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LA BCE TAGLIA MENTRE LA FED ATTENDE. LA FORBICE DEI TASSI SI ALLARGA.
Scritto il 03.02.2025La settimana delle Banche Centrali non ha riservato sorprese. A fronte di una FED che tiene fermi i tassi e non mostra di aver fretta di tagliarli per il prossimo futuro la BCE opera una riduzione di 0,25% portando il tasso sui depositi al 2,75%. Troppo distanti sono le due economie per ipotizzare un sincronismo nelle loro politiche monetarie. L'eurozona non potrebbe permettersi, in un momento in cui l'economia è in stagnazione (crescita zero nel quarto trimestre 2024) di seguire l'orientamento attendista della FED che ha alle spalle un'economia con una crescita vicina al 3%. E così la forbice dei rendimenti obbligazionari tra le due sponde dell'atlantico si allarga. Le mosse della BCE hanno impattato positivamente su BTP e Bund su tutta la curva mentre i Treasury si sono mossi molto meno. Il movimento dei tassi di mercato non era così scontato: in occasioni di precedenti tagli della BCE i rendimenti si erano mossi in modo contraddittorio con deprezzamenti sulle lunghe scadenze che sono meno sensibili alla politica monetaria. Cosa vi è di diverso stavolta? Le parole di Lagarde sono state state interpretate in modo accomodante e lascerebbero ipotizzare una prosecuzione dei tagli nelle successive riunioni, anche se l'approccio data dependent (confermato) lega le mosse BCE alle variabili macro, in particolare l'inflazione. Occorre anche aggiungere che la politica commerciale statunitense sta andando verso l'introduzione di dazi, anche nei confronti dell'Eurozona; questo elemento presenta un freno alla crescita economica dei paesi che li subiscono; tali misure rappresentano un altro elemento a favore della prosecuzione del percorso di taglio dei tassi da parte della BCE per sostenere l'economia dell' Eurozona stimolando consumi ed investimenti. Il disaccoppiamento delle politiche monetarie potrebbe essere uno dei temi economici prioritari nel 2025. Con un'attenzione anche al mercato valutario: un dollaro troppo forte contribuirebbe ad imbarcare inflazione in Europa facendo lievitare i prezzi delle materie prime importate.
Continua a leggereTitoli di stato americani in difficoltà. Quel segnale che viene dai bond vigilantes.
Scritto il 19.01.2025Dopo aver fallito il cosiddetto Rally di Natale i mercati finanziari hanno iniziato il 2025 in maniera deludente. Nelle prime due settimane a prevalere sono state le preoccupazioni per una risalita dell'inflazione favorita da alcuni aspetti della politica economica di Trump ( in particolare i temi dei dazi e del controllo dell'immigrazione). Questi timori hanno provocato vendite diffuse sui titoli di stato americani con conseguente rialzo dei rendimenti che sul decennale si sono avvicinati alla soglia del 5%. Possiamo constatare che questo fenomeno è avvenuto malgrado la Fed abbia ripetutamente tagliato i tassi: si tratta di una reazione fuori dalla norma che per essere compresa occorre introdurre il termine di bond vigilantes. Di cosa si tratta? Sono gli investitori obbligazionari che richiedendo rendimenti superiori segnalano il loro disappunto nei confronti dell'emittente. In questo caso è chiaro che il malumore deriva dal rischio inflazionistico provocato dalle nuove misure economiche dell'amministrazione Trump. I mercati azionari, pur in assenza di dati macroeconomici negativi, hanno registrato dei ribassi prendendo atto che rendimenti dei bond così elevati - se permangono nel tempo - rappresentano un fattore in grado di riallocare i portafogli in direzione del reddito fisso: abbiamo cioè assistito ad un calo dei bond che ha contagiato le azioni. Negli ultimi giorni questo scenario è nettamente cambiato ed abbiamo assistito ad una ripresa che è stata vigorosa sulle azioni e più sfumata sui bond. Cosa ha provocato questo repentino recupero? Il market driver è stato il dato piuttosto rassicurante dell'inflazione americana del mese di dicembre: si è trattato di uno scampato pericolo proprio nel momento in cui la dinamica dei prezzi torna ad avere un'importanza primaria. Un aiuto è anche arrivato dall'avvio delle trimestrali americane che hanno coinvolto i principali gruppi bancari: