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Perché privilegiare l’Europa.

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 04.06.2021

Con l’incedere in tutta Europa della campagna vaccinale e delle aperture, mi sono chiesto per quali motivi un investitore dovrebbe investire parte delle sue risorse in aziende che operano nel continente in cui viviamo. Sicuramente l’accelerazione finanziaria è in forte miglioramento registrando dati anche migliori rispetto al ventennio che abbiamo alle spalle con una crescita degli utili per azione maggiore rispetto agli altri Paesi. Possiamo inoltre considerare le valutazioni più interessanti rispetto, ad esempio, all’America essendo queste ultime cresciute molto nell’ultimo anno. Se poi guardiamo alcuni dati specifici emessi dalle società di gestione, possiamo notare la scarsa esposizione da parte degli investitori sull’azionario europeo così come occorre anche tenere ben presente la correlazione positiva tra quest’ultimo e l’inflazione, variabile al cui crescere porterebbe i rendimenti reali ancor più in territorio negativo con i Bund sotto zero. Un altro aspetto che potrebbe dare una forte spinta all’economia europea è il lancio del Recovery Fund che nella seconda metà dell’anno dovrebbe contribuire alla crescita pluriennale dei Pil e favorire un sentiment positivo verso l’intera area e soprattutto verso i settori ciclici. Non ultimo ma da non sottovalutare potrebbe rivelarsi investire in asset dove la valuta di riferimento è l’euro mettendoci così al riparo dalla  svalutazione che potrebbe subire il dollaro. A questo punto potrebbe diventare assai utile trovare quegli strumenti adatti a cavalcare alcuni, se non tutti, i punti che ho preso in considerazione.

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Tanta liquidità ma pochi veri obiettivi.

Scritto il 28.05.2021

Leggevo nei giorni scorsi che la liquidità detenuta dagli italiani sui conti correnti èormai prossima ai 2000 miliardi di dollari, a causa delle preoccupazioni per il futuro e dalla paura di perdite in conto capitale, che spingono così i risparmiatori a non investire. Mancate occasioni per loro e un peso per i bilanci degli istituti di credito. Inoltre il tenere troppa liquidità sui conti correnti può essere controproducente, in quanto nel lungo periodo il suo valore viene eroso dall’inflazione, che tra l’altro negli ultimi mesi è tornata a farsi vedere ma che potrebbe avere un impatto ancora maggiore con il passare del 2021. Di contro, leggevo anche che i risparmiatori, se seguiti da un consulente finanziario sono coloro che detengono meno liquidità sui propri conti correnti a differenza di coloro che invece non possono dirsi assistiti, che gonfiano sempre più i loro conti correnti. Mancanza di soluzioni ed opportunità o vi è dell’altro? Personalmente la risposta per me sta tutta nell’approccio. Un consulente ha come primario pensiero il comprendere quali sono i veri obiettivi di vita del suo assistito, obiettivi legati al cliente stesso ma anche alle persone a lui care. Una volta emerse le cose veramente importanti nella vita di ogni singolo cliente, diventa semplice legare a questi obiettivi la parte preponderante dei propri risparmi e quindi investire denaro con gli strumenti più appropriati per raggiungerli. Non sono i prodotti che fanno la differenza ma le cose a cui si da maggiore importanza nella vita di ognuno di noi che spingono all’azione. Oggi moltissime banche, sim, società collocano migliaia di prodotti, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Se mi chiedeste quante soluzioni d’investimento ho in totale, vi risponderei moltissime, perché un numero esatto non lo conosco, possono variare anche, come numero, da settimana a settimana. Ma se, invece, mi chiedeste quali sono le cose a cui tiene di più il mio cliente Mario Rossi, vi saprei rispondere perché sono certe e ben scolpite nella sua mente. Ogni obiettivo è ben definito e per ognuno abbiamo costruito insieme un progetto, a cui abbiamo destinato un certo ammontare, con tempi e rischi definiti. Stabilite queste priorità, a quanti di voi interesserebbe ancora conoscere il numero di frecce che utilizzo per il mio arco?  

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Crescita ed inflazione: come coglierla e come difendersi.

