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Coefficienti di trasformazione, cosa sono e come influiscono sulla pensione?

Scritto il 03.02.2021

A gennaio sono scattati i nuovi coefficienti di trasformazione in rendita per le pensioni, dal 1996 ad oggi la stima è che i vari "ritocchi" abbiano portato ad una diminuzione del 15% dell'assegno pubblico. Ma partiamo dalle basi, cosa sono i coefficienti di trasformazione? Partiamo col dire che questi coefficienti influenzano solo le pensioni (o quote delle stesse) calcolate con il metodo contributivo, quindi nello specifico : 1. 2. 3. I lavoratori con contribuzione versata a partire dal 1° gennaio 1996 i quali, com'è noto, hanno tutto l'assegno determinato con il sistema di calcolo contributivo; I lavoratori in possesso di contribuzione alla data del 31.12.1995 i quali hanno l'applicazione del sistema contributivo limitata alle sole anzianità maturate successivamente al 1° gennaio 2012 (se in possesso di almeno 18 anni di contributi al 31.12.1995) oppure al 1° gennaio 1996; I lavoratori che optano per la liquidazione della pensione con il calcolo contributivo ai sensi dell'articolo 1, co. 23 della legge 335/1995.  I coefficienti di trasformazione sono dei valori che servono a trasformare in pensione annua il montante accumulato dal lavoratore nel corso della sua vita lavorativa (montante contributivo). Si tratta di parametri che variano in base all'età anagrafica alla quale il lavoratore richiede la pensione. In particolare gli stessi crescono al crescere dell'età alla quale il lavoratore andrà in pensione, questo perchè sono legati alla speranza di vita dello stesso, più a lungo il lavoratore prenderà la pensione più è alto il rischio che andrà ad utilizzare l'intero montante. Il principio, infatti, alla base del sistema contributivo è che più tardi si andrà in pensione maggiore sarà l'importo dell'assegno che potrà essere ottenuto perchè minore sarà la durata della vita (potenziale) del beneficiario. I coefficienti di trasformazione sono utilizzati anche nelle forme di previdenza privatizzate (come ad esempio le casse professionali e l'Enasarco) per la determinazione delle pensioni contributive o delle quote di pensione contributive. Il meccanismo alla base è il medesimo anche se i singoli valori sono leggermente differenti da quelli applicati dall'Inps. Il loro adeguamento di riflesso porta ovviamente anche all'adeguamento dei coefficienti dei vari prodotti previdenziali. Ad esempio, se un lavoratore ha accumulato un montante di 100mila euro, e il coefficiente di trasformazione della età corrispondente alla sua pensione fosse 5,60%, questo vorrebbe dire che la pensione lorda annua ammonterebbe a 5600 euro. Con lo specchietto seguente vediamo come i nuovi  coefficienti di trasformazione impatteranno sulle pensioni : Per ottenere la stessa pensione un 30enne o un 40enne sarebbero costretti ad integrare la stessa con dei versamenti alla previdenza complementare come illustrato accanto (elaborazione Progetica tratta da Milano Finanza):   Ecco perchè una buona pianificazione può aiutarci durante la vita lavorativa a costruire un tenore di vita adeguato ai nostri progetti pensionistici, un consulente previdenziale può affiancarci nel percorso adeguando le nostre aspettative ai cambiamenti che man mano ci saranno nel mondo del lavoro, della previdenza oltre che alle nostre nuove possibili esigenze.   Se vuoi saperne di più non esitare a contattarmi.

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Da fare entro il 31/12 : stai sfruttando al massimo il beneficio fiscale del tuo fondo pensione?

