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3 alternative valide al BTP Valore febbraio 2024

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Scritto il 07.02.2024

Il prossimo 26 febbraio il ministero del Tesoro proporrà alle famiglie italiane un nuovo Btp Valore, le cui caratteristiche di fondo ricalcano, in buona parte, quelle della precedente emissione avvenuta lo scorso ottobre. il Btp Valore Propone agli investitori un meccanismo di remunerazione un po' più complesso di quello tradizionale: la cedola step up, cioè un meccanismo che consente di ottenere cedole crescenti nel tempo. Quel che si sa al momento è che il prossimo Btp Valore avrà una durata di sei anni e pagherà una cedola ogni tre mesi, con un premio finale dello 0,7% per gli investitori che terranno il titolo in portafoglio dall'emissione fino alla scadenza. A partire dal quarto anno, il rendimento corrisposto aumenterà rispetto ai primi tre. Nello specifico, Il prossimo 23 febbraio il Mef comunicherà i rendimenti delle due rispettive fasi: solo a quel punto sarà possibile calcolare il rendimento effettivo del Btp Valore e fare un confronto con gli altri Btp attualmente sul mercato. La cedola crescente è un vantaggio? Bisogna prestare molta attenzione al meccanismo di step up, poiché esso di norma comporta cedole inferiori alla media di mercato nei primi anni e superiori nella seconda terzina, va per cui considerato in primis il rendimento medio di periodo che sapremo calcolare appena saranno emessi i rendimenti definitivi. Va però considerato anche il fatto che cedole inferiori alla media di mercato nella prima terzina (?) portano ad una riduzione sostanziale del rendimento reale dello strumento (cioè al netto dell'inflazione), che nei prossimi anni è prevista in decisa flessione ma che al momento ancora morde i risparmi degli italiani. Esistono alternative? L'orizzonte temporale di 6 anni non è basso e anche se scontato tengo a precisare che uscire da un BTP prima della scadenza può portare ad una perdita del capitale. Per cui considerando lo stesso orizzonte temporale, è possibile valutare le seguenti soluzioni migliorative rispetto al BTP Valore: Portafoglio diversificato in BTP: con un pò di maestria è possibile costruire un portafoglio di investimento in BTP ripartito su varie scadenze in base alle proprie esigenze, ripartendo il portafoglio in breve, medio e lungo termine. Questa soluzione consente di svincolare se necessario, parte del capitale prima dei 6 anni, oppure reinvestire i rimborsi delle varie scadenze dei BTP rinnovando le scadenze, generando da un lato maggiore flessibilità e dall'altra un rendimento effettivo a scadenza più alto rispetto al Valore grazie alla quota parte del portafoglio allocata in BTP a lungo termine. Fondi a capitale protetto: alcune banche offrono in questo periodo fondi a capitale protetto che consento di generare rendimenti cedolari spesso più alti di quelli del BTP di pari scadenza e allo stesso tempo di preservare il capitale investito alla scadenza (come un normale BTP che a scadenza rimborsa il capitale investito) Combinazione BTP Valore + PAC: al semplice BTP valore è possibile unire un PAC sul mercato azionario nel quale è possibile reinvestire le cedole generate, l'orizzonte temporale di 6 anni è sufficientemente lungo per generale con buone possibilità un rendimento superiore a quello del BTP tramite il comparto azionario, che in questa soluzione sarebbe composto dalle sole cedole generate, senza rischiare per cui capitale, questa soluzione ci consente un boost sul rendimento del mero BTP Valore e la protezione del nostro capitale alla scadenza dei 6 anni.  