qui gli utili sono stati superiori alle attese; inoltre gli orientamenti di Trump in favore della deregolamentazione andrebbero a favorire soprattutto questo settore che vedrebbe in azione gli "animal spirits" in grado di sostenere le quotazioni. Qualcuno si è stupito che il mercato obbligazionario europeo abbia avuto un andamento in linea con i treasury pur in presenza di un quadro di crescita anemica e di inflazione vicina al 2%. In questo caso occorre osservare che la forza del governativo USA è in grado di orientare l'andamenti degli altri mercati dei bond. Il 20 di gennaio Trump si insedierà alla Casa Bianca e vi sarà finalmente chiarezza sulle scelte di politica economica e fiscale della nuova amministrazione. Gli orientamenti sono chiari ma a fare la differenza saranno l'intensità e la tempistica delle misure che verranno intraprese. Queste importanti informazioni saranno così a disposizione degli investitori che avranno così la possibilità di effettuare le loro scelte in modo più consapevole. Non va però dimenticato che un ruolo importante lo avrà la Fed: le sue decisioni di politica monetaria continueranno ad avere una rilevanza fondamentale. Sarà interessante osservare se il ciclo del taglio dei tassi proseguirà oppure se subirà un'interruzione, magari per arginare un'inflazione americana che rialza la testa.
Continua a leggereLA BCE TAGLIA I TASSI MA I BTP NON FESTEGGIANO
Scritto il 16.12.2024La settimana appena conclusa non sarà certo ricordata nella storia dei mercati finanziari: le quotazioni degli indici azionari hanno subito variazioni davvero poco significative ed incapaci di modificare le performance da inizio anno. I due eventi rilevanti - mi riferisco ai dati sull'inflazione americana e alle mosse della BCE - non sono stati in grado di smuovere da un certo torpore le borse, reduci peraltro da una prolungata fase rialzista. Proviamo ad approfondire questi due novità tanto attese. Nel caso dell'inflazione USA si sono confermate le attese degli operatori con un rialzo del dato annuale del 2,7%; il mercato lo ha considerato come uno scampato pericolo in quanto consente alla FED di effettuare un ulteriore taglio dei tassi nella riunione dei prossimi giorni. Per quanto riguarda la Bce, il taglio dei tassi di 0,25% era un evento quasi scontato anche se le cronache narrano che all'interno del Consiglio Direttivo qualcuno ha pensato ad una mossa più coraggiosa (un taglio di 0,50%). In effetti l'Eurozona sta vivendo una fase economica difficile con stime di crescita per i prossimi trimestri inferiori rispetto al sentiero ipotizzato in precedenza, in un contesto in cui l'inflazione non pare rappresentare più un tema di grande preoccupazione. Vi erano pertanto le condizioni per una sforbiciata più ampia in grado di sostenere consumi, investimenti e crescita economica. La BCE, in coerenza con un approccio restrittivo che ha sviluppato nel corso di tutto l'anno, ha fatto una scelta diversa. Vi era anche l'aspettativa di un cambio metodologico per quanto riguarda le future mosse: alcuni economisti puntavano sul ritorno alla pratica degli annunci monetari (quello che viene definita la forward guidance) in cui la Banca Centrale indica un percorso futuro sui tassi di interesse in grado di influenzare i soggetti economici (famiglie ed imprese). Ebbene, questo cambio non è avvenuto e l'approccio "data dependent" è stato confermato. Anche per quanto riguarda la riduzione futura del bilancio della BCE non vi sono indicazioni chiare. L'insieme di questi elementi ha prodotto effetti negativi sul mercato delle obbligazioni europee: i rendimenti sono saliti (questo significa che i prezzi si sono ridimensionati) in particolare sulla parte lunga della curva che sappiamo è poco sensibile alle mosse della Banca Centrale. Anche lo spread tra BTP e Bund si è ampliato, capovolgendo un trend che durava da diverse settimane. Il mercato forse aveva corso troppo scommettendo su un ciclo intenso di tagli in grado di portare il tasso sui depositi anche sotto il 2% entro la fine del 2025. Ora questa prospettiva appare meno scontata anche se sarà in modo prioritario il dato sulla crescita economica ad orientare le future mosse della BCE ed anche il rendimento delle obbligazioni .