Scritto il 14.12.2020

Una delle agevolazioni derivanti dal versamento di un contributo nella previdenza complementare è la possibilità di dedurre dai redditi gli importi versati fino a 5164,57 euro. Dedurre vuol dire che i contributi vanno a ridurre per pari importo il reddito imponibile dando origine ad un risparmio immediato sotto forma di minori imposte IRPEF. Questi importi saranno poi tassati al momento della liquidazione del fondo pensione con l’aliquota agevolata riservata alla previdenza complementare dal legislatore. Ma cosa succede se annualmente verso più dei 5164,57 euro? Può accadere che volontariamente per ottenere una rendita specifica o a seguito del contributo del datore di lavoro si vada a superare il massimo deducibile, andando a creare i cosiddetti “contributi non dedotti”. Non potendone sfruttare la fiscalità durante la fase di accumulo il Legislatore ha concesso il beneficio dell’esenzione della tassazione al momento della liquidazione, ma non è un meccanismo automatico. Ogni anno entro il 31/12 vanno calcolati questi contributi e comunicati al fondo pensione che registrerà l’evidenza al proprio interno per ogni anno in cui questo avviene. Il risparmio fiscale totale può diventare importante ma non sempre viene sfruttato a causa della mancanza di comunicazione di questa informazione. Per le posizioni dirigenziali è importantissimo non tralasciare questa comunicazione. Hai comunicato ogni anno i contributi non dedotti? Se non sai come procedere contattami e ti aiuterò a farlo.

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Chi vuol esser centenario?

Scritto il 05.12.2020

Italiani popolo di inventori, navigatori e... CENTENARI! Già, in Italia come nel mondo si vive sempre più a lungo, oltre ad essere una buona notizia questo ci fa capire che abbiamo sempre più bisogno di essere previdenti e pianificare la nostra vecchiaia. Con l’aspettativa di vita in aumento, risparmiare per avere un tenore di vita adeguato per gli anni della pensione diventa sempre più importante. Il cosiddetto Longevity risk, ossia ‘rischio di longevità’, non è altro che il rischio potenziale associato all’effettiva durata della vita, che può arrivare a superare significativamente quelle che sono le nostre aspettative. Questa longevità significa che le persone trascorreranno sempre più anni senza lavorare e con risparmi che potrebbero non essere sufficienti a mantenere un reddito adeguato al periodo della pensione, avremo quindi il rischio di sopravvivere ai propri risparmi. Uno degli errori più comuni è non iniziare abbastanza presto a pianificare la pensione o addirittura non occuparsene per niente. Risparmiare l’importo adeguato per quando potremo smettere di lavorare è importante, così come lo è altrettanto scegliere la tipologia di rendita giusta quando sarà il momento. Quindi dovremmo quanto prima ragionare su che tipo di reddito vorremmo avere e muoverci per poterlo ottenere. Accanto alla pianificazione previdenziale però andrebbe anche attivata una copertura assicurativa che ci protegga dal rischio di non autosufficienza. Secondo un indagine del Sole24Ore infatti soltanto il 9,5% degli anziani può permettersi una badante stabile che conviva con loro e li aiuti nella vita di tutti i giorni. Come possiamo cercare di ridurre questo rischio? Esistono ormai da tempo sul mercato le cosidette polizze “Long Term Care” : servono a garantirsi un futuro il più sereno posssibile dal punto di vista finanziario, nel malaugurato caso in cui si debba far fronte ad una condizione di non autosufficienza, coprono infatti in modo totale o parziale (attraverso l’erogazione di una rendita prestabilita) le spese relative alla non autosufficienza. Pensandoci per tempo non tuteliamo soltanto noi stessi, ma l’equilibrio finanziario ed economico dei nostri cari, alleggerendoli anche dal punto di vista emotivo visto che non avranno preoccupazioni relative alla parte economica e potranno organizzarsi nel migliore dei modi per far fronte alla delicata situazione che si verrebbe a creare. Anche in questo caso pensarci per tempo è importante, prima la polizza viene sottoscritta e minore sarà il costo che dovremmo sostenere. Vogliamo essere centenari senza pensieri? Pianifichiamo per tempo una pensione integrativa ed una polizza long term care, il nostro futuro sarà meno incerto.      

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GLI OBIETTIVI DI VITA STANNO CAMBIANDO, QUALI SONO I TUOI?

