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LA VIA DELLA SETA DEL TERZO MILLENNIO PERCORRIBILE DAGLI INVESTITORI

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 12.12.2018

Da FinalciaLounge: "Nei mercati finanziari spaventati dalla guerra dei dazi in atto tra Usa e Cina si finisce per dimenticare un colossale progetto cinese che va nella direzione opposta all'anti-globalismo e al protezionismo: la via della Seta. L'iniziativa, annunciata nel 2013 dal presidente della Cina, Xi Jinping, prende il nome, in realtà coniato solo nel 1877 dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen, dell'insieme dei percorsi carovanieri e di rotte marittime che consentivano il commercio della seta e di spezie dalla Cina fino al mondo arabo e al bacino del Mediterraneo, già a partire dal primo secolo prima di Cristo. BELT AND ROAD INITIATIVE: la nuova via della seta. La nuova via della seta, inizialmente chiamata One Belt and One Road, ora Belt and Road Initiative, è una rete di ferrovie, strade, rotte e pipeline che collegherà Asia, Europa ed Africa lungo cinque percorsi. La Silk Road Economic Belt, la via della seta terrestre, collegherà la Cina all'Europa, al Medio Oriente e al Sud Est Asiatico, Asia del Sud e Oceano Indiano. La 21st Century Marittime Silk Road, la via della seta marittima del ventunesimo secolo, collegherà i porti della Cina con l'Europa, attraverso Mar Cinese meridionale e Oceano Indiano, e con il Pacifico meridionale. Il progetto mira a costruire sei "corridoi economici"; il New Eurasia Land Bridge, ad esempio, è la linea ferroviaria che unirà la città di Lianyungang nella provincia dello Jiangsu a Rotterdam, Olanda, attraverso Kazakhistan, Russia, Bielorussia e Polonia. E' utile alla crescita della Cina, ma anche per estendere la sua influenza. La nuova via della seta non è solo un grande progetto infrastrutturale, gli investimenti sinora effettuati superano i 1.000 miliardi di dollari e sono stati creati 180mila nuovi posti di lavoro, il governo cinese, che ha inserito la BRI nella costituzione, ha indicato i cinque principali obiettivi di questa iniziativa nel coordinamento delle politiche, la connettività delle infrastrutture, un commercio senza ostacoli, l'integrazione finanziaria e i legami tra i popoli. Non mancano, tuttavia, i critici. Per molti è un'operazione che, oltre a sostenere la crescita economica cinese, ha lo scopo di creare una sfera di influenza politica sui paesi emergenti dell'Asia, è indicativo che al primo posto tra le priorità compaia il coordinamento delle politiche. L'impatto della Silk Belt and Road su economie e mercati: quando i paesi emergenti e di frontiera disporranno di valide infrastrutture e saranno aperti agli scambi con la Cina, ma anche con le altre nazioni presenti in ciascun corridoio, la loro crescita economica non potrà che trarne giovamento; si ritiene anche che buone infrastrutture attirino maggiori finanziamenti che stimoleranno ulteriormente la crescita in un processo virtuoso che dovrebbe portare, grazie alla maggiore ricchezza, anche a una migliore stabilità sociale. C'è da considerare, poi, che per contrastare in qualche modo le mire geopolitiche cinesi, anche Stati Uniti, Regno Unito e Giappone hanno deciso di aumentare i loro investimenti diretti nella regione: gli USA, ad esempio, si sono impegnati ad investire 113milioni di dollari in nuove tecnologie, energia e infrastrutture nei paesi asiatici emergenti e 350milioni in Mongolia per sviluppare nuove fonti idriche."

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RECUPERARE LE "MINUS" CON I CERTIFICATES

Scritto il 03.12.2018

Plus24 di Andrea Gennai: "Un'efficace strategia di investimento deve prendere in considerazione, oltre all'asset allocation, anche l'aspetto fiscale. La legislazione prevede che fondi comuni ed Etf producano redditi da capitale non compensabili, quindi per recuperare eventuali perdite fiscali sul deposito titoli bisogna utilizzare strumenti che producano "redditi diversi". Tra questi i certificati di investimento appaiono una soluzione in quanto strumenti che generano sempre e solo redditi diversi. "Può risultare attraente, spiega Andrea Zanella, consulente finanziario autonomo, proprio per questo motivo, al posto di utilizzare un tradizionale fondo comune o un Etf, acquistare un certificato che segua il medesimo mercato o benchmark. In caso di guadagno la plusvalenza si compenserà con le eventuali minus presenti sul deposito e non si pagneranno tasse". Questo primo approccio risponde ad una strategia di medio e lungo termine (non bisogna dimenticare che i certificati sono derivati con un potenziale rischio emittente). Ma per chi ha tempi stretti per recuperare le "minus", perchè i termini di recupero stanno per scadere, l'industria finanziaria è scesa in campo con strumenti ad hoc. La compensazione infatti può avvenire fino al quarto anno successivo alla perdita, quindi fino al 31 dicembre 2018 si possono compensare tutte le minus realizzate nel 2014 . Per agevolare il recupero delle minus sono stati emessi una serie di certificati di investimento che pagano entro fine anno una cedola molto elevata, nell'ordine del 15 - 20%. "Naturalmente, continua Zanella, dopo aver staccato questa cedola lo strumento si deprezza di circa la stessa percentuale, quindi ad esempio, uno strumento acquistato a 100 dopo lo stacco del "cedolone" del 20% quoterà circa 80. Il vantaggio è che con questa cedola posso compensare le minusvalenze 2014 che altrimenti andrebbero perse. E' logico che vendendo poi (meglio ad inizio del nuovo anno) il certificato a 80 si realizza una perdita che si potrà compensare nei successivi 4 anni, più la frazione di anno in corso." La logica dell'operazione è proprio quella di riuscire a conservare la minusvalenza per il futuro. Bisogna però fare molta attenzione a come il proprio intermediario applica la tassazione. "Esistono infatti banche, continua Zanella, che effettuano le compensazioni solo alla vendita del titolo o alla sua scadenza naturale. La maggior parte degli istituti di credito, invece, effettua la compensazione subito, allo stacco della cedola." I risparmiatori che volessero sfruttare questa opportunità o sono investitori particolarmente competenti, visto che la materia è molto complessa, oppure è preferibile che si rivolgano ad un esperto per scegliere la formula più adatta." 

