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QUANTO CONOSCETE DELL'ORO COME BENE RIFUGIO?

Scritto il 02.02.2019

Sapete cos'è un Bene Rifugio? Un bene rifugio è un bene che ha un valore intrinseco reale e che tende a non perdere valore a seguito di un incremento del livello generale dei prezzi. Come dice il nome stesso, un investimento in un bene rifugio non ha scopo speculativo, bensì di protezione da un periodo di crisi economica o da un periodo di forte instabilità dei prezzi, come molto spesso capita nei mercati azionari nazionali ed internazionali, a seguito di eventi politici, economici o finanziari. Vi siete mai chiesti cos'è l'oro fisico da investimento? Per oro fisico da investimento si definisce l'oro puro 24kt (carati) con un livello di purezza pari a 999,99/1000 ed è un bene rifugio millenario, riconosciuto in oltre 160 paesi del mondo come bene fisico prezioso per eccellenza. L'oro da investimento viene quotato all'oncia troy (otz) dove 1 otz = 31,1034 gr e il suo prezzo è fissato dalla domanda e dall'offerta dei mercati. Dal 1919 la Borsa di Londra stabilisce due volte al giorno un prezzo di riferimento internazionale, il cosiddetto Fixing, alle 10:30 e alle 15:00 ora di londra. E' considerato una Commodity ossia una merce, una materia prima preziosa che costituisce fondamentale oggetto di scambio economico internazionale. Non si può produrre artificialmente e nei prossimi anni si prevede un calo dell'estrazione pari al 30% a fronte di una richiesta industriale in continuo aumento. Conosci alcuni importanti vantaggi dell'oro da investimento? - Fisico e di proprietà al 100% - Esente da IVA - Protegge dall'inflazione - Bene durevole ed invariabile nel tempo - Permette di diversificare il patrimonio - Può essere rivenduto in ogni momento. Quali sono i benefici nel possedere un Conto Deposito in Oro? - Acquisti rateali o in unica soluzione - Caveau di massima sicurezza in Italia - Assicurazione al valore di rimpiazzo - Tutelato a norma di Legge 7/2000 - Gestione autonoma del patrimonio - Garanzia di riacquisto al prezzo del Fixing - Consegna anche a casa del proprio oro. Naturalmente, come sempre, ci vuole prudenza nella scelta dei professionisti e massima diversificazione.

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POESIA DI AMLETO SARTORI

Scritto il 02.02.2019

Voglio condividere con i miei lettori una poesia di Amleto Sartori, fondatore, fra le numerose attività, anche del "Museo Internazionale della Maschera di Amleto e Donato Sartori" ad Abano Terme. L'argomento, l'eredità da lasciare a chi ci ama e che noi amiamo, è un argomento che incontro quasi quotidianamente nel mio lavoro. Parliamo di un'eredità materiale che però, se non è accompagnata dai sentimenti e dai ricordi, è solo materialità senza anima. Spero che queste parole suscitino in voi le stesse sensazioni che ho provato io quando le ho lette. Io morirò giovane. Voglio lasciare ai miei figli e alla mia donna un patrimonio. Lascerò una figura eretta ad ogni ricordo di mala o buona ventura una bisaccia di sogni una di paure vinte una di sacri rossori e una bandiera alta e bianca con una gran croce nel mezzo. E ancora le ginocchia che non pieghino la statura della mia razza che non ha altra nobiltà se non la fronte alta.  

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L'IMPORTANTE E' NON VENDERE

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  • Consulenti finanziari
Scritto il 02.02.2019