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  • Consulenza patrimoniale
Scritto il 01.12.2020

Come diceva Napoleon Hill, “Un obiettivo è un sogno con una data di scadenza” Nello scorso articolo abbiamo parlato di come la maggioranza dei risparmiatori italiani stia tenendo il proprio patrimonio sul conto corrente per paura di perdere denaro, e perché “non si sa mai”. Prima di approfondire quali sono gli obiettivi più comuni per fasce di età, cominciamo con il definire come identificare gli obiettivi. La caratteristica principale per la quale un obiettivo possa definirsi realizzabile è che sia SMART, più nel dettaglio : SPECIFICO : deve essere definito, dobbiamo sapere chiaramente cosa vogliamo ottenere, come e perché; MISURABILE: dobbiamo poterlo esprimere numericamente, in modo da poter monitorare i progressi e sapere quando lo abbiamo raggiunto; AVVINCENTE: deve essere un obiettivo sfidante, che ci invogli ad impegnarci per realizzarlo;RAGGIUNGIBILE: deve essere realisticamente raggiungibile con le risorse a nostra disposizione, un obiettivo irrealizzabile ci demotiverebbe. TEMPIFICATO: deve prevedere una data di scadenza in modo da poterlo controllare nel tempo. Per esempio, “voglio diventare ricco” non è un obiettivo SMART, voglio diventare milionario entro i prossimi 30 anni invece lo è, o per lo meno possiamo verificarne facendo un piano la fattibilità.   Da diversi sondaggi effettuati sulla popolazione sono emersi questi risultati :       PERCHE’ INVESTO ( 40 - 60 ANNI) Gestire eventi inattesi Istruzione e sostegno economico dei figli Accumulare per la vecchiaia Viaggiare Acquistare la prima casa   PERCHE’ INVESTO (60 - 80 ANNI) Gestire eventi inattesi Mantenere il proprio tenore di vita Aiutare finanziariamente figli e nipoti Viaggiare Proteggere il patrimonio dal fisco. Tutti questi obiettivi possono essere trasformati in Obiettivi Smart. Scrivimi e lavoreremo per dare una data di scadenza ai tuoi sogni.

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Conto corrente : l’investimento senza rischio con cui sei sicuro che perdi, SEMPRE.

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 24.11.2020

Il 21 ottobre il Sole 24 ore titolava così, i risparmiatori italiani impauriti stanno continuando ad aumentare la liquidità sui conti correnti che da qualche anno era già a livelli record. Perché succede questo? Per paura degli investimenti e perché si ha la sicurezza che lasciandoli sul conto il valore rimanga inalterato nel tempo, ma è davvero così? Vorrei provare in parole semplici a dimostrarti perché non è così, mantenere i tuoi risparmi sul conto corrente è l’unico modo in cui puoi essere certo di perdere soldi! Ma quindi è sbagliato tenere liquidità sul conto corrente? La risposta è dipende. Dipende dall’ammontare, e soprattutto dalla motivazione per cui lo faccio, se fra 3 mesi devo fare il rogito di casa manterrò i soldi sul conto corrente senza rimorsi, ma se non ho spese in previsione nel prossimo futuro e tengo i soldi sul conto perché “non si sa mai” è sicuramente la scelta sbagliata. In questo grafico possiamo vedere il rendimento medio annuo e cumulato dei fondi obbligazionari globali e di quelli azionari globali. In 10 anni 10.000 euro tenuti sul conto corrente rimarranno 10mila euro ma a causa dell’inflazione avranno un potere di acquisto pari a 8.750 euro, in fondi azionari sarebbero passati a 22.984 euro nominali mentre in quelli obbligazionari 13.855 euro. Quindi la scelta migliore quale è? Rivolgersi ad un professionista per pianificare i propri obiettivi e in base a quelli scegliere l’investimento migliore per evitare la perdita certa che avremo mantenendo tutti i nostri risparmi sul conto corrente.

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Ma se non lo deduco totalmente, il fondo pensione conviene lo stesso?