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QUANDO CONSIGLIARE AL CLIENTE SE ACCETTARE O RINUNCIARE ALL'EREDITA'

Scritto il 28.11.2018

A cura dell'avv. patrimonialista Massimo Perini:" In un'ottica di corretta e prudente pianificazione patrimoniale, si rivela prezioso e fondamentale il contributo del consulente nello studio della proiezione successoria della ricchezza del cliente. Può anche accadere, però, che il consulente si trovi a dover affiancare il proprio cliente non nella gestione del proprio passaggio generazionale, ma nella valutazione circa gli effetti sul suo patrimonio riconducubili ad una chiamata all'altrui eredità. Come noto, la chiamata all'eredità, sia essa per legge o per testamento, produce effetti patrimoniali sin dal momento della sua accettazione. Il dubbio, quindi, spesso risiede proprio sull'opportunità o meno di accettare l'eredità, nonchè sulle relative modalità tecnico-operative della relativa scelta. Per comprendere l'importanza e la delicatezza del tema, infatti, è sufficiente ricordare che l'erede può essere chiamato a rispondere personalmente dei debiti ereditari, con il proprio patrimonio, anche oltre a quanto ricevuto per successione. Proprio per tale motivo, il nostro Legislatore ha previsto varie forme di tutela del chiamato, offrendo due potenziali "porte" da poter aprire. Anzitutto, però, se da una parte è vero che il termine è lungo e comodo, occorre anche tener presente che chiunque ne sia interessato (vedi per es. un creditore) può far fissare dal giudice un termine più breve al chiamato entro il quale accettare o meno. La strada dell'accettazione: In questo caso l'insidia sta nella possibilità di accettare un passivo che supera l'attivo. Inoltre l'accettazione, oltre che "formale", ossia per atto ricevuto da notaio o dal cancelliere del tribunale, può essere pure "tacita". Cosa significa? Semplice, significa che il chiamato, entro il termine decennale previsto per la rinuncia o l'accettazione, ha tenuto un comportamento che la legge ritiene incompatibile con la volontà di non accettare. Qualche esempio? Disporre di beni ereditari, pagare debiti ereditari, avere il possesso dei beni ereditari e non farli inventariare entro tre mesi dall'apertura della successione. Superata la seconda insidia ovvero quella dell'accettazione tacita, bisogna saper distinguere tra l'accettazione pura e semplice e quella con beneficio d'inventario. La prima ha quale effetto immediato il subentro dell'erede nella posizione del de cuius e, quindi, la possibilità di vedere "mescolata" la posizione patrimoniale di quest'ultimo con la propria e, pertanto, il rischio di dover eventualmente rispondere dei debiti ereditari con proprio patrimonio ben oltre quanto ricevuto. Per evitare di "rimanerci dentro", il nostro ordinamento ci offre uno strumento ad hoc: l'accettazione con beneficio d'inventario. Questa consente di accettare l'eredità e, quindi, di divenire erede, limitandone, però, l'impatto patrimoniale personale solo a quanto ricevuto. Ciò significa che, nella peggiore delle ipotesi, dovrò pagare debiti ereditari per una somma corrispondente a quanto effettivamente ricevuto, e non oltre con il mio patrimonio. Si può fare dal notaio o dal cancelliere del tribunale. La strada alternativa della rinuncia: e se invece la situazione ereditaria è tale da non volerla nemmeno prendere in considerazione, come si dovrà procedere? Occorre rinunciare. Attenzione, però, che mentre l'accettazione può essere o tacita o formale, una valida rinuncia non può mai essere tacita. Essa, infatti, consegue sempre e solo ad un atto formale, ossia ricevuto da notaio o cancelliere del tribunale. Alla luce di quanto sopra, quindi, mi pare evidente che il tema "successione" non vada inquadrato dal consulente solo in un'ottica di proiezione del patrimonio del cliente nel futuro, ma anche in un'ottica di tutela rispetto ad aggressioni patrimoniali di terzi."