Condivido con voi queste riflessioni di Luca Fontani. L'approccio, a mio avviso, è molto particolare, ma anche i Consulenti Patrimoniali, quale sono io, non sfuggono a queste logiche. Se avrete la pazienza di arrivare fino in fondo, forse concorderete con me. "Se il genio della lampada esistesse e si trovasse a domandare a qualunque azienda, agenzia o libero professionista, di esprimere un desiderio, tutti risponderebbero, all'unisono, con un sonoro: Voglio vendere di più! Come biasimarli? Vendere è la linfa vitale di ogni attività commerciale. Il problema? Visto che non esistono geni della lampada a cui ricorrere, spesso e volentieri, il voler vendere di più si tramuta, in modo subdolo ed impercettibile, in una spina nel fianco che rischia di incancrenire ed uccidere anche coloro dai propositi più nobili. Sto parlando di un problema reale, concreto, e per molti, apparentemente innocuo. (...) Ci sono molti casi, nella vita, dove il voler raggiungere direttamente un obiettivo porta all'inevitabile fallimento. (...) Per essere considerato esperto di un settore non devi cercare di convincere le persone che ti stanno attorno della veridicità della tua affermazione; devi produrre contenuti, avere qualcosa di utile da condividere ed essere oggettivamente bravo/a nel tuo lavoro; solo allora, forse, verrai considerato un esperto. Non puoi decidere di essere percepito come una persona onesta; sono tutti coloro che ti ruotano attorno che lo decidono al posto tuo. Che cosa centra con le vendite? Le persone non sanno di avere un problema o non hanno le informazioni necessarie per acquistare. Il primo errore che la quasi totalità degli imprenditori e dei liberi professionisti spesso commette, o a cui non presta particolare attenzione, è quello di dare per scontato che i loro potenziali clienti sappiano di avere un problema. Come puoi vendere qualcosa a chi non ha la minima idea che ciò che gli stai offrendo migliorerà la qualità della sua vita? Spesso le persone non hanno le informazioni necessarie per acquistare e/o non si fidano. Portare un potenziale cliente a fidarsi di noi è compito nostro. Se saremo riusciti a far capire ad una persona sia di avere un problema, o un'esigenza, sia del perchè ciò che gli stiamo offrendo sia l'esatta soluzione che sta cercando, ci troveremo di fronte all'ultino scoglio da superare: perchè dovrei fidarmi di te? Se riuscirai a portare una persona a fidarsi di te e le darai modo di capire che ciò che le stai dicendo o promettendo è vero, allora avrai una possibilità di aggiungerla alla tua lista clienti. Non sei tu che hai scelto loro, ma loro che hanno scelto te. La vendita è solamente l'effetto collaterale di un'insieme di azioni specifiche. In un mondo dove tutto è in vendita e dove tutti competono per un brandello di attenzione per parlare di se' stessi, fermarsi ad ascoltare in modo genuino gli altri è ciò di cui c'è disperatamente bisogno. Ed anche se praticare la semplicità non sembra mai abbastanza, in un mondo così complesso, essa risulterà sempre fondamentale per poterlo cambiare."

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L'OCF E L'INAIL SI ALLEANO PER PORTARE L'EDUCAZIONE FINANZIARIA NEI LUOGHI DI LAVORO

Scritto il 30.01.2019

Di Francesco Colamartino: "Prossima missione dell'Organismo di vigilanza e tenuta dell'albo unico dei Consulenti Finanziari: portare l'educazione finanziaria all'interno dei luoghi di lavoro. Con questo obiettivo il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, a cui partecipa Ocf, e l'Inail hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per la realizzazione di iniziative in tema di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. L'accordo è stato firmato dal direttore del comitato, Annamaria Lusardi, e il presidente di Inail, Massimo De Felice, e interesserà gli oltre 8.600 dipendenti dell'istituto. Si tratta del primo accordo di collaborazione su larga scala siglato dal comitato con un ente pubblico per la formazione sui temi dell'educazione finanziaria. Il protocollo d'intesa concorre ad attuare la Strategia Nazionale per l'educazione finanziaria ed è finalizzato a diffondere competenze in materia di economia e finanza utili, sia in ambito personale che professionale, per la gestione dei propri soldi. L'iniziativa sarà realizzata, insieme ad Inail, da quattro delle dieci istituzioni che compongono il comitato: Banca d'Italia, Consob, Ivass e Covip. Saranno previsti diversi moduli formativi su temi quali la moneta e i metodi di pagamento, nonchè approfondimenti sugli strumenti previdenziali, assicurativi, di finanziamento e di investimento. L'attività pilota prevede anche uno studio sugli effetti dell'educazione finanziaria all'interno dei luoghi di lavoro, che servirà a sviluppare successive iniziative in questo campo."

