Bruno Mazzola - AD MoneyController Srl

Bruno Mazzola

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La statistica dice: settembre mese nero per le Borse. Perché?

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 07.09.2016

IlSole24ore di Enrico Marro Se c’è un mese difficile in Borsa, dicono le statistiche, è proprio questo. Dal lontano 1950, il Dow Jones Industrial Average a settembre ha prodotto una perdita media dell’1,1%, mentre negli altri undici mesi ha dato vita a guadagni medi dello 0,8%. Dall’anno della sua nascita, il 1971, anche il Nasdaq in settembre ha sofferto un calo medio dell’1%. Nicola Zanella, di YouInvest, ricorda che si tratta dell’unico mese con rendimenti negativi anche includendo i dividendi distribuiti dalle azioni. Il che spiega perché in letteratura si scriva spesso di “effetto settembre.” «Basti pensare che investendo sul mercato azionario globale (Msci World) solo nel mese di settembre ed escludendo i restanti mesi da fine 1969 al settembre 2011, si sarebbe registrata una perdita del 34% - spiega ancora - ovvero 100 unità di valuta locale investiti a settembre 1970 sarebbero diventati 66». È vero che ad abbassare la media delle performance storiche di questo mese possono aver contribuito crolli epici, come quello del settembre 1931 (-29,7%). Ma è anche vero che i ”settembri” che hanno chiuso in positivo sono meno della metà. Perché esiste questa anomalia? Spiegazioni definitive non sono ancora state trovate, nonostante si tratti di un fenomeno persistente a livello mondiale. Ci sono alcune ipotesi, ma non così convincenti. Una è che i fondi pensione statunitensi hanno periodi fiscali che terminano il 30 settembre e i gestori tendono a liquidare le posizioni in perdita prima di quella data. Un’altra chiama in causa le spese scolastiche e universitarie - che oltreoceano sono assai rilevanti - per cercare di spiegare le vendite di asset. Senza naturalmente dimenticare i “cigni neri”, come il fallimento di Lehman Brothers del 15 settembre 2008. Se invece consideriamo le performance su base trimestrale, l’analisi dell’indice Msci World rivela che il peggior periodo per investire in Borsa è stato quello formato dai mesi di luglio-agosto-settembre: «investendo dal 1970 solo in questi mesi dell’anno, 100 unità di valuta locale sarebbero diventate nel 2011 84, con una perdita totale del 16%», spiega ancora Zanella. Molto più alti e soprattutto sopra il valore iniziale di 100 sono i risultati degli altri trimestri: 346 per gennaio-febbraio-marzo, 220 per aprile-maggio-giugno e 414 per ottobre-novembre-dicembre. Ma in realtà, il terzetto di mesi migliore è quello formato da novembre-dicembre-gennaio, con un risultato finale di 618». Il famoso “rally di Natale” dovuto agli aggiustamenti di portafogli dei gestori, che però a volte resta assente (più o meno giustificato).

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Risparmio. «Brexit? Passerà La vera sfida sono i tassi zero»

Scritto il 01.09.2016

di Giuditta Marvelli Corriere della Sera La scomparsa dei rendimenti è un nodo cruciale. Italiani più consapevoli, ma in pochi hanno una strategia Di Brexit e di altre tempeste che hanno agitato i mercati nel 2016, ci dimenticheremo abbastanza in fretta. «Molto più importante, se si vogliono far valutazioni di lunga gittata, è l’effetto sulle nostre vite dei tassi di interesse a zero»: Andrea Viganò, che guida le attività di BlackRock in Italia, ne è sicuro. E per il gigante mondiale del risparmio gestito (quasi 5 mila miliardi di asset) pensare in lungo e provare a fare i conti in tasca al futuro è il cuore del mestiere, visto che due terzi dei clienti della casa ha obiettivi pensionistici. Qualche anno fa si potevano investire i risparmi al 7% senza rischiare più di tanto. Oggi sappiamo che vivremo più a lungo e che, in compenso, impiegare il denaro a rischio basso rende meno dell’1%», prosegue Viganò. Questi numeri ci dicono che per raggiungere gli stessi risultati bisogna o rischiare di più o risparmiare molto di più. Una bella sfida che cambia parecchio le carte in tavola della previdenza pubblica e privata e che interpella tutti. Anche se sono i ragazzi quelli a cui toccherà il conto più difficile con la sparizione (quasi) generalizzata dei rendimenti.