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ITALIANI E OBBLIGAZIONI,UNA STORIA D'AMORE (IN)FINITA

Scritto il 24.11.2018

Di Andrea Rocco: "In queste settimane sto incontrando centinaia di risparmiatori in tutta Italia. Li trovo molto spaventati per quanto sta accadendo in generale a ciò che hanno sempre considerato - a torto - privo di rischio: le obbligazioni. Il punto, a mio parere, è molto semplice: gli italiani si stanno accorgendo che anche le obbligazioni hanno un prezzo. Per decenni hanno fatto il pieno di due tipi di bond: titoli di stato e obbligazioni della banca sotto casa. In entrambi i casi, compravano il tasso. "Dimmi quando incasso gli interessi e quando scade l'investimento". Nessuno si è mai preoccupato di cosa accadesse al prezzo del titolo durante la sua vita. Tanto a scadenza valeva 100. Adesso non è più così. I BTP "non sono più quelli di una volta" e le banche hanno (quasi) smesso di emettere debito. Quindi, c'è un problema: addio a cedola fissa e scadenza certa (ancoraggi psicologici fortissimi), e l'attenzione che automaticamente si sposta sulle quotazioni di breve termine. Nel quale, in uno scenario rialzista dei tassi, i problemi sono assicurati: le trappole emotive presentano un conto salato. Ai risparmiatori provo a dirla così. Nella speranza di aiutarli a ragionare con la testa , piuttosto che con la pancia. 1) Rendimenti e prezzi si muovono in continuazione. Da sempre. Tra di loro c'è una relazione inversa. I tassi ad esempio possono aumentare perchè l'economia nel suo complesso va meglio (colesterolo buono), ovvero perchè il rischio percepito su alcuni debitori sta aumentando (colesterolo cattivo). L'effetto tuttavia è lo stesso: rendimenti sù, prezzi giù. Tanto più tempo manca alla scadenza, tanto più questa relazione è accentuata. 2) Oltre ai tassi ci sono le valute. Se ti compri un'obbligazione al 10% in lire turche, ma nel frattempo quest'ultima perde il 50% contro euro, ti fai male. 3) Rischio tasso (colesterolo buono), rischio emittente (colesterolo cattivo) e rischio di cambio si stanno presentando tutti insieme, appassionatamente. Con ovvie pressioni sui prezzi e sull'equilibrio psicologico di chi investe. Se la tua sicurezza finanziaria è strettamente legata ad uno di questi rischi, hai un problema. Non puoi permetterti di avere in portafoglio la massima concentrazione di: - titoli a 50 anni, ignorando il rischio tasso, - titoli di un solo debitore, ignorando il rischio emittente, - titoli in valute volatili, ignorando il rischio di cambio. Ricorda però che ogni fattore di rischio è generatore di rendimento. Quindi, se il tuo portafoglio è diversificato e questi ingredienti sono correttamente mixati, devi fare esattamente quello che facevi quando correvi a comprarti BTP e obbligazioni bancarie come se non ci fosse un domani. Primo, rispettare i corretti orizzonti temporali. Secondo, non perdere la calma. Terzo, ricordare che i mercati (non i singoli titoli) nel lungo periodo sono ciclici, resilienti e prevedibili. Infine, esultare. Se fai quanto sopra, il rendimento arriva. Garantito."

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PASSARE DAL "CHE TASSO MI DAI" AL FINANCIAL PLANNING E' RILASSANTE. UN GIORNO CE LA FAREMO.

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 23.11.2018

Di Andrea Rocco: " Non si fidano dei Fondi Pensione, ma per i contributi versati all'Inps tutto bene, i miliardi di buco sono dettagli. Vi dicono che non hanno 100 euro al mese da mettere via, ma guai a toccargli l'abbonamento Sky. Le assicurazioni son soldi buttati, porti sfiga, poi l'anno scorso in 7 milioni si indebitano per curarsi. Non dormono quando perdono lo ZeroVirgola sui fondi, ma bonificano con fierezza per guadagnare il 10% sicuro col Forex. Quando il Price/Earning degli indici va a 10 "è meglio lasciarli in conto", ma per il BlackFriday scattano come Fantozzi e Filini per la timbratura di uscita. Di pianificare il passaggio generazionale non se ne parla, per poi svegliarsi con "la polizza impignorabile" quando trovano l'avviso dell'Agenzia delle Entrate in cassetta postale. E' dura ma ce la faremo. Soffrendo meno di Aldo, possibilmente."