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NELLA CASSETTA DEGLI ATTREZZI DEL CONSULENTE FINANZIARIO IL TRUST NON PUO' MANCARE

Scritto il 30.01.2019

A cura dell'avvocato patrimonialista Massimo Perini:"Il rapporto consulenziale professionista-cliente sta evolvendo verso una dimensione via via più ampia e sempre più diretta verso la ricerca di soluzioni patrimoniali personalizzate.  Uno degli strumenti di gestione patrimoniale che oramai non può mancare nella "cassetta degli attrezzi" del consulente è il trust. Si tratta di uno strumento tecnico-operativo che, per la sua malleabilità ed adattabilità, ben si presta ad essere applicato nelle circostanze più svariate ed in presenza delle situazioni patrimoniali più diverse. Il trust: in Italia si può costituire un trust, ma, non essendovi un'apposita legge interna che lo disciplini, occorre sempre fare riferimento alla disciplina prevista nell'ambito di una legge straniera. I protagonisti dell'operazione, in sintesi, sono il disponente (settlor), che trasferisce la proprietà di un suo bene o diritto ad un gestore (trustee), il quale dovrà compiere tutte le attività necessarie al raggiungimento di un fine meritevole di tutela. Al termine del trust i beni potrebbero essere trasferiti a dei beneficiari o, comunque, destinati ad uno scopo specifico. Niente paura però: la proprietà in capo al trustee dei beni è insensibile alle sue vicende personali. Se il trustee muore, i beni a lui intestati non cadono nella sua successione, se fa debiti personali non gli possono essere pignorati. Un trust per protezione?: spesso si pensa al trust come ad una forma di segregazione patrimoniale in un'ottica di protezione. Il solo scopo di "proteggersi dai futuri debiti" (anche se costituito nel momento in cui i debiti non ci sono) potrebbe, però, essere oggetto di pronta e facile contestazione in sede giudiziaria. La causa del negozio giuridico non terrebbe. E' evidente che la finalità si scontrerebbe con quanto disposto dall'art. 2740 cc, in base al quale il debitore risponde dei propri debiti con tutto il patrimonio presente e futuro. L'effetto protettivo però potrebbe essere valido e lecito in maniera indiretta. Basta pensare alla possibilità di vincolare beni nell'interesse primario della famiglia (come, tra l'altro, è la causa tipica del Fondo Patrimoniale), o nell'interesse di un figlio non ancora maturo. In tal caso è evidente che la causa "nobile" è incontestabile e, indirettamente, sottraggo il bene da possibili aggressioni. Il trust nel passaggio generazionale: una delle applicazioni più congeniali dello strumento trust può essere individuata nel passaggio generazionale delle aziende. Evento sempre delicato, spesso traumatico, molte volte difficile da gestire. Trasferire l'azienda ed assicurare continuità significa individuare le persone capaci e adatte in ambito familiare e, allo stesso tempo, evitare ab origine futuri contrasti successori. Il trust consente di evitare la frammentazione della proprietà, garantisce una linea di gestione preordinata e, allo stesso tempo, il godimento dei frutti in capo ai famigliari, magari beneficiari del relativo reddito. A tal proposito, interessante si presenta anche la possibilità di utilizzo del trust in combinato con il Patto di Famiglia, quale strumento di programmazione del passaggio generazionale aziendale.  Il trust per disabili: un trust può rappresentare sicuramente uno degli strumenti più efficaci ed efficenti nella tutela degli interessi delle persone affette da disabilità per progettare il loro futuro patrimoniale. La cosiddetta "Legge sul dopo di noi" (L. 112/2017) ne ha incentivato l'utilizzo, prevedendo importanti vantaggi fiscali in sede di costituzione e conferimenti. Errori da non compiere: E' evidente che pensare al trust quale strumento per sfuggire alle strette maglie delle regole del diritto successorio, o per sfuggire a posizioni debitorie o per frodare il fisco è cosa errata. Gli aspetti civilistici e penali, giustamente, non tarderebbero ad arrivare. Altro aspetto da non sottovalutare per il buon esito dell'operazione è l'effettiva autonomia del trustee. Qualora il disponente risultasse solo formalmente spogliato della proprietà dei beni, ma concretamente attore materiale dell'attività del trustee, al quale continuasse ad impartire le sue direttive gestorie, il ruolo del trustee verrebbe degradato a quello di mero esecutore materiale o, addirittura, di prestanome. Risultato? Il tutto si risolverebbe in un semplice rapporto di mandato, con conseguenza chei beni si intenderebbero come mai usciti dal patrimonio del disponente."  