Continua a leggereASPETTANDO LE MOSSE DELLA BCE. I BTP BATTONO GLI OAT ED I BUND.
Scritto il 09.12.2024In queste ultime settimane i mercati finanziari hanno visto confermate alcune dinamiche già presenti da inizio novembre. In particolare, rileviamo la forza del mercato azionario americano non accompagnato da un medesimo vigore delle altre borse, comprese quelle europee; sul mercato obbligazionario il discorso pare capovolto con Treasury deboli e bond europei ben comprati anche se con preferenza per la parte breve della curva ( la più sensibile alle mosse delle banche centrali). Alla base di questi movimenti vi sono dati macro molto diversi tra le due sponde dell'Atlantico: là una economia resiliente, un mercato del lavoro robusto e un'inflazione ancora distante dal 2% fanno ipotizzare anche per il 2025 una crescita significativa, qui in Europa invece vi sono segnali di rallentamento, tra cui un indice PMI che si colloca sotto i 50 e con un'inflazione che alcuni analisti vedono nel 2025 addirittura inferiore del 2%. In verità la borsa Usa beneficia anche di un'esuberanza istintiva che Keynes per primo definì "animal spirits" dove l'ottimismo speculativo di breve termine pare prevalere anche rispetto alle prospettive economiche di lungo periodo: la spinta alla deregolamentazione di Trump accresce proprio questo complesso di emozioni. Agli investitori in obbligazioni non sono passate inosservate all'interno dell'eurozona le migliori performance dei BTP rispetto agli OAT francesi ed ai Bund tedeschi. Alla stabilità politica italiana e ad un percorso di riduzione del deficit che pare realistico corrispondono crescenti difficoltà politiche ed economiche a Parigi e a Berlino. Nella prossima riunione del 12 dicembre la BCE, tenendo conto dei vari segnali di rallentamento economico ed in coerenza con un'impostazione restrittiva molto probabilmente effettuerà un ulteriore taglio dei tassi di 0,25%; si tratta di una mossa che potrebbe sostenere gli acquisti di bond nell'eurozona, anche se sarà interessante vedere quali parti della curva dei rendimenti avranno gli impatti più significativi. Chi segue il mercato obbligazionario dovrebbe valutare con attenzione se privilegiare strumenti, come i BTP, che investono in un unico mercato oppure su altri che comprano titoli distribuiti su vari emittenti europei. Al momento la prima scelta sembrerebbe vincente ma occorre sempre tenere a mente che il principio della diversificazione è fondamentale nella costruzione di un portafoglio.
Continua a leggereCOSA RESTA DELL'EFFETTO TRUMP SUI MERCATI FINANZIARI
Scritto il 25.11.2024Sono trascorse oltre due settimane dal voto presidenziale americano e alcune tendenze hanno perso di intensità mentre altre sono persistenti. Qui ci concentreremo soltanto su queste ultime. Maggiore forza dei mercati azionari americani rispetto alle borse europee. Debolezza dei titoli di stato USA che ha provocato un rialzo dei rendimenti, in particolare nella parte lunga della curva. Rafforzamento del dollaro nei confronti delle principali valute internazionali , tra cui l'euro, tanto che il raggiungimento della parità viene considerato un obiettivo raggiungibile. Queste tendenze andranno monitorate nelle prossime settimane, anche perchè saranno in grado incidere sulle performance complessive dei portafogli per il 2024. Vediamo ora quali sono le logiche che stanno muovendo gli investitori in queste direzioni. La politica economica che Trump perseguirà nel suo mandato può essere sintetizzata in quattro pilastri: stimoli fiscali per le imprese americane, imposizione di dazi sulle importazioni, deregolamentazione in alcuni settori economici (tra cui il sistema bancario), controllo dell'immigrazione. Nel complesso questo mix di misure viene considerato in grado di sostenere la crescita economica degli Stati Uniti (e per questo motivo la borsa è ottimista). D'altro canto, si percepisce che alcune di queste misure hanno connotati inflazionistici e che implicano un aumento del deficit pubblico ( questo è il motivo per cui i Treasury hanno perso di valore, sfiorando anche il rendimento del 4,5% sul decennale). In particolare, si può osservare che con un'economia vicina alla piena occupazione uno stimolo fiscale produce più inflazione che aumento della produzione. Gli acquisti sul dollaro riflettono proprio queste ipotesi che vedono forza economica statunitense, rendimenti dei Treasury elevati nel tempo ed una FED riluttante ad avviare/proseguire un ciclo di tagli dei tassi. A questo proposito le recenti parole di Powell che qualcuno ha definito una piroetta indicano che non vi è un'urgenza per i tagli dei tassi, anche se si può escludere una mossa preventiva della FED contro una futura crescita dell'inflazione da tariffe. Occorrerebbe anche parlare dei brutti indicatori economici dell'eurozona (PMI), della divaricazione di rendimento delle obbligazioni tra Usa ed eurozona e di interessanti movimenti sulla parte breve dei titoli di stato europei. Tratterò questi argomenti in un prossimo articolo.