Scritto il 20.11.2020

Oggi durante un appuntamento un cliente mi ha posto questa domanda “Mio figlio ha da poco iniziato a lavorare, i suoi redditi non gli permettono di sfruttare totalmente la possibilità di deduzione dei fondi pensione, gli conviene lo stesso attivarlo e versarci?” Partiamo dallal prima domanda, “conviene attivarlo?” La normativa prevede che ai fondi pensione si applichi una ritenuta a titolo di imposta con aliquota del 15%, ridotta di una quota pari a 0,30% per ogni anno di partecipazione eccedente il quindicesimo, con un limite massimo di riduzione del 6% (arrivando così ad un’aliquota del 9% dopo 35 anni. Alla luce di questo, conviene aprire la posizione il prima possibile proprio per sfruttare i benefici derivanti dall’anzianità di adesione. Passiamo alla seconda domanda, “conviene versarci?” La stessa normativa prevede per chi ha iniziato a lavorare dopo il 2007 il Plafond non dedotto nei primi 5 anni di adesione, possa essere utilizzato dal 5’ al 25’ anno con un massimale annuo totale di 7.746,86€ . Ovviamente questo discorso può essere allargato anche ai liberi professionisti, soggetti con flat tax, forfettari o lavoratori precari. Con una buona consulenza previdenziale si può anche costruire un capitale da sfruttare dal quinto anno per usufruire dei benefici fiscali nel momento che potranno essere utilizzati. La previdenza complementare quindi è sempre una buona soluzione, ci sono molte sfaccettature che la rendono un ottimo strumento di pianificazione. E’ un’ottima idea ad esempio aprirne uno per ogni figlio, anche se minorenne, sarebbe come regalargli l’aliquota di tassazione minima sulle prestazioni. Voi lo avete già fatto? Dobbiamo usare il tempo come uno strumento non come una poltrona (J.F.K.)

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Se ti dicessi che non conoscere l’ISC potrebbe farti perdere il 21% di rendimento sul tuo fondo pensione?

Scritto il 16.11.2020

L’indicatore sintetico dei costi (ISC) rappresenta in percentuale l’ammontare deicosti che sosteniamo annualmente aderendo a una forma pensionistica complementare (includono quindi non solo i costi di gestione ma anche quelli di ingresso e/o amministrativi). Il calcolo effettuato sulla base di diverse ipotesi definite dalla COVIP,quali l’ammontare dei versamenti, i rendimenti e la permanenza nella forma pensionistica complementare (2, 5, 10 e 35 anni). Questo dato lo troviamo dichiarato nelle schede costi dei fondi pensione e ci permette di confrontare agevolmente i vari prodotti sul mercato. Naturalmente noterete che il valore all’allungarsi della permanenza diminuisce, questoaccade perché i costi fissi vengono spalmati su una posizione che nel tempo tende a crescere. Per farvi notare la differenza da un prodotto all’altro, a titolo esemplificativo, allego le tabelle prese da 3 schede costi, Alleata Previdenza di Alleanza, TaxBenefit New di Mediolanum e Allianz Previdenza di Allianz Bank. Sono 3 fondi in cui è possibile versare sia i contributi personali, che il TFR, che il contributo del datore di lavoro. Alla fine capirete come i costi andranno ad impattare in maniera significativa sul capitale a scadenza. Cominciamo con Alleata Previdenza : Proseguiamo con Allianz Previdenza : Terminiamo col prodotto di Banca Mediolanum : Come avrete notato l’ISC può cambiare in maniera importante, ad esempio nel comparto azionario partiamo dall’1,49% di Allianz, e passando per il 2,76% di Alleata Previdenza arriviamo al 3,22% di Mediolanum. Partiamo dal presupposto che tutti i fondi azionari analizzati avranno un rendimento medio annuo del 7%, e che per sfruttare i benefici fiscali verseremo 5mila euro annui per 25 anni (in totale 125mila euro). QUANTO IMPATTERANNO I COSTI SUL MONTANTE FINALE? Allianz Previdenza : togliendo al 7% il costo di 1,49 % otteniamo un rendimento di 5,51%, svilupperà in 25 anni un montante di 256.120 euro, Alleata Previdenza : togliendo al 7% il costo di 2,76 % otteniamo un rendimento di 4,24%, svilupperà in 25 anni un montante di 215.091 euro, TaxBenefit New : togliendo al 7% il costo di 3,22 % otteniamo un rendimento di 3,78 %, svilupperà in 25 anni un montante di 202.166 euro, Fra la soluzione più economica e la più cara avremo una differenza del 21% circa pari a ben circa54mila euro. Soldi persi per non aver fatto una scelta consapevole all’atto della sottoscrizione delfondo. Per fortuna la normativa italiana permette di spostarsi da un fondo all’altro dopo 2 anni rendendo possibile tornare sulle proprie scelte. Hai mai esaminato il tuo fondo pensione? Vuoi un’analisi comparativa con la concorrenza ? Scrivimie potremo esaminare sia i costi di gestione che il profilo di rischio scelto.  