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LA VERA SCOMMESSA E' CAPIRE I NUOVO BISOGNI DELLE PERSONE

Scritto il 20.11.2018

Di Francesco Alberoni: "Alla base della produzione e del mercato ci sono tre idee semplici ma fondamentali. Tu devi produrre prodotti che servono ad un certo pubblico in una certa epoca. Zappe, erpici, aratri, sementi per i contadini, libri, matite, penne, quaderni per gli studenti. Questi prodotti devono essere in vendita e disponibili con facilità. E' per questo che la grande distribuzione prevale sulla piccola. Nei centri commerciali trovi con facilità quello che dovresti cercare in tanti negozi. Il terzo principio dice che il consumatore compera un prodotto per risolvere un suo problema personale e gli devi dare ciò che gli serve per quello scopo. Non basta vendergli l'automobile, bisogna che ci siano le scuole guida, che le case produttrici abbiano i pezzi di ricambio, in sostanza l'assistenza. E' questo lo sterminato campo dove tutta l'economia italiana è carente. Incominciando dal punto vendita dove, risparmiando personale alle casse, fai aspettare il cliente che, irritato coprerà da Internet che glielo porta a casa. Per di più in certi campi, come i computer e i cellulari, i produttori continuano ad innovare e il consumatore perde un tempo sterminato per reimparare ad usare l'oggetto. Ci sono centinaia di migliaia di giovani disoccupati che in breve tempo, in apposite scuole tecniche, potrebbero imparare ad assistere coloro che hanno bisogno. Cosa che capita a quasi tutte le persone dopo i 50 anni. Non occorrono alte conoscenze teoriche, ma saper capire il problema che ti pone il cliente e risolverglielo. Come l'idraulico a cui il cliente dice "questo rubinetto non funziona" e tu devi solo farglielo funzionare. E lo stesso vale per l'elettricista, per l'infermiere. Un servizio che dovrebbe essere organizzato come un radio taxi in cui dici di cosa hai bisogno e loro ti mandano subito uno che lo sa fare. Fondamentale in questo campo è il linguaggio. Nel vecchio negozio il consumatore spiegava ciò di cui aveva bisogno e il bravo negoziante cercava di risolvere il suo problema. Nel negozio moderno spesso commesso e cliente parlano linguaggi diversi e si pensa che basti la scheda, il simbolo, il clic. Ma non è vero. Alla fine vincerà chi capirà il cliente e gli darà ciò che gli serve. Gli altri verranno sconfitti." Ho voluto riportare questo articolo di Alberoni, che all'apparenza non ha nulla a che fare con gli argomenti trattati in questa Community, perchè mi ha molto colpito come, con una semplicità disarmante, è andato al nocciolo della questione. Riuscire a capirci (comunicazione da adattare alla persona che hai di fronte) e riuscire a capire e, di conseguenza, dare quello di cui ha bisogno il cliente. Sembra ovvio ma non lo è. E' quello che da anni sto cercando di fare quando presto consulenza finanziaria e patrimoniale, anche se non sempre ci riesco (nessuno è perfetto ma ho ampi margini di miglioramento). Una cosa è sicura, che se riuscirò a farlo, il cliente sarà con me per sempre (anche se ormai per sempre è una parola superata). Ho voluto dunque condividere l'essenza della mia professione.  