Continua a leggereLE ELEZIONI AMERICANE ED I MERCATI FINANZIARI
Scritto il 06.11.2024Alla vigilia del voto presidenziale americano le principali classi di investimento sono arrivate con stati d'animo diversi. Wall Street continua ad essere ben intonata, sostenuta da un'economia statunitense solida e da trimestrali nel complesso soddisfacenti. Viceversa, i Treasury sono apparsi in affanno: da sette settimane consecutive il loro valore è in calo con un rendimento del decennale che si avvicina alla soglia psicologica del 4,5%. Non è servito a sostenere le quotazioni il taglio dei tassi della Fed a settembre. Sul fronte commodity possiamo osservare un andamento divergente tra oro vicino ai massimi e petrolio che continua a mostrare segni di debolezza. Il dollaro ha registrato ripetuti apprezzamenti ed anche il bitcoin ha quotazioni elevate. Si tratterà di vedere, dopo la netta vittoria di Trump, come reagiranno i mercati finanziari. Si può ipotizzare, almeno nel breve periodo, la prosecuzione del trend rialzista delle azioni americane; l'idea di alleggerimenti fiscali a favore delle aziende può sostenerne gli utili e le quotazioni. Più complesso lo scenario per i bond in quanto il programma economico repubblicano viene visto in grado di ampliare il deficit pubblico ed ha alcuni aspetti inflazionistici. Non si può escludere che la debolezza dei Treasury permanga e che i rendimenti continuino a crescere. Non dobbiamo dimenticare che un altro attore giocherà un ruolo importante questa settimana. Mi riferisco al presidente della Fed Powell che con ogni probabilità opererà una seconda sforbiciata ai tassi ufficiali. Occorrerà ascoltare le sue parole con attenzione per provare a capire se il ciclo dei tagli proseguirà nelle successive riunioni.
Continua a leggereSPREAD BTP-OAT. QUELLA PARTITA CHE PARIGI NON VORREBBE GIOCARE
Scritto il 23.10.2024La scorsa settimana la Bce ha operato il taglio dei tassi. Si è trattato di un "non evento" che in quanto tale non ha prodotto impatti significativi sul settore di investimento più sensibile alla politica monetaria: le quotazioni delle obbligazioni. Più interessante è analizzare le motivazioni che hanno indotto C. Lagarde ad effettuare la manovra. Qui possiamo rilevare una buona ed una cattiva notizia. Risulta certamente positivo il calo dell'inflazione superiore alle precedenti rilevazioni. Allo stesso tempo è negativo aver preso atto di un rallentamento economico più marcato del previsto; anche la debolezza dei consumi viene vista con preoccupazione. Nel frattempo, i nuovi dati sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti mostrano la vitalità di quell'economia: la borsa americana prende atto di questi dati e - complice un avvio delle trimestrali superiore alle attese - tocca nuovi massimi. Appare evidente una crescente divaricazione tra economia statunitense e quella dell'Eurozona che giustifica un diverso andamento delle rispettive borse; i prezzi delle obbligazioni hanno assimilato in maniera solo parziale di questa dinamica; questo significa che i bond europei hanno un maggiore margine di rivalutazione. Possiamo rilevare inoltre che in un'annata finora poco soddisfacente per gli investitori in obbligazioni i BTP hanno ottenuto risultati positivi ( questo significa che i rendimenti sono scesi ) mentre i Bund tedeschi e gli OAT francesi sono attualmente in negativo ( i rendimenti sono aumentati). La Francia appare al momento il paese in maggiore difficoltà per un insieme di motivazioni legate all'instabilità politica e ad un deficit pubblico eccessivo. Sono lontani i tempi in cui l'asse Parigi-Berlino brillava ed i paesi periferici, tra cui l'Italia, subivano attacchi speculativi che gonfiavano lo spread. Ora lo scenario è cambiato e non sono passati inosservati ribilanciamenti di portafoglio da parte di hedge funds che hanno parzialmente sostituito gli OAT con i BTP. Sono, forse, soltanto mosse tattiche ma che potrebbero aprire la strada ad un ulteriore avvicinamento nelle quotazioni tra Btp e OAT che a Parigi non farebbe certo piacere.