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Mantenere la casa di proprietà: la pianificazione fa la differenza

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 01.02.2024

In Italia l’amore per il mattone è ben radicato, ma siamo certi sia anche giustificato?analizziamo -sempre numeri alla mano- alcuni aspetti fondamentali del mercato immobiliare che forse non vengono adeguatamente considerati da molti italiani. Ecco quindi il tema di questa edizione della mia newsletter settimanale: i costi di mantenimento di un immobile. Il paniere ISTAT dei costi di mantenimento della casa Allora vediamo quanto costa un immobile. Lo facciamo utilizzando i dati ufficiali dell’Istat che, come si sa, ogni mese comunica l’andamento dell’inflazione la quale è composta da diversi panieri di beni e servizi. Tra questi c’è anche il "paniere" dei costi di mantenimento della casa, grazie al quale possiamo sapere praticamente tutto dei costi di un immobile. Andiamo a vedere i numeri nel dettaglio partendo dal capitolo energia. Secondo l’Istat nel 2022, l’anno del picco dei prezzi, gli italiani hanno speso 104 miliardi e 334 milioni di euro per pagare le bollette, le parcelle di elettricisti, carpentieri, imbianchini e le manutenzioni necessarie. A questi vanno aggiunti altri 73 miliardi e 986 milioni che sono andati in arredamento, acquisto di elettrodomestici, pulizia, piccoli e grandi utensili. Praticamente il 15,2% di tutti i consumi delle famiglie italiane finiscono nella casa. MANTENERE UN IMMOBILE COSTA SEMPRE DI PIÙ Fonte: Istat   Non solo luce e gas, cosa costa di più Vogliamo parlare delle altre voci di costo? Parliamone. La bolletta dell’acqua, per esempio: a fine 2019 le tariffe erano già più alte del 68,2% rispetto al 2010 e a fine 2023 l’incremento è diventato del 94,4%. I materiali per la riparazione e la manutenzione della casa hanno visto una crescita del 35% in 13 anni. Il costo della raccolta rifiuti è aumentato del 32,3% e sono cresciute anche quelle spese non ricorrenti ma che comunque rappresentano esborsi significativi come per esempio i mobili, i tappeti e i vari articoli di arredamento che hanno visto un rincaro del 27%.   I rincari non hanno favorito l’aumento degli affitti Ora: di fronte a questi numeri si potrebbe pensare che, se si compra una casa per investimento, e quindi si pensa di affittarla, basta aumentare gli affitti più di quanto aumentano le spese e il gioco è fatto. Giusto? No, sbagliato. È vero che il price to rent index (che misura il rapporto tra l’indice dei prezzi delle case e quello delle locazioni) è sceso del 16,86% da metà 2010 a metà 2023, segnalando, quindi, che gli affitti sono cresciuti più dei prezzi al metro quadro, ma sono cresciuti non abbastanza per compensare i rincari di tutti gli altri prezzi. Già tra 2010 e 2019 gli affitti sono aumentati solo del 6,5%, a fronte di un’inflazione del 10,5% e da fine 2019 a oggi gli affitti sono cresciuti di un altro 5,3%, mentre il carovita ha fatto un balzo del 16,4%. Nel complesso dal 2010 a fine 2023 gli affitti hanno visto un incremento solo del 12,1%. Chi ha investito in immobili si ritrova così stretto in una tenaglia: da una parte c’è il trend sfavorevole dei prezzi al mq e, dall’altra, gli affitti che non tengono il passo dei costi di mantenimento. E infine, per concludere: il connubio tra la congiuntura internazionale, che determina i prezzi dell’energia, e le particolari condizioni demografiche e socio-economiche italiane, rendono ancora meno conveniente l’investimento nel mattone, come visto nelle puntate precedenti. Riuscire a sostenere i costi di manutenzione di un immobile in maniera serena presuppone per cui un'attenta pianificazione, proprio per questo ho predisposto la possibilità di redigere gratuitamente una pianificazione finanziaria su misura. Continuate a seguirmi per ulteriori consigli sulla pianificazione del vostro patrimonio.  

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Quali sono le prospettive della competizione con il Dollaro nei Brics?