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 21.05.2021

Sempre più spesso si legge la parola crescita accompagnata dalla parola inflazione, come se l’uscita delle principali economie dalla pandemia grazie all’aumento esponenziale dei vaccini, portasse automaticamente con sé il rischio inflazionistico, connesso all’aumento dei prezzi. Il tutto è sicuramente frutto anche di politiche fiscali e monetarie estremamente accomodanti da parte delle principali Banche Centrali ma inevitabili, visto il contesto. Per gli investitori si pongono diversi interrogativi: infatti se il mercato azionario (almeno alcune asset class) può trarre vantaggi sia dalla crescita che dall’inflazione, diverso può rivelarsi il riflesso sul mercato obbligazionario, mercato che sappiamo quanto sia sensibile a molti risparmiatori italiani. A questo punto potremmo porci una domanda: “potrà esserci inflazione senza crescita?” e poi provare anche a dare qualche risposta in merito. Per aiutarmi nella risposta, mi sono aggrappato ad un recente sondaggio della Bank of America dove il 69% dei fund manager intervistati ritiene che lo scenario economico in cui si muoveranno i mercati sarà di inflazione e crescita sopra la media storica. In un tale contesto, non risulta difficile prevedere che per cavalcare al meglio la crescita occorrerà inserire nei portafogli strumenti di investimento rivolti alle  materie prime, ai finanziari, agli energetici ed ai ciclici non tralasciando le infrastrutture. Più complicato potrebbe invece rivelarsi trovare rendimento nelle asset class obbligazionarie. Sicuramente, in questo ambito, adottare una strategia di riduzione della duration e di inclusione di strumenti inflation linked non dovrebbe farci incorrere in troppa volatilità. Occorrerà anche tenere in considerazione l’esposizione a obbligazioni green che avranno sempre più il merito di migliorare la solidità e l’efficienza del nostro portafoglio d’investimento. Spostando un po’ più avanti il nostro sguardo, l’analisi si fa più complessa e alcuni elementi fanno pensare a un trend di inflazione più sostenuto, dovuto alle politiche fiscali generose nonostante la fase espansiva. Bassi tassi e acquisti delle Banche Centralistanno dando ai Governi la sensazione che i debiti non siano un problema e che l’emissione di bond sia senza limiti, mentre l’ampia liquidità potrebbe essere un attivatore di inflazione soprattutto se la politica monetaria dovesse rimanere troppo accomodante e troppo a lungo. Inoltre occorrerà anche considerarei rimbalzi poderosi di materie prime ed energia, in conseguenza della forte domanda del dopo chiusure, mentre anche l’implementazione delle politiche mirate alle emissioni zeropotrebbero aver effetti inflazionistici così come anche il maggiore uso di rinnovabili che hanno costi più elevati rispetto alle energie tradizionali. Infine andranno anche considerati i cambiamenti strutturali accelerati dalla pandemia, come la minor globalizzazione che potrebbe causare meno efficienza e più frammentazione, con effetti inflattivi come nel caso della domanda dei   semiconduttori. Un’ ultima cosa che terrei presente riguarda la Cinache non si può più considerare la fabbrica di prodotti a basso prezzo che in passato inondava i mercati così come un dollaro debolepotrebbe contribuire a far importare inflazione negli Stati Uniti. Al contrario, i forti trend strutturali che hanno accelerato latransizione digitalee l’e-commerceabbassando sui mercati del lavoro la forza contrattuale dei sindacati ed aumentando la disuguaglianza sociale, con schiacciamento della popolazione nelle fasce di reddito più basse e calo dell’occupazione femminile, sono tutti fattori a carattere disinflazionistico. Tener conto di tutti i fattori oggi in gioco non è e non sarà un’operazione semplice per costruire un solido portafoglio d’investimento. Contattami senza impegno per una valutazione oggettiva dei tui investimenti.    

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Boom di investimenti legati al cambiamento climatico.

Scritto il 14.05.2021

Ho letto da più parti, in questi ultimi giorni, che l’Europa ha la più grande varietà di fondi di investimento a tema climatico, rappresentando il 77% delle attività globali. Questo è il frutto dei risultati dell'ultimo studio di Morningstar, l’Investing in Timesof Climate Change, che ha suddiviso questi prodotti in 5 grandi categorie: 1.  a bassa emissione di CO2; 2. consapevolezza del clima; 3. obbligazioni verdi; 4. soluzioni per il clima; 5. energia pulita e tecnologia Sempre secondo Morningstar, i fondi climatici europei sono cresciuti del 146% nel 2020, con i fondi che investono nelle aziende di energia pulita che hanno attirato il maggior flusso di investitori. A fronte di ciò, gli esperti di Invesco spiegano agli investitori l’importanza di un’altra iniziativa, la Climate Action 100+ che coinvolge le 167 aziende che generano oltre l’80% delle emissioni di gas serra industriali. E’ indubbio la presa di coscienza che il cambiamento climatico è una tra le maggiori criticità da affrontare: la responsabilità della gestione è collettiva e vede in prima fila anche le società di investimenti. L’impegno di Invesco nel corso degli anni in materia ESG (l’acronimo che sta per Environmetal, Social e Governance) e questioni climatiche è stato intenso ed ha meritato il riconoscimento dell’eccellente rating A+ per la strategia e governance secondo i Principi per l’investimento responsabile delle Nazioni Unite (2020 Assessment Reports for Invesco Ltd). L’iniziativa, che è stata lanciata a dicembre 2017, ha sviluppato attività di engagement con le aziende allo scopo di migliorare la governance sul fronte della riduzione delle emissioni, del cambiamento climatico e nel potenziamento delle informative finanziarie relative al clima. Ma l’esempio di Invesco, società leader nell’asset management, è solo uno dei tanti ed oggi sempre più società di investimento promuovono fondi legati a sostenere quelle aziende impegnate realmente nella riduzione delle emissioni di carbonio già entro il 2025, così come anche quelle che hanno già definito nuovi obiettivi. Tra di essi figurano coloro che si sono poste zero emissioni nette per le attività entro il 2050 o addirittura prima, riduzione dell’intensità di carbonio almeno del 30% entro il 2025 e assicurazione che i prodotti a basso/zero contenuto di carbonio costituiscano almeno il 60% del loro portafoglio entro il 2025. Grazie all’iniziativa Climate Action 100+, si punta a passare da un 75% di integrazione ESG in tutte le aree d’investimento al 100% entro il 2023. E’ indubbio che se i temi ESG stanno diventando sempre più fondamentali per le stesse fabbriche prodotti d’investimento, non se ne potrà non tener conto con ricadute positive anche per gli investitori stessi mano a mano che i parametri climatici saranno incorporati nel contesto di portafogli personalizzati a basso contenuto di carbonio. Il cambiamento climatico, i temi ESG e i relativi risultati rappresentano una componente essenziale del nostro futuro e sempre più fondamentali per gli investitori, diventando un elemento sostenibile imprescindibile dei rendimenti degli investimenti nel lungo termine. Il cambiamento climatico pone all’umanità la sfida più grande, in quanto il mondo sta affrontando tempeste, alluvioni e con l’aumento delle temperature, l’innalzamento dei mari. Per rispettare l’accordo di Parigi sarà necessario attuare una decarbonizzazione su larga scala per limitare il surriscaldamento globale ben al di sotto del 2°C entro il 2100. Per me questa non è solo un’enorme sfida ma rappresenta anche una grande opportunità e forse il rischio climatico più grande sarà non saperne cogliere le opportunità che vi si genereranno. Se vorrai approfondire questi temi e conoscere con quali strumenti cogliere le opportunità generate dal cambiamento climatico, contattami.  