Continua a leggereMERCATO OBBLIGAZIONARIO OSTACOLATO DAI PREZZI DEL PETROLIO
Scritto il 07.10.2024I dati americani sul mercato del lavoro usciti venerdì scorso erano molto attesi ed hanno fornito importanti segnali sulla solidità dell'economia statunitense in grado di allontanare lo spettro della recessione ma non del tutto tranquillizzanti sul fronte del controllo dell'inflazione (in particolare i salari orari saliti più del previsto). I mercati hanno preso atto con una certa coerenza di uno scenario parzialmente mutato in cui i futuri tagli dei tassi della FED certamente ci saranno ma forse con una minore intensità ed urgenza. E così le azioni sono salite ma senza troppa euforia; le obbligazioni si sono moderatamente deprezzate ed il dollaro è cresciuto nel confronto delle principali valute internazionali. Occorre rilevare che in questi ultimi giorni una nuova variabile sta assumendo una grande rilevanza. Mi riferisco all'aumento del prezzo del petrolio motivato dalle crescenti tensioni nel Medio Oriente che potrebbero anche comportare una limitazione nell'offerta della materia prima. Questa novità può ostacolare il controllo dell'inflazione ed in tal modo rendere le Banche Centrali più riluttanti nel proseguire il percorso di riduzione dei tassi, procrastinando così un'impostazione restrittiva che frena consumi ed investimenti. Il tema è particolarmente sentito in Europa dove la forte dipendenza energetica si intreccia con una crescita anemica ed una strisciante stagnazione. Il mercato obbligazionario dell'eurozona deve così fronteggiare un importante ostacolo al proseguimento di un trend positivo iniziato in estate e che si è rafforzato man mano che la dinamica inflazionistica andava a ridimensionarsi; soltanto in questi ultimi giorni abbiamo assistito ad un parziale indebolimento dei bond, con conseguente aumento dei rendimenti. In verità vi sono anche forze che vanno in direzione contraria all'aumento del prezzo del petrolio; in particolare vi sarebbe, secondo il Financial Times la volontà di un importante produttore - l'Arabia Saudita - di " abbandonare il suo target non ufficiale di prezzo di 100 dollari al barile, mentre si prepara ad aumentare la produzione". Nel frattempo, in Cina è stato varato un articolato piano a sostegno della crescita economica che presenta caratteristiche keynesiane e che si basa su un mix di allentamento monetario e di stimoli fiscali: il mercato azionario locale ha reagito con violento balzo in avanti che ricorda per intensità la ripresa post covid delle borse occidentali. Si tratta di un segnale importante che può sostenere in particolare i prezzi delle materie prime ma anche alcuni settori dell'economia europea orientati alle esportazioni. Nel complesso si può rilevare che a meno di un mese dalle elezioni presidenziali americane il mercato è alla ricerca di un nuovo equilibrio tra i prezzi di azioni, obbligazioni e materie prime.
