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LA PROTEZIONE PATRIMONIALE E LA RESPONSABILITA’ DEL DEBITORE, EX ART. 2740 C.C.

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Scritto il 26.11.2020

LA PROTEZIONE PATRIMONIALE E LA RESPONSABILITA’ DEL DEBITORE, EX ART. 2740 C.C. Per creare una strategia efficace di protezione patrimoniale è opportuno, prima di tutto, individuare i rischi da cui vogliamo proteggerci e quali sono gli asset di ricchezza che vogliamo tutelare. Perché se è vero che il nostro Ordinamento prevede il ricorso a diversi mezzi di protezione del patrimonio, è anche vero che ognuno di questi risponde ad una propria specifica finalità, a seconda che serva a tutelare beni immobili, o mobili registrati, piuttosto che i risparmi. Ancora dobbiamo distinguere tra beni facenti capo alle attività imprenditoriali o a quelli inerenti la famiglia. Pertanto, sebbene a molti possa sembrare strano, la prima forma di difesa del patrimonio consiste nel fare attenzione a separare nettamente i due ambiti (impresa e famiglia), senza creare alcuna “confusione” tra le risorse ed evitando i punti di contatto tra le due aree. Dobbiamo partire dall’art. 2740 C.C., caposaldo del nostro ordinamento, che norma la Responsabilità Patrimoniale, tutto il patrimonio del debitore è posto dalla legge a garanzia dei creditori. La possibilità di segregare parte del patrimonio è dunque una deroga all’art. 2740 del c.c. che afferma che le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge. Sono previste quindi delle ipotesi tassative che consentono di limitare la responsabilità patrimoniale, ipotesi che trovano il loro fondamento nell’art. 1322 C.C., dell’autonomia negoziale delle parti, che possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e purché siano meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Va sottolineato che la segregazione del patrimonio deve essere posta in essere in un momento di serenità; i creditori hanno infatti alcuni strumenti - a tutela delle ragioni creditorie - che possono rendere inefficaci gli strumenti segregativi. Uno di questi strumenti è l’AZIONE REVOCATORIA. L’art. 2901 del c.c. prevede che “il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni. I due presupposti per l’esercizio della revocatoria ordinaria sono l’eventus damni e il consilium fraudis. L’eventus damni è l’idoneità dell’atto ad arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori. Il secondo requisito è il consilium fraudis ossia la consapevolezza del terzo che l’atto arrecava pregiudizio ai creditori. Un creditore particolare è sicuramente il Fisco. L’art. 11 c.1 del D.Lgs. 74/2000 disciplina il reato di SOTTRAZIONE FRAUDOLENTA AL PAGAMENTO DELLE IMPOSTE. La ratio della norma va rapportata al pericolo che la pretesa tributaria non trovi capienza nel patrimonio del contribuente/debitore e più in generale al principio costituzionale per cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il reato è considerato di “pericolo concreto” poiché richiede, semplicemente, che l'atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni siano idonei ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del credito tributario vantato dall’Erario. Vediamo quali sono le ipotesi previste dalla legge. Si può partire da strumenti semplici, come ad esempio la DONAZIONE, che consente di trasferire ricchezza in capo ad altri soggetti, allentando il rischio patrimoniale in capo al donante. Si prosegue con strumenti giuridici più articolati, come il Fondo Patrimoniale, i Vincoli di Destinazione, la Polizza Vita, il Fondo Pensione. Il FONDO PATRIMONIALEè uno strumento che attribuisce un primo livello di protezione, poiché attraverso esso, uno dei coniugi o entrambi, possono vincolare determinati beni destinandoli ai bisogni della famiglia. In tal modo, i beni individuati (immobili, auto e motoveicoli, titoli di credito e altro) costituiscono un patrimonio separato la cui funzione è quella di soddisfare i diritti di mantenimento e assistenza di tutti i componenti della famiglia. Il vantaggio è che i creditori particolari dei coniugi (per obblighi sorti per scopi estranei ai bisogni della famiglia) non possono soddisfare i loro diritti sui beni oggetto del fondo patrimoniale stesso. Va detto però che nel corso degli anni, la giurisprudenza della Suprema Corte ha elaborato una nozione piuttosto ampia del concetto “bisogni della famiglia”, e tale da non essere ricondotta ai soli bisogni essenziali. Se a questo, aggiungiamo il fatto che il fondo patrimoniale può essere utilizzato solo dalla famiglia fondata sul matrimonio, se ne ricava che per le coppie di fatto, o i conviventi (che oggi costituiscono un modello alternativo alla famiglia tradizionale, di impatto non trascurabile) occorrono altri strumenti di protezione. In questo caso, possiamo ricorrere ai cosiddetti Vincoli di Destinazione, ex art. 2645 ter C.C. Con l’ATTO DI DESTINAZIONE,un soggetto può sottrarre alla garanzia patrimoniale, di cui all’art. 2740 c.c., uno o più beni immobili o beni mobili registrati appartenenti al suo patrimonio imprimendo su di essi un vincolo di destinazione strumentale al soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela, con beneficiari determinati (generalmente, i figli, ma non solo). Anche l’atto di destinazione, quindi, costituisce un patrimonio autonomoma, a differenza del fondo patrimoniale, ha il vantaggio di poter essere costituito da chiunque (compresi single e coppie di fatto), e la sua finalità si estende a un più generico interesse. Gli ultimi strumenti molto utilizzati, soprattutto per proteggere la parte liquida del patrimonio, sono il CONTRATTO DI ASSICURAZIONE SULLA VITA ED IL FONDO PENSIONE.     A questi strumenti, il legislatore riconosce un interesse meritevole di tutela, che è quello della finalità previdenziale. La POLIZZA VITAè uno strumento potentissimo nel campo dell’asset protection, grazie alla possibilità di segregazione, riconosciuta dal legislatore. La segregazione è normata dall’art. 1923 C.C. che parla di impignorabilità e insequestrabilità (che è un modo diverso per dire segregazione), “le somme dovute al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva e cautelare”. Naturalmente la segregazione trova un limite nella tutela dei creditori, di cui all'articolo 2740 del codice civile. Questo significa che viene meno la segregazione della polizza vita se è possibile esperire una azione revocatoria, posta a difesa del creditore. Del resto questa vulnerabilità è tipica di tutti gli strumenti di asset protection, non solo della polizza, poiché il nostro ordinamento salvaguarda in primis le ragioni del creditore.  Oppure, viene meno la segregazione della polizza vita, se c’è la responsabilità penale, ad esempio in caso di reati fiscali. Quindi, per sfruttare appieno la finalità della segregazione, occorre stipulare la polizza vita quando si è in bonis, cioè quando i rischi non sono ancora manifesti. Un altro vantaggio della polizza vita riguarda il passaggio dei beni. Si fa riferimento all’art. 1920 C.C. che, attribuisce un diritto “jure proprio” al beneficiario, che avrà diritto a riscuotere un capitale in forza di un diritto estraneo al diritto successorio. Pertanto, il beneficiario della polizza che dovesse rinunciare all’eredità o che dovesse accettarla con beneficio d’inventario, perché magari teme che l’eredità possa essere gravata da debiti, ha comunque diritto ad incassare il capitale erogato dalla polizza. Stesso discorso per i FONDI PENSIONE, in quanto i contributi versati alla forma di Previdenza complementare sono intangibili. In ambito imprenditoriale, gli strumenti di difesa del patrimonio che vorrei menzionare sono: conferimento dei beni in Società di Persone e di Capitali - Holding di famiglia -  e Trust   Conferimento dei beni in società di persone, di capitali e holding di famiglia. Conferire gli immobili all’interno di una società di persone offre il vantaggio di segregare i cespiti in quote societarie che sono di fatto impignorabili per tutta la durata della società. La Società Semplice (S.s.), permette ai soci un’ampia discrezionalità nella regolamentazione dei rapporti sia interni che esterni, non è obbligata alla tenuta delle scritture contabili; le si applica una tassazione per trasparenza e non richiede particolari formalità in sede di costituzione. Essa però si espone ad alcuni limiti quali: la responsabilità illimitata dei soci per le obbligazioni sociali, la possibilità per il creditore personale del socio di chiedere la liquidazione della quota ed il fatto che non può svolgere attività commerciale. E’ preferibile optare per la Società in nome collettivo (S.n.c.) e la Società in accomandita semplice (S.a.s.) Sono entrambe società di persone aventi natura commerciale, hanno obblighi di tenuta delle scritture contabili e dichiarativi più complessi rispetto alla S.s. I redditi percepiti sono considerati redditi di impresa sia in capo alla società che in capo ai soci, e questi ultimi potrebbero essere colpiti da pignoramento solo in relazione ai redditi (non anche ai beni conferiti, che sono “blindati” dal vincolo sociale e rimangono quindi impignorabili). Il creditore personale di un socio non può chiedere la liquidazione della sua quota finché dura la società. Inoltre, la S.a.s. consente di pianificare e gestire le dinamiche di passaggio generazionale tra i componenti della famiglia interessati all’amministrazione (accomandatari, illimitatamente responsabili) della società rispetto ad altri che ne siano disinteressati (accomandanti, limitatamente responsabili).   Una soluzione interessante potrebbe essere rappresentata dalla costituzione di una snc (o di una S.a.s.), nella quale far confluire gli immobili di proprietà della famiglia, e la costituzione di una holding di famiglia (ad es. sotto forma di S.r.l.) che a sua volta detiene una partecipazione rilevante nella società di persone. La holding (molto diffusa in Italia sotto forma di società in accomandita per azioni), diventa così una società detentrice di partecipazioni controllata dai componenti della famiglia, avente lo scopo di tutelare il patrimonio e garantire un adeguato passaggio generazionale. Infine il TRUST. E’ un istituto di Common Law, riconosciuto in Italia. Tale istituto ha trovato ingresso nell’ordinamento italiano grazie alla ratifica della Convenzione de l’Aja avvenuta nel 1989. Si tratta di un negozio giuridico piuttosto diffuso ma decisamente delicato, che consente di separare dal patrimonio di un soggetto alcuni beni per il perseguimento di specifici interessi a favore di determinati beneficiari, attraverso il loro affidamento e la loro gestione a una persona o ad una società professionale. Il Trust è un idoneo strumento giuridico di segregazione del patrimonio che consente di affrontare diverse esigenze nei più svariati campi del diritto, offre pertanto tutela legale in ambito dei patrimoni personali, familiari, societari e protezione di minori e incapaci. Il trust può anche trovare utili impieghi in campo imprenditoriale, in quanto può essere utilizzato per costituire garanzie patrimoniali oppure per segregare partecipazioni societarie.  