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TORO / ORSO

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 19.01.2019

Di Andrea Rocco: "Sul mercato il Toro e l'Orso si scornano da sempre, e per sempre lo faranno. Il primo è l'allegoria di ciò che un investitore vorrebbe vedere per natura, quando si priva dei suoi soldi: il profitto, il gain. Il secondo, al contrario, rappresenta ciò che fa più male: perdere quattrini. Essere Toro o essere Orso, guadagnare o perdere. E' tutta una questione di educazione, di comportamenti. Se credi a scorciatoie per la ricchezza, se perdi il sonno quando i mercati scendono, se guardi compulsivamente il portafoglio ogni giorno, se fai un investimento a 10 anni e ti spazientisci dopo 10 giorni, allora è certo. L'Orso avrà la meglio. Perderai soldi. Se invece ti metti in testa che investire è un processo lungo e noioso, se capisci che il metodo e la pazienza sono ingredienti imprescindibili, se comprendi che l'eliminazione del rischio specifico è vitale per il tuo benessere finanziario, allora sappi una cosa. Se rispetti le sue regole, se lo sai aspettare, il Toro vincerà sempre."

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I QUATTRO FATTORI CHIAVE PER CAPIRE DOVE ANDRA' IL MERCATO

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 18.01.2019

Di Anna Baldassarri:" Spesso i clienti si stupiscono vedendo i mercati andare bene in situazioni economiche molto negative, o viceversa andare male in un contesto molto favorevole. Verrebbe infatti spontaneo pensare che le aziende situate in un Paese dove regna il benessere vedano le proprie azioni volare, invece non sempre è così. Da cosa dipende quindi l'andamento della Borsa di un Paese o dei mercati in generale? Direi da quattro fattori principali, che spesso però si mescolano: 1) la situazione economica. In assenza di altre problematiche, se l'economia di un Paese è in espansione, l'azionario sale, cioè se i "fondamentali" sono positivi. 2) tensioni politiche. Basta pensare a quello che è successo l'anno scorso, in successione: la Corea, la guerra dei dazi e la situazione creatasi in Italia dopo le elezioni, tutti fattori negativi e destabilizzanti, che hanno causato forti tensioni sui mercati. 3) i cigni neri. Eventi esogeni al sistema economico, ma in grado di produrre un impatto molto pesante sui mercati, un esempio per tutti: le Torri Gemelle. Chi può prevedere un attentato? 4) questa è una novità: il comportamento delle Banche Centrali, che con le loro politiche hanno il potere di influenzare in modo determinante i mercati. L'interazione tra tutti questi fattori è il mix che muove l'azionario in una direzione o nell'altra e il potere della "parola", cioè della politica, è tale che basta un'affermazione di un'autorità politica per spingere le borse da una parte o dall'altra in modo spesso violento. Un esempio lampante del potere della parola l'abbiamo avuto la settimana scorsa: l'anno era cominciato malissimo, sulla scia di un fine anno molto pesante contrariamente ad ogni consuetudine, quando le rassicurazioni del presidente della Fed sulla tempistica soft del rialzo dei tassi e i passi intrapresi dalle autorità cinesi per rendere effettiva la tregua commerciale con gli Stati Uniti hanno dato il via ad un bel rimbalzo, uno su tutti il +4 in una sola seduta del Nasdaq."

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SI VIS PACEM, PARA BELLUM: LA PROTEZIONE SERVE QUANDO PENSI DI NON AVERNE BISOGNO