Continua a leggereAGOSTO CON MERCATI POSITIVI E CAMBIO DI PROSPETTIVA DELLA FED
Scritto il 02.09.2024" I rischi al rialzo per l'inflazione sono diminuiti, quelli al ribasso per l'occupazione sono aumentati." Con queste parole il presidente della Fed J. Powell il mese scorso a Jackson Hole ha chiuso una fase della politica monetaria e ne ha aperta una nuova. D'ora in avanti, salvo inaspettati colpi di coda del fenomeno inflazionistico, l'attenzione della Fed si concentrerà sull'andamento del mercato del lavoro e dell'occupazione: questi dati saranno la base per orientare le scelte di Powell. Lo scenario macroeconomico dopo la pubblicazione dei buoni dati del pil americano del secondo trimestre sia pur con alcuni segnali di debolezza sul mercato del lavoro, vede prevalere l'ipotesi del soft landing ( rallentamento che non sfocia in una recessione) con l'inflazione che si avvicina al livello del 2%. Non si tratta però di un percorso automatico in quanto molto dipenderà proprio dal comportamento della Fed: un ritardo o un'eccessiva lentezza nei tagli dei tassi potrebbe aumentare il rischio di recessione mentre un eccesso di espansione monetaria impedirebbe di portare a termine il rientro dell'inflazione, dando l'impressione di un lavoro non completato. Detto ciò, i mercati ad agosto hanno fatto bene, con molti indici azionari a ridosso dei massimi; le obbligazioni hanno visto un moderato rialzo e sono state un fattore di decorrelazione rispetto all'azionario. Ha stupito l'andamento del dollaro in quanto non ha svolto il tradizionale ruolo di protezione nella fase ribassista delle borse (prima settimana di agosto). Nel mese di settembre assisteremo - salvo sorprese - al taglio dei tassi da parte della Fed e della Bce. Ma i mercati già guardano più avanti: venerdì prossimo saranno comunicati gli aggiornamenti mensili sul mercato del lavoro da cui ottenere preziose informazioni su questo cruciale aspetto.
Continua a leggereMercati azionari volatili: alla ricerca di porti sicuri
Scritto il 14.08.2024In queste prime settimane di agosto abbiamo assistito ad una forte instabilità dei mercati azionari internazionali. Le cause sono state i cattivi dati sul mercato del lavoro statunitense, il cambio della politica monetaria giapponese e alcune trimestrali di società tecnologiche inferiori delle attese. Anche la rarefazione degli scambi tipica del mese di agosto ha avuto una rilevanza. Nessuno di questi fattori preso individualmente avrebbe potuto provocare lo scivolone delle borse ma tutti assieme hanno avuto un impatto dirompente. In verità in questi ultimi giorni, complice un calo della volatilità, le quotazioni delle azioni hanno visto un graduale recupero. I portafogli bilanciati mediamente hanno avuto cali inferiori rispetto a precedenti momenti di difficoltà sui mercati. Cosa ha frenato questa perdita di valore? Il fattore positivo è stato rappresentato dall'opposto andamento tra obbligazioni e azioni (decorrelazione). Non era questa una reazione certa visto che negli ultimi due anni, complice la fiammata inflazionistica e la conseguente restrizione monetaria delle Banche Centrali, azioni e bond hanno avuto nel bene e nel male andamenti spesso allineati. Per la verità non tutte le tipologie di obbligazioni hanno svolto un ruolo difensivo; ad esempio i titoli corporate e high yield, tradizionalmente più legati al ciclo economico, hanno avuto un andamento più in linea con le azioni. Nemmeno titoli governativi periferici dell'eurozona, come ad esempio i BTP (che pure stanno avendo da alcuni mesi quotazioni in crescita) hanno assolto in modo completo il ruolo di decorrelatori del portafoglio. La scelta si è ristretta sui due strumenti che hanno avuto un andamento opposto rispetto agli scivoloni delle azioni: i Treasury statunitensi ed i Bund tedeschi. In questa tempesta d'agosto soltanto loro hanno svolto in pieno il ruolo di porti sicuri.