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QUALI SONO I RISCHI CHE METTONO IN PERICOLO IL NOSTRO PATRIMONIO.

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Scritto il 17.11.2020

Il rischio è l’eventualità di subire un danno o una perdita. Poiché si tratta di avvenimenti futuri ed incerti, sui quali c’è scarsa informazione, le persone tendono a sottovalutare la portata dei rischi sul loro patrimonio, e pertanto sottostimano le conseguenze patrimoniali che ne conseguono. Il fatto poi di non conoscere comporta l’assenza di coinvolgimento emotivo della persona nell’immediato. Per sensibilizzare i clienti su questo tema, io spiego che il rischio è per ciascuno di noi un compagno di viaggio, dove per viaggio intendo tutta la nostra vita, è invisibile. Fino che è latente, non lo vediamo, non lo percepiamo, quando si manifesta generalmente è troppo tardi per trovare dei rimedi. Basterebbe riflettere sul fatto che ciascuno di noi è portatore di un proprio interesse economico e familiare, questo interesse è esposto ad eventi che ne possono minare l’integrità. Pertanto è utile intervenire con una strategia preventiva, se interveniamo quando la “frittata è fatta”, nessuno strumento giuridico di protezione patrimoniale può metterci al sicuro, poiché il nostro ordinamento garantisce in primis la tutela del creditore con l’art, 2740 C.C. sulla Responsabilità Patrimoniale e poi con l’art. 2901 C.C. sulla revocatoria ordinaria che consente ai creditori di poter rendere inefficace nei loro confronti gli atti dispositivi sul patrimonio, compiuti dal debitore. Con un’attenta analisi del patrimonio e della situazione famigliare del cliente si possono individuare i rischi a cui è esposto lo stesso e sensibilizzare il cliente che ignora! Quest’analisi consiste in una vera e propria mappatura del cliente: età, stato civile, stato di salute, professione, ecc. Perché i rischi che minacciano l’integrità dei patrimoni di famiglia possono essere di varia natura. Semplificando, potremmo raggrupparli in 4 categorie. Rischi di natura professionale Rischi specifici imprenditoriali Rischi coniugali Rischi legati all’inasprimento fiscale Per quanto riguarda i primi, possiamo dire che l’attività professionale ha sempre inevitabilmente dei risvolti, positivi o negativi sul patrimonio della famiglia. I rischi connessi all’assunzione di responsabilità nello svolgimento di un’attività professionale, riguardano chiunque svolga la libera professione, nessuno escluso. Un esempio per tutti potrebbe essere il medico che commette un errore durante un intervento e questo lo espone ad una richiesta di risarcimento dei danni dal paziente. Qui entra in gioco la responsabilità extra contrattuale o responsabilità civile, anche detta aquiliana, dalla legge romana che disciplinò per prima la responsabilità ex delicto. Per essere più chiari, è quella che consegue allorché un soggetto viola non già un dovere specifico, derivante da un preesistente rapporto obbligatorio (nel qual caso si configurerebbe responsabilità "contrattuale"), bensì un dovere generico. La norma fondamentale cui bisogna fare riferimento è l'art. 2043 C.C. in base al quale "qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno". A questo aggiungo i nuovi rischi professionali degli organi di amministrazione e controllo nelle società. Li definisco nuovi poiché sono la conseguenza dell’entrata in vigore del D. Lgs. N. 14/2019 meglio noto come Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Questa legge prevede un’estensione della responsabilità degli amministratori nelle S.r.l. che potranno subire l’azione di responsabilità anche da parte creditori sociali come già accade per le S.p.A. Spostandoci nella categoria degli imprenditori, l’analisi del rischio imprenditoriale specifico è legata all’assunzione della responsabilità limitata o illimitata. Io svolgo la mia attività in Veneto, una regione con un elevato numero di piccole e medie aziende, purtroppo molti imprenditori, ancora oggi, tendono a concentrare il loro patrimonio in un unico veicolo societario, in genere la Srl, esponendosi a rischi di aggressione, in caso di difficoltà. Al contrario, un’azienda dovrebbe diversificare creando più veicoli societari con cui gestire separatamente l’attività imprenditoriale, gli immobili strumentali e gli immobili di famiglia.  Una soluzione interessante è costituita dalla holding di famiglia, che se costituita utilizzando la veste giuridica di società a base personale, ad esempio la S.a.s. offre numerosi vantaggi, consente di separare la proprietà dalla gestione operativa, ma soprattutto protegge da responsabilità personali; ricordo che l’art. 2.305 del C.C. afferma che il creditore particolare del socio non può chiedere la liquidazione della quota del debitore finché la società è in essere. Infine, c’è il rischio connesso al rilascio di garanzie personali e reali. E’ frequente che il socio di S.r.l. rilasci garanzie personali o reali in funzione di finanziamenti alla società stessa. E sappiamo bene quanto possano essere pericolose le fidejussioni.   Poi ci sono i rischi connessi alla vita coniugale. Oggi il concetto di famiglia è molto cambiato rispetto al passato. Alla famiglia tradizionale si sono aggiunti altri modelli: famiglia mono genitoriale, Unioni civili, coppie di fatto. Ogni realtà famigliare è diversa ed ha esigenze e criticità patrimoniali specifiche. Pensiamo ai conviventi, che sono la categoria meno tutelata. La legge n. 76/2016, Cirinnà, dà loro la possibilità di stipulare un contratto di convivenza con il quale regolare i rapporti economici e scegliere il regime patrimoniale, ma non godono di nessun diritto successorio in mancanza di testamento, inoltre il convivente non gode di nessuna franchigia e paga l’imposta massima dell’8%. Nella famiglia tradizionale, le criticità emergono tra coniugi, in caso di divorzio. Fino a poco tempo fa, ai sensi della legge 898 del 1970, la legge divorzile italiana, il coniuge redditualmente e patrimonialmente più forte doveva riconoscere all’altro i mezzi adeguati al mantenimento dello stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Questa è stata l’interpretazione della Cassazione che ha guidato per decenni i nostri giudici fino a poco tempo fa, poiché a maggio 2017, una nuova sentenza della Suprema Corte, relativa al caso Grilli di cui si è tanto parlato, ha completamente ribaltato tale principio, eliminando il criterio dello stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio ed introducendo solo il concetto di autosufficienza economica.  Nonostante ciò, un professionista preparato in materia potrebbe supportare vantaggiosamente il cliente ed aiutarlo, in vista di una separazione, a tutelare il patrimonio per evitare di soccombere alle richieste economiche dell’ex coniuge. Per quanto riguarda l’inasprimento fiscale, il rischio più elevato oggi è quello della riforma della Legge sulle Donazioni e Successioni. L’imposta sulle Donazioni e Successioni ha avuto da sempre un peso importante all’interno del nostro diritto tributario, ad eccezione del periodo 2001 – 2006 durante il quale il Governo Berlusconi la ha soppressa. Oggi, l’Italia è considerata un paradiso fiscale dall’Europa in questa materia, poiché le aliquote in vigore sono le più basse e le franchigie le più alte tra i paesi europei. La situazione è la seguente: un erede diretto, ad esempio, un figlio che si trovasse ad ereditare, sotto il milione non pagherebbe imposta, sulla parte eccedente pagherebbe solo il 4%, calcolato sugli immobili ancora a valore catastale, sulle aziende ancora a patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. In Francia, lo stesso erede, sopra i centomila euro, pagherebbe un’aliquota che oscilla tra il 5% ed il 45%. Si tratta di un’aliquota progressiva, più è alto il patrimonio oggetto di trasferimento, più elevata è l’aliquota. In Inghilterra, il nostro erede, al di sotto di 325mila sterline non pagherebbe nulla, oltre tale soglia si vedrebbe applicata un’aliquota unica fissa, pari al 40%.   Inoltre la direzione presa dall’Europa, che con il progetto di Riforma del 2014, ha voluto introdurre una armonizzazione fiscale di medio/lungo termine in tutti i Paesi membri, comporterà un abbattimento delle imposte sui redditi Irpef ed Ires ma un inasprimento della base imponibile sulla tassazione immobiliare. Corollario di quest’ultimo punto è la riforma della legge sul Catasto, avviata in Italia sempre nel 2014, in base alla quale i valori catastali verranno calcolati non più solo con riferimento al numero dei vani dell’immobile ma con riferimento anche alla metratura e alla ubicazione, con la conseguenza di moltiplicare il valore delle case ed il conto del fisco.