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 30.01.2024

Negli ultimi mesi si è parlato molto dell'idea dei paesi Brics, ai quali si stanno aggiungendo altri paesi emergenti, di sviluppare una propria valuta comune utile a ridurre la supremazia del Dollaro (e dell'Euro) nelle transazioni internazionali. Prima di comprendere il perché il sogno dei Brics sembra essere quanto meno utopistico, andiamo a comprendere le reali cause di questa politica di unione monetaria:   Buona parte del debito dei paesi Brics (soprattutto quello più vecchio) è in dollari, questo determina un'impossibilità per questi paesi di controllare il proprio debito, i tassi di interesse che pagano infatti si basano sul tasso overnight scelto dalla FED + l'ovvio spread per scadenza e rischio credito dei singoli paesi e delle singole emissioni. I paesi Brics sono in prevalenza esportatori, per cui il cambio delle loro valute col Dollaro è capace di penalizzare in maniera rilevante le loro economie. Le banche centrali di questi paesi, per garantire le monete locali (una moneta ha valore se e solo se esiste un collaterale che garantisce la fiducia in essa, esso può essere la forza della banca centrale emittente (come accade in parte in Europa e Stati Uniti), oppure un collaterale che può essere usato come "merce di scambio" rispetto a quella moneta, come ad esempio l'oro o una riserva di valuta più forte (come ad esempio il Dollaro).   Come avrete ben capito i motivi ci sono e anche molto validi ma i problemi sono insuperabili. Le banche centrali dei Brics dovrebbero infatti prima di tutto creare delle riserve per garantire le proprie monete e queste riserve non possono essere in Euro o in Dollaro, visto che l'obiettivo è indebolire queste valute; per cui resta solo l'oro, ma le principali riserve di questo raro metallo son ad oggi nelle banche centrali dei paesi della zona Euro, negli Stati Uniti ed in Giappone. Se questo ostacolo non bastasse, le economie dei Brics ad oggi sono ancora molto arretrate in termini di regolamentazione rispetto a quelle occidentali e questo genera sfiducia (ergo serve ancora più oro). In fine, una volta creata la fiducia nella valuta comune Brics, resta il nodo di garantire che essa venga usata negli scambi internazionali, che ad oggi viaggiano prevalentemente nel sistema Swift a matrice Statunitense e che richiedono assicurazioni (in caso di scambi di merce fisica) con premi quotati in dollari (compagnie occidentali). In conclusione, la via per una moneta unica Brics che possa soppiantare Euro e Dollaro è tortuosa e tutta in salita... forse troppo. Allego un piccolo grafico a supporto:    

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Investimenti ESG: sostenibilità applicata alla finanza

Scritto il 24.01.2024

La sostenibilità mira a soddisfare le esigenze del presente senza compromettere il futuro delle generazioni a venire. La sostenibilità, infatti, è uno dei megatrend che più influenza il nostro mondo e che più sta avendo un impatto sul sistema finanziario globale: la nascita dei filtri ESG ha rivoluzionando le scelte degli agenti economici; la capacità delle aziende di generare utili viene oggi messa in relazione alla loro capacità di mantenere un trend di crescita sostenibile, attraverso sistemi di governance che vanno a valorizzare maggiormente il capitale umano e che migliorano la vita lavorativa dei dipendenti, non dimentichiamoci infatti che essi in quanto Stakeholders beneficiano come gli azionisti e gli obbligazionisti di una corretta visione finanziaria ed economica dell'impresa per cui lavorano. Inoltre la capacità delle aziende di costruire processi produttivi con un basso impatto ambientale garantisce una notevole riduzione dei rischi operativi del business. Facciamo un esempio: il surriscaldamento globale è una realtà e una tendenza che purtroppo abbiamo difficoltà ad invertire, ma grazie alle nuove norme che molti paesi si apprestano ad emanare    Tali sanzioni possono essere viste come un esempio di rischio operativo che i filtri ESG sono capaci di ridurre, grazie ad un'attenta selezione delle società su cui si va ad investire sulla base, come detto, non solo dei valori di bilancio ma anche di criteri impattanti sull'ambiente e sul capitale umano, questo si traduce in sintesi in un controllo del rischio molto forte e di una volatilità attesa inferiore rispetto ad un investimento su titoli non ESG. In conclusione da consulente finanziario reputo fondamentale la gestione del rischio e credo che gli investimenti ESG consentano il doppio vantaggio di offrire una corretta e maggiore gestione del rischio nei portafogli finanziari e allo stesso tempo la possibilità di contribuire con i propri investimenti alla crescita di società che impatteranno positivamente sul nostro futuro.  

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