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......fuga miliardaria dai fondi d’investimento britannici

Scritto il 22.08.2016

IN EVIDENZA - da il Corriere della Sera di Gabriele Principato Nel Regno Unito sembra essere in corso una fuga di capitali dai maggiori fondi del Paese. A giugno sono stati ritirati investimenti — tra M&G, Schroders, Fidelity e Invesco — per oltre 1 miliardo di euro da ognuno. Ad affermarlo è il «Financial Times» in base ai dati della società specializzata in ricerche finanziarie Morningstar. «Fondamentalmente si è trattato di una fuga di investitori ansiosi da questi fondi azionari», spiega Ali Masarwah direttore del team che ha elaborato i dati. Il problema, afferma però il report, non è confinato alla Gran Bretagna: su tutti i fondi azionari europei, inclusi quelli britannici, dopo la Brexit si sono registrati i maggiori prelievi dal 2011 ad oggi. Il 27 luglio l’ufficio di statistica del Regno Unito pubblicherà la stima preliminare sulla crescita del Pil nel secondo trimestre dell’anno. Il periodo in esame però tocca solo marginalmente il post referendum, appena sette giorni. Per capire realmente il contraccolpo del leave sul Pil britannico bisognerà quindi attendere i dati sul terzo trimestre, quello attualmente in corso. Intanto, l’indagine trimestrale della Confederation of British Industry ha rivelato che la fiducia delle imprese del Regno Unito è precipitata al livello più basso dalla crisi finanziaria del 2009.

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Tesoro: pieno asta Bot,tasso a minimo storico, -0,190%

Scritto il 16.08.2016

ANSA Venduti 6 miliardi di euro di titoli ad un anno Scende ad un nuovo minimo storico il rendimento dei Bot annuali. Il Tesoro ha venduto in asta tutti i 6 miliardi di euro del Bot a un anno con tassi in discesa a -0,190% da -0,176% del collocamento di luglio, segnando il nuovo minimo record. La domanda ha superato i 10,5 miliardi.

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Brexit: Bank of England taglia tassi a 0,25% in GB

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 04.08.2016

Via libera a misura attesa da tempo, su sfondo timori recessione ANSA redazione Arriva l'atteso taglio dei tassi d'interesse in Gb: la Bank of England ha deciso di abbassarli dallo 0,5%, allo 0,25, nuovo record storico. La misura - gia' preannunciata dal governatore Mark Carney, ma poi rinviata a sorpresa il 14 luglio - e' interpretata come uno stimolo all'economia britannica sullo sfondo delle incertezze della Brexit, il divorzio dall'Ue votato col referendum del 23 giugno, e dei nuovi allarmi su una possibile recessione. La Boe ha deciso anche di ampliare il piano di acquisti di asset da 375 miliardi di sterline a 435 miliardi. La decisione di pompare altri 60 miliardi di sterline nell'economia è stata presa per contrastare le incertezze del dopo-Brexit. Con questa somma, il totale del programma di quantitative easing nel Regno Unito sale a 435 miliardi di sterline, circa 520 miliardi di euro. Da notare che un componente del Comitato di Politica Monetaria della BoE ha votato contro il taglio dei tassi e tre contro l'incremento del Qe. Boe taglia stime Pil 2017 da 2,3% a 0,8% - La Bank of England ha tagliato drasticamente le stime sul Pil per il 2017 portandole da 2,3% a 0,8% e per il 2018 da 2,3% a 1,8%. Confermate le previsioni di crescita per il 2016 al 2%. La Banca centrale britannica ha evidenziato come la Brexit abbia ridimensionato l'outlook sull'economia del Regno Unito e vede per il trimestre in corso una crescita di appena lo 0,1%. In scia all'indebolimento della sterlina, la Boe si attende un rialzo dell'inflazione all'1,9% nel terzo trimestre del 2017 dalla precedente stima di +1,5%, per poi arrivare al 2,4% in un orizzonte di 2-3 anni.