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Dal Finanziario al Patrimoniale: la consulenza per proteggere il patrimonio del cliente.

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Scritto il 28.10.2020

Prima di spiegare cosa intendo quando parlo di Consulenza Patrimoniale, vorrei partire dalle basi, o meglio dalle radici, attingendo alla saggezza dei nostri avi. Il termine di patrimonioderiva dall’unione di due vocaboli latini: pater (padre) e munus (dovere, compito); pertanto il significato di patrimonio è prima il "compito del padre", e poi quello di “cose appartenenti al padre”. Quindi già nel suo significato più antico, questo termine racchiude in sè la natura di ricchezza da trasmettere, identificando quell’insieme di beni che venivano procurati dal pater familias e che venivano lasciati ai figli. Oggi, in diritto, il patrimonio viene definito come l’insieme dei rapporti giuridici, aventi contenuto economico, che fanno capo ad un soggetto giuridico (il titolare). La Consulenza Patrimoniale è una consulenza che va ben oltre l’aspetto meramente finanziario, abbraccia tutto il patrimonio del cliente, a 360 gradi. Si sta affermando sempre di più negli ultimi anni, in quanto è figlia dell’evoluzione naturale della Società Civile, che sta vivendo profonde trasformazioni: pensiamo all’evoluzione della famiglia (da quella tradizionale alle unioni civili, alle coppie di fatto, alla famiglia mono genitoriale), pensiamo alla concentrazione dei patrimoni e delle leve decisionali nella fascia di età over 65, pensiamo al progressivo invecchiamento della popolazione e quindi alla necessità del mantenimento del proprio tenore di vita. A questo possiamo aggiungere la scarsa propensione degli italiani a pianificare la successione familiare: Secondo una ricerca recente, il 77% dei detentori di patrimonio non sta facendo niente di concreto per pianificare la successione (neanche il testamento). Se a questo mutamento di scenario, aggiungiamo i continui interventi normativi, capiamo perché oggi, il CF non può servire al meglio la clientela se si limita a gestire il patrimonio da un unico punto di vista, come faceva in passato, cioè quello finanziario. Io sono convinta che, proprio perché esiste questo bisogno, l’Asset Protection Advisory, cioè la consulenza sulla protezione patrimoniale,  diventerà la frontiera più avanzata della consulenza finanziaria, il cui format attuale non è più sufficiente a soddisfare le richieste dei clienti lungo l’intero ciclo di vita del patrimonio, visto nella sua interezza: quote societarie, immobili, denaro, auto e moto veicoli, preziosi e opere d’arte; ma anche affetti e tradizioni familiari, nonché le competenze trasmissibili alle nuove generazioni. E’ utile sottolineare che il patrimonio non è un concetto statico, immutabile nel tempo, ma muta a seconda delle fasi della vita di un individuo. La prima fase è quella della COSTITUZIONE: matrimonio/convivenza, casa di abitazione, mutui, figli, lavoro/carriera, accumulo capitale. In questa fase assume particolare importanza il capitale umano che rappresenta il valore attuale dei futuri redditi (specialmente lavoro) che un individuo potenzialmente percepirà nel corso della sua esistenza lavorativa. In pratica il capitale umano misura la potenziale capacità di un individuo di generare reddito nel corso degli anni. Sostanzialmente rappresenta il valore economico di una persona e come tale va protetto con soluzioni assicurative: TCM, invalidità, malattia, ecc.   La seconda fase è quella della CONSERVAZIONE e PROTEZIONE: è la fase della maturità di un individuo che spesso coincide con l’apice della carriera lavorativa. Qui il soggetto ha bisogno di organizzare e conservare il patrimonio, con investimenti diversificati, assicurazioni vita e fondi pensione. La terza ed ultima fase è quella relativa al TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO: riguarda gli over 65enni, che necessitano di pianificare il trasferimento del patrimonio. Gli strumenti che abbiamo a disposizione sono vari ed articolati, poiché come dico sempre, il nostro ordinamento è un sistema evoluto che offre la possibilità di scegliere tra vari istituti giuridici: polizze vita, testamento, donazione, trust, patti di famiglia, successione testata. Concludendo, possiamo definire il consulente patrimoniale una figura professionale evoluta, con competenze trasversali ( finanza, diritto di famiglia, successorio, immobiliare, assicurativo e fiscale), con caratteristiche tecniche elevate e ottime capacità relazionali. Attenzione! Non è un tuttologo! Opera in sinergia con altri professionisti, mantenendo però un ruolo centrale per la gestione coordinata delle esigenze patrimoniali globali del cliente. Il vantaggio per il cliente è di avere un unico riferimento professionale per le esigenze patrimoniali, che sa unire le diverse competenze e figure professionali necessarie al raggiungimento dello scopo: al fine di ottenere una strategia patrimoniale personalizzata. In questo modo, si evitano dispersioni di competenze ed energie professionali, la frammentazione dei ruoli professionali e di conseguenza maggiori costi per il cliente ed una minore efficacia.

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EDUFIN - LA PROTEZIONE DEL PATRIMONIO.