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 18.01.2019

Ecomatica: "Alla base della piramide della pianificazione finanziaria c'è il tema della PROTEZIONE. Lo diciamo da sempre: a nulla serve capire dove e come investire, se prima non si è blindata la sicurezza di una persona, di una famiglia o di un'impresa a fronte di pericoli potenzialmente devastanti, dal punto di vista finanziario. Questa consapevolezza, tuttavia, è latitante. Frequentemente la protezione è trascurata, altre volte dimenticata, altre volte viene affrontata troppo tardi, quando risulta inefficace e costosa. Alla protezione, invece, bisognerebbe pensarci proprio quando non se ne ha ancora bisogno. Vediamo perchè. Facciamo alcuni esempi. I cosiddetti consumi non discrezionali (tipicamente spese sanitarie) subentrano nella fase di vecchiaia, quando gli acciacchi sono inevitabili. Nel 2017 gli italiani hanno speso oltre 40 miliardi di euro per esami e visite. Di tasca propria, non rimborsati dal SSN. Molti di questi oneri sarebbero stati rimborsati se per tempo si fosse pensato di sottoscrivere apposite coperture sanitarie, che tuttavia diventano costose (talvolta inaccessibili) se accese in tarda età.  Stesso discorso potrebbe essere fatto per le tradizionali polizze vita (temporanea caso morte): chi si assicura da giovane garantisce ai propri cari la sufficiente copertura finanziaria in caso di evento estremo e garantisce a sè stesso costi di protezione nettamente inferiori dovuti all'incidenza statistica del rischio, sensibilmente più bassa. Ma usciamo dalla sfera strettamente assicurativa, pur rimanendo nel tema della protezione. Pensiamo ad una giovane coppia sposata. L'amore è eterno, finchè dura. E poi? Secondo l'Istat, negli ultimi anni sono aumentati separazioni e divorzi, specie dopo l'introduzione nel 2015 del c.d. "divorzio breve". Auguriamo a tutte le coppie un futuro radioso, per sempre insieme, tuttavia ragionare su alcune preceuzioni (facendolo in clima sereno ed in tempi non sospetti) è assolutamente sensato.  Ancora, passiamo al cliente imprenditore. Di questi tempi i tassi sono ancora ai minimi nella zona Euro, e non ci sono in vista prossimi cambi di direzione. Tuttavia, è proprio in questa fase che potrebbe essere molto saggio coprire le posizioni debitorie dell'azienda da futuri e sempre possibili rialzi dei tassi: è ora che la sottoscrizione di un'opzione CAP, piuttosto che di un Interest Rate Swap, risulta conveniente, in quanto il mercato non sconta scenari rialzisti sul costo del denaro.. Insomma, di esempi ce ne sono moltissimi. In tutte queste situazioni, la locuzione latina "Si vis pacem, para bellum" è quanto mai appropriata: se vogliamo la pace (finanziaria) dobbiamo attrezzarci per fronteggiare qualsiasi scenario, anche quello più bellicoso. Essere pronti a (quasi) tutto oggi, per difendersi meglio domani."  

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PIR, CON LE NOVITA' DELLA MANOVRA SI RISCHIA IL BLOCCO DELLE EMISSIONI

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  • PIR - Piani Individuali di Risparmio
Scritto il 06.01.2019

Da redazione Citywire: "Emettere nuovi Pir non sarà più facile come prima. Ad affermarlo è il Sole24Ore secondo cui, con l'inizio dell'anno, il pacchetto di modifiche alla disciplina dei Pir (commi da 211 a 215), oltre a prevedere un ampliamento del loro raggio d'azione, introduce alcuni vincoli burocratici che ne rallentano l'emissione. Come scrivono Carmine Fotina e Marco Mobili - fino a 4 mesi - in attesa di un decreto attuativo. Dal primo gennaio 2019 chi vorrà emettere dei Pir dovrà infatti sottostare al rispetto "dei limiti e delle condizioni" posti dai regolamenti europei che dichiarano alcuni aiuti compatibili con il mercato interno. In sostanza, si legge sul Sole24Ore "per non essere obbligati a una preventiva comunicazione a Bruxelles i nuovi Pir dovranno rispettare le regole Ue sugli aiuti alle piccole e medie imprese per il finanziamento del rischio, nonchè quelle sugli aiuti alle piattaforme alternative di negoziazione specializzate nelle piccole e medie imprese. Agli adempimenti comunitari così come quelli della tenuta del registro nazionale degli aiuti di Stato, sempre secondo la manovra (comma 214), dovrà provvedere direttamente il ministero dello Sviluppo economico." Quel che è peggio è che il Mise dovrà emanare entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio un decreto per disciplinare le novità introdotte. Il che vuol dire che fino al 30 aprile 2019 le emissioni di nuovi Pir resteranno in pausa in attesa della firma del ministro dello Sviluppo Luigi di Maio.

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PROFESSIONE INVESTITORE - THE INTELLIGENT INVESTOR: LA PARABOLA SENZA TEMPO.