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Nasce la prima rivista online interattiva

Scritto il 01.08.2016

MoneyController - Finanza e Digital Business è la prima rivista on line interattiva che censisce chi opera nel settore della finanza e del digital business, offrendo, notizie, strumenti di analisi e di calcolo finanziario, oltre che una vivace community. Si tratta dunque di una panoramica completa del modo della finanza che permette ai lettori di conoscere chi sono i players e le loro offerte e di interagire direttamente con loro anche dai propri device mobili. MoneyController, per la sua formula e per la sua originale offerta commerciale, è il nuovo volto dell’advertising finanziario. Gli operatori possono infatti trasformare la pagina di presentazione che li riguarda in un mini sito web gestito direttamente e farsi conoscere ed interagire con le decine di migliaia di utenti interessati ai prodotti finanziari che da anni frequentano abitualmente il sito web di MoneyController. L’offerta commerciale permette di commisurare l’investimento pubblicitario ai reali riscontri ottenuti e mette a disposizione strumenti semplici e puntuali per analizzare in tempo reale il successo del proprio mini sito. È inoltre prevista un’offerta ad hoc per le aziende che gestiscono reti di consulenti o di agenzie. Nel prossimo futuro è pianificata l’attivazione di una funzionalità di e-commerce, che permetterà agli operatori interessati di vendere direttamente prodotti e servizi all’interno di MoneyController, che diventerà così un vero e proprio market place della finanza. Alcuni dati Attualmente abbiamo oltre 10.000 utenti registrati. Negli ultimi 12 mesi gli utenti di MoneyController hanno generato 28.400 portafogli titoli, corrispondenti ad oltre 2,8 miliardi di EURO di masse totali.

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13 azioni su cui puntare secondo Goldman Sachs