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Mi manca lo scopo per cui dovrei investire i risparmi.

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 07.05.2021

Oggi volevo raccontarvi quanto mi è successo la settimana appena trascorsa perché credo che possa essere successo a tanti di voi ed alla fine d’aiuto Qualche giorno fa ricevo una telefonata da Luca, un mio cliente da tanti anni, il quale mi chiede un appuntamento. L’incontro si terrà presso la sua officina meccanica. Al mio arrivo, mi presenta Raffaella, la persona con cui condivide gli affetti da un po’ di anni. Raffaella mi racconta quanto a causa della Pandemia le è successo. Lei possedeva 2 case vicino all’università, abitazioni dalle quali percepiva regolarmente gli affitti dagli studenti che frequentavano l’ateneo. Ma con il sopraggiungere del Covid e della didattica a distanza era diventato sempre più difficile affittare tenendo anche conto che lei non viveva nella stessa città e difficile era diventato anche far fronte alle varie spese senza più poter contare su affitti regolari. Allora si è decisa a vendere i 2 immobili accettando una decurtazione dei valori pur di riuscire a libersene. Dopo varie trattative, una si era conclusa da poco tempo e l’altrà si ultimerà per fine anno. A questo punto, le si è posto un problema che non aveva mai affrontato: come impiegare questo capitale per farlo fruttare. Gli affitti le davano entrate certe tutti i mesi anche a fronte di doversi a volte sobbarcare alcuni oneri : la sostituzione dei vari affittuari man mano che venivano meno e gestire qualche contrattempo a cui gli appartamenti andavano incontro con il trascorrere del tempo. Il benessere al quale era andata incontro in tutti questi anni si era di di colpo volatilizzato con il perdurare della Pandemia ed il prendere sempre più piede della didattica  a distanza, che dovrebbe continuare anche quando il virus sarà solo un semplice ricordo. Tra le altre cose che, durante il nostro colloquio, mi ha confidato vi era il fatto che, avendo conoscenze in ambito finanziario limitate, era stata tentata di lasciare il ricavato dalle due vendite su un conto corrente. “Mi manca lo scopo per cui dovrei impiegare questi risparmi” mi ha detto. Poi, a seguito del consiglio del compagno, che le aveva detto: “Anch’io non è che abbia tante conoscenze finanziarie ma soprattutto avendo poco tempo per occuparmi del mio patrimonio, visto quante ore devo dedicare al mio lavoro, anni fà ho deciso di affidarmi a Claudio”. Mi segue regolarmente da tanti anni ed io so che se avrò un problema in lui troverò sempre una persona con cui confrontarmi. A questo punto attraverso alcune domande l’ho invitata a riflettere su: “Quali sono le cose più importanti per lei” ed “A cosa è solita dedicare più tempo” E con le risposte “I figli e la loro educazione”e “Qualcosa vorrei riservarlo per quando avrò qualche anno in più, per vivere una pensione serena”. Bene, gli scopi per i quali investire quanto ricavato dalle vendite dei due appartamenti erano ora diventati chiari a me, ma soprattutto, a lei ed in tal senso ci muoveremo. Se anche voi avete alcuni dei problemi in cui è incappata la signora Raffaella e vorrete approfondire come affrontarli e risolverl contattatemi.