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 06.01.2019

Di Massimo Milani: "Il modo migliore per spiegare i movimenti di mercato è quello di usare il concetto di "Mr. Market" di Warren Buffett, da lui utilizzato per fare miliardi di dollari e mantenere la calma quando tutti intorno a lui perdono la testa. In una delle sue annuali lettere inviata nel 1988 agli azionisti della sua società di investimento (lettera Berkshire Hathaway), Buffett scrisse: "Ben Graham, mio amico e insegnante, ha descritto molto tempo fa l'atteggiamento mentale, nei confronti delle fluttuazioni del mercato, che ritengo più favorevole per il successo degli investimenti. Ha detto che dovresti immaginare le quotazioni di mercato come provenienti da un amico molto accomodante di nome Mr. Market che è il tuo patner in un'azienda privata. Mr. Market appare ogni giorno e indica un prezzo al quale comprerà la tua azione o venderà la sua. Anche se l'azienda che voi due possedete può avere caratteristiche economiche stabili, le quotazioni di Mr. Market saranno tutt'altro. Perchè, triste a dirsi, il povero ragazzo ha problemi emotivi incurabili. A volte si sente euforico e riesce a vedere solo i fattori favorevoli che influenzano il business. Quando è in quello stato d'animo, indica un prezzo di vendita molto alto perchè teme che riuscirai a catturare il suo interesse e privarlo di guadagni imminenti. Altre volte è depresso e non riesce a vedere altro che guai in futuro sia per gli affari che per il mondo. In queste occasioni, indicherà un prezzo molto basso, dal momento che è terrorizzato dal fatto che scaricherete le vostre azioni vendendole a lui. Mr. Market ha un'altra caratteristica accattivante: non gli dispiace essere ignorato. Se la sua quotazione non ti interessa oggi, tornerà domani con una nuova. Le transazioni dipendono strettamente dalla tua scelta. In queste condizioni, più maniaco-depressivo è il suo comportamento, meglio è per te. Ma, come Cenerentola al ballo, devi prestare attenzione ad un avvertimento o tutto si trasformerà in zucche e topi: Mr. Market è lì per servirti, non per guidarti. E' il suo portafoglio, non la sua saggezza, che troverai utile. Se si presenta un giorno in uno stato d'animo particolarmente sciocco, sei libero di ignorarlo o di approfittarne, ma sarà disastroso se cadi sotto la sua influenza. In effetti, se non sei certo di capire e di valutare il tuo business aziendale molto megliodi Mr. Market, meglio se non giochi. Come si dice nel poker, "se stai giocando da 30 minuti e non sai chi sia il pollo da spremere, questo sei tu." La metafora di Mr. Market di Ben potrebbe sembrare obsoleta nel mondo degli investimenti di oggi, in cui la maggior parte dei professionisti e degli accademici parlano di mercati efficienti, copertura dinamica e beta. Il loro interesse per l'argomento è comprensibile, dal momento che le tecniche avvolte nel mistero hanno chiaramente valore per colui che fa consulenza sugli investimenti. Dopo tutto, quale medico ha mai raggiunto fama e fortuna semplicemente consigliando "prendi due aspirine"? Il valore dell'approccio esoterico al mercato per chi si avvale di una consulenza sugli investimenti è una storia diversa. Il successo dell'investimento non sarà prodotto da formule arcane, programmi informatici o segnali lampeggianti sul comportamento dei prezzi delle azioni e dei mercati. Piuttosto, un investitore riuscirà ad avere successo combinando un giudizio corretto sul business aziendale con la capacità di isolare i suoi pensieri e il suo comportamento dalle emozioni super-contagiose che turbinano il mercato. E' importante essere preparati alle inevitabili fluttuazioni del mercato con le tue finanze ed il tuo intelletto. In altre parole, dovresti essere preparato finanziariamente ed emotivamente a beneficiare dei prezzi che sono disconnessi dai loro valori reali. Evita di permettere a Mr. Market di influenzare il tuo comportamento, ma invece approfitta del suo comportamento irrazionale comprando quando è scoraggiato e vendendo quando è euforico. C'è un detto anglosassone che significa scherzosamente che i retail vendono quello che gli istituzionali comprano e viceversa, ovvero entrano quasi sempre dopo che tutti i giochi sono fatti rendendo i grossi compratori felici perchè dopo i grossi movimenti arrivano gli storni fisiologici (i retail allora spaventati vendono e gli istituzionali comprano di nuovo, etc.)."

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UN ANNO DIFFICILE MA...