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Manager alla ricerca della felicità (perduta)

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 11.11.2020

Oggi mi sono imbattuta in un articolo comparso su FederManager a firma di Enrico Finzi in cui si parlava di come i manager risultino essere più felici del resto della popolazione. Ma è proprio così? Felicità e serenità vanno di pari passo? Si può fare qualcosa per recuperare la serenità perduta? In questo estratto dell’articolo si evince che si, forse i manager sono più felici rispetto al resto dei lavoratori, ma emerge un grave problema: "In gran parte la soddisfazione aziendale dei dirigenti e dei quadri superiori NON ha a che fare con il ruoloe la sua gestione, con il "mestiere" e con le condizioni in cui viene svolto. In altrte parole, in Italia i manager appaiono più felici di molti altri gruppi socio-professionali non in quanto manager, ma per altre caratteristiche della loro vita, quali il livello culturale, lo stato di salute, il reddito netto, il tasso di risparmio evoluto, l'ampiezza e la qualità delle relazioni interpersonali, ecc..." D’altronde se andiamo ad esaminare un altro studio, (pubblicato sempre da FederManager a maggio 2020), possiamo vedere coma la perdita del lavoro, che già era una delle preoccupazioni maggiori dei dirigenti d’azienda, in questo periodo di crisi la faccia da padrone. Affiancata dalla difficoltà ad un ricollocamento a seguito del licenziamento : A fronte di queste dichiarazioni, che strategie stanno mettendo in atto per fronteggiare la crisi? Quindi l’infelicità potrebbe essere legata più alle preoccupazioni che alle mancate soddisfazioni legate alla vita lavorativa o privata. Come si potrebbe essere felici eliminando alcune preoccupazioni dalla propria professione? Essendomi specializzata nella consulenza ai manager aziendali, ho avuto modo di confrontarmi con molti di loro su questo studio , ed è emerso che la preoccupazione della perdita del lavoro è, in realtà, un pensiero costante che si è solo amplificato a seguito della crisi degli ultimi mesi. Avendo affrontato durante la consulenza, la possibilità che nella carriera di un manager si debba far fronte ad una temporanea perdita del lavoro, una corretta pianificazione finanziaria (in cui sono di supporto) permette di poter affrontare in tranquillità il periodo che sarà necessario per ricollocarsiin un’altra azienda, oppure il tempo che intercorre per aver diritto al pensionamento. I dirigenti con cui ho affrontato questa tematica, oggi possono contare su delle risorse accantonate che gli permettono maggiore serenità. In questo caso come direbbe John Bogle, il fondatore del colosso americano Vanguard, uno dei più importanti al mondo, “Time is your friend” il tempo è nostro amico. Tempo, un progetto ed un professionista che vi affianca potrebbero essere la giusta strategia per ritrovare la serenità e concentrarsi sulle altre  preoccupazioni che caratterizzano questa professione e che sono emerse da questa ricerca.                                                                                                                      

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Chi ti segue?