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LETTERA APERTA AI CLIENTI

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 11.11.2018

Di Anna Baldassarri:" Parlando con i miei colleghi diciamo sempre come sarebbe bello lavorare in America o in Inghilterra, Paesi con una educazione finanziaria di lunga data, tutt'ora inesistente da noi. Sapete perchè? L'italiano "tipo" infatti si aspetta un elevato e costante rendimento dai suoi investimenti, assolutamente senza rischio. Non ridete, è proprio così. Il primo dogma: ad ogni rendimento si associa un livello di rischio ben maggiore, è assolutamente ignorato. In sostanza se vogliamo guadagnare 2% dovrò accettare - più o meno - sbalzi di prezzo del 6%: la realtà è questa; e più si sale con il rendimento atteso più la volatilità aumenterà in modo più che proporzionale. Come si valuta un buon investimento? Da che oscillazioni ha per raggiungere un certo risultato. Esempio: il Btp a 10 anni, oggi ha un rendimento di poco superiore al 3%, ma ha una volatilità del 15%, non è certo un esempio di efficienza, se si pensa che a 10 anni le aspettative di rendimento di una linea prudente 30% azionario+70% obbligazionario sono molto simili. ma con volatilità 5-7%, cioè si ottiene lo stesso risultato con metà rischio. Non solo: secondo voi è più sicuro avere un solo titolo di un solo Paese, o avere una quantità incredibile - dell'ordine di molte centinaia - di titoli di tipologie diverse, in tutti i Paesi del mondo, gestita attivamente con continui scambi? Personalmente non ho dubbi. Si comincia a capire che l'educazione finanziaria deve partire da alcuni concetti base: quello del rapporto rischio/rendimento, che deve far sì che le aspettative siano realistiche, per non incappare in inevitabili delusioni è sicuramente il primo. Un'altra notizia base da tenere sempre presente è la differenza tra rischio inteso come variazioni di prezzo e il pericolo di perdere i propri soldi in investimenti sbagliati: azioni/obbligazioni di banche, società o paesi che falliscono. A parte i casi famosi di Parmalat, Cirio, Argentina, Monte Paschi - non dimentichiamo che questa banca non ha rimborsato le obbligazioni nè pagato le cedole due anni fa - delle banche venete e Lehman Brothers, non tutti sanno che un paese che rappresenta il top della sicurezza come la Germania, negli ultimi 100 anni è fallita ben 4 volte, per cui l'imprevisto è sempre dietro l'angolo. La diversificazione ci salva anche da questo pericolo, in assoluto il più drammatico, e ci fa capire che è molto meno rischioso un portafoglio con le sue oscillazioni piuttosto che un'obbligazione che non verrà mai rimborsata perchè l'emittente fallisce. Dicevo all'inizio che sarebbe molto bello lavorare in Paesi con una cultura finanziaria radicata, in cui incrementare le posizioni azionarie sui minimi è prassi comune, noi siamo ancora alle prese con l'ansia dei clienti che quando i prezzi calano vorrebbero diminuire la già modesta percentuale di azionario presente nei loro portafogli. Questo è il comportamento peggiore in assoluto, più dannoso: chiaro che se si vende sui minimi si perdono soldi! Ci tocca quasi giustificarci per l'andamento dei mercati, come se dipendesse da noi. Non esiste "indovinare" il momento di uscire o entrare dagli investimenti: vanno fatti quando si hanno i soldi e lasciati fermi, incuranti dell'andamento dei mercati; vanno modificati solo se cambiano le nostre esigenze. Le correzzioni sono da mettere in conto quando si fa un portafoglio , perchè è normale che si ripresentino periodicamente; non è possibile invece indovinare quando succederà. Vent'anni fa i clienti si arrabbiavano quando i mercati scendevano, dicendo che dovevamo avvisarli che sarebbero scesi. Incredibile ma vero: un consulente doveva indovinare il futuro! Si chiedeva una sola cosa: guadagnare il più possibile, senza tener conto, o forse senza essere consapevoli dei rischi che correvano. Ma far guadagnare il più possibile non è il primo must, bisogna prima di tutto non esporsi a pericoli! Nel periodo delle obbligazioni argentine, mi veniva rinfacciato che con me guadagnavano molto meno che con questi super bond che avevano comperato in banca. Che fatica spiegare che in certi periodi per guadagnare ci si devono assumere dei rischi che un consulente serio non farebbe mai correre ai clienti. Da qui si comincia a capire cosa è giusto/non è giusto aspettarsi da un bravo consulente: No - predire il futuro, cioè sapere cosa faranno i mercati. Quindi un consulente non è un cretino se non "indovina" come andranno le cose. No - ottenere rendimenti costanti: ci sono anni buoni e anni negativi, non è colpa di nessuno, e non c'è niente da fare. No - ottenere rendimenti senza volatilità (NB non pericoli, ma semplici sbalzi di prezzo), perchè non esiste un solo bene che mantenga stabilmente il valore nel tempo: oro, immobili, ecc. ce lo insegnano. Sì - serietà e prudenza nelle scelte, quindi massima diversificazione che fa sì che non si corra nessun rischio legato a fallimenti di emittenti, banche, ecc. Sì - protezione del rischio paese: investimenti in Lussemburdo, Irlanda, Svizzera. Si - un rapporto rischio/rendimento di lungo periodo realistico e concordato (5-7% linea prudente, 7-11% linea moderata). Sì - una attenta pianificazione successoria. Sì - una disponibilità rapida nel fornire risposte alle richieste del cliente. Sì - un supporto nei momenti difficili."

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QUANDO TI SPIEGANO COME FUNZIONA IL CONTRIBUTIVO E TU SEI ANCORA SENZA FONDO PENSIONE

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  • PIP Piani Individuali Pensionistici
Scritto il 08.11.2018

Di Andrea Rocco:" Carlo sente dire in giro che prenderà una pensione da fame. Eppure vede quella di suo padre, Giovanni, non è per niente male. Carlo si rivolge al suo nuovo consulente finanziario, Marco, che gli spiega come funziona. Carlo capisce che: 1) la pensione di suo padre è retributiva: è calcolata solo sul reddito degli ultimi anni di lavoro. In pratica, se hai tirato a campare per 30 anni e negli ultimi hai preso qualche soldo in più, ti sei meritato una bella pensione. Fino all'80% del tuo ultimo stipendio. 2) la sua, di pensione, è contributiva: è calcolata sul reddito guadagnato durante tutta la carriera. Carlo pensa a quando ha iniziato a lavorare. Un bel contratto di un anno, ma poi sei mesi a casa. Un bel lavoro da barista con un centone a sera, ma in nero. Di colpo capisce che saranno dolori, per la sua pensione. Carlo è intelligente. Sii come Carlo."