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  • Formazione/Educazione Finanziaria
Scritto il 02.10.2020

Gentili lettori, Ottobre è il mese dedicato all'Educazione Finanziaria. Sono previsti eventi gratuiti e di qualità, senza fini commerciali, volti ad accrescere la conoscenza di base sui temi assicurativi, previdenziali e di gestione e programmazione delle risorse finanziarie personali e familiari. A tal fine, ho deciso di dare anche io un piccolo contributo, mettendo a fattor comune le mie conoscenze e competenze su un tema oggi molto importante: la PROTEZIONE DEL PATRIMONIO. Dopo mesi di incontri virtuali, utilissimi in fase di lockdown per raggiungere una vasta platea, ho programmato una serie di incontri "fisici" sul territorio per tornare finalmente tra le persone, con il giusto distanziamento. Il contatto umano è insostituibile! Parleremo di come gestire, tutelare e trasmettere il patrimonio, con focus sui rischi a cui lo stesso è esposto, gli strumenti giuridici da utilizzare per prevenirli, con attenzione alla normativa fiscale. Chi fosse interessato a partecipare può contattarmi in privato.

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PERCHE’ SCEGLIERE UNA POLIZZA VITA MULTIRAMO.

Scritto il 10.09.2020

Gentili lettori, ben ritrovati. Oggi vorrei parlarvi di uno strumento molto versatile che assolve contemporaneamente a varie funzioni: di protezione e trasmissione del patrimonio, di investimento e di tutela assicurativa. Mi riferisco alla polizza vita multi ramo. La polizza si chiama multi ramo perchè permette, grazie ad un doppio motore, assicurativo e finanziario, di trovare il giusto equilibrio tra stabilità di rendimento e opportunità di crescita.   Il motore assicurativo è rappresentato dalla Gestione Separata – Ramo I. Qui il capitale è garantito. Tutto quello che si investe non può diminuire, semmai aumentare per effetto del rendimento annuo della gestione. Il rendimento si consolida nel capitale e non si può perdere mai più. Il motore finanziario consente invece di investire nei mercati finanziari attraverso una selezione di fondi, opportunamente selezionati in base al profilo di rischio del cliente – Ramo III.La porzione di risparmio qui destinata, cogliendo le opportunità nei mercati finanziari, serve per alzare i rendimenti medi annui di polizza. E’anche possibile trasferire le eventuali plusvalenze conseguite sul ramo III nel comparto garantito. Ad esempio, se ho investito in una linea dinamica e ho conseguito un rendimento del 10%, posso trasferire il guadagno, al lordo delle imposte, nel comparto a capitale garantito, azzerando il rischio di perdere il guadagno che ho ottenuto. Ho specificato, al lordo delle imposte, perché la tassazione è differita al momento della liquidazione del capitale, consentendo dunque un notevole risparmio fiscale.   La funzione di protezione o segregazione è riconosciuta dal legislatore, che l’ha normata nell’art. 1923 C.C., che parla di impignorabilità e insequestrabilità (che è un modo diverso per dire segregazione), “le somme dovute al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva e cautelare”. Naturalmente la segregazione trova un limite nella tutela dei creditori, di cui all'articolo 2740 del codice civile, che impone una regola fondamentale: “Il debitore risponde delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Eventuali limitazioni a questo principio sono ammesse ma solo quando lo preveda la legge.” Questo significa che viene meno la segregazione della polizza vita se è possibile esperire una azione revocatoria, posta a difesa del creditore. Del resto questa vulnerabilità è tipica di tutti gli strumenti di asset protection, non solo della polizza, poiché il nostro ordinamento salvaguarda in primis le ragioni del creditore.  Oppure, viene meno la segregazione della polizza vita, se c’è la responsabilità penale, ad esempio in caso di reati fiscali. Quindi, per sfruttare appieno la finalità della segregazione, occorre stipulare la polizza vita quando si è in bonis, cioè quando i rischi non sono ancora manifesti. La funzione di trasmissione del patrimonio trova il fondamento normativo nell’art. 1920 C.C. che dice” E valida l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo. La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore, o per testamento…” Vuol dire che, per effetto della designazione, il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione. Il capitale che la compagnia darà al beneficiario designato in caso di morte non è ricompreso nell’asse ereditario. Significa che la polizza vita attribuisce un diritto “iure proprio” al beneficiario, che acquisisce un capitale in forza di un diritto estraneo al diritto successorio. Sul piano fiscale, questo vuol dire che i capitali derivanti dalle polizze vita, liquidati ai beneficiari in caso di morte dell’assicurato, non concorrono a formare l’attivo ereditario. Oltre ad essere esente dal punto di vista fiscale, non consuma neanche franchigia ai fini delle imposte disuccessione e donazione, dunque si rivela uno strumento eccellente per ottimizzare fiscalmente il passaggio dei beni. Per concludere, vorrei portare la vostra attenzione su un punto molto importante, che puntualmente torna alla ribalta della cronaca, ovvero il rischio di RIQUALIFICAZIONE DELLA POLIZZA VITA IN UN PRODOTTO FINANZIARIO. Per comprendere questo rischio, che farebbe venire meno tutti i vantaggi appena visti, occorre sapere cosa distingue un prodotto finanziario da una polizza vita. Il legislatore l’ha individuato con molta chiarezza: la FINALITA’ PREVIDENZIALE. Cioè il fatto che, sottoscrivendo una polizza vita, non sto facendo un investimento, ma sto trasferendo alla compagnia un rischio demografico di lunga sopravvivenza o un rischio morte. Sul rischio demografico non centra nulla il motore finanziario. Non rileva affatto il motore finanziario, cioè che sia una linked (Ramo III) o una gestione separata (Ramo I), ma la tipologia della polizza: caso morte, vita intera, ecc. E’ essenziale sapere questo per qualificare la polizza. Occorrerà dunque massima attenzione nella scelta della tipologia di polizze vita, tra tutte quelle che propongono le varie compagnie, prediligendo quelle che offrono una componente importante di protezione, che va valutata con particolare riguardo all’ammontare della parte di premio che copre il rischio morte, oltre all’orizzonte temporale e alla tipologia di investimento.    

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HOLDING DI FAMIGLIA E CONFERIMENTO A REALIZZO CONTROLLATO.