Scritto il 14.07.2016

Di Marco Delugan - Soldionline Titoli che potrebbero crescere molto nei prossimi mesi. Dai trasporti navali, alla finanza, passando per l’energia solare. Nessuna certezza, come sempre, ma vale la pena darci un occhio. Gli investitori sono sempre alla ricerca di azioni su cui puntare. Saranno diverse, secondo le strategie che ognuno decide di seguire, secondo le capacità di analisi e i gusti personali. Ma la domanda centrale è sempre quella: cosa acquistare e cosa vendere.E lo stesso fanno le banche d’affari, come Goldman Sachs. Lo fanno basandosi su ricerche approfondite, che certo non sono garanzia di previsioni che si avvereranno con certezza, ma può valere la pena conoscerle.Delle ultime previsioni di Goldman Sachs ha scritto Seth Archer il 7 luglio su Businessinsider. In una recente nota ai clienti, secondo quanto riportato da Archer, la banca d’affari statunitense ha rivelato quali sono i titoli azionari che a suo parere hanno le migliori potenzialità per una forte crescita della quotazione.Sono previsioni che si estendono ai prossimi mesi, non sono quindi di brevissimo periodo. Anche perché, come vedrete, la crescita indicata da GS è piuttosto consistente.Nei numeri che leggerete, il prezzo iniziale è quello indicato da Goldman Sachs come punto da cui parte la sua previsione, così come la stessa Goldman Sachs ha definito la percentuale di crescita, mentre il target price è stato calcolato da Businessinsider perché non fornito dalla banca d’affari. 13. Royal Caribbean Cruises (RCL) Prezzo iniziale: $67,15 Target Price: $90,99 Percentuale di crescita: 35,5% 12. Key Corp (KEY) Prezzo iniziale: $11,05 Target price: $14,99 Percentuale di crescita: 35,7% 11. EOG Resources Inc. (EOG) Prezzo iniziale: $83,42 Target price: $114,04 Percentuale di crescita: 36,7% 10. Juniper Networks (JNPR) Prezzo iniziale: $22,49 Target price: $30,99 Percentuale di crescita: 37,8% 9. Synchrony Financial (SYF) Prezzo iniziale: $25,28 Target price: 34,99 Percentuale di crescita: 38,4% 8. Mylan (MYL) Prezzo iniziale: $43,24 Target price: $60,02 Percentuale di crescita: 38,8% 7. CBRE Group Inc. (CBG) Prezzo iniziale: $26,48 Target price: $38,00 Percentuale di crescita: 43,5% 6. Pioneer Natural Resources (PXD) Prezzo iniziale: $151,21 Target price: $216,99 Percentuale di crescita: 43,5% 5. Signet Jewelers (SIG) Prezzo iniziale: $82,41 Target price: $119,00 Percentuale di crescita: 44,4% 4. Citizens Financial Group (CFG) Prezzo iniziale: $19,98 Target price: $28,99 Percentuale di crescita: 45,1% 3. Affiliated Managers Group (AMG )Prezzo iniziale: $140,77 Target price: $210,03 Percentuale di crescita: 49,2% 2. Regeneron Pharmaceuticals (REGN) Prezzo iniziale: $349,23 Target price: $521,05 Percentuale di crescita: 49,2% 1. First Solar (FSLR) Prezzo corrente: $48,48 Target price: $79,02 Percentuale di crescita: 63,0%

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La ricetta anti-volatilità di Oddo Meriten Am

Scritto il 08.07.2016

Di Ester Corvi - Milano Finanza La delusione per la crescita mondiale, la Brexit e un’Europa che deve trovare un nuovo equilibrio per non rischiare il peggio, continueranno a pesare sul sentiment del mercati azionari. Ecco cone posizionarsi secondo i money manager di Oddo Meriten Asset Management La delusione per la crescita mondiale, la Brexit e un’Europa che deve trovare un nuovo equilibrio per non rischiare il peggio sono elementi che continueranno a pesare sul sentiment del mercati azionari. Il posizionamento consigliato dai money manager di Oddo Meriten Asset Management è prudente, utilizzando i margini di manovra in maniera molto selettiva. 1) Mercati azionari. Un calo del mercato azionario di oltre il 10% e l’allargamento degli spread del credito sul mercato high yield europeo potrebbero offrire una buona opportunità di acquisto per gli investitori disposti a sopportare una forte volatilità nel breve periodo. I mercati emergenti si muoveranno in senso contrario all’apprezzamento del dollaro. Più che precipitarsi a comprare a man bassa, è preferibile effettuare acquisti mirati sfruttando forti flessioni. 2) High yield europeo. A 500 punti base sul crossover, gli esperti consigliano una progressiva eliminazione delle protezioni e reinvestimento del cash. L’aumento dello spread del mercato high yield europeo, con un tasso di insolvenza sempre basso, potrebbe rappresentare una nuova opportunità d’ingresso per gli investitori. 3) Beni rufugio. Sul mercato dei cambi nel breve periodo il dollaro e lo yen possono essere delle buone scelte. È consigliabile inoltre mantenere una posizione sul mercato dell’oro a scopo di diversificazione. In ogni caso meglio privilegiare la liquidità.