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IL BIAS DEL ...SOTTOCOSTO - I JEANS IN SALDO SI COMPRANO, I MERCATI IN SALDO SI VENDONO

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 31.10.2018

Di Ecomatica: "Gli studi di Finanza Comportamentale ci insegnano ormai da molti anni tutta l'incoerenza e l'irrazionalità di cui siamo capaci. Tra le tante trappole mentali che ci attanagliano, l'esperienza ci suggerisce di coniarne una nuova: il bias del sottocosto. Mentre nella vita di ogni giorno cerchiamo con attenzione imperdibili offerte per comprare ciò che desideriamo a prezzi di favore, in Borsa facciamo l'esatto contrario: quando ci sono tutti gli ingredienti per fare shopping in saldo, temiamo ci sia la fregatura e ce ne allontaniamo. Un esempio molto attuale riguarda i bond emergenti, vediamo di capire perchè. Anzitutto, una prima considerazione: quando si ha a che fare con economie in via di sviluppo, è normale vivere periodiche fasi di assestamento in cui la volatilità alza la voce con maggiore persistenza e vigore rispetto a quanto avviene in economie più mature. L'ultima volta in cui abbiamo assistito a movimenti simili risale al 2013, quando la Federal Reserve annunciò l'uscita dalle misure di allentamento monetario. Allo stesso modo, da qualche tempo ci sono nuovi detonatori ad accendere la miccia del rischio; tra questi possiamo annoverare il rafforzamento del dollaro americano, che penalizza il debito in valuta contratto da molti di questi Paesi, e tensioni interne di vario tipo in alcuni di essi. In generale, quando si investe, la lucidità è determinante: saper guardare ai fondamentali di un asset finanziario durante le fasi di più accentuata vulnerabilità rappresente una virtù in grado di restituire grandi rendimenti. Pertanto, se ci soffermiamo sui fondamentali, quali considerazioni possiamo avanzare in merito alle obbligazioni emergenti? Come noto, l'obbligazionario è un prestito: chi intende concederlo, dunque, dovrebbe avere la ragionevole aspettativa che la controparte sarà solvibile alla scadenza del debito. Naturalmente questa certezza non esiste, tuttavia è possibile monitorare alcuni fattori che consentono di prendere decisioni più consapevoli. Uno di questi è rappresentato dal livello di indebitamento e dalla ricchezza che quel debitore produce: se guardiamo agli emittenti energenti sovrani troviamo al contempo, in media, ritmi di crescita più alti e livelli di indebitamento più bassi rispetto a quanto riscontrabile in molte economie sviluppate. A fronte di questa situazione, le riduzioni di prezzo sofferte negli ultimi mesi disegnano uno scenario quanto meno interessante: l'indice JPM sul debito emergente in valuta locale ha raggiunto un livello di rendimento a scadenza del 7%, con durata finanziaria di circa 5 anni. Inoltre, secondo un recente studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT), il debito emergente è un asset che latita ancora troppo nei benchmark obbligazionari mondiali e che, al contrario, andrebbe maggiormente tenuto in considerazione. Secondo tale indagine, in un contesto globale di rialzo dei tassi, sarebbe opportuno che gli investitori detenessero un'allocazione compresa tra l'8% ed il 35% a seconda del profilo di rischio, in quanto la riduzione dei corsi obbligazionari dovuta al rischio tasso sarebbe ampiamente conpensata dall'elevato flusso cedolare che i bond enercenti corrispondono. Naturalmente, i fattori di rischio non mancano. E' per questo che è indispensabile operare su questi mercati solo attraverso posizioni altamente diversificate. Non è mai eccessivo ricordare che la resilienza caratterizza i mercati finanziari, i quali si muovono sempre per cicli confermando nel tempo il fenomeno di regressione verso la media, ma non i singoli titoli: evitare pertanto scommesse su specifici emittenti e valute è un imperativo imprescindibile. Resilienza dei mercati e pazienza nell'aspettarla da parte di chi investe: è sufficiente questa consapevolezza per fare affari quando in tanti, al contrario, si fanno prendere dal panico e perdono soldi."