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Scritto il 18.08.2020

  La risposta ad interpello 9 giugno 2020 n. 170 dell’Agenzia delle Entrate mi offre lo spunto per parlare di un tema ricorrente nelle aziende italiane, costituite per lo più da piccole e medie realtà imprenditoriali, che va affrontato con estrema cautela considerati i risvolti fiscali. Mi riferisco alla valutazione antiabuso di una riorganizzazione aziendale attuata mediante il conferimento contestuale di partecipazioni da parte di persone fisiche in una società di capitali di nuova costituzione. Il caso è quello di una Società per azioni partecipata da una pluralità di persone fisiche, legate da vincoli di parentela di vario grado tra le quali solo alcune interessate alle dinamiche aziendali e coinvolte nella gestione societaria. Poiché l’eccessiva frammentazione della compagine societaria non assicurava unità di indirizzo e di governo imprenditoriale alle attività svolte dalla società, i soci valutavano l’opportunità di mettere in atto una riorganizzazione dei rispettivi assetti proprietari, attraverso la costituzione di una holding di famiglia (società di capitali), cui trasferire la maggioranza (57,27%) delle azioni della società, rappresentativa anche della maggioranza assoluta dei diritti di voto esercitabili in assemblea. Pertanto i soci interpellavano l’Agenzia sulla possibilità di usufruire del regime di cui all’articolo 177, comma 2, del TUIR, come una legittima alternativa alla regola generale di cui all’art. 9 TUIR, senza incorrere in un abuso del diritto, richiedendo altresì la conferma che al conferimento fosse applicabile l'imposta di registro in misura fissa. Con tale risposta, l’Agenzia affronta il tema del regime del realizzo controllato o di “neutralità indotta” che cercherò di sintetizzare nei punti essenziali. Gli articoli che disciplinano il regime di realizzo controllato sono il 175 ed il 177 del TUIR. Quello che rileva in questo caso è il secondo, in quanto applicabile anche ai soggetti privati non imprenditori. Con riguardo alle imposte dirette, l'articolo 177, comma 2, del TUIR stabilisce che le azioni o quote ricevute a seguito di conferimenti in società, mediante i quali la società conferitaria acquisisce il controllo di un'altra società (cd. "scambiata"), ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1, del codice civile, ovvero incrementa (in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario) la percentuale di controllo, "sono valutate, ai fini della determinazione del reddito del conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento". In parole semplici, la norma non prevede tout court un regime di neutralità, ma un modo particolare di quantificazione del valore di realizzo del conferimento, basato sul valore contabile dell’incremento di patrimonio netto a seguito del conferimento e quindi “controllato” dalle parti (realizzo controllato) con l’opportunità di ottenere, come nel caso in oggetto, una sostanziale “neutralità” (neutralità indotta). L’acquisizione deve però avvenire “uno actu”, cioè all’interno di un progetto ordinato di acquisizione della partecipazione e deve avere ad oggetto una partecipazione che consenta, comunque, alla società acquirente di assumere il controllo della società scambiata. Inoltre, il comma 2 dell'articolo 175 del TUIR, richiamato dal citato articolo 177, comma 3 del medesimo testo unico, reca una norma di carattere antielusivo finalizzata ad evitare che lo scambio di partecipazioni possa essere strumentalizzato per trasformare partecipazioni plusvalenti estranee all'ambito applicativo della participation exemption, previsto dall'articolo 87 del TUIR, in interessenze idonee a fruire del regime di parziale esenzione. Infatti il richiamato articolo 175, comma 2 prende in considerazione l'ipotesi in cui, a fronte dell'apporto di partecipazioni ex articolo 2359 del codice civile richiamato dall'articolo 177, comma 2, per le quali non sia fruibile la pex, il conferente consegua titoli potenzialmente rientranti nella sfera di esenzione. Considerato che nella fattispecie in esame i soggetti conferenti sono persone fisiche non imprenditori, l’Agenzia ha ritenuto di escludere tout court l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 87 del TUIR (e di conseguenza, dell'articolo 177, comma 3); infatti, per tale tipologia di contribuente le plusvalenze eventualmente realizzate costituiscono un reddito diverso ai sensi dell'articolo 67 del TUIR. Pertanto, con riguardo al caso in esame, l’Agenzia ha rilevato che l'operazione è inquadrabile nell'articolo 177 comma 2 del TUIR e, pertanto, non emergerebbero plusvalenze tassabili in capo ai soggetti conferenti. Concludendo, l’Agenzia ha ritenuto che l'operazione di conferimento di cui sopra non fosse idonea a produrre un vantaggio fiscale in contrasto con alcuna norma o principio dell'ordinamento, né con la ratio della norma applicata. La neutralità fiscale, seppur "indotta" dal comportamento contabile della società conferitaria, è un effetto implicitamente previsto dal legislatore che ha, in tal modo, inteso agevolare le riorganizzazioni societarie, con riferimento tanto alle operazioni di scambio che attuino un'aggregazione di imprese tra soggetti terzi, quanto a quelle realizzate all'interno dello stesso gruppo per modificare gli assetti di "governance".  

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“INVESTI CON NOI”

Scritto il 21.07.2020

  Siamo reduci da un periodo difficile, in cui le certezze di ciascuno di noi sembravano sul punto di sgretolarsi. Io sono un ottimista di natura ed ho affrontato questo momento restando accanto ai miei clienti con ogni mezzo possibile, per sostenerli, per trasferire loro la mia positività e soprattutto il concetto che le crisi possono capitare, ma si superano. Perché la storia non si ferma per una crisi, ma va avanti. Questo è il momento di dimostrare GRINTA e CORAGGIO! Qualcuno disse “ONLY THE BRAVE”! Per questo ti invito a sfruttare la bellissima iniziativa che la mia banca ha realizzato, pensata proprio per te. Se vorrai scegliermi come tuo consulente di fiducia, riceverai un premio dell’1% calcolato sulle somme chead andremo investire, all’interno di un tuo personale progetto di vita, che terrà conto dei tuoi obiettivi finanziari, patrimoniali e previdenziali. Il premio verrà erogato all’interno di un buono di acquisto elettronico, utilizzabile per l’acquisto di beni e servizi presso tutti gli esercizi commerciali sul territorio italiano convenzionati al circuito e dotati di Pos. I soldi che noi ti regaleremo e che tu spenderai daranno anche un importante contributo a far ripartire l’economia italiana! Ti aspetto!  

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LA CONSULENZA PATRIMONIALE AI TEMPI DI SERPICO

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  • Consulenza patrimoniale
Scritto il 16.07.2020

Gentili lettori, ben ritrovati. Oggi voglio condividere con voi alcuni spunti sulle donazioni informali, cioè quelle effettuate senza l’atto pubblico prescritto dalla legge, che rappresentano la modalità più ricorrente con la quale gli Italiani trasferiscono ricchezza e soprattutto sugli effetti fiscali “indesiderati” che queste provocano!  Per seguirmi in questo percorso, è fondamentale voi conosciate le armi che l’Ade detiene e utilizza in tema di accertamento fiscale, anche per comprendere le modalità con cui queste minacciano il vostro patrimonio. Sintetizzando, diciamo che le persone fisiche possono essere sottoposte in via esclusiva alle seguenti tipologie di accertamento: analitico(artt. 38 comma 1-2, 39 comma 1 e 40 Dpr 600/73 per le imposte sui redditi e artt 5455 Dpr 633/72 in materia di Iva); sintetico(art. 38 comma 3-5 Dpr 600/73). L’accertamento si dice analitico quando l’Ufficio, sebbene la dichiarazione sia incompleta o infedele, è in grado di determinare analiticamente, ossia voce per voce, il maggior reddito conseguito o le indebite detrazioni effettuate dal contribuente. L’accertamento si dice sintetico quando l’Ade determina il reddito sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel periodo d’imposta da parte del contribuente (cd. Accertamento Puro o Spesometro,) tradotto, io Ade sostengo che tutto quello che spendi è reddito soggetto ad Irpef; oppure sul contenuto induttivo di elementi indicativi della capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza (cd. Redditometro), tradotto io Ade sostengo che una famiglia composta da quattro persone, che vive in una zona centrale di Milano, che possiede una seconda casa al mare, ecc. debba dichiarare un certo reddito; L’accertamento è disposto dall’Ufficio a condizione che il reddito complessivo, così come determinato in base ai precedenti punti, ecceda di almeno un quinto quello dichiarato. Dunque, FINO A PROVA CONTRARIA, (ovvero dovremo essere noi contribuenti a dimostrare il contrario) il reddito così determinato, sarà quello che l’Ade si aspetta da noi nella dichiarazione dei redditi. Inoltre, per combattere l’evasione fiscale(leggi evasione Irpef), l’Ade si avvale dal 2013 di Ser.pi.co, un software potentissimo che ha accesso agli archivi informatici della Sogei, fortemente voluto dall’allora premier uscente, Monti, e caldeggiato dall’allora direttore dell’Ade, Befera. Accedendo a Serpico infatti il Fisco può monitorare in qualsiasi momento tutte le banche dati collegate online con il cervellone della Sogei (catasto, demanio, motorizzazione, Inps, Inail, dogane, registri) rilevando senza bisogno di alcuna previa autorizzazione auto, case, terreni ma anche beni di lusso come aerei e barche intestate ad ogni contribuente italiano per incrociare i dati con quelli contenuti nelle dichiarazioni dei redditi e valutarne la congruenza. Serpico scova anche nelle utenze di luce, gas e acqua e mette in risalto qualsiasi spesa sospetta (ad esempio polizze). Il Grande fratello informatico del Fisco monitora 24 ore su 24 conti correnti, titoli bancari e tutte le operazioni sopra i mille euro. Questo potente impianto normativo, ideato per “stanare” gli evasori dell’Irpef, ha ripercussioni di non poco conto su tutte le liberalità cosiddette “informali”, cioè tutte quelle donazioni effettuate senza la forma solenne che il C.C. prescrive per la donazione, l’atto pubblico redatto dal notaio alla presenza di due testimoni, art. 769 C.C. Va detto che tutte le liberalità, anche informali, sono soggette alle imposte di donazione - art. 1 del TUS (dec leg 346 del 31 ottobre del 1990). Se effettuate con atto pubblico, il notaio, in qualità di sostituto d’imposta, provvede a versare le imposte se dovute e annota la franchigia consumata, che ricordo essere la stessa dell’imposta di successione. Nella maggioranza dei casi, però, le liberalità vengono poste in essere senza ricorrere all’atto pubblico. Pensiamo al genitore che effettua un consistente bonifico dal suo conto a quello del figlio (magari ancora studente, oppure alle prime esperienze lavorative) per consentirgli di acquistare casa, oppure ad una cointestazione fittizia di conto corrente tra genitore e figlio, ove la provvista sia apportata quasi esclusivamente dal padre, con l’intenzione di trasferire una parte del suo patrimonio al figlio senza farlo cadere in successione. Poiché queste liberalità determinano un arricchimento patrimoniale del figlio, l’Ade (grazie a Serpico) si accorgerà subito che le spese effettuate dal figlio non risulteranno congrue con il reddito dichiarato. L’amministrazione finanziaria chiamerà pertanto il figlio ad un contraddittorio (attenzione: non perché non ha versato le imposte sulla donazione ricevuta dal padre) ma perché ha evaso l’Irpef sul denaro utilizzato per l’acquisto della casa. Il figlio si difenderà sostenendo che il denaro gli è stato fornito dal padre dato che il bonifico è tracciabile. L’Ade contesterà allora il mancato pagamento delle imposte di donazione, applicando l’aliquota massima – 8% - sull’importo eccedente la franchigia, più le sanzioni che vanno da un minimo del 120% al 240% dell’imposta evasa. Dopodiché, l’Ade sposterà l’accertamento sul padre, per accertare che il denaro donato al figlio abbia a suo tempo scontato l’Irpef. Capite dunque, in che razza di ginepraio andiamo ad infilarci! A conclusione di questo ragionamento, non voglio che passi il messaggio che le donazioni informali vadano assolutamente evitate, tutt’altro! Se sapientemente utilizzate, possono rivelarsi un ottimo strumento di trasferimento di ricchezza, anticipando la successione. Occorre effettuare, con un bravo consulente patrimoniale, un accurato Tax Planning su ogni specifico patrimonio di famiglia, per individuare le aree di vulnerabilità, e, ove ve ne fossero, valutare l’esposizione al rischio e conseguentemente trovare le soluzioni più idonee che consentano anche un risparmio fiscale. Ricordo che non esiste liberalità indiretta che non possa essere “sanata” a posteriori, a patto di affidarsi ad un professionista competente che utilizzerà, di volta in volta, gli strumenti giuridici più adeguati, naturalmente prima di ricevere l’avviso di accertamento da parte dell’Ade. Dopo, sarà troppo tardi…          