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La maggiore fonte di rischi al mondo? Per l’Fmi è una banca tedesca

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 04.07.2016

Redazione economica - Corriere della Sera Con un’esposizione ai derivati pari a circa quindici volte il Pil tedesco, Deutsche Bank è l’istituto che risulta la maggiore fonte potenziale al mondo di choc esterni per il sistema finanziario Con un’esposizione ai derivati pari a circa quindici volte il Pil tedesco, Deutsche Bank è l’istituto che risulta la maggiore fonte potenziale al mondo di choc esterni per il sistema finanziario. È quanto sostiene il Fondo Monetario Internazionale nel suo «Financial Sector Assessment Program». La banca tedesca, che mercoledì ha fallito insieme a Santander gli stress test della Federal Reserve, è, secondo il Fmi, «il più rilevante contribuente netto ai rischi sistemici tra le banche di rilevanza sistemica globale, seguita da Hsbc e Credit Suisse». Non solo, secondo l’istituto di Washington, inoltre, il sistema bancario tedesco pone il maggior grado di rischi di contagio esterni in proporzione ai rischi interni (seguono Francia, Regno Unito e Usa). Il Fmi sottolinea quindi che «la rilevanza di Deutsche Bank sottolinea la necessità di un’intensa supervisione sulla gestione del rischio e di un monitoraggio sull’esposizione transfrontaliera, così come della capacità delle banche di rilevanza sistemica di elaborare nuove procedure di risoluzione». «La Germania», si legge ancora nel documento, «ha bisogno di studiare se i suoi piani di risoluzione delle banche sono applicabili, dal punto di vista, ad esempio, della tempestiva valutazione delle attività da trasferire, dell’accesso continuo alle infrastrutture dei mercati finanziari e dalla possibilità delle autorità di assicurare controlli su una banca con tempi di risoluzione di pochi giorni, con l’imposizione, se necessario, di una moratoria». A rendere vulnerabile l’istituto teutonico è la colossale esposizione a derivati, stimata dalla Banca dei Regolamenti Internazionali come superiore a 50 mila miliardi di dollari, una cifra pari a duemila volte la capitalizzazione di mercato dell’istituto. Secondo la Bri, inoltre, Deutsche Bank e Morgan Stanley contano da sole per il 20% dell’esposizione globale a derivati.

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Il robot batte l’uomo e «guadagna» con Brexit