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Quante opportunità di investimento dietro il piano Biden...

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 30.04.2021

  In settimana, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha presentato l’American families plan, l’ultimo tassello del piano a cui vuole mettere mano durante il suo mandato, con 1.800 miliardi di dollari a sostegno delle famiglie e dei figli dei ceti medi e disagiati, finanziato con prelievi dalla classe più abbienti. Un po’ un nuovo piano Robin Hood, dove l’arciere di Nottingham toglieva ai ricchi per dare ai poveri… Gli aumenti delle imposte si concentreranno sull'1% degli americani con redditi oltre i 400mila dollari l'anno, portando in dote 1.500 miliardi in dieci anni e coprendo interamente gli investimenti in 15 anni. I piani per rilanciare l'America post-pandemica posti sotto l’espressione “Build Back Better” cioè ricostruire meglio dovrebbero ammontare a 4.100 miliardi, sommati ai 2.300 miliardi proposti per infrastrutture, ambiente e occupazione. La Pandemia ha portato in breve dalla quasi piena occupazione ad un tasso di disoccupazione più alto di quello che si registrò nella Grande Recessione. Sono milioni le persone che hanno perso il lavoro, il salario, le cure mediche o le attività. Ma ricostruire non significherà solo riportare le cose a come erano prima con le stesse disuguaglianze e debolezze strutturali ma Biden immagina una nuova America con milioni posti di lavori ben retribuiti dando così alle famiglie la possibilità di ricostruire al meglio. Sono pronti aiuti ai governi locali da distribuire ai lavoratori essenziali (in primis insegnanti). I sussidi di disoccupazione dovrebbero raggiungere tutti coloro che hanno perso la loro occupazione mentre per gli esercizi commerciali verrà varato un piano specifico. Biden punta a creare posti di lavoro per contrastare la Pandemia stessa creando liste specifiche chiamate Public Health Jobs Corps. Tali misure dovrebbero rafforzare i servizi di cura e quelli di istruzione in modo da sollevare le famiglie ed in particolare l’universo femminile dal peso della gestione familiare. In una società come quella americana ancora fortemente dominata da disuguaglianze etniche, è fondamentale allargare le possibilità di accesso alla casa, investire per la promozione dell’imprenditorialità sia delle persone di colore che latino-americane, assicurando l’accessibilità all’istruzione a tutti. Il nuovo inquilino della Casa Bianca punta anche a riportare sul suolo americano parte della produzione delle aziende americane delocalizzata all’estero, sia nel campo manifatturiero che in quello dell’innovazione. L’obiettivo di questo piano è chiaro: da una parte, evitare di dipendere da altri paesi durante le eventuali future crisi che si dovessero presentare e dall’altra creare una base industriale solida capace di creare milioni di posti di lavoro. Questo rilancio non potrà anche passare attraverso una transazione verde: pertanto le infrastrutture, sia quelle fisiche come ponti, strade e scuole che quelle digitali dovranno rispondere a specifici criteri di sostenibilità andando nella direzione di un’economia basata sull’energia pulita. Mi sembra del tutto chiaro che tante sono le opportunità che il Presidente americano ci ha suggerito tra le righe del suo piano di rilancio: occorrerà per un investitore affidarsi a chi saprà farcele cogliere e cavalcare.

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Energie rinnovabili: confronto impietoso tra Italia e Scozia.

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  • Green economy - Green bond
Scritto il 16.04.2021