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PATRIMONI DI FAMIGLIA. LE NUOVE MINACCE DAL FISCO.

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  • Consulenza patrimoniale
Scritto il 08.06.2020

La proposta della Commissione Europea di riconoscere all'Italia 173 miliardi di euro per uscire dalla crisi scatenata dall'emergenza del Coronavirus, rappresenta un'àncora di salvezza per il nostro Paese ma la sua approvazione non è così scontata vista l'opposizione di Svezia, Olanda, Danimarca e Austria. Le soluzioni di cui si parla da settimane per risolvere il deficit, sono molteplici. Ma hanno tutte un comune denominatore...l'inasprimento fiscale che potrebbe provocare danni ai patrimoni di famiglia. Per questo il 1 luglio 2020 alle ore 18 incontreremo in una serata live un esperto che ci illustrerà i possibili scenari e le strategie di soluzione. I posti disponibili sono in esaurimento ma se qualcuno fosse interessato può contattarmi al numero 329 7437824 oppure può inviare una mail a: cristiana.sergio@dbfinancialadvisors.it

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PROTEGGI, TRASFERISCI E OTTIMIZZA FISCALMENTE IL TUO PATRIMONIO CON SOCIETA' SEMPLICE E POLIZZA VITA

Scritto il 02.06.2020

Ho affrontato in altri articoli cosa significa fare Consulenza Patrimoniale, quali elementi del patrimonio prendiamo in considerazione e da quali rischi ci possiamo tutelare. Riprendendo il discorso, potremmo dire che la consulenza patrimoniale è oggi il servizio più completo ed avanzato per quanto riguarda i servizi alla persona ed alla sua famiglia, perché si tratta di una consulenza ad ampio raggio che va ben oltre l’aspetto meramente finanziario. È una analisi rivolta all’intero patrimonio, fatto sicuramente da una parte finanziaria, ma anche da immobili e terreni, da partecipazioni aziendali, beni di lusso e soprattutto elementi non tangibili di indubbio valore per il cliente stesso come il capitale umano, le relazioni affettive, il proprio modo di pensare ed i desiderata. Per questo è una consulenza molto più ricca e sfaccettata, all’interno della quale l’aspetto finanziario diventa uno strumento per realizzare un disegno più ampio. Ho elencato precedentemente gli strumenti giuridici che il nostro ordinamento ci mette a disposizione per costruire una efficiente strategia di protezione patrimoniale. Oggi vorrei analizzare più in dettaglio due di questi strumenti, che a me piacciono molto, perché molto versatili, cioè in grado di essere utilizzati per diverse finalità, e soprattutto a costi molto più contenuti rispetto ad altri strumenti, più blasonati, come ad esempio il trust. Mi riferisco alla società semplice ed alla polizza vita. Cercherò di esporre gli aspetti salienti di questi strumenti con il dono della sintesi che è necessario quando abbiamo tempi ridotti e gli argomenti sono complessi. La Società Semplice La società semplice è uno strumento che consiglio in tutti quei casi in cui l’esigenza principale non sia la mera protezione del patrimonio, ma la pianificazione del passaggio generazionale o la regolamentazione della governance del patrimonio di famiglia, in particolare per gli asset illiquidi o difficilmente divisibili (es: immobili, partecipazioni in società non quotate, portafoglio finanziario, opere d’arte). Le caratteristiche che la rendono idonea ai nostri scopi sono soprattutto la flessibilità, in quanto essendo basata sull’ “intuitu personae”, cioè il rapporto di fiducia che lega i soci, permette agli stessi un’ampia discrezionalità nella regolamentazione sia nei rapporti interni che esterni, ad esempio ponendo il consenso come regola generale, si può blindare l’ingresso a nuovi soci, oppure si può, a mezzo atto costitutivo, prevedere alcune clausole volte ad agevolare la trasferibilità delle quote societarie, anche ai fini del passaggio generazionale. In questo modo si può disciplinare il grado di coinvolgimento dei membri della famiglia nella gestione. Un esempio classico è la holding di famiglia costituita nella forma di s.s. della famiglia Agnelli, la Dicembre società semplice fondata nel 1984, vera e propria cassaforte di famiglia. Altra caratteristica è la riservatezza, poiché la società semplice non ha l’obbligo di tenuta delle scritture contabili, né della redazione del bilancio ma deve solo redigere il rendiconto; inoltre non vi è obbligo di iscrizione nel Registro Imprese per venire ad esistenza. La possiamo utilizzare come cassaforte, in una dinamica di anticipazione del passaggio generazionale su patrimoni mobiliari e immobiliari. I portafogli, detenuti presso intermediari finanziari, che altrimenti vedrebbero tutta una serie di complicazioni tecniche nell’ambito del passaggio generazionale o dell’anticipazione dello stesso. Conferendo invece ad una s.s.  un portafoglio, abbiamo la possibilità di trasferirlo successivamente agli eredi, donando semplicemente le quote o la nuda proprietà delle stesse. Nel caso della successione ereditaria relativa ad un bene immobile, alla morte del socio, si trasferiscono agli eredi le sole quote societarie e NON le quote di proprietà sui singoli beni del de cuius. Questo meccanismo consente di evitare la "piaga" della Comunione Ereditaria che colpisce gran parte delle famiglie italiane, in assenza di pianificazione, con il risultato che se non vi è l'accordo di tutti gli eredi, l'immobile non si può ne manutenere, ne vendere. Occorrerà infatti il consenso di tutti per assumere qualunque decisione in merito all’immobile ed in caso di disaccordo tra coeredi, occorrerà intraprendere un giudizio per lo scioglimento della comunione e la successiva vendita del bene. Viceversa il conferimento di un immobile all'interno di una società semplice consentirà agli eredi di subentrare nella proprietà delle sole quote sociali, mentre la proprietà dell'immobile rimarrà in capo alla società stessa: sarà quindi l'amministratore di quest'ultima ad occuparsi, in piena autonomia decisionale, della sua manutenzione ed eventualmente della sua vendita a terzi. Di contro, non la consiglio come mero strumento di protezione del patrimonio poiché presenta alcuni limiti: primo tra tutti, la responsabilità illimitata dei soci per le obbligazioni contratte dalla società, come accade in tutte le società di persone, con la facoltà del creditore personale del socio di chiedere la liquidazione della quota, qualora il suo patrimonio risulti incapiente o non sufficiente per soddisfare il credito, anche se, va detto, che non è ammesso il pignoramento. Quindi se l’esigenza è quella di proteggere o tutelare, sarebbe opportuno utilizzare altri strumenti. La Polizza Vita La polizza vita nasce per proteggere il tenore di vita, che è minacciato da due grandi rischi: la lunga sopravvivenza o la morte prematura. Nel corso del tempo però ci si è resi conto che la polizza si poteva utilizzare per scopi diversi, preziosissimi per chi fa consulenza patrimoniale. La prima finalità è la segregazione, la polizza è uno strumento potentissimo nel campo dell’asset protection, e la seconda riguarda il passaggio dei beni. La segregazione, non è una finalità perseguita dal consulente patrimoniale, ma riconosciuta dal legislatore. Infatti, la segregazione è normata dall’art. 1923 C.C. che parla di impignorabilità e insequestrabilità (che è un modo diverso per dire segregazione), “le somme dovute al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva e cautelare”. Naturalmente la segregazione trova un limite nella tutela dei creditori, di cui all'articolo 2740 del codice civile, che impone una regola fondamentale: “Il debitore risponde delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Eventuali limitazioni a questo principio sono ammesse ma solo quando lo preveda la legge.” Questo significa che viene meno la segregazione della polizza vita se è possibile esperire una azione revocatoria, posta a difesa del creditore. Del resto questa vulnerabilità è tipica di tutti gli strumenti di asset protection, non solo della polizza, poiché il nostro ordinamento salvaguarda in primis le ragioni del creditore.  