Scritto il 06.11.2020

Oggi vorrei rispondere alla domanda di un lettore inerente la previdenza complementare. Incuriosito sul dato della bassa adesione ai fondi pensione mi chiedeva informazioni rispetto agli aspetti gestionali nel medio-lungo termine ed eventuali rischi connessi al capitale accantonato. La pensione è un’esigenza concreta per gliitaliani: dopo la riforma Dini del 1995, conl’attuazione del sistema «contributivo» il tasso disostituzione tra ultimo stipendio e il primo assegno pensionistico, sarà sempre più basso ed il tenore di vita, se non si corre ai ripari, sarà destinato immancabilmente a scendere. Aderire ad un fondo pensione non basta, dobbiamo rivolgerci ad un professionista che ci aiuti a pianificare il nostro futuro e a monitorarnel’evoluzione. Va elaborato un vero e proprio “progetto previdenziale” che utilizzi unacombinazione di strumenti finanziari e non, per aiutarci ad arrivare senza pensieri al momento della pensione. Abbiamo quindi bisogno di un consulente finanziario che “CI SEGUA” e ci affianchi durante la nostra vita lavorativa, monitorando il nostro percorso, il raggiungimento dei nostri obiettivi, e mettendo in atto dei correttivi qualora ce ne fosse bisogno. Non basta soltanto aderire alla previdenza complementare, ci sono diversi aspetti da affrontare col proprio consulente : In base agli anni che mancano alla pensione dovremmo scegliere come investire i soldi che verseremo nel fondo pensione (meno anni mancheranno al momento del pensionamento e più basso dovrà essere il rischiodell’investimento). Va calcolato il gap previdenziale, utilizzando deli software che ci aiutino a capire quanto lapensione sarà più bassa dell’attuale stipendio.Dopo averlo fatto potremmo decidere che importo dedicare alla previdenza complementare. Durante la vita lavorativa va monitorato il percorso per adeguare la scelta ai nuovi livelli di stipendio dovuti magari ad una promozione, alla perdita del lavoro o al cambio di azienda, o magari semplicemente al desiderio di avere una pensione più elevata rispetto a quantoprogrammato all’inizio. Vanno anche monitorati i versamenti e comunicati gli eventuali contributi non dedotti. La previdenza complementare ha delle agevolazioni fiscali importanti che sarebbe un peccato non sfruttare. Non ultimo, al momento del pensionamento potremmo farci illustrare le caratteristiche dei vari tipi di rendite per effettuare la scelta migliore per noi stessi e per i nostri cari. Per quanto riguarda i rischi connessi al capitaleaccantonato, l’importante è scegliere il percorsopiù adatto alle nostre esigenze. Nel caso oltre al contributo volontario si versasse anche il TFR i rischi diminuirebbero notevolmente. Infatti lasciando il TFR in azienda lo stesso potrebbe essere utilizzato come liquidità dal datore di lavoro e poi non essere prontamente disponibile in caso di dimissioni/licenziamento/pensionamento (pensiamo a cosa potrebbe accadere se l’aziendafallisse ad esempio). Nelle aziende con più di 50dipendenti invece, verrebbe versato all’INPS chesfortunatamente sempre più spesso sta utilizzando i soldi provenienti dai versamenti del TFR per finanziarie altro (reddito di cittadinanza,disoccupazione, cassa integrazione). Nell’immagineun articolo di poche settimane fa in cui si parla proprio di questo problema. Non hai ancora aderito alla previdenza complementare? Lo hai fatto ma vuoi verificare che le scelte effettuate finora siano giuste? Cosa stai aspettando? Contattami e ti spiegher come farlo.

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"Vorresti andare in pensione con Rita ?"