Personalmente la Scozia per storia, bellezza dei paesaggi, storia ha sempre esercitato sul sottoscritto e non solo, credo, un certo fascino. Ma recentemente mi è capitato di leggere che dal 2011 il Paese ha avviato un piano rivolto alla sostenibilità con la creazione di nuovi posti di lavoro, maggiore attenzione all’ambiente ed alla produzione di energia pulita e conveniente e che già oggi la prossima sfida è stata delineata e si chiama mobilità elettrica. Ma se alla Scozia ora manca poco per raggiungere già da quest’anno il 100% della produzione da fonti rinnovabili, impietoso è il confronto con quanto si è fatto sino ad ora in Italia. Infatti secondo il rapporto “Fonti rinnovabili in Italia e in Europa” a cura del Gestore Servizi Energetici, in Italia nel 2018 siamo arrivati a coprire il 17,8% dei consumi finali lordi italiani con energia prodotta da idroelettrico, solare, eolico, bioenergie e geotermia. Per capire se raggiungere un tale livello di autosufficienza sia per noi estremamente difficile o perseguibile con un’attenta politica, andiamo a vedere come ha fatto la Scozia ad ottenere questo importantissimo traguardo in soli 10 anni. Sicuramente nulla è frutto del caso ma solo il risultato di un’attenta programmazione governativa. In Scozia, come abbiamo visto, la svolta per le energie rinnovabili è arrivata dieci anni fa. La scalata è partita nel 2011, quando gli scozzesi generavano solo il 37% dell’energia totale da fonti rinnovabili.  Ma cosa ha fatto accendere loro la scintilla? Gli obiettivi scozzesi per fronteggiare il cambiamento climatico sono stati una grandissima fonte di motivazione per tutta l’industria per migliorare l’adozione di energia rinnovabile. Questi progetti stanno permettendo di sostituire decine di milioni di tonnellate di carbone ogni anno, di aumentare i posti lavoro e di portare enormi benefici socio-economici alle comunità. Ed ora si sta già avviando una nuova sfida: la mobilità elettrica Nel 2019 la Scozia ha superato il 90% del proprio consumo di elettricità da fonti rinnovabili, secondo i dati forniti dal Governo, e ha mantenuto obiettivi molto ambiziosi grazie al Climate Change Bill, che intende raggiungere entro il 2045 le zero emissioni nette. Un target per tempi e modi alla portata anche se già ora la vera sfida è incentivare la mobilità sostenibile nei settori privati e commerciali. In Scozia attualmente l’eolico onshore vale circa il 70% della capacità totale, seguito dall’idroelettrico e dall’eolico offshore. Ora si chiede un’ulteriore accelerazione nell’utilizzo di veicoli elettrici e di finanziamenti per le fonti di riscaldamento rinnovabili per continuare a tagliare le emissioni di CO2 provenienti dal settore dei trasporti e del riscaldamento. Le rinnovabili infatti hanno una duplice valenza riducendo non soltanto l’impatto sul clima, ma andando a  creare anche nuovi posti di lavoro in tutto il Paese. E l’Italia in tal senso? Per intanto con l’insediamento del nuovo Governo Draghi si è creato il dicastero sulla “transizione energetica”, prendendo coscienza che certe azioni non si possano più rimandare. La strada da percorrere per noi sarà lunga e non potrà prescindere dal programmare obiettivi a medio-lungo termineed al di là dei vari Governi che si succederanno a capo del paese. Ed anche gli investitori sono chiamati oggi a rivedere le loro scelte d’investimento. Ciò che valeva pochi anni fa è stato spazzato via dalla pandemia. Diventa importante avvalersi di un consulente che possa aiutarti ad individuare prima quei trend che potrebbero, oggi, essere solo dei germogli ma, in un domani non molto lontano, la base per la crescita del nuovo mondo che verrà, con impatti di crescita notevoli sui tuoi risparmi. Lasciati affiancare da un consulente finanziario-patrimoniale: le tue scelte di oggi come investimenti avranno sicuramente un impatto sul tuo mondo di domani.  

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Oggi meglio comprare titoli Growth o Value?

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  • Consulenza finanziaria
Scritto il 09.04.2021

Sempre più spesso su internet e sui media si sente parlare di titoli azionari Growth e Value e se è meglio acquistare i primi o i secondi da inserire nel proprio portafoglio d’investimento. Ma sappiamo esattamente quali caratteristiche contraddistinguino gli uni dagli altri? Per fare questo dobbiamo prima spiegare che cosa si intenda per rapportoprice/earning. Quest’ultimo è il risultato della divisione fra il prezzo di mercato di un’azione e gli utili per azione della società espressione del titolo azionario. Tale operazione può risultare più semplice da comprendere se ci atteniamo ad un esempio. Supponiamo che il prezzo di un’azione sia pari a 50 euro, mentre gli utili della società per azione siano pari a 5 euro. Il rapporto p/e di questo titolo azionario sarà pari a 10. Ciò significa che, ipoteticamente, l’investimento su questa azione sarà ripagato nel giro di 10 anni, qualora la società dovesse avere sempre gli stessi utili  anno dopo anno. Sempre ipoteticamente investire in azioni con rapporto p/e più basso potrebbe convenire perché l’investimento verrebbe ripagato in meno tempo; mentre, al contrario, un rapporto p/e più elevato potrebbe comportare un ritorno economico in più tempo. Ma non è sempre così ed è a questo punto che, per cercare di aiutarvi a capire meglio, dobbiamo introdurre il concetto azioni Value ed azioni Growth. Le prime sono titoli con un rapporto price/earning non molto elevato e caratterizzano le società più stabili, che generano regolarmente ed annualmente una discreta quantità di utili e che quindi sono più appetibili dagli investitori con meno propensione al rischio. Infatti l’investimento in queste società si ripagherebbe in poco tempo se gli utili non dovessero calare drasticamente. Non a caso il loro nome “Value” deriva dal fatto che queste azioni hanno un valore intrinseco. Le azioni Growth invece sono caratterizzate da un p/e abbastanza alto. Il prezzo di mercato è solitamente molto superiore agli utili per azione della società, utili che potrebbero anche non esservi. Infatti è tipico di alcune aziende Growth non generare sempre utili perché le entrate potrebbero essere assorbite sia dai costi di amministrazione sia da quelli dei progetti che stanno perseguendo, progetti in cui  gli investitori credono, intravvedendovi la possibilità che la società generi utili negli anni a venire. Queste ultime azioni quindi sono più adatte ad investitori con più alta propensione al rischio e quindi a caccia di ritorni più levati. Anche qui dietro il nome “Growth”si cela una potenziale alta crescita del titolo azionario sottostante a fronte, ad esempio, della decisione della società di fare investimenti e crescere così economicamente proprio per giustificare un prezzo di mercato decisamente più alto rispetto agli utili registrati. Quindi il rischio per le azioni growth è decisamente più alto perché essendo sopravvalutate rispetto al p/e potrebbero non colmare mai questo rapporto. L’investitore in questi titoli potrebbe andare incontro al rischio che il prezzo si sgonfi per tornare ad una quotazione più congrua. Mi pongo ora due domande per aiutarvi ulteriormente a chiarire. Un’azione growth potrebbe diventare azione value? La risposta è affermativa perché ciò avverrebbe nel momento in cui si riduce il suo p/e ed inizia a generare valore intrinseco grazie ad una buona generazione costante di utili. E come quindi si potrebbe ridurre il p/e? Qui le strade obbligate sono naturalmente due trattandosi di una divisione : abbassando il numeratore cioè il prezzo di mercato dell’azione o aumentando il denominatore, cioè l’utile per azione (cioè quello che poi si augurano sempre tutti gli investitori). Resta sempre di attualità quindi il confronto tra growth e value. Vi è però oggi da sottolineare come da oltre 10 anni, i bassi tassi abbiano premiato, in misura sproporzionata, i titoli growth rispetto ai value. Un rialzo dei tassi potrebbe rapidamente invertire questa tendenza, penalizzando soprattutto le imprese in forte crescita valutate alla luce di utili che non sono stati ancora realizzati. Il suggerimento che potrei avvalorare è di incrementare l’esposizione al segmento value nei portafogli così come, essendo meno sensibili all’inflazione, potrebbe essere utile possedere azioni dei servizi di pubblica utilità e di beni di prima necessità.