Continua a leggereL'inflazione americana ed il suo impatto sui mercati
Scritto il 11.07.2024Oggi sono usciti i dati sull'inflazione negli Stati Uniti. Vi erano forti attese da parte degli operatori su questi numeri considerati dei market mover, in grado di condizionare le quotazioni delle diverse categorie di investimento. I dati sono risultati migliori delle attese: i prezzi sono saliti del 3% e su base mensile sono calati dello 0,1%. Si tratta di un piccolo ma importante passo nella direzione del raggiungimento di quel 2% che è l'obiettivo della FED. Ora gli operatori sono fiduciosi che a settembre Powell avvierà il taglio dei tassi, come ha già fatto la Bce a giugno. Tra le categorie di investimento occorrerà tenere sotto osservazione in particolare i titoli di stato USA che sono sensibili ai tassi della FED. Sarà importante anche vedere l'inclinazione della curva dei tassi sulle varie scadenze: l'ipotesi di un irripidimento della curva va presa in considerazione. Sappiamo che la centralità dei titoli di stato americani avrà un impatto importante sulle obbligazioni europee. Un calo dei rendimenti dei treasury farebbe bene ai bond europei che in queste settimane hanno sofferto per le incertezze politiche francesi. Sul mercato azionario gli impatti potrebbero essere più circoscritti in quanto qui pare più significativo il quadro macro in cui primeggia la forza della crescita economica ed il trend degli utili aziendali. Dobbiamo però rilevare che all'interno dell'indice azionario vi sono settori più sensibili al calo dei tassi e quindi non si può escludere una rotazione dei portafogli a favore di aziende di piccola e media capitalizzazione che finora non hanno partecipato al grande rialzo di borsa. Dal punto di vista valutario la forza del dollaro nel confronto dell'euro e delle principali valute internazionali potrebbe attenuarsi.
Continua a leggereBCE E VOTO EUROPEO DELUDONO GLI INVESTITORI
Scritto il 24.06.2024Nelle prime settimane del mese di giugno gli investitori hanno subito una doppia delusione: le mosse della BCE e l'esito delle elezioni europee. La BCE non convince. Il taglio dei tassi più "telefonato" della storia della BCE non ha prodotto gli effetti da molti attesi. Di norma una limatura del tasso di sconto produce un immediato calo dei rendimenti nella parte breve delle obbligazioni governative dell'area economica coinvolta che in seguito si trasmette anche sulle lunghe scadenze. Non è successo nulla di tutto ciò, anzi i rendimenti sono moderatamente aumentati. Cosa è andato storto? Gli investitori hanno appreso da Lagarde che non si è avviato un ciclo espansivo di politica monetaria ma i prossimi tagli saranno condizionati dai dati inflazionistici che al momento non sono ancora soddisfacenti. In sostanza siamo ancora in un territorio restrittivo, con tassi reali positivi e con una Banca centrale che riduce i reinvestimenti dei titoli di stato in scadenza. Il voto europeo Si è trattato di un terremoto politico che ha colpito i due paesi più importanti che spesso sono stati il motore degli avanzamenti dell'integrazione europea: la Francia e la Germania. Il caso francese desta le maggiori preoccupazioni per il rischio di instabilità politica che potrebbe emergere dopo il doppio turno delle elezioni che sono in programma nelle prossime settimane. I mercati hanno preso atto di queste novità ed hanno reagito penalizzando le borse europee, in particolare con forti vendite sui titoli bancari. Dal punto di vista dei titoli di stato abbiamo assistito ad un aumento dello spread tra i bund tedeschi e gli analoghi titoli italiani spagnoli ed anche francesi. I bund sono stati in tal modo considerati difensivi, anche se la situazione politica ed economica tedesca è tutt'altro che ottimale. Per la verità non hanno nemmeno aiutato i mercati europei le ultime indicazioni della FED che ha mostrato una maggiore riluttanza ad avviare il taglio dei tassi in America; questo fatto ha provocato spostamenti di capitali verso gli Stati Uniti con indebolimento dell'euro e a tutto vantaggio dei titoli azionari, con preferenza per il settore dell'intelligenza artificiale. Nel marzo dello scorso anno abbiamo assistito ad un analogo e repentino calo dei mercati provocato dalla crisi di alcune banche regionali statunitensi. Il fenomeno è rientrato rapidamente ed ha rappresentato un'occasione di acquisto interessante. La situazione oggi è molto diversa ma il contesto macro (ripresa economica in Europa) e micro ( utili aziendali elevati) induce ad avere atteggiamenti razionali e non guidati dall'emotività.
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