Scritto il 01.07.2016

di Vittorio Carlini IlSole24ore Gli algoritmi? Con la Brexit hanno guadagnato. Non tutti, è ovvio. Ma ciò che emerge dai dati è chiaro: i robot, negli scambi post-referendum, si sono tolti la soddisfazione di battere gli umani. Gli hedge fund, venerdì scorso, complessivamente hanno perso soldi. Secondo l’Hfrx Global Hedge Fund index la loro performance è risultata in calo dell’1,1%. Guardando, però, ai singoli fondi salta fuori che diversi operatori sono andati in controtendenza. Così, ad esempio, è il caso di uno dei fondi di Lynx Asset Management che ha guadagnato oltre il 5%. Oppure del francese Capital Fund Management. Tutti investitori (e gli esempi potrebbero continuare) con un unico comune denominatore: l’approccio matematico-quantitativo. Una modalità di trading che, evidentemente, ha permesso di evitare gli abbagli presi dal resto del mercato. Già, gli abbagli. Ma quali, allora, le concrete mosse che hanno portato a simili risultati? Una tra tutte, anche a livello d’impostazione della strategia, è stata la maggiore capacità di prescindere dalle proprie convinzioni. Cioè: molti investitori, al di là dei mille e più sondaggi commissionati, hanno inconsciamente operato nel modo più consono alle loro aspettative. È un classico errore, studiato dalla finanza comportamentale, di cui i trader professionisti avrebbero dovuto essere consapevoli. Così, invece, non è stato. Il mondo della finanza, si sa, era di fatto schierato contro la Brexit. Nell’operatività concreta questa aspirazione non avrebbe dovuto inserirsi. Soprattutto in un contesto, come quello del referendum, dove da un lato i due opposti schieramenti erano molto vicini tra loro. E, dall’altro, c’è stato un evento emotivamente drammatico quale l’assassinio della parlamentare Jo Cox. Evidentemente, però, l’essere umano non è (per fortuna) un robot. Di qui uno dei motivi del risultato di molti Hedge Fund. Risultato che, invece, è stato interpretato correttamente da chi, per l’appunto, ha puntato sui sistemi quantitativi e automatici. È il caso di uno dei fondi della californiana Altegris. «La nostra strategia - spiega al Sole24ore Lara Magnusen, Portfolio Manager di Altegris Futures Evolution Strategy Fund - si basa essenzialmente sull’individuare, attraverso ad esempio serie storiche dei prezzi, gli andamenti di lungo periodo dei diversi asset». Un approccio statistico che consente, tra le altre cose, di eliminare i rumori di fondo presenti sul mercato. Così è stato, per l’appunto, con il voto britannico. In particolare rispetto ai sondaggi pubblicati subito dopo la chiusura delle urne. In quel momento la convinzione generale era che il «Remain» avrebbe vinto. Un contesto in cui l’operatore umano, fin lì convinto del successo della «Brexit», sarebbe stato indotto a cambiare posizione. Non, però, il robot. «Il trend di lungo periodo non era mutato - spiega Magnusen -. Il nostro sistema automatico ha proseguito nella sua strategia». La quale, alla fine, si è rivelata quella giusta. Insomma: la presenza umana, tra emotività ed errori cognitivi, può essere stata un handicap. Giusto? Sbagliato? Difficile dire. Di certo, alla base della sostituzione del trader-persona con il robot, c’è soprattutto la convinzione che l’investitore non sia realmente razionale. Vale a dire: gli operatori, nel momento in cui comprano o vendono, sono incapaci di massimizzare il profitto (o minimizzare la perdita). Di qui l’utilità dell’algoritmo. Un’impostazione che, unita anche alla necessità d’interpretare in poco tempo un’enorme mole di informazioni (big data), spinge sempre di più verso l’automazione degli investimenti. Tanto che non deve sorprendere che, secondo gli ultimi dati, oltre il 65% degli scambi azionari globali sia nelle mani dei robot. Tutto rose e fiori, quindi? Ovviamente no. Al di là del problema legato all’High frequency trading, il rischio è di considerare i titoli semplici numeri. Asset slegati dalla realtà che rappresentato e che vengono scambiati solo in funzione di correlazioni o particolari livelli di quotazione. Un mondo dove la Borsa non è più il luogo dove le aziende trovano fonti d’investimento alternativo alle banche. Bensì una piattaforma attraverso cui fare (solamente) soldi dai soldi.

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DOPO LA BREXIT È il momento giusto per comprare?

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Scritto il 27.06.2016

Di Ester Corvi - MF - Milano Finanza Dopo il crollo del mercato azionario nel 1987 un portafoglio diversificato in azioni (60%) e obbligazioni (40%) ha registrato una performance del 21% a distanza di un anno e del 61% a distanza di cinque anni Stai calmo e vai avanti!" Il mantra usato dal governo britannico durante la seconda guerra mondiale può essere per gli investitori azionari, secondo quanto riportato da MarketWatch (gruppo Wall Street Journal), un saggio consiglio da seguire dopo la carneficina di venerdì, conseguente al voto sulla Brexit, con lo Stoxx Europe 600 che ha lasciato sul terreno il 7,03%, il peggior ribasso in un solo giorno dal 10 Ottobre 2008, il Ftse 100 di Londra il 3,2% e il Dow Jones Industrial Average il 3,4% . In questo scenario la volontà di fuggire dal rischio, temendo le conseguenze dell'uscita della Gran Bretagna fino alle estreme conseguenze, cioè la fine dell’Unione Europea come la conosciamo, sembrerebbe la scelta più idonea. Il crollo della sterlina ha dato il segnale più chiaro di come gli investitori si sentano, con la valuta inglese che a un certo punto venerdì ha toccato quota 1,32 dollari, il livello più basso dal 1985. Michael Batnick, direttore della ricerca presso Ritholtz Wealth Management e autore del blog finanziario The Irrelevant Investor, ha tuttavia esortato alla calma, ricordando altri periodi di crisi per mostrare come un portafoglio bilanciato potrebbe reagire nei prossimi anni. Dopo il crollo del mercato azionario nel 1987 un portafoglio diversificato in azioni (60%) e obbligazioni (40%) ha messo a segno una performance del 21% a distanza di un anno e del 61% a distanza di cinque anni. A conferma di questa tesi, dopo il fallimento di Lehman (settembre 2008) lo stesso portafoglio ha realizzato invece un rialzo del 7% a un anno e del 43% dopo cinque anni. "Non ho assolutamente idea di quali saranno le implicazioni, ma sono abbastanza sicuro che la Brexit non è peggiore dei sei eventi più traumatici del recente passato". In sintesi, il punto di Blatnick è mantenere la calma e investire. Ha infatti concluso: "Non sto dicendo che abbiamo già toccato i minimi, ma semplicemente di non vedere tutto nero. Quando un intero indice cade del 10% in un giorno, si trattiene il respiro e si preme il pulsante buy".