Oppure, viene meno la segregazione della polizza vita, se c’è la responsabilità penale, ad esempio in caso di reati fiscali. Quindi, per sfruttare appieno la finalità della segregazione, occorre stipulare la polizza vita quando si è in bonis, cioè quando i rischi non sono ancora manifesti. La seconda finalità di cui dicevamo riguarda il passaggio dei beni. Si fa riferimento all’art. 1920 C.C. che dice” E valida l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo. La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore, o per testamento…” Vuol dire che, per effetto della designazione, il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione. Il capitale che la compagnia darà al beneficiario designato in caso di morte non è ricompreso nell’asse ereditario. Significa che la polizza vita attribuisce un diritto “iure proprio” al beneficiario, che acquisisce un capitale in forza di un diritto estraneo al diritto successorio. Immaginiamo che un soggetto nomini, nel testamento, Tizio come erede universale. All’apertura della successione si scopre che tale soggetto aveva stipulato una polizza vita indicando come beneficiari gli eredi legittimi. Bene, la compagnia, disattenderà completamente quanto scritto nel testamento e liquiderà il capitale ai soggetti indicati quali beneficiari nella polizza, proprio perché la polizza conferisce un diritto che non rientra nella successione, appunto iure proprio. Le conseguenze o gli effetti dello “iure proprio” della polizza vita si esplicano sul piano giuridico e fiscale. Giuridico perché il beneficiario della polizza che dovesse rinunciare all’eredità o che dovesse accettarla con beneficio d’inventario, perché magari teme che l’eredità possa essere gravata da debiti, ha comunque diritto ad incassarlo. Non solo, accettando con beneficio di inventario, non risponderà degli eventuali debiti del de cuius, poiché tale modalità impedisce la confusione dei patrimoni, quello dell’erede e quello del decuius. Questo è un privilegio molto importante che, sottolineo, ha solo la polizza vita, in quanto consente di trasferire ricchezza a coloro che amiamo, anche se dovessimo temere di avere debiti al momento della morte. Lo iure proprio consente di creare anche liquidità per gli eredi quando c’è un patrimonio immobiliare importante che cade in successione; ricordo che le imposte ipo-catastali vanno pagate anticipatamente, prima ancora di poter accedere alla liquidità che cade in successione perché le banche non consentono di accedere alle posizioni finanziarie fino a che non si presenta la dichiarazione di successione che a sua volta si può presentare solo dopo aver pagato le ipo-catastali. Infine il capitale erogato dalla compagnia al beneficiario non è oggetto di azione di riduzione in difesa dei diritti dei legittimari, eventualmente lesi, cioè di coloro che hanno diritto alla quota di legittima. Possono essere oggetto di azione di riduzione solo i premi versati, perché costituiscono una liberalità e dunque un depauperamento del patrimonio del disponente. Infatti, la Cassazione con una importante sentenza nel 2017 ha classificato le polizze vita donazioni indirette. Va ricordato che la riservatezza, di cui dicevamo prima, viene meno se c’è lesione di legittima, perché mentre in passato non vi era modo di ricostruire, oggi esiste il Registro delle Imprese, a cui le compagnie hanno l’obbligo di comunicare, di tutte le polizze in essere, contraente, premi versati e beneficiario. Al Registro Imprese accede solo il giudice quando accerta la lesione di legittima, in questo caso, dichiarerà la presenza di questa polizza, l’ammontare dei premi versati ed il nominativo del beneficiario. Se uno degli eredi legittimi chiede informazioni, la compagnia è tenuta a mantenere la riservatezza sui beneficiari e può solo comunicare l’importo dei premi versati.    Un altro importantissimo privilegio della polizza vita derivante dallo iure proprio che voglio sottolineare è il seguente. Nel nostro ordinamento vige il principio del divieto di patto successorio, in base al quale è sempre possibile revocare il testamento ed è vietato e pertanto nullo il patto tra disponente in vita e futuri eredi. Significa che il disponente non può stringere accordi personali con gli eredi quando è in vita per assegnare i suoi beni. Questo è un principio sacrosanto del nostro ordinamento che si spiega con la volontà del legislatore di tutelare la libertà testamentaria. In poche parole, il testatore può cambiare la sua volontà rispetto alla propria successione fino ad un istante prima della sua morte. Per questo motivo si ritiene il testatore non possa essere vincolato contrattualmente a disporre per testamento in un determinato modo piuttosto che in un altro. La sua volontà è quindi assolutamente libera, fino alla morte. L’unico strumento, presente nel nostro ordinamento giuridico, che ci consente di “aggirare” questa norma e di creare lo stesso effetto di un patto successorio (vietato) è la polizza vita con beneficio accettato. Ma quando la polizza diventa Patto Successorio? Facendo coincidere la figura del contraente con quella di assicurato, il contraente dichiara che rinuncia a cambiare beneficiario, rinuncia ai riscatti anticipati, cioè a prelevare le somme all’interno della polizza e rinuncia a mettere a pegno quelle somme. L’accettazione del beneficio avviene con la firma del contraente e del beneficiario di un modulo fornito dalla compagnia, il cosiddetto vincolo di appendice, in questo modo il contraente blinda in modo definitivo quella liquidità all’interno della polizza a favore del beneficiario designato. Non sarà più revocabile, neanche con testamento, a meno che la revoca non sia espressa con l’accordo di tutti, contraente e beneficiari. Il beneficio accettato è utilissimo per la compensazione nel patto di famiglia, per compensare un figlio con la liquidità rispetto ad un altro che ha ricevuto un immobile, come liquidazione una tantum nei divorzi, oppure quando il genitore è in quarta età ed i figli hanno paura che badanti o persone interessate possano plagiare l’anziano e far cambiare il beneficiario. Anche sul piano fiscale, dallo iure proprio ne consegue un privilegio assoluto, cioè che i capitali derivanti dalle polizze vita, liquidati ai beneficiari in caso di morte dell’assicurato, non concorrono a formare l’attivo ereditario. Oltre ad essere esente dal punto di vista fiscale, non consuma neanche franchigia ai fini delle imposte di successione e donazione, dunque si rivela uno strumento eccellente per ottimizzare fiscalmente il passaggio dei beni. Per concludere, aggiungo che è possibile potenziare ulteriormente la polizza vita, per aumentarne l’efficacia sia ai fini segregativi che per il passaggio dei beni, utilizzando congiuntamente ad essa altri strumenti giuridici. Non svelerò qui di cosa si tratta, ma ne parlerò solo con i lettori che saranno interessati ad approfondire con me l’argomento. Sono temi delicati, credo dunque sia giusto condividere solo con chi vuole realmente capire come trasmettere al meglio il proprio patrimonio.    