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Vertice UE: Biden strizza l’occhio all’Europa ma non solo …

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 26.03.2021

Si è svolto il primo vertice UE dove ha partecipato anche il Presidente Americano. Biden, ha colto al volo l’occasione offerta dall’Europa per confermare che oggi il suo primo obiettivo è la guerra alla Pandemia vaccinando più popolazione possibile e nel più breve tempo possibile; il fatto di volersi sicuramente candidare ad un secondo mandato nel 2024 e tendendo una mano all’Europa per rafforzare un rapporto venuto un po’ meno sotto il suo predecessore che si celava dietro il motto “America the first”. Con queste affermazioni ha voluto sviare l’attenzione. Ma gli obiettivi di Biden, da fine stratega di politica internazionale, sono sicuramente anche altri. Infatti, gli Stati Uniti temono la nuova alleanza che si va delineando tra Russia e Cina e mai vertice era capitato più a proposito.  Infatti le tensioni geopolitiche tornano a tenere banco sullo scacchiere internazionale dovute per lo più dall’evidenza di una crescita economica irrefrenabile da parte della Cina mentre le prove di dialogo messe in scena tra Stati Uniti e Russia sono finite in rissa. Dobbiamo considerare che si sta assistendo a un massiccio afflusso di capitali in direzione Cina, soprattutto sotto forma di investimenti diretti esteri che non sono sfuggiti all’economia  a stelle e strisce. Ma cosa ha reso la Cina un polo di così forte attrazione? Principalmente l’arrivo di nuovi investimenti diretti esteri è dovuto da una parte alla mancanza di alternative valide e dall’altra a un’apertura della Cina che ha allentato certe condizioni in tema di investimenti esteri. Inoltre la Cina non solo assorbe questi capitali ma fa anche da ponte per il resto dell’Asia, soprattutto oggi alla luce dei nuovi accordi commerciali. La Cina ha obiettivi da perseguire ben chiari, riassumibili in: 1° privilegiare la strategia della dual circulation, per cui l’economia cinese tenderà sempre più a dipendere dalla domanda interna e sempre meno da quella estera (come dimostrano il peso sempre più decrescente delle esportazioni sul pil). 2° un altro aspetto decisivo è l’espansione commerciale con programmi come la Belt & Road ed il recentissimo Rcep che guardano ai paesi di Asia e Africa, gli unici due continenti al mondo che avranno una crescita sia demografica che economica nei prossimi vent’anni. 3° Infine c’è un discorso di efficienza operativa e tempestività, che si è in particolar modo visto con l’epidemia dove la Cina è già uscita sia a livello sanitario che economico dalla crisi a differenza di USA ed Europa. A questo punto mi sono chiesto: “E’ tutto oro quel che luccica o ci sono delle criticità nascoste dietro l’ascesa cinese?” A livello economico l’indicatore più negativo è sicuramente quello del debito che supera il 300% del Pil. A preoccupare le autorità non è tuttavia il debito pubblico in quanto non elevato e quasi interamente detenuto in valuta locale dai cittadini, dalle banche e dalle aziende statali. La variabile critica è quella del debito privatoche supera il 200% del pil e che andrà gestito. Ora il passaggio da Trump a Biden comporta anche il passaggio da una retorica aggressiva in ambito commerciale, basata su tweet e dazi, a una, meno espressa ma più sottile e profondamente imbevuta nell’ideologia. L’universalismo americano non potrà mai accettare che il centralismo prevalga sul liberismo e che un paese comunista diventi la prima potenza economica al mondo. Tenendo a mente che poi in verità quello cinese è un comunismo dai contorni molto capitalistici. La battaglia si gioca e si giocherà sempre più in campo tecnologico dove la situazione è molto bilanciata. Il passaggio da guerra commerciale a guerra ideologica giocherà a favore dell’Europa. Con Biden presidente la Cina non sarà più obbligata ad acquistare prodotti americani per soddisfare le richieste degli Stati Uniti e ciò permetterà all’Europa di scongiurare il rischio di perdere la domanda cinese. Dall’altra parte anche il vecchio continente alla stregua di tutto l’occidente sarà colpita dalla “dual circulation”, la cui circolazione esterna anche alla luce dei nuovi accordi commerciali si incentrerà in Asia. In tal modo la Cina assurge a protagonista assoluta sullo scacchiere asiatico, che conta l’80% della popolazione mondiale e il 30% in termini di pil, con conseguenza anche sul piano geopolitico. Il rischio è la creazione di due blocchi, contrapposti non solo geograficamente ma anche per una concezione dell’economia e dello stato molto diverse. Ed è sicuramente per tutta questa serie di ragioni, che oggi a fianco della componente USA risulta sempre più difficile dare solo una parte marginale all’economia cinese nella costruzione di un portafoglio d’investimento così come potrebbe anche essere il momento di rivalutare la componente europea.