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 21.12.2018

Di Anna Baldassarri: "A fine anno di solito si fanno i bilanci, ma da un pò di tempo non è affatto facile: dopo un biennio travagliato 2015-16 abbiamo avuto un 2017 positivo solo per l'azionario, ma con cali robusti per dollari e obbligazioni. Il 2018 è stato invece nagativo per ogni tipo di investimento: obbligazioni, azioni, materie prime e immobiliare tranne per il dollaro. I massimi del 2015 son ben lontani. Penso sia la prima volta, sinceramente spero sia anche l'ultima, che si verifica un evento di questo genere: impossibile avere risultati positivi. Che addirittura il finale dell'anno non abbia una ripresa non succedeva da decenni, eppure le correzioni sono eventi che si verificano periodicamente, anche se è assolutamente impossibile prevedere quando, e la strategia migliore è: aspettare che passino per lasciar spazio a nuovi rialzi. Questa volta il calo è più marcato per l'assenza di salvagente: la parte a basso rischio, cioè l'obbligazionario, è in forte calo, non ha svolto quindi la solita funzione di stabilizzatore delle oscillazioni dell'azionario. Da tener presente però che se una posizione scende di più, risalirà allo stesso modo appena cambia il vento, in sostanza cambia solo "la velocità e l'intensità" dei movimenti, verso il basso ma anche verso l'alto. Quello che è importante è evitare i rischi veri: i nostri soldi sono in Lussemburgo/Irlanda, per proteggerci dal rischio paese, e siamo investiti in una miriade di titoli di tutto il mondo per non correre il rischio default di paesi o emittenti. Variazioni di prezzo, anche importanti, ok, ma rischi sistematici no. In queste situazioni vale la regola del cassettista: aspettare tranquillamente che passi, perchè fare cambiamenti nelle fasi di turbolenza è piuttosto pericoloso, si rischia di perdersi i veloci rimbalzi che si hanno quando gira il trend da negativo a positivo. I gestori dei fondi e le linee guidate delle polizze lo fanno per noi, adeguandosi alle mutate situazioni dei mercati in modo tattico, garantendo così ogni trimestre la presenza dei migliori titoli nei portafogli, sarebbe infatti impossibile come tempistica e dannoso fiscalmente fate switch continui da un fondo all'altro, molto meglio che i cambiamenti vengano fatti a monte. Nel frattempo si sono aperte zone di valore, proprio a causa della discesa delle quotazioni, e si possono comprare a saldo, e con buone prospettive sia per le azioni che per le obbligazioni, indispensabili per chi ha bisogno di cedole, Cina, Asia, paesi emergenti. Mi piace molto anche l'oro, che negli ultimi 3 mesi ha fatto bene, dopo un paio di anni negativi. Per chi vuole stare tranquillo c'è la strada delle gestioni separate a capitale garantito, rendimenti bassissimi ma sicurezza e stabilità a patto di scegliere compagnie di assicurazione estere e con rating altissimo. Per i nuovi investimenti c'è anche il bonus +1 che retrocede con una carta prepagata l'1% di quanto investito, non cumulabile però con altre promozioni. Insomma un anno da dimenticare sì, ma si aprono strategie possibili difensive/aggressive secondo il carattere dell'investitore, che prevedono più oro e gestioni separate per i più ansiosi, acquisti scaglionati sull'azionario per chi vuole guadagnare e non ha paura delle montagne russe. Entrambe scelte rispettabilissime, l'importante è conoscersi."

