisce qui…   Nel 2041 quei 150.000 euro saranno poi decumulati mensilmente dal già citato piano d’accumulo (ormai terminato) ad un fondo pensionistico fino a quando non avverrà il mio ritiro dal lavoro; ipotizzandolo a 77 anni, significa permettere altri 12 anni di rendimenti ed ingrossare ancora quei 150.000 euro. Sì, senza esagerare, supererebbero quota 200.000 euro il giorno esatto in cui andrò in pensione – la quale, non dimentichiamolo, sarà aggiunta a quanto sin qui ottenuto.   Secondo passo: per prevenire spiacevoli imprevisti ho anche attivato una polizza assicurativa a copertura totale in caso di invalidità, infortunio e qualsiasi altro rischio grave come la non autosufficienza fisica, mentale ed economica, versando 100 euro mensili.   In definitiva, ne trarrete una rapida guida per permettervi una buona volta di zittire con l’azione quegli incrollabili menagrami che, quando si parla di futuro, non fanno altro che “tirarvela” e sospirare!

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Anche la finanza va in vacanza “Vendi a maggio e vattìnne!”

Scritto il 04.06.2020

Solitamente proverbi e modi di dire affondano le radici nell’esperienza tramandata e nella cultura. Questo è quanto mai vero anche in ambiti di natura finanziaria. Con l’avvicinarsi dell’estate è ricorrente il detto “sell in May and go away”, ovvero “vendi a maggio e va’ via”. A chi non piacerebbe, per un po’, mollare tutto e godersi un bel cocktail su qualche atollo tropicale, oppure una bella birra ghiacciata con un pezzo di focaccia sulle spiagge di Pane e Pomodoro!?   Ma cosa vuol dire? Il motto appena citato deriva dalla letteratura: a maggio – di solito – i mercati azionari stornavano poiché gli investitori, incassando i dividendi distribuiti dalle aziende in quel periodo, andavano letteralmente in vacanza o quanto meno beneficiavano dei profitti appena ottenuti. Ecco il non celato consiglio di vendere le proprie quote entro il 31, essendo previsti dei repentini cali successivi.   L’uso del tempo passato, però, è doveroso; tali dinamiche non si verificano da circa un ventennio, essendo mutato drasticamente il ruolo della Borsa a livello mondiale. Indubbio affermare che essa  rappresenti un campo di battaglia sempre più cruciale per le sorti dell’uomo. Nel farlo, ricordiamo quanto i veri terreni di scontro si siano spostati dalle trincee concrete ai mercati borsistici, dove le contese appaiono meno drammatiche e cruente ma non meno vitali.   E il 2020? Beh, considerando avvenimenti e andamenti verificati potrebbe essere un anno che conferma tale riecheggiante proverbio: lo scorso aprile è stato un mese estremamente positivo (segnando un rialzo come non se ne vedevano da anni) e l’estate si prospetta comunque volatile e insidiosa. Persino la scelta del rinomato imprenditore/economista Warren Buffett, il quale ha dichiarato di aver liquidato tutte le sue posizioni su varie compagnie aeree, sembrerebbe suggerire tale condotta. Nonostante l’insolito clamore mediatico del caso, specifichiamo l’importanza di considerare il contesto generale di crisi da Coronavirus che ha funestato quel settore, ora in estrema difficoltà, con l’aggiunta di una naturale tendenza a consolidare i profitti più in generale. Vanno valutati i casi specifici e i dati oggettivi.   Ad ogni modo, quest’anno potrebbe eccezionalmente rispecchiare quella convenienza “da vecchi antichi” di vendere titoli prima che giunga la calura. Non sarebbe poi male restare sonnecchianti su delle sdraio a distanza di sicurezza, magari beneficiando di un dissetante gelato al limone, con l’unico pensiero di essere destati dalle urla folkloristiche di richiamo da parte del gelataio in Apecar con guanti e mascherina. “A limuooòzze!”

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