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Paesi Emergenti : oltre alla Cina c’è di più…

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  • Mercati finanziari / economia
Scritto il 18.03.2021

Sempre più spesso si legge sui media che gli italiani detengono più di 1700 miliardi di euro detenuti in liquidità sui conti correnti e di chi, invece, nonostante detenga impieghi, abbia una parte investita marginale negli asset emergenti.     Occorre tenere ben presente che i mercati emergenti stanno traendo beneficio da diversi trend favorevolicome il contesto di tassi bassi d'interesse grazie alle politiche monetarie accomodanti, dal prezzo del petrolio, il livello del dollaro e l'accelerazione delle campagne di vaccinazione che permetteranno una riprese delle attività più rapida. Tuttavia è altrettanto chiaro che vi sono dinamiche e tendenze di crescita molto diverse da Paese a Paese con settori in grado di offrire reali opportunità d’investimento, sia sul fronte obbligazionario che su quello azionario.  Ma quali potrebbero essere le ragioni a favore degli asset dei mercati emergenti nel 2021? Ne ho individuati almeno due: 1° da un lato, l'economia cinese sta mostrando robustezza e resilienza ed una saggia gestione come dimostra il fatto che il paese ha superato abbastanza bene la crisi pandemica ed oggi offre ancora ottime prospettive; 2° dall'altro, la Fed ha ribadito di non voler rimettere in discussione la propria politica monetaria accomodante almeno sino al 2024 (come ha confermato in settimana Powell, essendo disposto anche ad avere inflazione con tassi superiori al 2%), aspetto che èparticolarmente vantaggioso per l’universo dei mercati emergenti.  Poi devo sottolineare anche una migliore resilienza complessiva mostrata dalle aziende attive negli emergenti dinanzi allo shock pandemico dello scorso anno (come dimostrato da un incremento molto contenuto dei tassi di default nel segmento high yield), l’orizzonte appare sereno anche per quanto riguarda le prospettive del debito sovrano emergente.  Il contesto di bassi tassi d'interesse, il prezzo del petrolio sostenuto dalla domanda, l'improbabilità di un rialzo del dollaro, il proseguimento degli stimoli governativi, la diffusione dei vaccini che permetterà sempre di più la riapertura graduale delle attività sono tutti fattori destinati ad indirizzare afflussi verso l'asset class, afflussi che dovrebbero costituire un potente sostegno alla performance. E quali settori potrebbero trarne più vantaggio rendendoli più appetibili per chi intendesse investirvi? Sicuramente l’agroalimentare, il minerario, il metallurgico ed il petrolio in primis ma non dobbiamo mai dimenticare i settori dei consumi, che sono sostenuti da un’ampia base demografica, così come il settore dei trasporti (ferroviario, aereo, marittimo); trend che sostengono ormai da anni ed in modo consistente i listini emergenti, diventando veri e propri motori di crescita.  Le azioni cinesi hanno potenziale di rialzo rispetto ad altri mercati data la presenza di un'ampia middle class, di industrie strategiche resilienti e di un ampio bacino di talenti. In proporzione al PIL, Pechino è ancora oggi sottorappresentata nei principali indici globali rispetto al resto del mondo. Con l'apertura del mercato cinese, i flussi di capitali verso il listino di Pechino sono destinati ad aumentare già dal 2021 così come gli utili delle società legate al tema dello sviluppo sostenibile, visto l’obiettivo di neutralità del carbonio entro il 2060. La Cina oltre a continuare a beneficiare degli accordi commerciali favorevoli conclusi in Asia e in Europapotrà godere anche dell'accelerazione del trend legato alla digitalizzazione, trend quest’ultimo che riguarderà anchel’America Latina.   Anche il mercato indianocontinuerà ad essereintonato alla crescita con 500 miliardi di dollari di spesa governativa, con un netto aumento degli investimenti destinati alle infrastrutture. La Cina conserva quindi indubbi vantaggi competitivi ma non è e non sarà più sola a contribuire alla crescita mondiale. A questo punto diventerà determinante la scelta degli strumenti per andare a cogliere le opportunità che in questi mercati si presenteranno.            