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LE STRADE DIVISE DI AMERICA ED EUROPA VENT'ANNI DOPO

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 12.12.2018

Di FinanciaLounge: "Le valutazioni espresse da Wall Street e dall'azionario europeo sembrano coerenti con fondamentali molto diversi che posizionano l'America sempre in cima alle preferenze dell'investitore, che ha invece molte ragioni per diffidare di un'Europa ancora nel tunnel. Proviamo a vedere le cose sulla lunga distanza. Prendiamo in prestito da Alexandre Dumas il titolo "Vent'anni dopo" e la storia ce la facciamo raccontare da un grafico, che riproduce in sovrapposizione l'andamento delle azioni europee dello Stoxx600 e l'americano S&P500. All'inizio della storia, dicembre 1998, i due giovanotti cavalcavano appaiati come D'Artagnan e compagni nel volume precedente, galoppano per un paio d'anni sull'onda della new economy di Internet, poi scivolano nella vallata della bolla, inciampano dell'11 settembre 2001, ripartono sempre appaiati nel 2003, si fanno tutta la bolla dei subprime, cadono ancora insieme con il crac di Lehman, si risollevano sempre insieme e poi a un certo punto le strade si dividono. Siamo più o meno a metà 2001, esplode la crisi del debito in Europa con l'aiuto di un presidente francese della BCE che la acutizza alzando due volte i tassi. Il moschettiere americano prende direzione Nord, quello europeo viaggia di lato. La distanza tra i due si allarga e qualche tempo dopo si perdono del tutto di vista. E' metà del 2016, la Brexit apre un'altra crepa in Europa, il percorso dell'europeo si fa sempre più piatto fino a prendere la discesa, l'americano accelera verso Nord. Il rapporto prezzo/utili non manda allarmi rossi: vent'anni dopo la distanza è abissale. Lo Stoxx600 si è portato avanti di un modesto 34% in vent'anni e si ritrova ancora sotto dov'era subito prima che Lehman saltasse in aria. Praticamente la seconda metà dei vent'anni l'ha passata restando fermo. L'S&P500 invece ha guadagnato circa il 130% e rispetto al pre-Lehman viaggia 1.200 punti sopra dopo essersi avvicinato al raddoppio un paio di mesi fa. Cosa vuol dire questa divergenza? Che le azioni americane sono valutate esageratamente mentre quelle europee sono sottovalutate? I dati non lo dicono, anzi sembrano dire il contrario. In termini di utili per azione lo S&P500 si prepara a chiudere un anno record, che implica una valutazione dell'indice a ridosso di 2.900 punti. Venerdì 7 dicembre ha chiuso a 2.633, nessuna sopravvalutazione. In termini di prezzo/utili siamo in media a 15,4 volte nella prospettiva 12 mesi, poco sotto la media degli ultimi cinque anni e poco sopra quella degli ultimi 10. Per metterla in prospettiva, dal 1870 a oggi la media è a 16,8 volte. Le azioni europee sono un po' più a buon mercato con un p/e a12 mesi di 13,5 volte ma questo riflette una dinamica degli utili più contratta e soprattutto una diversa composizione degli indici. Un grande gap nella tecnologia. Circa un quarto delle società quotate nello S&P500 appartengono alla categoria dei tecnologici, in Europa sono solo il 5% mentre la fanno da padrone energetici e finanziari. I giganti americani che muovono gli indici, da Apple ad Amazon, da Google a Facebook, 20 anni fa praticamente non esistevano. L'unica startup europea che negli ultimi 20 anni ha saputo crescere in modo comparabile rispetto alle americane è la spagnola Zara, nata negli anni 70 ma che ha iniziato l'espansione globale negli anni 90. La tecnologia è il motore della crescita americana e globale. L'Europa è un grande consumatore di tecnologia, ma non un grande creatore e produttore. Sulla tecnologia si sta giocando il grande confronto globale per la leadership economica, ma è una partita tra Usa e Cina che vede l'Europa spettatrice passiva. Tradotto vuol dire che per l'investitore le azioni europee sono una scommessa sul futuro. Tecnologia non vuol dire solo Internet, social media e e-commerce, ma anche ad esempio sanità e alimentare, dove troviamo il biotech americano leader globale. I nani litigano e il cantiere è bloccato. Torniamo a quando le strade dello S&P500 e dello Stoxx600 si sono separate. La gestione confusa, contradditoria e conflittuale della crisi del debito del 2011-12 ha minato la fiducia dell'investitore nel futuro della costruzione europea. Una ferita che la strategia della BCE di Mario Draghi ha evitato diventasse una fonte di infezione devastante. Ma il cantiere dell'Unione si è bloccato. L'unione bancaria e la politica fiscale comune sono ancora concetti vaghi e confusi. La crisi dei migranti e la Brexit hanno aperto altre crepe profonde. Poi è arrivato lo psicodramma italiano. Non esistono una politica estera e una politica della difesa europea. L'Unione doveva trasformare un nano politico in un gigante all'altezza del compito di gestire il mercato economico più grande del mondo. Il risultato sono 27 nanetti che passano il tempo a litigare con la Commissione di Bruxelles nel ruolo di Biancaneve."

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