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STRUMENTI DI TUTELA PATRIMONIALE, I TRE MESSAGGI DA DARE AL CLIENTE

Scritto il 26.10.2018

A cura dell'avvocato Massimo Perini: "Una consulenza evoluta implica necessariamente un rapporto professionista-cliente diretto alla elaborazione e condivisione di progetti e stategie patrimoniali. In tale contesto, l'aspetto della tutela patrimoniale riveste un ruolo chiave. A questo scopo, però diventa determinante la corretta informazione al cliente. GLI STRUMENTI DI TUTELA PATRIMONIALE. Quando si parla di strumenti e strategie di tutela patrimoniale deve essere chiaro che il professionista non deve inventare o congegnare niente di nuovo rispetto a quanto offre il nostro ordinamento giuridico. A tutela del proprio patrimonio, ad esempio, a volte può essere utile e sufficiente una semplice donazione, che consente di trasferire ricchezza in capo ad altri soggetti, allentando il rischio patrimoniale altrimenti in capo al donante. In altri casi potrebbe essere consigliabile il ricorso a strumenti più articolati quali il trust, che consente di trasferire patrimonio ad un gestore, in vista della realizzazione di un progetto patrimoniale. Tra i due inserirei i vincoli di destinazione ex art. 2645 ter del codice civile, che consentono di vincolare determinati beni ad uno scopo meritevole di tutela agli occhi del nostro ordinamento giuridico ed il Fondo Patrimoniale, strumento pensato, creato e voluto dal nostro Legislatore proprio per tutelare gli interessi patrimoniali della famiglia. In definitiva, quindi, il primo messaggio da far passare al cliente è che il nostro ordinamento ci offre un ventaglio di strumenti tra i quali, del tutto legittimamente e legalmente, scegliere il più adatto alle proprie esigenze specifiche. IL CONFINE FRA LEGITTIMA TUTELA E FRODE AI CREDITORI. Il secondo messaggio fondamentale che il buon consulente deve far passare per bene al proprio cliente, è che se da una parte il legislatore offre apertamente strumenti di tutela, dall'altra deve essere chiaro che ciò non significa automaticamente poter frodare i creditori. Al cliente indebitato ed inguaiato occorre avere la freddezza e la professionalità di dire "mi dispiace, non si può fare niente...". Un sano ed efficace progetto patrimoniale, infatti, deve essere creato "in bonis". Diversamente, il cliente deve avere la piena consapevolezza delle conseguenze previste dall'ordinamento giuridico. LE CONSEGUENZE CIVILI DI UN COMPORTAMENTO FRAUDOLENTO. L'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 del c.c., consente ai creditori di poter rendere "inefficace" nei loro confronti gli atti con i quali il loro debitore renda più difficile il soddisfacimento del loro credito sul suo patrimonio che, lo si ricordi sempre, rappresenta la garanzia primaria del loro credito. Quindi, "caro cliente", sappi che tu puoi tranquillamente ricorrere ad una donazione, ad un trust o all'inserimento di beni nel Fondo Patrimoniale per la tua famiglia, tutti strumenti offerti dal tuo ordinamento giuridico, ma sappi che se oggi tu hai dei debiti, quell'attività potrà essere vanificata attraverso un'apposita azione riconosciuta al tuo creditore. Questa, attenzione, può essere esercitata entro 5 anni dal compimento del tuo atto lesivo. Ciò significa, molto semplicemente, che se tu avessi provveduto a tutelare il tuo patrimonio almeno 5 anni fa, ricorrendo al "medico" quando eri sano, ora non sarebbe oggetto di revocatoria. I RISVOLTI PENALI. Altro aspetto, spesso trascurato anche tra gli addetti ai lavori, riguarda l'eventuale profilo penale. l'attività segregativa, in determinati casi, in presenza di determinate tipologie di debiti, può comportare dei seri risvolti penali. Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (n. 41704 del 26 settembre 2018) può aiutatci a capire. Un contribuente, dopo aver ricevuto la notifica di vari avvisi di accertamento da parte del fisco, costituisce un Fondo Patrimoniale, e ne fa confluire la nuda proprietà di due immobili di sua proprietà. Risultato? Semplice. In questo caso, chiarisce la Corte, si tratta di un atto sufficiente ed idoneo a mettere a rischio l'esazione del credito, il che, trattandosi di imposte, integra il reato di "sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, ex art. 11, D.Lgs. n. 74/2000" Il reato si configura ogniqualvolta venga posta in essere una condotta dispositiva che crei pregiudizio alle ragioni dell'erario. Ne conseguono la condanna penale e la confisca dei beni. E' il terzo messaggio da far passare.".

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COSA I CF POSSONO IMPARARE DALLA BREXIT

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  • Consulenti finanziari
Scritto il 26.10.2018

Di Massimo Versolatto: "Theresa May ha assunto nel 2016 il difficile compito di concretizzare il risultato del referendum che ha preso il nome di "Brexit". Gli inglesi in Europa non ci volevano stare, almeno così diceva due anni fa il 51,9% della popolazione. L'allora premier Cameron aveva indetto il referendum, pensando in una vittoria del "Remain" che avrebbe rafforzato la sua posizione. Invece, come ben sappiamo, le cose sono andate diversamente. Un compito, quello che le veniva affidato all'indomani dell'uscita di Cameron, niente affatto semplice anche perchè lei, Theresa Brasier May, in campagna referendaria ere una "Remainer". Due anni dopo. la Premier questo mese torna ancora a casa da un meeting europeo a mani vuote, come il 20 settembre scorso, quando hanno bocciato sonoramente le sue proposte. Stavolta almeno ha trovato la disponibilità a prolungare il periodo di transizione a tutto il 2021. Non un gran regalo, a dire il vero, perchè così la May deve convincere i suoi a sborsare ancora soldi all'Europa (non uscendo, la GB dovrà contribuire economicamente anche al budget UE 2021-2027) e i "Tories" non hanno ancora deciso nemmeno che tipo di Brexit vogliono. In tutto questo non è casuale che la richiesta di un secondo referendum torni in auge. A chiederlo, sono scesi in 700.000 per le strade di Londra lo scorso sabato. Un numero da non sottovalutare. Il Guardian ogni mese verifica come vanno gli indicatori economici chiave a partire dal voto del 2016. A guardare l'aggiornamento di settembre, non c'è da stare allegri: - la crescita annua del PIL della Gran Bretagna potrebbe a malapena sfiorare l'1%, in contrazione rispetto al passato e ai minimi del G7. Contemporaneamente è salita a dir poco l'inflazione (2,7%); - gli investimenti aziendali sono ad un minimo storico, con le imprese riluttanti di fronte a prospettive poco chiare; - la sterlina è crollata, movimento che perlomeno ha favorito le esportazioni, dando fiato ai titoli dell'indice FTSE 100 (dal voto siamo a +10,8%, meno di altri Paesi Sviluppati); - infine i salari e il tasso di occupazione sono stabili, in leggero rialzo. No, non sono effetti disastrosi ma non vanno sottovalutati, perchè la Gran Bretagna non è ancora uscita dall'Europa. Questi risultati possono anche esplodere, in peggio, di fronte ad una "Hard Brexit". Cosa ci insegna il "limbo" di questa situazione? Per certi versi sembrerebbe emblematico di una difficoltà, oggettiva, nel ricondurre un nesso di causalità tra i movimenti di borsa e le specifiche economiche prospettiche. Di fatto quest'ultime sono solo abbozzate: la politica sta ancora (solo) sbraitando e di questi tempi incide sui mercati molto più dell'economia. Dobbiamo tenerlo a mente, anche quando valutiamo - ora e adesso - quali saranno gli effetti - di domani - della "Trade War" di Trump, della vittoria al primo turno in Brasile, della già bocciata manovra finanziaria italiana, del deficit di bilancio francese e via discorrendo...Per tutto, a risentirci nel lungo termine."