Scritto il 30.10.2020

Il tuo sogno è quello di poter andare in pensione prima del tempo? Ti stai chiedendo se è possibile davvero farlo? La risposta è SI, ora ti spiego come! R.i.t.a. non è una bella ragazza ma una nuova opzione istituita con la Legge di Bilancio 2018 per anticipare la pensione di vecchiaia (quella che si ottiene al raggiungimento dei 67 anni con 20 anni di contributi), si tratta della Rendita Integrativa Temporanea Anticipata che permette a chi soddisfa determinati requisiti di poter realizzare il sogno "voglio smettere di lavorare e godermi la vita". Ma veniamo ai requisiti necessari : aver aderito da almeno 5 anni alla previdenza complementare ed aver accumulato un montante tale che ci permetta di mantenere un adeguato tenore di vita fino al compimento dell'età per richiedere la pensione di vecchiaia, raggiungere l'età pensionabile entro 5 anni e aver versato almeno 20 anni di contributi, oppure in alternativa • essere inoccupato da almeno 24 mesi e compiere l'età pensionabile entro i successivi 10 anni.   Soddisfatti questi requisiti si potrà richiedere al fondo pensione di avere un anticipazione di tutto o di parte del montante accumulato, verrà erogato a rate dal momento della richiesta al momento della maturazione dei requisiti pensionistici. E come verrà tassato? Con un'aliquota massima del 15 % e minima del 9% a seconda degli anni di permanenza nel fondo. E ricordatevi che in caso dovreste ripensarci o dovreste ricominciare a lavorare la R.i.t.a. può essere revocata. Non hai ancora aderito alla previdenza complementare? Cosa stai aspettando? Contattami e ti spiegherò come farlo.    

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DUBBIO AMLETICO : TFR IN AZIENDA O NEL FONDO PENSIONE? ANALIZZIAMO LA TASSAZIONE