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Materie prime : un asset da tener presente nel proprio portafoglio d’investimento.

Scritto il 12.03.2021

Leggo da più parti (giornali, internet, media) che potremmo essere all’inizio di un nuovo ciclo per le materie prime. Ho cercato quindi di capire quali fattori potrebbero spingere verso l’alto le quotazioni delle stesse per tenerle in considerazione nella costruzione di un asset di portafoglio. Diverse sono anche le analogie tra la fase attuale ed i primi anni duemila, cioè quando si registrò l’ultimo rimbalzo record delle quotazioni delle stesse. Secondo la maggior parte degli analisti delle varie case d’investimento i prezzi delle commodity si possono considerare convenienti sia rispetto alla media storica che rispetto ad altri asset d’investimento (azionario in primis). La domanda di metalli è destinata a crescere nei prossimi anni sulla scia della transizione energetica ed a cominciare dal rame, sempre più utilizzato per le batterie dei veicoli elettrici. In aumento anche la domanda per le commodity agricole, come mais, carne di maiale e soia sotto la spinta guidata in gran parte dalla Cina. Un altro aspetto da sottolineare è sicuramente anche che sono in forte contrazione gli investimenti in petrolio e gas così come dimostrano i dati forniti delle principali società del settore tra il 2013 e il 2020, con riduzioni superiori al 50%. Se poi andassimo incontro ad un indebolimento del biglietto verde dovuto sia al deficit fiscale che a quello delle partite correnti americano, tale movimento sarebbe solo di supporto alle commodity prevalentemente quotate in dollari. Ultima cosa da tener presente è che andando sempre più incontro a politiche fiscali e monetarie aggressive potremmo trovarci ad affrontare un’inflazione in crescita, creando cos’ condizioni favorevoli per per i prezzi delle stesse commodity. Se vorrai approfondire alcuni dei temi da me trattati in questo articolo e farti aiutare su quali strumenti utilizzare per inserire nel tuo portafoglio d’investimento le commodity, contattami.

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L’importanza di imparare a pianificare

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  • Formazione/Educazione Finanziaria
Scritto il 05.03.2021

Vi siete mai chiesti perché quando un ingegnerericeve una commessa di lavoro, si mette al computer per studiare dove poter intervenire sulla struttura, esaminando carte, rilievi e quant’altro oggi la moderna tecnologia può mettergli a disposizione?  E sarà solo dopo un’attenta analisi che darà il via ai lavori. Vi siete mai chiesti perché quando andate da un medico specialista e, a volte, ancor prima di vedervi, vi chiede di effettuare una serie di esami e radiografie?  E solo allora potrà pianificare un intervento su un paziente. Bene, il mio lavoro non si discosta molto da quello che ogni giorno, in qualunque campo operi, svolge un professionista. Inizialmente devo innanzitutto analizzare i dati. Quali dati ci si chiederà? Quelli che scaturiscono dall’intervista a cui ogni buon consulente finanziario sottopone il proprio assistito, soprattutto se poi con quest’ultimo non si è ancora abituati a lavorare insieme.   Mi è capitato in passato, qualche volta, al primo incontro, con possibili eventuali nuovi clienti, sentirmi fare questa osservazione : “Ma perché lei vuole sapere tutte queste informazioni?” e ancora “A cosa le servono?”. Ma qualcuno si è posto questo problema quando a porre le domande è, ad esempio, un medico? Conoscere il più possibile della persona che hai di fronte, mi permette di capire :  1. come il cliente ragiona 2. quali sono le sue preoccupazioni 3. quali sono le cose a cui tiene di più 4. quali sono i suoi obiettivi di vita 5. come è solito vivere le oscillazioni sui mercati 6. i tempi di maturazione dei frutti dei suoi risparmi. Non a caso, essendo da sempre abituato a ragionare in questi termini, con ogni mio assistito, è difficile che qualche mio cliente mi telefoni allarmato quando la volatilità sui mercatiaumenta. Abbiamo imparato a “dare un nome ai soldi”, cioè a pianificare. Se ogni persona venisse abituata a ragionare anche solo distinguendo tra orizzonti temporali diversi, distinguendo la parte dei propri risparmi utili per eventuali impegni a breve, a medio ed a lungo termine non ci troveremmo con oggi ben 1700 miliardi di risparmi infruttiferi depositati sui conti correnti. Ma questo è un altro film.

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