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PATRIMONIO: I VANTAGGI DELLE DONAZIONI INDIRETTE ESENTI DA IMPOSTA.

Scritto il 13.05.2020

La recente sentenza del 3 febbraio 2020, n. 263 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia mi offre lo spunto per parlare di un argomento che non dovrebbe essere oggetto di “attenzione” da parte dell’Agenzia delle Entrate, stante la chiarezza normativa che lo disciplina, ma evidentemente così non è per l’amministrazione finanziaria. Il caso concreto riguardava una donazione effettuata dal marito alla moglie avente ad oggetto somme di denaro e titoli per un importo inferiore alla franchigia di un milione di euro, preceduta però da una liberalità indiretta posta sempre in essere tra gli stessi soggetti, consistente nel pagamento del prezzo di un immobile nell’ambito di una compravendita immobiliare di importo superiore ad un milione di euro – prezzo versato integralmente da parte del coniuge a titolo di liberalità indiretta. L’amministrazione finanziaria era intervenuta emanando un avviso di liquidazione dell’imposta sulle donazioni, contestando che la prima liberalità indiretta avesse già integralmente eroso la franchigia e che dunque la seconda donazione dovesse scontare l’imposta sulle donazioni, applicando l’aliquota del 4% sul valore eccedente la franchigia. L’istituto giuridico che qui viene tirato in ballo dall’amministrazione finanziaria è il COACERVO (Art. 57 D. Lgs. N. 346/1990) secondo cui, ai fini dell’applicazione della franchigia, si deve tenere conto di tutte le donazioni precedenti intervenute tra lo stesso donante e lo stesso donatario. Premesso che il coacervo aveva il suo fondamento quando erano in vigore le aliquote progressive sulle imposte di donazione e successione, abrogate dalla L. n. 342/2000, da cui la Cassazione ne ricava l’abrogazione del coacervo per incompatibilità con la nuova normativa; l’Agenzia delle Entrate rimane ferma sul coacervo (Circolare 3/E del 2008) e continua a considerare il cumulo delle donazioni effettuate in vita tra donante e donatario ai fini del calcolo del consumo di franchigia. Quello che l’AdE non ha considerato, è che è prevista una disciplina specifica che esclude l’applicazione di imposta di donazione ad alcune liberalità indirette in virtù di una particolare esenzione. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha accolto infatti il ricorso dei coniugi, affermando che è prevista una disciplina specifica che esclude l’applicazione dell’imposta di donazione alla liberalità indiretta posta in essere dai ricorrenti. Infatti, l’art. 1 comma 4-bis del D.Lgs. 346/1990, dispone che non sono soggette ad imposta le donazioni “collegate” ad atti concernenti il trasferimento di immobili, se soggetti ad imposta di registro proporzionale o Iva. In altre parole, l’imposta di donazione non è dovuta, in quanto l’operazione è soggetta alle imposte applicate sull’atto di compravendita immobiliare. Se così non fosse, si realizzerebbe a carico del contribuente una ingiustificata doppia imposizione, in quanto sarebbe costretto a pagare sia l’imposta di registro/Iva per l’acquisto dell’immobile, sia l’imposta sulle donazioni per il pagamento del prezzo dello stesso. Le conclusioni che possiamo trarre da questa vicenda riguardano le modalità con le quali possiamo porre in essere delle liberalità per ottimizzare la fiscalità. Nel caso di donazione di immobile da acquistare, sarà sicuramente più conveniente procedere con l’acquisto (con pagamento del prezzo da parte del donante) ed intestazione dell’immobile in nome altrui (donatario). Questa modalità che, rientra nella fattispecie del contratto a favore di terzo, oltre ad essere esente da imposta di donazione, gode del vantaggio di non erodere la franchigia, che resta disponibile per eventuali future donazioni.  

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Il Piano di Accumulo: impariamo a conoscerlo e ad utilizzarlo

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  • PAC Piano accumulo capitale
Scritto il 16.04.2020

Gentili lettori, ben ritrovati.   Oggi vi parlo di un eccellente strumento finanziario, poco utilizzato, per entrare gradualmente nei mercati finanziari, molto utile in questo momento caratterizzato da elevata volatilità.   Le famiglie italiane risparmiano molto ma detengono una parte enorme del loro patrimonio in liquidità, più di 1/3. Questo significa non canalizzare il risparmio verso soluzioni di investimento si meno liquide ma che potrebbero generare ritorni più interessanti nel medio/lungo periodo.   Perché un concetto così semplice viene metabolizzato con fatica dagli Italiani? Perché vi sono dei “tunnel mentali”! Vediamo quali.   Disponibilità finanziarie contenute, che fanno scartare gli investimenti perché ritenuti insostenibili economicamente o non accessibili a tutti.   La volatilità dei mercati, cioè la tendenza dei prezzi delle attività finanziarie ad oscillare intorno al loro valore medio, genera emotività.   Market timing, fare previsioni, ovvero cercare di prevedere i movimenti futuri dei mercati nel tentativo di entrare ed uscire nel “momento giusto”, correndo il rischio di acquistare quando i prezzi sono più alti e di vendere quando il mercato scende.   Restare investiti. Il passato insegna che a conclusione delle “fasi orso”, quando arriverà il punto di inversione la ripresa sarà forte e gran parte dei rialzi avverrà in un numero limitato di sessioni, quindi non si potrà tornare ad investire in tempo. In tutti i cicli orso dei mercati, il punto di flessione è diventato evidente solo con il passare del tempo. Non c’è nessun campanello che segnala quando il mercato tocca il punto di minimo.   Il tempo è la chiave del successo. Se accettiamo un orizzonte temporale di lungo termine, l’investimento ha una migliore possibilità di crescere, rinforzarsi e contrastare una eventuale discesa del mercato. I dati storici insegnano che i mercati finanziari possono subire anche forti fluttuazioni, ma nel lungo periodo, la tendenza è orientata alla crescita. Occorre rendere il tempo amico, poiché aiuta a rendere possibile realizzare l’obiettivo che vogliamo raggiungere.   Una volta abbattuti questi “ostacoli mentali”, vediamo brevemente le caratteristiche del PAC.   Questo strumento finanziario può essere avviato in qualsiasi momento ed è accessibile a tutti, perché non servono grandi disponibilità finanziarie. E’ possibile iniziare anche con piccole somme (rata mensile 100 euro). Tali somme vengono versate con cadenza regolare – mensile o trimestrale – in modo automatico una volta aperto il Piano. Il vantaggio di questo meccanismo è che azzera l’impatto di scelte d’investimento irrazionali guidate dall’emotività.   L’acquisto mensile o trimestrale delle quote del fondo avverrà ad un prezzo sempre diverso, ovvero compreremo più quote in una fase di ribasso e meno quote in una fase di rialzo. In questo modo l’acquisto delle quote avverrà ad un prezzo medio consentendo un’esperienza di investimento più tranquilla ed evitando il rischio del market timing visto prima. Grazie alla mediazione del costo di acquisto delle quote, il PAC consente una migliore gestione della volatilità nel medio/lungo termine.   Un’ultima osservazione. Con il PAC è importante non perdere mai di vista la ragione per cui si investe – il nostro obiettivo - e operare in un’ottica di lungo termine. Il tempo, in questo caso, diventa nostro amico, perché aiuta a rendere possibile un obiettivo e a gestire la volatilità dell’investimento.  

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