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Valute, oro, azioni e titoli di stato, chi vince e chi perde con la Brexit

Scritto il 24.06.2016

Andrea Franceschi - Ilsole24ore Nell’ultima settimana il mercato aveva scommesso forte sulla vittoria del «Bremain» Chi ha fatto questa scommessa oggi deve fare i conti con una colossale perdita. Con la vittoria del «Leave» al referendum sulla permanenza nella Ue il cambio dollaro per sterlina questa mattina è letteralmente collassato con una flessione di oltre il 10%. La valuta britannica è scesa ai minimi da 31 anni. Da «risk on» a «risk off» Nell’ultimo mese i mercati hanno più volte oscillato da un atteggiamento di maggior propensione al rischio (come nell’ultima settimana) a uno di massima avversione in base all’umore di questo o quel sondaggio. Quando l’orientamento risultava favorevole al «Bremain» tutte le classi di investimento più rischiose ne beneficiavano e i cosiddetti beni rifugio perdevano. Con la vittoria del Brexit questo copione si inverte drasticamente. Corsa ai beni rifugio La conseguenza più prevedibile del «Brexit» sui mercati è una corsa ai cosiddetti «beni rifugio». Quelle classi di investimento considerate (a torto o ragione) più solide e pertanto fortemente gettonate quando la volatilità dei listini è massima. È il caso dell’oro che questa mattina ha registrato una violentissima fiammata al rialzo, oppure del titolo di Stato a 10 anni tedesco. Il rendimento del Bund decennale nelle ultime settimane è sceso per la prima volta sotto zero ed è prevedibile che ritorni sotto questa soglia oggi. Tra le valute questa mattina sono molto gettonate in particolare il dollaro americano e lo yen giapponese Fuga dagli asset a rischio Nonostante il Quantitative easing della Bce la vittoria del «Leave» espone i titoli di Stato dei Paesi periferici dell’area euro a pesanti contraccolpi. Anche se la Gran Bretagna non fa parte dell’area euro una sua uscita dall’Ue rischia di alimentare timori sulle possibili spinte centrifughe. In altre parole è lo spettro della «balcanizzazione» dell’Europa che torna a turbare i sonni degli investitori. Banche italiane esposte alla speculazione Seppur esposti al fuoco della speculazione BoT e BTp possono comunque contare sullo scudo del Quantitative easing della Bce. Uno scudo che invece non hanno le banche italiane che in questi mesi sono diventate il bersaglio preferito di chi vuole speculare contro il nostro Paese. Nell’ultima settimana, complice un clima di fiducia degli operatori sul mantenimento dello status quo in Gran Bretagna, l’indice settoriale bancario ha guadagnato il 20%. È logico aspettarsi che questo rally si dissolva

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