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CONSOB, LA META' DEGLI INVESTITORI ITALIANI NON SA COSA FA UN CONSULENTE FINANZIARIO.

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 26.10.2018

Di Francesco Colamartino: "La metà degli investitori italiani non ha idea di che cosa sia un servizio di consulenza in materia di investimenti. E' quanto emerso dall'ultimo rapporto della Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, che raccoglie i dati relativi ad un campione di 1.601 individui. Fiducia, prodotti offerti, competenze e le indicazioni dell'istituto bancario di riferimento sono tra i fattori determinanti nella scelta dell'esperto. Nel 37% dei casi gli investitori sono convinti che la consulenza sia gratuita, mentre nel 45% dei casi dichiarano di non sapere se il consulente viene retribuito. Nel complesso il 50% circa non è disposto a pagare per il servizio. La disponibilità a pagare si associa positivamente con la cultura finanziaria, la conoscenza delle caratteristiche del servizio, l'orientamento al lungo termine (definito come capacità emotiva di sostenere perdite nel breve periodo) e l'abitudine a monitorare gli investimenti. Dopo aver ricevuto la raccomandazione di investimento, più del 60% segue il consiglio, mentre soltanto il 10% si rivolge ad una fonte diversa per una seconda opinione. Il 30% circa dei risparmiatori che si affidano ad un consulente o ad un gestore dice di non aver avuto alcun contatto con il professionista di riferimento nel corso dell'anno precedente. Tra gli investitori che incontrano regolarmente il proprio consulente, gli argomenti principali di conversazione riguardano, dopo l'andamento dell'investimento, gli aggiustamenti di portafoglio resi necessari dalla congiuntura di mercato. In caso di turbolenze finanziarie, infine, soltanto il 20% degli investitori si rivolge al consulente o viene da questi contattato. Per acquisire informazioni utili per le scelte di investimento le famiglie italiane si avvalgono prevalentemente di persone che operano nel settore finanziario, persone di fiducia (amici e colleghi) e fonti informative specialistiche. Documenti ufficiali come i prospetti finanziari vengono citati soltanto dal 25% degli investitori. Tra gli elementi informativi più apprezzati ricorrono quelli relativi al rischio di perdite in conto capitale e ai costi dell'investimento. Il 75% del campione segue un solo stile decisionale. A fine 2017 il tasso di partecipazione delle famiglie italiane al mercato finanziario si attestava al 29%. Dopo i depositi bancari e i prodotti postali, le attività che pesano di più nel portafoglio degli investitori sono i fondi comuni e i titoli di stato. La propensione all'investimento è più frequente fra gli individui residenti nel Nord Italia, con maggiori conoscenze finanziarie (effettive e percepite) e maggiori abilità di calcolo. Circa il 40% degli intervistati dichiara di non monitorare l'andamento degli investimenti effettuati. Il restante 60% del campione indica più frequentemente le performance del portafoglio rispetto ai costi tra le informazioni più importanti ai fini del controllo. L'attitudine al monitoraggio è più frequente tra gli intervistati assistiti da un consulente professionale. Solo un terzo delle famiglie, infine, dichiara di avere un piano finanziario e di controllarne gli esiti. fra coloro che non predispongono un piano finanziario, meno del 10% ne riconosce l'importanza, mentre circa il 65% lo ritiene inutile. Per quanto riguarda gli investimenti etici e socialmente responsabili, più del 60% degli intervistati dichiara di non averne mai sentito parlare e meno di un terzo manifesta interesse dopo essere stato informato degli elementi che in astratto li qualificano".

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