Scritto il 28.10.2020

Dall’ultimo rapporto COVIP risulta che meno del 35% dei lavoratori ha optato per l’adesione alla previdenza complementare. Molti di loro lo hanno fatto senza conoscere una dei benefici fiscali più importanti dati dal trasferimento del TFR nel fondo pensione, la tassazione del TFR. Cominciamo con l’illustrare come viene calcolata la tassazione se il TFR lasciato in azienda viene liquidato in busta paga, per farlo abbiamo bisogno di conoscere due dati : Il numero di anni di anzianità di servizio Le aliquote IRPEF relative agli anni oggetto del calcolo. Il TFR infatti non viene tassato secondo le aliquote ordinarie IRPEF, ma in tassazione separata. Per ottenere il TFR lordo bisogna considerare il reddito lordo dell’ultimo anno di lavoro (dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno di riferimento). Tale importo va diviso per 13,5 e a questo risultato va sottratto lo 0,50% (retribuzione soggetta a contribuzione INPS a titoli di contributo per il Fondo Adeguamento Pensione). Tale risultato va sommato al TFR accantonato negli anni precedenti e rivalutato ogni 31 dicembre. Si ottiene così il TFR lordo complessivo. Sulla base dell’importo del Tfr lordo sarà il datore di lavoro a dover effettuare il calcolo necessario per determinare l’importo del Tfr netto.A tale fine, il sostituto d’imposta, ovvero il datore di lavoro, dovrà seguire i seguenti passaggi: Per ottenere il TFR lordo bisogna considerare il reddito lordo dell’ultimo anno di lavoro (dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno di riferimento). Tale importo va diviso per 13,5 e a questo risultato va sottratto lo 0,50% (retribuzione soggetta a contribuzione INPS a titoli di contributo per il Fondo Adeguamento Pensione). Tale risultato va sommato al TFR accantonato negli anni precedenti e rivalutato ogni 31 dicembre. Si ottiene così il TFR lordo complessivo. determinare la base imponibile come somma dei Tfr accantonati nel corso degli anni e rivalutati; determinare il reddito di riferimento; determinare l’aliquota media di tassazione; calcolare l’imposta Irpef. Non è finita qui: l’Agenzia delle Entrate ricalcolerà l’imposta con riferimento all’aliquota media risultante dalle dichiarazioni fiscali degli ultimi 5 anni. Per il calcolo del TFR netto occorre guardare al cosiddetto reddito di riferimento. Il reddito di riferimento si calcola moltiplicando il TFR maturato complessivamente (in busta paga) per 12 e dividendo il risultato per gli anni di formazione del TFR. Il reddito di riferimento viene così tassato in base alle aliquote e agli scaglioni di reddito vigenti nell’anno di cessazione del rapporto di lavoro. Moltiplicando per 100 il rapporto tra imposta sul reddito di riferimento e reddito di riferimento si ottiene dunque aliquota media di tassazione che il datore di lavoratore applica al TFR in erogazione. Supponiamo adesso che il TFR maturato (rivalutato e tassato) alla fine di un rapporto di lavoro durato 35 anni ammonti a 85.000 euro. Per calcolare il reddito di riferimento si dovrà moltiplicare quest’ultimo importo (€ 85.000) per 12 e dividerlo per gli anni di durata del rapporto (35). Si otterrà: € 85.000*12/35 anni=29.142 euro. Applicando a questo reddito di riferimento di 29.142 euro le aliquote attuali, si paga un’aliquota Irpef del 23% per la quota fino ai 15 mila euro (ossia appunto 3.450 euro) e il 27% per la quota eccedente fino a 28.000 euro (13.000*0,27=3510) e infine si pagherà il 38% sull’importo residuo (1.142*0,38=433,96). Ossia un totale di 7.393,96 euro che su 29.142 euro significa un’aliquota media del di lavoro applicherà a tutto il TFR e che in pratica costituisce la sua forma di tassazione 25,37 % Sarà questa l’aliquota che il datore principale. Così si otterrà il TFR netto che però sarà sottoposto a un controllo dell’Agenzia dell’Entrate. Come detto l’Agenzia delle Entrate confronterà infatti questo risultato (e questa imposta) con quello che sarebbe derivato dall’applicazione dell’aliquota media degli ultimi cinque anni (solo sul TFR maturato dopo il 2001). In caso di saldo a debito il contribuente dovrà versare la differenza che gli sarà comunicata. In definitiva dunque è sull’aliquota media degli ultimi cinque anni che dovranno effettuarsi i calcoli per la tassazione del TFR netto. Ma se avessimo versato il TFR in un fondo pensione? La normativa vigente prevede una tassazione massima del 15% decrescente in base all’anzianità di adesione con un minimo del 9%. Il decremento dell’aliquota comincia dal 15’ anno dall’adesione con un decremento annuale dello 0,30% che lo porterà a 35 anni dall’adesione ad essere del 9%. Nell’esempio fatto in precedenza avremmo un risparmio fiscale minimo del 10%. Quindi ora vi domando, avete già aderito alla previdenza complementare? Avete dato mandato al datore di lavoro di trasferirci il TFR? Se la risposta fosse NO vi chiedo “cosa aspettate a farlo?” Rivolgetevi quanto prima ad un consulente esperto in materia previdenziale per sfruttare uno dei tanti benefici della previdenza complementare    

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Perchè gli ETF non sono sempre la soluzione ottimale?

Scritto il 05.09.2019

Quante volte avete letto negli ultimi mesi che gli ETF sono da preferire ai fondi a gestione attiva in quanto più economici dal punto di vista commissionale? Ci sono numerosi consulenti o pagine di consulenza finanziaria che hanno fatto di questo motto il loro mantra. Con la foto allegata possiamo dimostrare che non è sempre così, se vengono scelti fondi di ottima qualità e con un team di gestione importante si trovano spesso belle soprese. In questo caso in BLU potete vedere un fondo di investimento azionario, in LILLA e GIALLO due ETF azionari complementari al fondo, e infine in VERDE l'indice azionario mondiale MSCI World. Si può notare che al netto delle commissioni il fondo sul giusto orizzonte temporale batte sia gli ETF che l'indice di riferimento.  Non è un caso unico sul mercato, molti fondi di investimento 5 stelle Morningstar soddisfano queste caratteristiche. Prenotate un appuntamento telefonico gratuito per una valutazione personalizzata 

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